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Autore: moira78    14/08/2022    6 recensioni
C'è un filo rosso che unisce Candy e Albert. Da sempre. In ogni luogo. In ogni momento. Questa storia nasce come contributo al Festival del Hilo Rojo del Destino.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Candice White Andrew (Candy), William Albert Andrew
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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1921, Presente

"Albert, Albert svegliati!". Candy scosse il marito per farlo tornare alla realtà: doveva aver avuto l'incubo peggiore della sua vita per agitarsi tanto!

L'uomo che aveva sposato due anni prima e il cui frutto d'amore portava nel grembo, si sollevò di scatto con un verso gutturale che sembrava di spavento e orrore e l'afferrò per i polsi. Negli occhi, alla luce della lampada che aveva acceso, lesse un tormento remoto e senza fine.

Lo vide cercare di controllare la respirazione, mentre riprendeva il contatto con la realtà con evidente fatica, mettendola a fuoco quasi non la riconoscesse. Si passò una mano sul viso sudato e lei lo carezzò.

"Cosa hai sognato?".

Albert sbatté le palpebre e deglutì un paio di volte. Candy gli passò il bicchiere d'acqua che aveva sul proprio comodino e attese che lo sorbisse piano.
"Credo sia colpa del libro che ho letto prima di addormentarmi... o forse dovrei dire... merito". Si volse e lo prese dal comodino del suo lato.

"Il diario di viaggio dell'esploratore del secolo scorso?", domandò Candy curiosa.

Lui annuì e sfogliò il libro indicandole una pagina in particolare: "Quando sono arrivato qui stavo quasi per farti leggere di questa leggenda, ma mi sono accorto che dormivi profondamente e non ho voluto svegliarti".

Candy accettò il libro che suo marito le mise in grembo e lesse in silenzio per alcuni istanti. Il cuore accelerò e gli occhi si spalancarono di colpo: "Albert, ma... è quello che è successo a noi! Tu eri in viaggio dall'Africa e il filo rosso del destino ti ha portato fino a me! E non era neanche la prima volta...".

"Esatto, Candy. Quello che ho sognato, però... era diverso. È come se un'entità superiore avesse voluto mostrarmi che in ogni caso, in ogni realtà, il destino ci avrebbe uniti comunque. Non credo di aver mai fatto un sogno così strutturato in vita mia...".

Ora Candy era sveglia e vigile: "Raccontamelo, dunque!", chiese protendendosi verso di lui. "Che significa in ogni realtà?".

Albert le sorrise e intrecciò le mani dietro la nuca, poggiandosi sulla testiera del letto: "Dunque, innanzitutto ho sognato che il nostro primo incontro è avvenuto nei boschi di Lakewood. Tu avevi sempre sei anni, ma io ero più giovane...".

Man mano che Albert proseguiva nel racconto, Candy passò dall'interesse allo stupore. Fu sconvolta quando apprese che in quel mondo onirico si erano ritrovati a studiare nella stessa Saint Paul School e che lui non si trovasse al Blue River, ma sorrise nel sentire che Terry passava in secondo piano molto prima che nella realtà.

Albert s'interruppe proprio nel raccontarle che la Candy del suo sogno pareva aver vissuto nel dubbio e nell'indecisione fin da quando lo aveva rivisto al college.

"Non credo fosse molto lontano dalla realtà, sai? Voglio dire...". Ora era lui quello interessato, che inarcava le sopracciglia pieno di aspettativa. "Allora tu avevi... quanto, venticinque anni? Ai miei occhi eri un adulto e per me sarebbe stato impossibile vederti in modo diverso. Ma non dubito che se avessi davvero avuto solo cinque anni più di me e fossi stato studente, forse... beh... magari ti avrei notato eccome".

Il sorrisetto compiaciuto di Albert fu seguito da un breve abbraccio e da un piccolo bacio pieno di tenerezza: "Hai idea di quanto ciò mi renda felice?".

"Vagamente", scherzò lei. "Tesoro, non voglio dire che rimpiango il mio passato, né che rinnego il mio incontro con Terence... alla fine anche quello mi è servito come esperienza di vita. Però magari sarebbe stato tutto più semplice e avrei sofferto meno".

Albert si limitò a tacere e ad accarezzarle il viso. Candy sapeva che forse in lui si stavano avvicendando sentimenti contrastanti, ma ormai quello scoglio del passato era tanto lontano che fu certa non servissero altre precisazioni. Per maggior sicurezza, però, si dispose a baciarlo più e più volte, quasi a rassicurarlo, finché lui non le domandò con voce bassa: "Se vuoi posso raccontarti il resto della storia domani".

