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Autore: michaelgosling    13/08/2022    0 recensioni
Tre amiche appassionate una di Harry Potter, una di Star Trek e una della Disney in seguito ad un incidente vengono catapultate ognuna in uno di questi universi, ma non di quello di cui sono fan.
Proveranno ad usare quello che sanno della storia per renderla migliore? O le loro azioni porteranno ad un finale peggiore? La loro presenza influenzerà queste storie molto più di quanto immaginano, perché una sola persona può cambiare tutto.
[Fandom Variabile: il Fandom in cui verrà pubblicata la storia dipenderà dall'ambientazione dell'ultimo capitolo pubblicato. Sarà comunque possibile trovare la storia anche negli altri due Fandom nella categoria Crossover]
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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QUEL CASTELLO DELLA SCOZIA – CAPITOLO 5
 
 
 
 
 
 


Yvonne affogò nel cibo tutta la sua disperazione.
 
Non appena era apparso sul tavolo con tanto di posate e piatti, aveva iniziato a prendere un po’ di tutto senza neanche stare a guardare bene cosa metteva nel piatto, e questo la fece preoccupare ancora di più: era sempre stata pignola e schizzinosa riguardo al cibo e di rado provava qualcosa di nuovo. Se andava in un ristorante nuovo in cui le portate venivano scelte in precedenza da altri, finiva quasi sempre per non toccare nulla, e a cena conclusa il suo piatto sembrava appena uscito dalla lavastoviglie e fin da bambina, quando un’amica la invitava a cenare da lei, cercava sempre delle scuse per rifiutare, come se sapesse già che non le sarebbe piaciuto nulla, ma non voleva apparire scortese. Ma ora aveva ben altri problemi.
 
Pollo. Patate. Uva. Ingoiava un alimento dopo l’altro con la testa china sul piatto, perché alzandola avrebbe dovuto affrontare la realtà, quella realtà che ancora non si sentiva di accettare del tutto: che era a Hogwarts, circondata da personaggi da cui voleva stare alla larga. L’illusione di essere altrove rimase con lei per qualche momento, per poi disintegrarsi del tutto quando le riconoscibilissime voci di quei suddetti personaggi iniziarono ad essere troppe per poterle ignorare.
 
Sentiva Fred e George parlare tra loro, probabilmente di uno scherzo che stavano mettendo in atto, poi Seamus che diceva qualcosa sui suoi genitori e infine anche lui.. Harry Potter.
 
“Dimmi Percy, chi è che parla con il professor Raptor?”
 
“Ah è il professor Piton. Il Capo della Casa Serpeverde.”
 
“Cosa insegna?”
 
“Pozioni. Ma tutti sanno che ha un debole per le Arti Oscure, sono anni che aspira al posto di Raptor.”
 
E continuerà ad aspettare. Per ancora un po’ di tempo, ma abbastanza da vedere altri, più imbecilli e psicopatici di lui tranne uno, forse, arrivarci prima di lui.
 
Poi arrivarono i fantasmi. Nicholas Quasi Senza Testa era sbucato dal tavolo dei Grifondoro, e Yvonne per poco non gli vomitò addosso quello che stava mangiando, anche se in quel caso essendo un fantasma il vomito lo avrebbe attraversato e poi avrebbe raggiunto qualcos’altro.. o qualcun altro. Fortunatamente Yvonne ricordava quella scena dal film, così almeno quella figuraccia poté risparmiarsela, ma le passò comunque la fame.
 
Portò il busto e il viso più lontano possibile dal tavolo come per paura di altri improvvisi spaventi, tanto che quasi cadde all’indietro. Afferrò il tavolo con le dita, e iniziò a muovere impercettibilmente il suo didietro: non era abituata né a quel lungo mantello né alla gonna, e trovare una posizione comoda sembrava impossibile.
 
Vide Beverly in lontananza seduta al tavolo dei Serpeverde, proprio accanto a Malfoy. Quando anche lei la vide, sorrise e la salutò amichevolmente con la mano, con tanta foga che riuscì a strappare a Yvonne il primo sorriso da quando era stata smistata a Grifondoro. Malfoy si accorse della loro interazione e guardò Yvonne negli occhi con un’espressione raggelante. Yvonne chinò la testa imbarazzata, non per lo sguardo di Malfoy, ma perché l’aveva fissata talmente a lungo che ormai l’aveva notata. Era il primo personaggio del mondo di Harry Potter ad averla davvero notata, e lei non sapeva se esserne contenta o spaventata.
 
