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Autore: MrChestnut    13/08/2022    0 recensioni
Come agisce un chierico? Come agisce un cavaliere? Due mondi opposti, due strade che si incroceranno, due avventurieri che uniranno le forze per svelare il fato dei non-morti.
Il loro viaggio, nella terra degli antichi Lord, li porterà a mettere alla prova i propri ideali, in quest'avventura per vincolare la prima fiamma.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Oscar di Astora
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 12: Caos
 
Il cavaliere, dall’armatura ricoperta di spine metalliche, sedeva al falò impugnando la sua spada con la destra, anch’essa ricoperta di spine. Aveva l’aria di qualcuno che si stava preparando alla battaglia. Un secondo uomo, con dei bozzoli sulla schiena, così pesanti da essere costretto a stricare, si avvicino al cavaliere di spine.
«Cosa vuoi, Eingyi?» chiese il cavaliere.
«Sembri pensieroso…tutto bene, Kirk?»
«Ho avuto giorni decisamente migliori.»
«Immagino che sia stato come rivedere un fantasma.»
«Preferivo se quel fantasma fosse rimasto nei miei incubi.» disse Kirk, stringendo forte il manico della sua spada.
«Hai fatto benissimo a tornare al falò. Lady Quelaag ha sigillato il passaggio per Izalith e adesso sorveglia la zona. Niente arriverà a noi.» disse Eingyi, cercando di rassicurare il cavaliere.
«Mi interessa poco di Izalith, tutto quello che voglio è servire e proteggere la mia Nobile Signora. I fantasmi del passato non mi fermeranno.» disse Kirk con tono risoluto «E poi…» continuò.
«…non credo che saremo soli in questa battaglia.»
 
 
I tre non-morti avanzarono nella caverna a passo lento, osservandone ogni centimetro. Non si sarebbero fatto sorprendere dall’agguato di nessuna creatura. Ad un certo punto, si imbatterono in un gruppo di strani individui: erano riversi per terra, sulla schiena avevano diversi bozzoli che li costringevano in quella posizione. Tutti si trovavano nell’atto di pregare. Superato questo gruppo di persone e raggiunta la fine della caverna, si ritrovarono in una grande stanza, con il pavimento in pietra e le pareti ricoperte di ragnatele anch’esse. Sul fondo della sala vi era una scalinata. I tre avventurieri avanzarono in direzione della scalinata, quando furono colti di sorpresa da una voce femminile, che riecheggiò per tutta la stanza.
«Fermi dove siete, stranieri!» disse.
Dalle scalinate emerse la creatura che aveva urlato: un ragno gigante con fiamme che bruciavano sul dorso. Sulla testa del ragno vi era attaccato il busto di una donna, armata di spada ricurva.
«Tu chi sei?» si fece avanti Oscar.
«Venite in casa mia e vi abrogato il diritto di fare domande?» parlò la donna sulla testa del ragno.
«Siamo tre non-morti. Il nostro scopo è suonare la campana del risveglio.» continuò il cavaliere.
«La campana che cercate si trova esattamente oltre questa scalinata.»
«Ci dispiace di essere entrati nel suo dominio, ma avremmo assoluta necessità di suonare la campana. Ci permette di passare di passare?» chiese Thoma, cercando di essere il più affabile possibile.
«In questo momento non permetto a nessun forestiero di passare. Tornatevene da dove siete venuti.» replicò la creatura.
«Temo che di non poterlo fare. Abbiamo fatto troppa strada per tornare indietro adesso.» rispose Oscar.
«Allora morirete per mano di Quelaag, strega del Caos.» disse la donna, indicandosi con la mano sinistra.
La spada ricurva nella sua destra fu avvolta dalle fiamme. Il corpo di ragno fece un balzo ed atterrò al centro della sala. Quelaag puntò la spada verso Oscar e lo caricò. Il cavaliere lasciò andare lo scudo ed afferro il suo catalizzatore.
«Luce!» disse.
Un globo di luce comparve davanti Quelaag che accecò sia lei sia il corpo di ragno. Oscar ripose il catalizzatore, conficcò la spada al suolo ed afferrò l’arco composito che aveva legato alla schiena. Incoccò una freccia e la scaglio contro il nemico. Il ragno fece un balzo laterale, schivando il dardo.
«Non sottovalutare il sesto senso della mia metà inferiore. Riesce a percepire l’avvicinarsi del pericolo, specialmente se non può vederlo.» spiegò la strega, che intanto aveva recuperato la vista.
«Quindi lo scontro frontale è inevitabile.» disse il cavaliere, posando l’arco, recuperando la spada e lo scudo.