Candy ridacchiò: "No, lo farai adesso, William Albert Ardlay! Voglio sapere come finisce la nostra leggenda e perché ti ha sconvolto tanto".

Lui sospirò e rimise a posto il libro: "Beh, diciamo pure che mi sono svegliato perché il finale non mi pareva affatto lieto. Eravamo in un campo profughi in Italia e io avevo perso la memoria. Ma tu eri lì e lavoravi come crocerossina, quindi mi stavi raccontando di come ci eravamo conosciuti e... innamorati. Poi ti ho baciata, proprio come poco fa".

"E...?". Non era sicura di voler sapere il resto, perché la sua espressione sognante era appena mutata in un cipiglio profondo.

"Ed è arrivato uno scocciatore che parlava tedesco. E aveva un fucile. Ti ho protetta con il mio corpo, certo che il filo rosso non si sarebbe spezzato", concluse asciutto, strappandole un piccolo grido di dolore quasi stesse vivendo davvero l'attimo in cui il sogno era mutato in incubo.

"Ma è terribile! Albert, potevamo fuggire insieme! Hai idea di come sarei vissuta se tu fossi... se tu...". Senza potersi trattenere, Candy cominciò a singhiozzare. Sapeva di essere illogica, che stavano parlando di qualcosa di inesistente e solo immaginato, ma non poté impedire al suo cuore di spezzarsi all'idea che Albert, il suo Albert...

"Ehi, ehi, tesoro, calmati, non vi fa bene tanta agitazione!", mormorò accogliendola fra le braccia e sfiorandole il ventre. "Lo sapevo che non avrei dovuto raccontarti quella parte, che stupido sono stato! Però, Candy... è solo un sogno, una cosa che non si avvererà mai".

"Quindi se mi minacciassero non mi proteggeresti così?", domandò Candy non sapendo bene cosa sperare.

Albert la guardò confuso: "Ma certo che ti proteggerei, però... no, non ricominciare a piangere! Voglio dire, farei in modo che tutti fossimo sani e salvi! Candy, ti rendi conto che stiamo parlando del niente? Siamo qui, nella nostra casa di Chicago, aspettiamo il nostro primo bambino e la zia Elroy occupa l'altra ala della casa pronta anche domattina a chiederci come preferiamo che venga decorata la sua stanza e se siamo sicuri che non vogliamo più di una bambinaia. Viviamo in tempo di pace e non ho in programma lunghi viaggi perlomeno fino a primavera, quando diventeremo genitori. Va tutto bene, Candy".

"Hai dimenticato di menzionare Archie e Annie che ci verranno a trovare la settimana prossima assieme a Terence e Karen per festeggiare il Natale", disse asciugandosi gli occhi e cercando il contatto con la realtà meravigliosa che stavano vivendo. Si era immersa nell'incubo di Albert quasi fino a sentirlo, ma era davvero una sciocchezza.

"Brava, ora che ne dici di sciacquare il viso e poi mi do una rinfrescata anche io? Abbiamo anche qualche ora di sonno. A meno che...".

Albert le fece l'occhiolino e Candy si alzò, diretta in bagno: "Vedremo, signor Arlday, vedremo... intanto cerca di non addormentarti".

Mentre stava per chiudere la porta, lo udì richiamarla e si voltò: "Voglio pensare che in ogni tempo e in ogni realtà noi saremo sempre insieme. Mi piace immaginare che questo filo del destino trascenda anche il tempo".

Candy annuì: "Io ne sono convinta".

 
- § -
 
 
Albert attendeva sua moglie, ora più rilassato. Ma lo sguardo gli cadde ancora sul libro e d'istinto riaprì la pagina trecentosei. Sì, il messaggio era chiaro, a prescindere dall'epilogo che il suo incubo aveva avuto: in quelle ultime settimane aveva lavorato molto e avevano cenato tardi. Molto banalmente, una cattiva digestione e l'eccessiva stanchezza dovevano avergli giocato un brutto scherzo.

Ma, soprattutto, era certo che anche se si fossero conosciuti in un altro secolo, in un altro Paese o persino se avessero avuto una differenza di età maggiore, alla fine il filo rosso li avrebbe uniti comunque. L'autore del libro parlava con tanta enfasi di quella leggenda che era riuscito a trasmettere il senso profondo a chi leggeva, rendendo plausibile davvero ogni scenario.

