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Autore: Guido    16/08/2022    3 recensioni
Il 1 settembre 1998, Harry, Ron e Neville si presentano al Ministero, per iniziare l'addestramento come Auror. Nessuno dei tre ne è entusiasta, Harry meno degli altri, e l'accoglienza che ricevono è glaciale. Ma sotto la guida di un supervisore inflessibile, nella caccia agli ultimi Mangiamorte, come nel tentativo di risolvere vecchi casi della prima guerra (tra cui l'omicidio dei nonni Evans), il Ragazzo Sopravvissuto riscopre la propria vocazione. In più, una figura misteriosa gli affida un libro di magia altrettanto misterioso, promettendogli poteri sconosciuti... Prima di quattro fic in programma, racconta gli anni 1998-2007, dal primo giorno di Harry all'Ufficio degli Auror fino a quando (gli amici ormai passati ad altre carriere) ne diventa il Direttore.
Genere: Angst, Azione, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Vari personaggi | Coppie: Hannah/Neville, Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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IL PRIMO GIORNO

Il primo giorno


Ringraziamenti:
Questa storia non sarebbe mai nata senza il continuo
brainstorming con Delia e Pally – in rigoroso ordine alfabetico – quindi so con chi prendermela se non uscirò vivo dallo sforzo letterario...

I was raised out of steel here in the swamps of Jersey, some misty years ago
Through the mud and the beer, and the blood and the cheers, I've seen champions come and go
So if you got the guts mister, yeah, if you got the balls
If you think it's your time, then step to the line, and bring on your wrecking ball
Bring on your wrecking ball
Bring on your wrecking ball
Come on and take your best shot, let me see what you've got
Bring on your wrecking ball


[Bruce Springsteen, Wrecking Ball]




Harry ridacchiò e diede di gomito a Ron. «Ti ricordi l'ultima volta?»
«Quando ci siamo infilati nei gabinetti?» Il sorriso del suo migliore amico andava da un orecchio all'altro. «E chi se lo scorda!»
«Dev'essere stato divertente» commentò Neville, con un sorriso riflessivo. «Certo, fa pensare che i Mangiamorte non avessero un'alta opinione del Ministero...»
Ron scoppiò a ridere, ma sulle labbra di Harry il ghigno si raggelò.
Neanche a me è mai piaciuto il Ministero.
Pure Voldemort è entrato qui per portare via qualcosa... e poi ci è tornato da padrone.
Io, esattamente,
perché sono di nuovo qua?
Una domanda che preferiva accantonare. Lo faceva regolarmente. Ma questo non le impediva di riaffiorare con altrettanta regolarità.
Mentre l'ascensore arrivava, si disse che, se l'attività del Ministero era cambiata quanto suggeriva il nuovo aspetto dell'ingresso, i timori di Shacklebolt non avevano proprio ragion d'essere.
E allora perché...?
Con decisione, spostò i propri pensieri sull'ambiente circostante e la discesa che li attendeva: scomparsi i gabinetti – che del resto, come misura di sicurezza, avevano dato pessima prova di sé - adesso, a mascherare l'ampio spazio in cui sostavano e le sue pareti imbiancate a nuovo, provvedeva una falsa parete, un po' come al binario nove e tre quarti; proprio nel centro della stanza segreta, poi, un ascensore a cabina aperta, tutto vetro e oro, permetteva ad almeno venti impiegati per volta di godersi una discesa nell'Atrium davvero spettacolare. E che gli alti dirigenti si tenessero pure il privilegio di arrivare al lavoro via Metropolvere!
Un colpetto di tosse discreto, alle sue spalle, lo colse di sorpresa. «Signor Potter?»
«Sì?» Harry si girò, pregando che non gli chiedessero l'ennesimo autografo, ma la piccola strega anziana che vide, per fortuna, gli tendeva semplicemente la mano.
«Mafalda Hopkirk, Ufficio per l'Uso Improprio della Magia.» Una stretta vigorosa, che ricambiò volentieri. «Molto lieta, sono qui per il benvenuto. Signor Paciock...»
«Piacere mio... ma quale benvenuto?» chiese Harry, mentre Neville rispondeva «Piacere, signora Hopkirk.»
«Il Ministro non L'ha avvertita?»
«Uhm... no. Né il Ministro né nessun altro.» Non ritenne opportuno precisare che non sentiva Shacklebolt da due mesi buoni, cioè da quando il neo-Ministro gli aveva annunciato la propria decisione di nominare Auror lui, Ron e Neville, “per meriti straordinari”, senza costringerli ad affrontare i M.A.G.O.
La Hopkirk alzò le spalle e sorrise. «Non è niente di che, in effetti. Solo una piccola tradizione del Ministero della Magia: il dirigente con la maggior anzianità di servizio va a dare il benvenuto ai neoassunti del proprio Livello. Nel vostro caso, il Secondo, dico bene, signori Potter, Paciock e... uhm...?» Aggrottò la fronte in direzione di Ron.
«Weasley» rispose l'interpellato, in tono fin troppo neutro.
«Oh, giusto, il figlio di Arthur, come ho fatto a scordarmene? E sì che me l'ero anche scritto, da qualche parte... Bene,» accennò all'ascensore, «vogliamo andare?»
Primo settembre. Era strano non prendere l'Espresso di Hogwarts. Ancor più strano pensare che Hermione sarebbe stata là, nel castello ancora segnato dalla guerra, e l'avrebbero vista, forse, solo durante le vacanze o approfittando di qualche fine settimana a Hogsmeade. Cominciava una nuova vita. E il pensiero gli faceva girare un po' la testa.
Prese un respiro profondo e sorrise all'anziana strega. «Andiamo.»