Il ragno spalancò le fauci ed  iniziò a soffiare fuoco. Oscar fece appena in tempo ad alzare lo scudo nero, che già in precedenza aveva sfoggiato una notevole resistenza alle fiamme. Thoma e Laurentius, non avendo niente per parare il colpo, si spostarono di lato, quanto più lontano possibile dalla vampata. Il chierico ed il piromante corsero fino ai lati della strega, Laurentius alla sua sinistra e Thoma alla sua destra, e caricarono i loro attacchi. La lancia del fulmine fu la prima ad arrivare a Quelaag, la quale parò il colpo con la spada. L’elettricità si propagò dalla lama a tutto il suo corpo, senza procurargli particolari danni. La sfera di fuoco impattò per seconda, ma non ebbe alcun effetto.
«Usare un piromanzia su di me è come gettare acqua nell’oceano. Se il fuoco è la tua unica arma, ti consiglio di non tentare ulteriori assalti.» disse la strega rivolgendosi a Laurentius.
Quelaag guardò avanti a se ed accarezzò la testa di ragno.
«Può bastare.» disse dolcemente.
La creatura smise di emettere fuoco. Oscar abbassò lo scudo, mostrando di essere rimasto indenne dall’attacco.
«Hai un ottimo scudo, lì con te. Ma voglio avvisarti cavaliere: bada a dove metti piede adesso.» lo ammonì la strega.
Oscar inizialmente non capì, poi si guardò intorno: si trovava circondato da roccia fusa, a causa dell’intenso calore del fuoco. Gli unici punti liberi erano dietro di lui, verso l’uscita della caverna, e davanti a lui, in direzione di Quelaag.
«Avete due strade: tornarvene da dove siete venuti o morie contro di me e perdere il senno. Questo è il mio ultimo avviso.» disse la strega.
«Mi costringi a ripetermi: abbiamo fatto troppa strada per poter tornare indietro adesso.» rispose il cavaliere, caricando la strega frontalmente.
Seguendo l’esempio dell’amico, Thoma caricò con la sua mazza, ma tenendo il talismano sempre a portata. Laurentius estrasse il coltello da bandito che aveva nel cinturino e lo impugno con la sinistra.
«Traspirazione Difensiva.» disse il piromante, poggiandosi la mano sul petto e utilizzando la terza piromanzia di supporto ideata da Carmina, che intensificò la sua sudorazione.
Tutti e tre caricarono all’unisono, verso la strega.
«Perché persistere?» disse Quelaag, sospirando.
Oscar vide il corpo della strega accasciarsi di peso sulla testa del ragno, pensando avesse abbassato la guardia corse con più foga. Quando furono ad un metro dalla strega, il corpo del ragno emise una potente vampata di calore, un’esplosione infernale che scaravento tutti e tre i non-morti a diversi metri di distanza. Oscar fece in tempo a sollevare lo scudo, Laurentius fu protetto dalla piromanzia che lo aveva ricoperto di uno scudo di sudore, Thoma non aveva niente per proteggersi. Oscar, da terra, vide il chierico, ricoperto di ustioni e piaghe, contorcersi dal dolore. Risollevarsi non fu facile, aveva tutto il corpo dolorante. Prima di potersi rimette in piedi, si vide puntare una spada infuocata alla gola.
«Comprendi il divario tra di noi?» disse Quelaag «Se tieni al tuo amico smetti di combatte, lascia spada e scudo, fagli bere un sorso di Estus e andatevene. Se morisse si ritroverebbe ad un passo più vicino alla vacuità.» concluse.
«Oscar! Vai a curare Thoma, ma non lasciare le armi.» la strega ed il cavaliere si voltarono e videro Laurentius già in piedi, con lo scudo di sudore ancora attivo.
«La battaglia non è ancora finita, strega.» disse, rivolgendosi a Quelaag.
«Non puoi ferirmi con la tua piromanzia e i tuoi compagni sono a terra. Cosa puoi fare per loro?» chiese la strega.
«Guadagnare tempo…» disse il piromante, slegandosi la fasciatura dalla mano sinistra, che mostrava chiari cicatrici da bruciatura.
Tese la mano sinistra in avanti, reggendola con la destra, e questa iniziò ad emettere fiamme ardenti. Aveva attivato la fiamma della piromanzia nella mano sinistra, ma questa risultava molto più viva e forte di quella nella sua mano destra. La faccia di Laurentius era chiaramente dolorante.
«Bufera di fuoco!» urlò, poggiando la mano sinistra al suolo.
In quel momento delle colonne di fuoco emersero sotto le zampe di Quelaag, avvolgendola nelle fiamme.
«Che nostalgia, questa è la piromanzia di Quelana.» disse Quelaag con sguardo sognante.
«Non so chi sia. Questa che risiede nella mia mano sinistra è un dono del mio maestro, la sua fiamma della piromanzia con tutta la sua forza.» spiegò Laurentius.