Non seppe dire quanto tempo passò, ma ad un certo punto la Sala Grande iniziò a svuotarsi. Lei e tutti gli altri studenti del primo anno smistati a Grifondoro iniziarono a seguire Percy, che li avrebbe condotti nella Sala Comune. Passarono per larghi corridoi e le famose scale che si muovevano. Tutti gli altri a bocca aperta davanti al paesaggio intorno a loro, ma Yvonne era troppo spaventata dai soggetti dei quadri che si muovevano e la guardavano passare, e non appena si allontanava da uno di loro, eccone un altro. Sembrava che non ci fosse un pezzo di muro in cui non ci fosse attaccato un quadro.
 
Ma che è sta roba?
Sembra la casa di mia nonna, con tutto questo arredamento antico stile ottocento. E i quadri? Neanche nei musei ce ne sono così tanti. Che luogo inquietante.
 
Quando arrivarono nel Dormitorio, Yvonne era convinta di crollare nel letto tanto quanto era stanca, ma fu l’unica a non addormentarsi.
 
Il pigiama che le aveva preso il clone di suo nonno era largo e comodo, proprio il genere che preferiva, ma il letto era piccolo, troppo vecchio, caldo e polveroso, come se non venisse usato da cinquant’anni. Per un momento pensò di essere stata sfortunata e di aver preso l’unico difettoso, ma ad occhio anche tutti gli altri letti in cui dormivano le sue compagne apparivano esattamente uguali. Dopo quasi un’ora sentì il sonno arrivare, ma proprio non riusciva ad addormentarsi: di tanto in tanto si alzava e camminava silenziosamente per la stanza attenta a non fare rumore, per liberare momentaneamente il letto dal suo calore nella speranza che, trovandolo più fresco, sarebbe scivolata nel sonno molto più facilmente. Ma non fu così.
 
Rassegnata, si mise accanto alla finestra vicina al suo letto, che dava sul grande prato verde vicino al lago. Quello e le stelle luminose nel cielo erano uno spettacolo meraviglioso, ma lei era ancora troppo arrabbiata di dover essere lì per ammetterlo, anche se sapeva che, una parte di lei molto in profondità, amava quel paesaggio. Ogni tanto si voltava indietro come a controllare di non aver svegliato nessuno, e la terza volta che lo fece si accorse che la sua uniforme, che aveva appoggiato sul letto, aveva cambiato colore. La parte in basso del suo maglione aveva sviluppato una striscia arancione così come nelle maniche, la sua cravatta che prima era nera ora era a strisce color arancione chiaro e marrone e nel suo mantello, la parte che doveva stare sul suo petto, era apparso lo stemma di Grifondoro, dagli stessi colori apparsi nel resto dell’uniforme. Stessa cosa era successa alle uniformi di tutte le sue compagne addormentate.
 
Magia.
 
Quando voltò lo sguardo nuovamente verso l’esterno, vide che c’era qualcuno nell’immensità di quel prato verde che ora sembrava grigio scuro per via della notte.
 
Era troppo lontano per capire chi fosse, ma sentì un improvviso gelo dentro di sé, diverso da tutti i brividi di terrore e freddo che aveva sentito fino a quel momento.
 
E’ lui.
Il clone di mio nonno.
Lo so che è lui.
Lo sento.
Non può essere che lui.
 
Iniziò ad inspirare nervosamente senza mai distogliere lo sguardo, come se temesse che se l’avesse fatto qualcosa di terribile sarebbe successo.
 
Poi arrivò una nebbia. Una fitta nebbia che si frappose tra lei e lui, come un ostacolo da sorpassare per raggiungerlo. Yvonne ebbe la tentazione di sporgersi, ma pensò saggiamente di non farlo considerando che avrebbe potuto cadere. Rimase ferma con il corpo, ma allungò la testa quanto più le fu possibile.
 
