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Autore: Azure_Owl    13/08/2022    0 recensioni
Raccolta di racconti auto-conclusivi (a tematica esclusivamente m/m) con protagonisti alcuni personaggi, spesso in difficoltà, che cercano sostegno e trovano conforto grazie all'amore.
Che sia un amore che sta per nascere, uno che dura da anni o uno che ha bisogno di rinascere, ognuno dei personaggi affronta un ostacolo che lo fa soffrire, e insieme alla sua metà troverà un modo per andare avanti e affrontarlo.
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Pioveva ininterrottamente da giorni ormai.
Marcus Sullivan non aveva mai apprezzato la pioggia, perché non appena prendeva un po’ di freddo, doveva chiedere una settimana di malattia e riusciva a malapena ad uscire di casa. E odiava ancora di più essere ammalato. Il raffreddore non era niente, se aveva con sé un paio di pacchetti di fazzoletti poteva sopravvivere per qualche ora, ma la febbre e l’influenza gli impedivano di fare qualsiasi cosa.
Aveva appena spento la luce della cucina, stringendosi addosso il maglione per cercare di calmare i brividi che non lo tormentavano, quando sentì bussare alla porta d’ingresso.
La pioggia era così forte che Marcus quasi non ci fece caso, ma quando sentì il suono una seconda volta, andò a controllare.
Aspettò ancora un’istante. Era sera tardi, non aspettava nessuno, e per di più era malato, e avrebbe rischiato di passare l’influenza a chiunque ci fosse dall’altra parte.
Chiunque fosse però, era alla sua porta con quel brutto temporale, e Marcus non avrebbe lasciato fuori nessuno con quel tempo.
Si pentì però di aver aperto la porta appena vide chi era stato a bussare.
“Ciao Marc,” Marcus ebbe l’istinto di richiudere la porta immediatamente, invece rimase immobile, lasciando che l’aria fredda entrasse in casa senza farci caso.
“Che cosa…” …ci fai qui? Che cosa ti è successo? Marcus non sapeva cosa chiedere a quell’uomo che si ripresentava nella sua vita dopo anni di assenza.
“Mi dispiace, non sapevo dove andare. Posso entrare? Ti assicuro che entro domani mattina me ne sarò già andato.” Marcus si fece da parte, richiuse la porta d’ingresso e gli fece cenno di seguirlo.
“Aspetta qui un istante,” Gli disse, facendolo entrare in cucina, che era la stanza più calda della casa. “Ti porto un paio di asciugamani e dei vestiti asciutti.”
“Non preoccuparti, mi basta solo un asciugamano.” Rispose l’altro, sedendosi.
Marcus non lo ascoltò.