«Capisco, ti è stato fatto dono di un potere che non sei ancora capace di controllare. Quella è una fiamma della piromanzia superiore, ti ha procurato delle ustioni quando ti è stata passata.» disse la strega.
Quelaag fece un movimento diagonale con la sua spada, tagliando di netto le colonne di fuoco e disperdendo le fiamme. Si stupì nel vedere che il piromante fosse scomparso; ma prima che potesse iniziare a pensare dove fosse finito, sentì qualcosa atterrarle dietro, sulla testa del ragno. Laurentius l’afferrò con entrambe le braccia e la strinse più forte che poteva. Quelaag notò come avesse la parte inferiore del corpo carbonizzata.
«Hai usato una delle colonne di fuoco per darti la spinta ed avvicinarti dall’alto, notevole. Comunque, non mi piace che mi si mettano le mani addosso senza permesso.» disse la strega.
«Il tuo ragno non percepiva il pericolo?» chiese spavaldo il piromante.
«Tu non rappresenti una minaccia, nemmeno la potente piromanzia di mia sorella può ferirmi.»
«Lo vedremo…mano destra: combustione; mano sinistra: grande combustione!» urlo Laurentius.
La stessa piromanzia che aveva carbonizzato Mildred divampò ed avvolse sia il piromante che la strega.
«Lasciami andare. Non hai il minimo controllo delle fiamme generate con la mano sinistra, ti ridurrai in cenere con le tue mani. Ti sono grata per avermi riportato alla mente nostalgici ricordi di mia sorella, mi dispiacerebbe se morissi in maniere così orrenda.» disse Quelaag.
Laurentius non proferì parola, concentrato com’era nel mantenere il controllo della fiamma. I vestiti e la pelle iniziarono a bruciarsi.
«Perché lo fai? Non potete vincere, dovresti averlo capito. Quindi perché persistere?» chiese Quelaag.
«Perché così ho scelto.» disse con un filo di voce Laurentius.
Il piromante prese con la destra il pugnale da bandito che aveva dietro il cinturino e, con un gesto deciso, pugnalò la strega al cuore. Quelaag fu colta di sorpresa e non poté difendersi, il ragno si contrasse ed urlò dal dolore.
«Sparisci carogna!» urlò furiose la strega, emettendo un’altra esplosione di calore, della stessa intensità della prima.
La pelle di Laurentius si consumò e la sua carne bruciò, ma non mollava la presa, cercando di affondare il pugnale il più possibile.
«Oscar! Quando avrete suonato la campana, non venitemi a cercare! Proseguite sulla vostra strada!» disse il piromante «…sarò io a venire da voi…ci rivedremo…» concluse.
«Levami le mani di dosso!» urlò la strega ed una seconda esplosione divampò.
Questa volta le braccia di Laurentius, incenerite per il calore, si staccarono, facendogli perdere la presa. Il piromante cadde al suolo, lasciando il pugnale conficcato nel petto della strega. Il ragno fece un grande salto, atterrando e schiacciando il corpo del piromante.
«Maledetti non-morti! Perché vi ostinate? Perché arrivate a brucia pur di raggiungere i vostri scopi? Questa non è virtù…questa è pazzia!» urlò a strega.
Mentre cercava di estrarsi il pugnale dal petto con la sinistra, reggendo ancora la spada infuocata con la destra, volse lo sguardo alle sue spalle.
«Izalith! Questa è tutta colpa vostra! Il seme della follia che avete piantato ha dato i suoi frutti! Guardateci adesso! Per la vostra scempiaggine siamo bruciate tutte! Madre!» continuò.
«Quelaag!» la chiamò Oscar «Adesso sono io a chiedertelo: cedi il passo e rinuncia alla battaglia.»
«Cedere il passo? Questa è l’origine della follia, la culla del caos! Come tu hai un motivo per andare avanti, io ne ho uno per non farmi da parte!» disse la strega.
«Spiegati, cosa intendi con origine della follia?» chiese incuriosito Oscar.
«Non verrò a raccontare certe cose ad un non-morto, la feccia di Lordran! Ormai avete superato il limite, vi ucciderò incenerendovi. Se tornerete vi brucerò ancora. La vacuità sarà la vostra pace!» concluse.
Quelaag avanzò, brandendo la spada ricurva fiammeggiante nella destra e tenendosi il pugnale nel petto nella sinistra, per cercare di estrarselo. La strega ed Oscar iniziarono a duellare, facendo scontrare le proprie  spade. Oscar volgeva la sua attenzione anche al ragno che allungava le fauci, nel tentativo di mordere il cavaliere. Quelaag guardò alla sua destra e vide, dove prima giaceva il chierico, solo una macchia di sangue.