Quando la nebbia si dileguò velocemente così com’era venuta, al posto di quell’anziano trovò qualcos’altro.
 
Un animale. Un animale a quattro zampe. Il colore era impossibile da vedere così come gran parte del suo aspetto a causa del buio e della distanza, ma doveva essere più o meno grande quanto un pastore tedesco adulto, solo che quello non era un pastore tedesco. Aveva lunghe orecchie dritte verso l’alto come quelle di un coniglio, ma il resto del corpo non era un coniglio.
 
Era un..
 
Asino.
Lo stesso asino che aveva visto a Diagon Alley.
Lo stesso asino che aveva visto a Notre Dame, quando ancora era a casa sua.
Non aveva nessuna prova che fosse lo stesso asino, ma doveva essere così. Lo sentiva nelle ossa.
Anche perché non avrebbe avuto senso che un normalissimo e comunissimo esemplare di asino si trovasse a Hogwarts. Che qualsiasi animale non magico si trovasse a Hogwarts. Men che meno un asino.
 
E se fosse un’allucinazione?
Se non ci fosse mai stato un asino? Se tutte e tre le volte l’asino era stato solo nella sua testa? Era possibile, ma perché proprio un asino? Tra tutti gli animali.. perché un asino?
 
Eppure eccolo là.
Che la fissava.
Che la osservava.
Che la controllava.
 
 
 
 
*
 
 
 
 
 
 
Yvonne non ci provò nemmeno più a tornare nel letto. Non riusciva a dormire prima, quindi era piuttosto certa che non ci sarebbe riuscita ora, dopo quelle inquietanti visioni provenienti dall’esterno di Hogwarts.
 
Non appena i primi spiragli di luce iniziarono ad illuminare il mondo intorno a sé, decise di uscire.
 
Si mise l’uniforme. L’uniforme di Grifondoro per la prima volta, e mise la bacchetta in una taschina all’interno del mantello. Si guardò allo specchio cercando una sorta di accettazione, ma trovò solo altre insicurezze. Non si sentiva di appartenere a Grifondoro. Non riusciva a capire perché il Cappello Parlante avesse pensato altrimenti. Ma Grifondoro a parte, le piaceva l’uniforme, le era sempre piaciuta, più della storia stessa di Harry Potter. Se fosse stata assegnata ad un’altra casa, l’uniforme sarebbe stata esattamente identica fatta eccezione per i colori dello stemma e della cravatta, ma almeno si sarebbe sentita di far parte di qualcosa, mentre ora si sentiva solo smarrita.
 
Tutte le sue compagne dormivano ancora e a quanto parte anche i maschi, perché quando raggiunse la Sala Comune la trovò deserta. Sentiva le sue gambe tremare, le sue braccia a volte si muovevano da sole come colte da tic nervosi e incontrollabili, tale era la paura che sentiva. Ma non aveva importanza. Prese la valigetta che conteneva i suoi libri di testo e lasciò la Sala Comune dei Grifondoro.
 
Raggiungere di nuovo la Sala Grande fu più difficile di quanto avrebbe pensato, considerando che c’era stata nemmeno ventiquattro ore prima. Ci mise mezzora a trovarla, e dovette chiedere indicazioni ad almeno tre studenti diversi, due Tassorosso e un Corvonero.
 
Una volta trovata, si sedette al tavolo dei Grifondoro inquietamente vuoto, e mangiò un paio di paste immergendole in una tazza di latte caldo, accompagnati da biscotti piccoli ma dolci. In tutta la Sala ci saranno stati al massimo venti studenti, tutti più grandi, dal quarto anno in su almeno, che di numero potevano sembrare un po’, ma in quella stanza così pericolosamente grande sembravano piccole zanzare nell’immensità del campo di un contadino. Nemmeno gli insegnanti c’erano.
 
Quando si sentì piena, si alzò per andare a lezione. Solo quando fu vicina ai grandi portoni aperti della Sala Grande, si accorse che aveva dimenticato la valigetta. Tornò indietro a riprenderla a passo svelto e spedito, mentre sentiva un paio di Corvonero riderle dietro.
 
Che stupida.
Iniziamo bene.
 