Una volta entrato in bagno si guardò allo specchio. Era pallido, ma allo stesso tempo sia le sue guance che il suo naso erano rosse per la malattia. Dietro gli occhiali, i suoi occhi stavano iniziando a cedere per la stanchezza, ma non era più sicuro che i brividi che gli percorrevano il corpo erano causati solo dalla febbre. Tossì, si sciacquò le mani e il viso, e prese un paio di asciugamani puliti dal mobile sopra al lavandino. Gli avrebbe portato prima quelli, dato che per i vestiti doveva salire in camera sua.
“Ecco, salgo un attimo a…” Quando Marcus entrò in cucina, non trovò l’altro uomo seduto dove l’aveva lasciato.
Appoggiò gli asciugamani sul tavolo e andò a cercarlo, trovandolo in salotto, intento ad osservare le foto che aveva appese alla parete del divano.
“Ti ho lasciato gli asciugamani in cucina. Salgo a prenderti dei vestiti.” Lo avvisò.
“Mi dispiace essermi perso tutto questo, sai?” Sentì, quasi in un sussurro, prima di voltarsi per uscire dalla stanza.
“Walt…”
“No, è colpa mia. Sono io che me ne sono andato, e ti giuro, non c’è stato giorno in cui io non mi sia pentito della mia decisione.” Ora era chiaro, Marcus non poteva più negarlo: i brividi non erano più dovuti al freddo.
“Vado a prenderti i vestiti.” Ripeté, impedendogli di dire altro. Salì le scale verso la sua stanza quasi correndo, scappando da ricordi che non voleva riportare alla luce, e il suo primo istinto fu quello di chiudersi in camera, andare a dormire, e fingere che gli ultimi minuti non fossero stati altro che un sogno. Ma non poteva farlo.
Quando scese a portargli i vestiti, Walt era di nuovo in cucina, con un asciugamano intorno alla vita e l’altro usato per asciugarsi i capelli, che sembravano ancora più lunghi di quanto Marcus li ricordasse ora che Walt si era sciolto lo chignon che aveva avuto poco prima.
Marcus rimase fermo per qualche istante, a guardarlo senza volerlo veramente, ma poi un colpo di tosse lo tradì.
“Li ho piegati. Non c’era bisogno che mi portassi i tuoi vestiti, ma ti conosco, e mi ricordo che ti danno fastidio le cose lasciate in disordine, quindi li ho appoggiati lì. Ti ringrazio.” Indicò la maglietta e i pantaloni bagnati che indossava prima e che ora erano piegati molto velocemente sul tavolo e si legò di nuovo i capelli in una coda semplice.
Marcus gli passò i vestiti asciutti e prese i suoi bagnati, spiegandoli. “Non si piegano i vestiti bagnati, non così almeno.” Walt sorrise, ma Marcus non lo vide farlo.
Uscì dalla cucina per andare a stendere quei due capi in bagno, e nel farlo, dovette tenersi per un istante al lavandino per fermare un capogiro.
“Con tutti i momenti che poteva scegliere per ripresentarsi alla porta dopo dieci anni, proprio questo…” Si disse, portandosi una mano alla testa e sperando che quella fitta passasse velocemente.

Quando tornò in cucina, Walt era di nuovo seduto al tavolo. Marcus lo raggiunse, dimenticando per un attimo gli asciugamani. Aveva bisogno di sedersi.
“Cosa ti è successo?” Gli chiese, dopo qualche secondo di esitazione.
“Sono stati degli anni difficili. Ho cercato di tornare più volte, ma più il tempo passava e più mi sentivo in colpa a ripresentarmi senza preavviso,”
“Non è quello che ti ho chiesto. Come sei finito a casa mia, sotto questa pioggia?”
Walt, che fino a un istante prima aveva tenuto lo sguardo fisso sul tavolo, ora lo alzò per guardare Marcus negli occhi. “Non ho una casa. Avevo chiesto a mia sorella se poteva ospitarmi per qualche giorno, ma quando sono arrivato qui, non ha voluto neanche aprirmi la porta.” Iris era sempre stata così. Marcus, anche se non era ancora sicuro se lasciarlo entrare fosse stata la scelta giusta, non l’avrebbe mai chiamato per poi voltargli le spalle, nemmeno dopo che Walt le aveva voltate a lui.
Si alzò di scatto. La sua testa ne risentì, ma cercò di non pensarci.
Non avevano bisogno di discutere di nulla. Avrebbe lasciato dormire Walt nella stanza degli ospiti e lui se ne sarebbe andato la mattina dopo. Se nemmeno lui era cambiato in tutti quegli anni, Walt era un uomo di parola.
“È tardi. Stavo andando a dormire prima che arrivassi. Tu puoi restare nella stanza degli ospiti per stanotte.” Walt non ribatté, si alzò e seguì Marcus in silenzio.
Gli asciugamani rimasero sul tavolo, appallottolati.
La casa di Marcus non era molto grande, ma era piena di spifferi. In cucina aveva risolto il problema coprendo tutti i punti da cui poteva entrare l’aria, e con il forno e i fornelli non era tanto difficile scaldare la stanza. La sua camera, quando la porta restava chiusa, tratteneva il calore allo stesso modo, mentre le scale e i corridoi, essendo molto vicini alla porta d’ingresso, erano i più freddi. Marcus ricominciò a rabbrividire in un attimo quando salirono verso le camere.
Quando arrivarono in cima. si appoggiò al corrimano, tossendo di nuovo, e Walt si preoccupò per lui e gli si avvicinò.
“Va tutto bene… ho solo preso freddo.” Disse Marcus, allontanandolo.
“Non serve essere così orgoglioso,” Gli disse Walt, avvicinandosi di nuovo. Gli si mise davanti e gli appoggiò una mano sulla fronte.
“Sei bollente,”
Marcus si tirò indietro. “Tu hai le mani gelate.”
Walt si scusò. “Non ti è mai piaciuto il freddo.”
“Non mi è mai piaciuto stare male.” Aggiunse Marcus, pentendosene immediatamente.
“Vai a riposare. Ti ho già disturbato abbastanza.”
Marcus annuì. Non si reggeva più in piedi, e non aveva intenzione di chiedere aiuto, non a Walt.
“Ci sono delle coperte sul letto, ma se hai ancora freddo, ce n’è un’altra nell’armadio. Se poi richiudi la porta, non dovrebbe entrare troppo freddo.” Walt annuì, e Marcus si voltò per andare verso la sua stanza.
“Marc,” Lo richiamò Walt, qualche istante dopo.
Marcus si girò, vedendo Walt fermo davanti alla porta chiusa della stanza degli ospiti. “grazie.” Si limitò a dire, prima di entrare nella stanza e richiudersi la porta alle spalle.
Marcus rimase fermo per un paio di minuti, poi entrò anche lui nella sua stanza.