«Quindi lo hai lasciato morire. Hai bevuto dalla sua Estus per riprenderti e hai lasciato che morisse e tornasse al falò. Sei un miserabile, cavaliere!» lo schernì la strega.
Oscar non rispose, concentrato com’era nella battaglia. Ad un ceto punto il ragno fece un piccolo balzo in dietro, volgendo la testa a destra. Quelaag fu colta di sorpresa dal brusco movimento della sua parte inferiore e perse l’equilibrio. Oscar ne approfittò e si allungò verso il ragno, affondando la spada nella sua testa, estraendola subito dopo. Il ragno preso dal panico iniziò ad emettere fuoco. Il cavaliere alzò lo scudo e lo spinse verso la bocca dell’aracnide, bloccando le fiamme. Quelaag abbassò lo sguardo e si preparò ad affondare la spada sul cavaliere.
«Freccia dell’anima!» disse il cavaliere.
Oscar, approfittando del momento di confusione in seguito al suo attacco, aveva conficcato la spada per terra ed aveva estratto il catalizzatore con la destra. Il dardo magico impattò sulla mano armata della strega, facendole perdere la presa sulla sua spada. Guardò furibonda il cavaliere, ma prima che potesse fare qualsiasi cosa il ragno venne meno e cadde sul fianco destro. Quelaag si voltò e vide due delle zampe destre ferite e sanguinanti. Non riuscì a capire cosa stesse succedendo, ma la frustrazione era tale da non vederci più dalla collera. Afferrò il pugnale che aveva nel petto, con entrambe le mai ed iniziò a tirare con quanta forza aveva.
«Lasciateci in pace!» urlò la strega.
Riuscì ad estrarre il pugnale dal petto, seguito da un fottio di sangue zampillante. Si accasciò sulla testa del ragno ed emise l’esplosione di calore più potente di cui potesse far vanto. Oscar, avendo lo scudo già alto, fu spinto lontano di diversi metri. Quelaag sperò di riprendere fiato, ma il ragno emise un nuovo urlo di dolore. Sulla parte frontale del muso si formarono tre fori sanguinanti. La strega guadava il vuoto davanti a se, per capire cosa l’avesse colpita. Si stupì quando di colpo iniziò a rendersi visibile una figura, dai tre fori comparve un tridente, ora visibile. Dove prima non c’era niente ora compariva la figura di un uomo.
«Tu…sei il chierico!» disse sconvolta Quelaag «…quella era una stregoneria di Oolacile…»
Thoma, creduto morto dalla strega, gli era ricomparso difronte, anche se ricoperto di piaghe e ustioni, a causa dell’ultima esplosione.
«Esatto!» intervenne Oscar rialzandosi «Ho fatto bere a Toma l’Estus e poi ho reso lui e la sua arma invisibili.» spiegò il cavaliere.
«Heh non è stato facile gattonare fino a te. Il ragno mi aveva anche percepito, per fortuna Oscar lo ha colpito e distratto, così ho avuto modo di colpirti alle zampe.» spiegò Thoma.
Il chierico lasciò andare il tridente e cadde sulle ginocchia.
«Concludi la battaglia.» disse, rivolgendosi al cavaliere.
Thoma, ormai sfinito, si accasciò al suolo, privo di sensi. Il ragno spalancò le fauci con l’intento di finirlo. Oscar si alzò subito in piedi, prese l’arco composito, incoccò due frecce contemporaneamente e scoccò. Il danno alle zampe impedì al ragno di schivare, venendo colpito al volto e arrestando l’attacco rivolto al chierico. Oscar lasciò l’arco, raccolse spada e scudo e corse in direzione di Quelaag. Un’esplosione di calore rallentò la sua carica, ma gli diede modo di capire come l’attacco non fosse potente come gli altri ed il calore era appena percepibile, se reggeva alto il suo scudo. Così lasciò andare lo scudo e corse il più velocemente possibile. Giunto davanti la strega, poggiò un piede sull’asta del tridente ancora conficcato e si diede la spinta per salire sulla testa della creatura. Indirizzò l’acuta punta alla gola di Quelaag, deciso ad affondare il colpo decisivo, ma la pelle della strega era di colpo diventata bluastra. Oscar riconobbe la piromanzia utilizzata da Laurentius nello scontro con Mildred, donna feroce. L’arte di Carmina, piromante rinomata, ora rivestiva la pallida pelle di Quelaag, rendendo ogni punto vitale irraggiungibile per qualsiasi lama. In quella frazione di secondo meditò su quale punto potesse meglio cedere alla furia del suo attacco. Lo sguardo indugiò sul petto della strega, dove Laurentius aveva affondato il suo ultimo colpo. Lì, dove il cuore ancora batteva, vi era un punto scoperto, una ferita che la piromanzia non aveva chiuso, una crepa nell’armatura inviolabile. Il cavaliere colpì, e la lama affondò dritta nel petto di Quelaag. Oscar volse lo sguardo in basso, colto da una fitta all’addome. Il pugnale di Laurentius, prima conficcato nel petto della strega e poi brandito dalla stessa, era penetrato nella sua armatura, ferendolo.