Ma non aveva tempo di autocommiserarsi.
 
 
 
 
*
 
 
 
 
 
La prima lezione era con la McGranitt, e naturalmente anche per raggiungere la sua aula dovette chiedere aiuto a mille studenti più grandi. Ci mise tanto a raggiungerla che arrivò a temere che fosse già iniziata la lezione, nonostante si fosse svegliata prima di tutti, ma non fu così.
 
In fondo ci saranno già Potter e Weasley che arriveranno a lezione in ritardo. Non mi metterò al loro livello.
 
Doveva essere ancora molto presto invece, perché nemmeno la McGranitt era presente. Tutto quello che vide fu una gigantesca aula vuota con una sola persona, seduta in uno dei banchi più vicini alla cattedra, sulla destra. Aveva capelli castani, lunghi e arruffati.
 
Hermione.
 
Yvonne si sedette nell’ultimo banco a sinistra, quello più lontano da lei. Poggiando la valigetta sul banco fece un rumore che fece girare Hermione, che si limitò a guardarla un secondo poi si rigirò verso la cattedra.
 
E Yvonne si sentì improvvisamente in colpa.
 
Sapeva che Hermione avrebbe avuto un inizio difficile ad Hogwarts in fatto di amicizie, almeno fino al momento del Troll nei bagni, e sebbene fosse dipeso da lei e dalla sua abitudine di fare la saccente, sapeva che lo faceva solo perché voleva dimostrare di meritare di essere lì essendo nata Babbana, e in verità Yvonne la preferiva enormemente sia a Harry Potter sia a Ron Weasley.
 
Ma non si mosse.
 
Non devo interferire.
Devo stare lontana da tutti i personaggi principali. La mia presenza potrebbe peggiorare la situazione. Devo tenermi negli angoli. Devo essere invisibile. Non posso rischiare di cambiare qualcosa. Non posso. Lei avrà degli amici. Tanti. Molti di più di quanti sarò in grado di averne io. Non devo preoccuparmi per lei. Starà bene.
Eppure, continuava a sentire una morsa nello stomaco che poteva essere solo senso di colpa.
 
Starà bene. Infatti. Lei starà bene. Forse.. forse potrei sedermi accanto a lei.. solo questa volta..
Lei sa così tante cose di magia e io non so niente, averla come vicina di banco mi aiuterà sicuramente ad avviare al meglio il mio primo anno ad Hogwarts, e io potrei farla sentire un po’ meno sola, per tutto il tempo che sarà necessario.
Non occorre che faccia nulla. Tutto quello che devo fare è stare un po’ con lei, e ascoltare quello che ha da dire. Devo solo.. esserci, fino a quando non ci saranno Harry, Ron e gli altri per lei. E quando avverrà quel momento, lei si dimenticherà della strana taciturna ragazzina che la ascoltava nel primo mese di scuola e io, si spera, sarò in grado di affrontare la scuola senza dover contare sull’aiuto di qualcun altro.
 
Sospirò, riprese la valigetta e si avvicinò a Hermione.
 
“Ciao. Posso sedermi?”
 
Hermione si girò e Yvonne vide nei suoi occhi marroni la sorpresa per un secondo.
 
“Sì, certamente.” Hermione spostò la sua sedia avvicinandola al banco, così Yvonne le passò dietro e si sedette accanto a lei.
 
Notò subito che il libro di testo di Hermione era già aperto. Probabilmente, nell’attesa che la lezione iniziasse, Hermione aveva iniziato a studiarlo per conto suo.
 
Questo è tipico di Hermione.
Yvonne prese anche il suo libro di testo che mise sul banco, ma non lo aprì. Hermione continuò a leggere un paio di pagine per conto suo, poi alzò nuovamente lo sguardo su Yvonne.
 
E iniziò.
 
Iniziò a parlare. Parlare. Parlare.
 
Disse cosa aveva letto nel libro fino a quel momento, cosa di ciò che aveva letto sapeva già, perché lo sapeva già, e degli altri libri che aveva letto sull’argomento.
 