Pensava che, una volta a letto, si sarebbe addormentato subito, invece, quando Marcus si era seduto sul letto, era stato colto da un pianto improvviso e silenzioso.
Era arrabbiato con Walt. Aveva cercato di dimenticarlo per così tanto tempo, lui se n’era andato senza dire niente, mandando in fumo ogni tipo di progetto che avevano fatto insieme.
Non bastava che lui fosse tornato, non bastavano le sue scuse. Non sarebbero dovute bastare.
Cinque minuti dopo, Marcus era di nuovo in corridoio. Bussò alla porta della stanza degli ospiti, e la aprì.
Nemmeno Walt dormiva. Era in piedi, davanti alla finestra, e si era girato sentendolo entrare.
“Che succede?” Chiese, confuso.
“Succede che sto per fare una cosa di cui sicuramente mi pentirò più tardi.” Rispose, rigido.
Con qualche passo raggiunse Walt, e lo strinse a sé. Non riuscì a trattenere i singhiozzi questa volta.
“Marcus,”
“Stai zitto. Non dire neanche una parola.” Lo interruppe, severo.
Walt obbedì, e lo strinse a sua volta, accarezzandogli la schiena e aspettando che si calmasse.
“Non posso perdonarti.” Gli disse Marcus, dopo qualche minuto di silenzio.
“Lo capisco…”
“Puoi restare però.” Aggiunse Marcus, sciogliendo l’abbraccio e sfregandosi il viso per asciugare le lacrime. Solo in quel momento si accorse di aver lasciato gli occhiali nella sua stanza. “Finché ne avrai bisogno. Ti chiederò soltanto di darmi una mano con le faccende.”
“Farò del mio meglio.” Promise Walt, poi sorrise debolmente. “Mi sei mancato.” Marcus fu scosso da un altro brivido. Non sapeva se abbracciarlo di nuovo, arrabbiarsi o tornare in camera sua.
“Non saremo altro che coinquilini da domani mattina.” Gli disse, decidendo di andarsene.
Walt lo fermò afferrandogli una mano. “Da domani mattina.” Ripeté. Quando Marcus tornò a voltarsi, Walt gli appoggiò l’altra mano sulla guancia e lo baciò.
“Ti odio.” Disse Marcus, guardando verso il basso e sorridendo suo malgrado.
“Farò del mio meglio.” …per farti cambiare idea, per farmi perdonare, per provarti che sono cambiato.

   
 
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