«Non credo che questa possa rappresentare una ferita mortale per uno come te…» disse la strega con un filo di voce, mentre tossiva sangue.
«Cavaliere, hai vinto. Prenditi la mia testa, se vuoi. Suona la campana, se devi. Ma sul tuo onore, se ne hai, promettimi…» Quelaag afferrò la lama di Oscar e la strinse fino a sanguinare dalle mani.
«…che non le farai del male.»
«Di chi parli? A chi non dovrei fare del male?» chiese il cavaliere di Astora.
Quelaag si avvicinò al viso di Oscar e gli sussurrò parole, troppo flebili per essere udite da chiunque altro si fosse trovato nella stanza. Il cavaliere, dopo aver udito quelle parole, guardò negli occhi la strega.
«Io, Oscar, cavaliere di Astora, giuro sul mio onore che non le torcerò un solo capello. In alcun modo le recherò offesa, hai la mia parola.» disse in tono solenne.
Quelaag sorrise e lasciò andare la spada di Astora. La pelle della strega si ricolorò del suo tipico pallore.
«Poni fine alle mie sofferenze, te ne prego.» disse con tono calmo.
Oscar estrasse la spada dal petto e con un movimento orizzontale decapito la strega del caos. La testa di Quelaag rotolò lontano di alcuni metro, il corpo di ragno morì con lei, cadendo di peso al suolo. Il cavaliere scese dalla creatura, recuperando il suo scudo. Ad un tratto, vide dalla testa decapitata, fuoriuscire una luce giallastra. Questa, facendosi strada dalla bocca, naso, orecchie e occhi, si accumulò sopra di essa; formando un piccolo globo di fuoco, risplendente di una soffusa luce dorata. Oscar le si avvicinò incuriosito, allungando la mano in sua direzione.
«Quella è la sua anima. L’anima di una creature molto potente.» si alzò una foce.
Oscar si voltò e vide Thoma, che si reggeva da terra con i gomiti.
«Che gli dei siano benedetti! Sei vivo.» disse il cavaliere con un tono felice.
Si avvicinò al chierico, prese la fiaschetta Estus dal suo cinturino e gli fece bere un sorso, permettendogli di guarire dalle ustioni.
«Bevi anche tu, sei ferito.» disse Thoma.
Oscar bevve l’ultimo sorso, la ferita all’addome guarì e le energie gli tornarono.
«Abbiamo finito entrambe le nostre Estus, spero non ci siano altri nemici come quella strega.» disse Thoma.
«Lo spero anch’io.» replicò il cavaliere, mentre afferrava l’anima di Quelaag, e la vedeva confluire dentro di lui.
«La sua deve essere un’anima molto speciale. Molto diversa dagli altri nemici che abbiamo incontrato.» notò Thoma.
I due non morti avanzarono verso la scalinata, la salirono e in poco tempo furono in cima. Si trovarono dentro una stanza circolare con delle enormi finestre. Nonostante si trovassero sotto terra, dalle finestre proveniva una forte luce. Si affacciarono e videro un mare di lava che ricopriva la maggior parte dell’area, le terre non sommerse presentavano degli edifici che davano l’idea di essere molto antichi.
«Lì c’è qualcosa, ma non capisco cosa.» disse Thoma, indicando l’interno di alcuni edifici.
Oscar prese un binocolo dalla cassa senza fondo e lo puntò in direzione degli edifici.
«Sono demoni. Sia demoni-capra che demoni-toro. Questa città sommersa sembra esserne piena. Forse è questo il caos di cui parlava Quelaag.» ipotizzò il cavaliere.
«Ho l’impressione che un giorno le nostre strade si incroceranno con quelle di quei demoni. Alcuni di loro sono anche riusciti ad arrivare fino al borgo dei non-morti.» disse Thoma.
«Per adesso pensiamo alla campana.» disse Oscar voltandosi.
Vicino le enormi finestre c’era una leva. Guardando in alto videro la seconda campana del risveglio. Thoma afferrò la leva e la tirò. I rintocchi della campana risuonarono per tutte le profondità.
«Ce l’abbiamo fatta, adesso come torniamo in superficie?» chiese Thoma.
«Prima di entrare nel dominio di Quelaag, io e Laurentius abbiamo visto un mulino ad acqua che conduceva ad una piattaforma sopraelevata. Forse possiamo raggiungere la superficie così.» ipotizzò Oscar.