Parlò dei Fondatori di Hogwarts. Della storia della McGranitt, come se avesse studiato a memoria la sua pagina di Wikipedia. Yvonne cercava di seguirla, non tanto perché le interessasse ma perché poteva esserle utile sapere di più di quel mondo se voleva sopravvivere e riuscire a tornare a casa, ma stava diventando difficile. La mancata dormita si fece sentire, e non seppe dire se fosse perché parlava di argomenti complicati o per la velocità con cui parlava, ma arrivò ad un punto in cui non riusciva a capire una sola parola di quello che Hermione stesse dicendo, ma si sforzò di guardarla con uno sguardo attento, dandole l’illusione che stava seguendo ogni cosa.
 
Quando finalmente si fermò, guardò Yvonne aspettandosi qualcosa, un commento probabilmente, ma Yvonne era troppo impegnata a capire come avrebbe fatto ad affrontare la giornata piena di lezioni per trovare un commento complesso e astuto da fare.
 
“Sai davvero un sacco di cose.” Disse alla fine, non trovando un’altra cosa più intelligente da dire.
 
Hermione parve apprezzare, ma rimase comunque in silenzio per un po’.
 
“Non abbastanza.” Mormorò più a sé stessa che a Yvonne, con un tono talmente malinconico che quest’ultima riuscì a vedere tutta l’ansia di fallire che aveva quella bambina di undici anni.
 
Si sentì ancora più triste per lei.
 
“Non devi dimostrare niente a nessuno, lo sai vero?”
 
Parlò quasi senza pensarci, ma era troppo tardi per ritirare tutto.
 
“Cosa vuoi dire?” chiese Hermione, anche se lo chiese in un modo da far pensare a Yvonne che in fondo, molto in fondo, conoscesse già la risposta.
 
“Nessuno ti manderà via.”
 
“Perché.. perché dovrebbero mandarmi via?”
 
Cazzo. Dovevo stare zitta.
 
“Beh.. lo sai.. perché sei.. hai.. hai genitori Babbani.”
 
Hermione la guardò ferita e mortificata, come se l’avesse appena chiamata Mezzosangue, ma Yvonne mantenne lo sguardo. Ormai aveva lanciato il sasso, ed era troppo tardi per nascondere la mano. Ne avrebbe approfittato per far capire a Hermione cosa davvero intendeva.  
 
“Come.. come lo sai?”
 
Oh io so tutto di te.
Sono dentisti. Hai un gatto di nome Grattastinchi.
So anche quello che ancora non sai nemmeno tu.
Ma certamente non poteva dire nulla del genere, quindi pensò alla prima cosa plausibile che le venne in mente.
 
“Le voci girano.”
 
“Pensi che mi manderanno via da Hogwarts per questo?”
 
“No, non lo penso. Tu lo pensi.” Ed era proprio lì che Yvonne voleva arrivare, e lo disse con una tale risolutezza che fu certa di essersi fatta capire fin troppo bene.
 
Non le era affatto piaciuto sbattere in faccia a Hermione che era nata Babbana o che pensasse che aveva una sorta di pregiudizio nei suoi confronti per questo, ma era necessario per farle capire il punto. E cioè che valeva tanto quanto qualsiasi altro studente con una discendenza di purosangue da secoli.
 
“Non sei meno maga di qualsiasi altro studente purosangue della scuola. Sei qui esattamente come loro. Sono le nostre azioni a decidere chi siamo, non il nostro sangue.”
 
A Yvonne non piacque come le uscì quel discorso, ma pensò comunque che andasse bene.
 
“Continua a dare il massimo e anche di più se è quello che vuoi, ma non pensare mai di doverlo fare per dover dimostrare di avere il diritto di essere qui. Tu quel diritto ce l’hai dal giorno in cui sei nata, e niente e nessuno potrà mai togliertelo.”
 
Hermione sembrò sul punto di piangere. I suoi occhi erano lucidi e la sua bocca era piegata come dal trattenersi, ma alla fine le sue labbra formarono un piccolissimo, incoraggiante sorriso.
 
“Grazie.” Mormorò lei, passandosi le mani sugli occhi cercando di fermare le lacrime, la sua voce piena di commozione, come se fosse davvero grata a Yvonne, come se quelle parole fossero esattamente quello di cui aveva bisogno.
 
E forse era così.






 
  
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