Gli vennero in mente la morte di Anthony, l'esplosione del treno che gli era quasi costata la vita, la dolorosa separazione che Candy aveva vissuto con Terence e il triste epilogo con Susanna: possibile che per operare il destino dovesse portare anche tanta sofferenza?

No, Albert voleva credere che quelli fossero solo eventi su cui nessun mortale o entità superiore avesse controllo, che sarebbero avvenuti a prescindere. Perché due anime gemelle fossero unite non potevano che accadere piccoli miracoli, magari invisibili e sottovalutati.

Come ad esempio una bambina che corre su una collina mentre lui decide di scappare di casa; una piccola barca che precipita da una cascata proprio dove è accampato lui; una ragazza coraggiosa che scavalca i muri della scuola per andarsene da sola, in piena notte, per le strade di Londra; e una serie di eventi e azioni che portano uno smemorato a tornare nel suo Paese, ricoverato giusto dove lavora un'infermiera di nome Candice White.

Sì, pensò con un sorriso. In quello e in molti altri eventi deliziosamente misteriosi, v'era la presenza netta e discreta di quel meraviglioso filo rosso del destino.



1915, Italia (Albert 27 anni, Candy 22 anni)

Albert riprese a respirare, stupito dal fatto di poterlo ancora fare. Non aveva sentito dolore, non era morto. E Candy tremava ancora fra le sue braccia. Il filo rosso non poteva essere spezzato neanche dalla guerra.

Ma allora, chi aveva sparato?

Lentamente, si volse per guardare e vide un secondo soldato che si avvicinava al corpo inerme di quello che poco prima stava mirando a loro. Nei suoi occhi lesse una freddezza che lo sconvolse. Quando parlò, lo fece in una lingua a lui sconosciuta, ma che doveva essere italiano.

"Albert, stai bene?! Oh, mio Dio, pensavo...".

"Va tutto bene, quel soldato ci ha salvato la vita".

L'uomo, che non doveva essere molto più grande di Candy, indicò la tenda, quindi loro due, e continuò a dire qualcosa con un tono che sembrava di avvertimento. Possibile che il nemico fosse tanto vigliacco da attaccare i campi profughi? Albert non lo sapeva, né voleva approfondirlo, ma seppe che era ora di andarsene di lì.

E aveva intenzione di portare via anche Candy.

Quando il soldato si allontanò, e mentre un medico e alcune infermiere cominciavano a raggrupparsi vicino al corpo del soldato tedesco, le propose di fuggire insieme.

"Ma Albert, non posso lasciare il mio lavoro! Se c'è un pericolo ci faranno spostare e tu devi ancora riprenderti".

Si specchiò per lunghi istanti nei suoi occhi verdi e brillanti

una ninfa dei boschi

e le sorrise: "Resterò con te, allora. E quando mi dimetteranno ti aspetterò".

Candy gli sorrise, le lacrime che cominciavano a inumidirle le ciglia: "Mi aspetterai anche questa volta, dunque?".

"Ti aspetterò per tutto il tempo necessario. Anche per tutta la vita. E stavolta, starò al tuo fianco ".

"Ma dopo... la tua famiglia...".

"Non ho ricordi della mia famiglia. Mi ricordo solo di te".

"Però tu sei...".

"Io sono innamorato di te, Candy. E il nostro destino è unito come dice quel libro. Nessuno può opporsi, ricordi?".

Fu strano vedere il sorriso di lei nonostante vicino alla tenda stesse scoppiando il caos. Dopo, ci sarebbe stato tempo per le parole e le spiegazioni. Per la sicurezza, per gli spostamenti, per la fuga. Ora, il tempo sembrava essere sospeso per consentire a loro due di sancire quel legame che già c'era.

"Sì, me lo ricordo. Te l'ho raccontato io", rise. "E anche io ti amerò per sempre".

Albert la strinse a sé, guardando brevemente la piccola folla che si era raccolta poco distante. Ricordando la leggenda, alzò la mano sinistra e la intrecciò con quella di Candy: agli anulari, un giorno avrebbero avuto degli anelli a renderli marito e moglie. Ma legato al mignolo, gli parve quasi di scorgerlo, il filo vermiglio che li univa.

Per sempre. In ogni luogo. In ogni tempo.
   
 
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