 
 
I due non-morti raggiunsero il mulino, salirono su una delle pale, che li condusse fino alla piattaforma in legno. Da li, tramite diverse scale a pioli, arrivarono ad una grotta. Dopo esservi entrati, percorsero diversi metri, fino a che non iniziarono a vedere la luce. In un primo momento furono accecati dalla luce del sole. Quando iniziarono a riabituarsi alla luce, videro che la grotta usciva su una valle con pareti di roccia molto alte. Nel mezzo della valle vi era una profonda spaccatura, un crepaccio del quale non si vedeva il fondo e che si estendeva per tutta la lunghezza della valle. Ad unire le due sponde c’erano solo quattro assi di legno, e di fianco c’erano i segni di un ponte in legno distrutto.
«Sembra un ponte di fortuna, per sopperire a quello rotto.» disse Oscar.
Sull’altra sponda vi era una torre in pietra, il cui accesso era consentito tramite un cancello in ferro. I due non-morti attraversarono con cautela le assi di legno e tentarono di aprire il cancello con la chiave trovata nella palude di Blighttown. La porta si aprì.
«Forse la curatrice deve aver raggiunto Blighttown tramite questo passaggio, deve essersi chiusa il cancello alle spalle.» ipotizzò Thoma.
Nella torre vi erano delle scale che conducevano in basso. Scese queste scale si trovarono in un ambiente dall’aspetto spettrale, pieno di non-morti vuoti afflitti.
«Petite Londo…» disse sorpreso Thoma.
Il chierico si voltò e vide che Nico non fosse più nel posto dove lo aveva lasciato, privo di sensi. Gli salì il panico, non capiva dove potesse essere finito.
“Era risalito al falò?”, “Era stato aggredito?”, ”Come avrebbe potuto spiegare ad Oscar l’aver stordito e derubato un altro chierico?” queste erano le domande che vennero in mente a Thoma.
«Tutto bene?» gli chiese Oscar.
«Si…si, tutto bene. Questo luogo mi mette i brividi.» si giustificò il chierico.
«Beh, da qui possiamo raggiungere il falò del Santuario del Legame del Fuoco, giusto?» disse il cavaliere.
Thoma fece un cenno all’amico. Entrambi presero l’ascensore di fianco alla scalinata che li aveva condotti lì. Salirono fino al falò e con grande sorpresa, notarono che Conrad non fosse da solo. Seduti al falò vi erano tre persone: un cavaliere in armatura dorata, che raffigurava due braccia in rilievo che stringevano il torso del cavaliere che l’indossava; un guerriero dai capelli corti e corvini, dotato di armatura leggera e lancia; un mago, dai capelli lunghi e castano chiaro, indossava la veste cremisi dei curatori, brandiva un catalizzatore in latta nella destra e un piccolo scudo rotondo nella sinistra. Il cavaliere dall’armatura dorata sedeva al falò, il guerriero ed il mago si trovavano in piedi alle sue spalle, a sinistra e a destra rispettivamente.
«Oh, Salve avventurieri. Presumo siate voi che bisogna ringraziare se le campane del risveglio sono state suonate.» disse il cavaliere, con tono affabile.
«Si, abbiamo suonato la seconda campana poco tempo fa…sir?» disse Oscar.
«Hahaha, nessun “sir”. Non sono un signore, né un nobile. Perdonate la scortesia. Il mio nome è Lautrec, cavaliere di Carim. Il guerriero alla mia sinistra è Bogdan, anche lui di Carim. Il mago alla mia destra è Laurent.»
«Piacere di fare la vostra conoscenza. Io sono Sir Oscar, cavaliere di Astora. Il mio amico è Thoma, chierico della via Bianca, da Thorolund. Siete appena arrivati a Lordran?» rispose Oscar.
«Da poco, si. Anche se io sono stato ospite nella chiesa dei non-morti, per gentile concessione degli Evocatori del duca Seth hahahah.» disse Lautrec.
«Ti trovavi prigioniero nella chiesa?» chiese Thoma.
«Invero, ed ero lì quando avete suonato la prima campana. Non preoccupatevi, se non mi avete trovato non ve ne faccio una colpa. Anch’io me ne sarei andato il prima possibile da quel luogo. I miei amici mi hanno tirato fuori da li.» spiegò il cavaliere di Carim.
Oscar si voltò in direzione di Conrad.
«Tutto bene? Non hai proferito parola. Non sei sorpreso che siamo tornati vittoriosi?» chiese il cavaliere.
«Starei meglio, se quella cosa non fosse comparsa. Portando con se quel fetore e quel rumore di masticamento.» disse Conrad, indicando le rovine alle spalle del falò.
 
 
Il curatore sedeva sul tetto della chiesa, osservando il triste e desolante paesaggio davanti a se. Le rovine sommerse di Petite Londo lanciavano le loro grida spettrali al cielo, alle quali ci si abituava dopo un po’ di tempo. Il curatore non capì mai se questa fosse una cosa positiva o negativa.
«Oh, questa è una sorpresa. Non ricevo spesso visite, fatta eccezione per gli spettri. Hai qualcosa da fare in questo luogo?» disse il curatore, rivolgendosi ad un uomo bendato, vestito di stracci, appena salito sul tetto.
«Ingward. Il curatore. Il guardiano del sigillo. La veste cremisi ti sta ancora bene.» rispose l’uomo.
«Ci conosciamo?» chiese Ingward, voltandosi.
«In un certo senso. Conosco la storia; so che avete sacrificato migliaia di cittadini di Petite Londo per sigillare l’oscurità che stava dilagando. Avete chiuso le porte della città e l’avete sommersa.» spiegò l’uomo.
«Mi sorprende che tu conosca queste cose. Non è il capitolo migliore della storia di Lordran.» disse il curatore.
«Diciamo che è una delle pagine più nere di questo decadente regno. Le urla quel giorno erano assordanti, i quattro Re che governavano il regno erano caduti. Ma la cosa peggiore, eri tu. Tu che ti trovavi su questo stesso tetto, al sicuro da tutto, mentre comunicavi con i tuoi compagni per eseguire l’ordine. “Fermeremo l’abisso! Costi quel che costi!”, furono le tue esatte parole.» disse l’uomo. Il tono era irritato e si faceva più alto.
«Come fai a sapere simili cose?» chiese Ingward, titubante.
«Oh, io ero lì quel giorno. Ma non preoccuparti, non vi porto rancore. Dopo aver visto la fine che avete fatto, provo solo compassione per voi tre curatori. Tu, costretto a far la guardia ad una città morta fino all’arrivo del non-morto prescelto; Laurent è diventato un fuorilegge alleandosi con un furfante di nome Lautrec; Mentre Yulva…vuoi sapere com’è morta?» disse beffardo l’uomo.
«Cosa vuoi?» chiese il curatore in tono serio, stringendo il catalizzatore di latta nella mano destra ed un particolare coltello nella sinistra.
«La chiave del sigillo, cedimela.» disse diretto l’uomo.
Ingward, capendo il pericolo che avesse davanti, alzò il catalizzatore e scagliò una potente freccia dell’anima. L’uomo schivò il dardo e si avvicinò ad una velocità fulminea al curatore, afferrandogli la mano destra. Ingward cercò di accoltellarlo, ma fu facilmente disarmato. L’uomo diede un calcio al curatore, facendolo cadere al suolo.
«Questo coltello è bizzarro. Si possono colpire gli spettri, vero? Non date pace nemmeno alle anime giustamente rancorose.» disse l’uomo, mentre raccoglieva il coltello.
Ingward cercò di risollevarsi il più velocemente possibile, ma fu raggiunto in un batter d’occhio dall’uomo, che lo pugnalò all’addome, senza esitazione.
«Questa è per Petite Londo.» disse.
Estrasse il coltello, per poi dare un’altra pugnalata al curatore, questa volta all’altezza del petto.
«Questa è per i miei fratelli e sorelle.»
Estrasse il coltello, afferrò Ingward per la gola e gli tolse la maschera da curatore.
«Questa è per me. Adesso puoi riposare, la tua veglia è finita.»
Così dicendo invertì la presa del coltello, per poi piantarlo in mezzo agli occhi del curatore. Ingward cadde a terra di peso, senza vita. L’uomo si chinò sul cadavere in cerca della chiave.
«Abbiamo perso fin troppo tempo. Loro attendono.»
 
 
Oscar e Thoma si diressero alle rovine, incuriositi dalla descrizione di Conrad. Quando non furono più a vista, Luatrec si alzò.
«Beh, amico mio, arrivederci. Io ed i miei amici abbiamo degli affari da svolgere.» disse il cavaliere di Carim.
Conrad fece un saluto con mano, senza proferire parola. Lautrec e compagni si diressero a Petite Londo.
Qundo Oscar e Thoma arrivarono nelle rovine, entrarono in una sala dal tetto sfondato. Sul fondo vi era la statua di una donna, sulla sinistra una porta che conduceva al cimitero, mentre al centro vi era una profonda botola. Ciò che li lasciò inorriditi fu una creatura serpentiforme, che emergeva dalla botola. Aveva gli occhi gialli, la dentatura simile a quella umana, ma molto più sporgente, e due appendici che gli penzolavano ai lati della bocca, che ricordavano dei baffi, ma fatti di carne.
« Ah, salve. Sono il Serpente Primordiale, Cercatore di Re Frampt, amico intimo del Gran Lord Gwyn. Chi di voi ha suonato la Campana del Risveglio?» chiese il serpente.
«Entrambi. Abbiamo intrapreso insieme questo viaggio.» rispose Thoma.
«Interessante, entrambi avete intrapreso la via del non-morto prescelto, suonando la Campana del Risveglio. Lasciate che chiarisca il vostro destino…»
Il discorso di Frampt fu interrotto quando la terra iniziò a tremare.
«Un terremoto?» chiese Oscar.
«No…potrebbe essere che il sigillo sia stato spezzato?» disse il serpete.
«Cosa significa?» chiese Thoma.
«Non lo comprendo ancora. Comunque sia, ciò su cui dovrete concentrarvi ora è svelare il fato di uno di voi, di colui che diventerà il non-morto prescelto. Colui che succederà al Gran Lord Gwyn. Così da poter vincolare la fiamma, scacciare l'oscurità e annullare la maledizione dei non morti.»
 
 
Lautrec e compagni raggiunsero Petite Londo, seguendo la strada che gli fu detta dall’uomo misterioso. Usciti dall’ascensore, salirono la rampa di scale vicine. Arrivarono in una vale con un crepaccio. Camminarono sul bordo fino ad arrivare ad un ponte in pietra. Dall’altra parte del ponte vi erano delle mura mastodontiche ed un cancello in metallo. A fare da guardia al cancello, sul ponte, vi erano delle viverne.
«Perché ci troviamo qui?» chiese preoccupato Lauren.
«Questo è il luogo stabilito per l’incontro.» rispose Lautrec.
«Dovremmo affrontare quelle bestie?» chiese Bogdan.
«No. Secondo le istruzioni di quell’uomo dobbiamo aspettare.» rispose il cavaliere di Carim.
Dopo alcuni minuti il cancello si aprì e ne fuoriuscì una quantità smisurata di acqua, che investì le viverne facendole cadere tutte nel crepaccio. La strada era libera. Lautrec e compagni si avvicinarono alle mura e furono accolti dall’uomo misterioso.
«Benvenuti a Petite Londo, città costruita nella roccia e asservita alla più illustre Anor Londo. Sommersa per volere degli stessi dei.» disse facendo un inchino.
I tre mercenari furono inizialmente perplessi, poi entrarono e seguirono l’uomo.
«Quindi tu vivevi qui, prima che la sigillassero?» chiese Lautrec.
«Per un po’ è stata la mia casa, si. Quando la città era ancora rigogliosa ho conosciuto molte persone stupende, era impossibile non affezionarsi agli abitanti del luogo.» disse mentre camminavano.
Lautrec si accorse presto di uno strano rumore ad ogni passo, abbassò lo sguardo e si accorse di star camminando su dei resti umani, e che questi ricoprivano quasi interamente la pavimentazione della città. Rimasero scioccati da una simile visione.
«Si, sono loro. Quelle stesse persone a cui mi ero affezionato. Molti di loro erano deboli, non adatti a tenere una spada. Altri invece…erano speciali. I miei amici più stretti, uomini e donne a cui potevo confidare tutto. Li chiamavo Fy Nheulu. Anche loro caddero vittima del sigillo, oh se ne caddero vittima. Ma come vi ho detto: erano speciali.» concluse l’uomo, fermandosi.
Arrivarono in quella che doveva essere la piazza della città, parzialmente preservata.
«Fratelli! Sorelle! Venite fuori! Il sigillo è spezzato!» urlò.
Inizialmente Lautrec non vide succedere niente, e per un attimo pensò che l’uomo stesse parlando ai morti, che fosse pazzo. Ad un certo punto decine e decine di cavalieri uscirono allo scoperto e si radunarono nel centro della piazza. La loro armatura era inquietante: nera come la pece, sul torso avevano dei rilievi che ricordavano la casa toracica di uno scheletro, guanti e stivali erano artigliati, indossavano una maschera che raffigurava un teschio e un cappuccio nero a coprire il resto della testa. Sembravano appena risvegliatisi da un lungo sonno.
«Lautrec, loro sono i Fy Nheulu, la mia famiglia. Ma anche noti come…Darkwraith
 
 
-FINE SECONDA PARTE-
 
 
 
 
 
 
Nota dell’autore
Qui finisce la seconda parte. Sono felice di essere riuscito ad arrivare fino a questo punto.
Ringrazio chi è arrivato fino alla fine del capitolo, se state leggendo queste note grazie per l’interesse e la pazienza che avete avuto nel seguirmi.
Se vi va lasciatemi un commento e fatemi sapere cosa ne pensate.
Ci vediamo per l’inizio della terza parte con il capitolo 13.
 
Un saluto, Mr.Chestnut.
   
 
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