Niente di che” si rivelò la descrizione giusta per il benvenuto, dal punto di vista materiale: la Hopkirk, semplicemente, fece far loro il giro del Secondo Livello, presentandoli a tutti. Eppure, forse perché non se l'aspettava, quel gesto riuscì davvero a commuovere Harry... a farlo sentire veramente benvenuto.
Almeno fino al momento in cui giunsero alla mèta finale del percorso, il Quartier Generale degli Auror.
«Bene, ragazzi, io qui vi lascio: ecco il vostro capo, il Direttore Gawain Robards.»
«Mafalda.» In attesa nel corridoio, all'esterno dell'open space suddiviso in cubicoli dove era insediato il suo Ufficio, Robards era un uomo massiccio la cui faccia color mattone, solcata di sbieco da un paio di cicatrici livide, squadrava i nuovi arrivati con un'espressione tanto cupa che Harry si sentì quasi minacciato.
«Buongiorno, Gawain. Sono tutti tuoi.» Forse per contagio, anche il tono della Hopkirk suonava, improvvisamente, assai meno caloroso. «Arrivederci, signor Potter, signor Paciock e signor... uhm... signor Weasley. Fatevi onore.»
«Grazie, signora Hopkirk, arrivederci» rispose Harry per tutti.
Mentre la piccola strega si allontanava, i tre rimasero lì a fissare l'omaccione che, immobile al centro del corridoio, li squadrava come se stesse cercando di decidere se valessero un qualsiasi disturbo, anche solo quello di un saluto. Infine, dovette rassegnarsi al sì, perché cacciò un sospiro alquanto teatrale e disse: «Potter, Paciock e Weasley, eh?»
«Sì, signore» risposero in coro, strappandogli una smorfia di fastidio.
Un nuovo sospiro. «Fantastico. Da dove cominciamo?»
Lo guardarono, attendendosi che facesse strada in mezzo ai cubicoli, magari per mostrar loro dove avrebbero dovuto lavorare... invece, lo videro fissare il soffitto, come in cerca di ispirazione.
«Sapete già, naturalmente, che il Ministro ha deciso di assumervi all'Ufficio degli Auror.»
«Sì, signore.» Che domanda del cazzo era?!
«Kingsley è convinto che abbiate già dimostrato di avere la stoffa e che, quindi, possiamo passare sopra ai M.A.G.O. che non avete, nonché alle solite prove di ingresso.»
Era una domanda, questa? Nel dubbio, tutti restarono in silenzio.
«Bene, voglio essere franco con voi fin dall'inizio: anche se là fuori siete eroi, anche se nel resto del Ministero siete i cocchini del Ministro, qui dentro siete solo tre ragazzini che, a me, non hanno ancora dimostrato niente.»
Harry non poté fare a meno di boccheggiare.
«Sorpreso, Potter? Che ti aspettavi, il tappeto rosso, il mazzo di fiori e magari direttamente la mia poltrona sotto al culetto? Oh no... lascia che ti spieghi una cosa...»
C'era decisamente un che di sinistro nel suo sorriso compiaciuto, decise Harry, sempre più inquieto.
«Tu sei – oh, chiedo scusa, voi tre siete - assunti presso il mio Ufficio, ma in prova, come e più di tutti quelli che superano le prove di ingresso. Dovrete frequentare i corsi, superare gli esami, dimostrare sul campo quel che valete. I favoritismi, signorine, finiscono qui, in questo punto del corridoio. Sono stato abbastanza chiaro?»
«Cristallino, signore» riuscì a rispondere Harry, con un filo di voce.
«Ottimo.» Per la prima volta, sembrò che Robards si rilassasse un poco. «Allora, prima vi spiego un altro paio di cose e poi vi presento a tutti.»
Annuirono in silenzio, sentendosi decisamente sollevati.
«Per tutto il periodo del vostro addestramento, ciascuno di voi sarà assegnato a un supervisore, un Auror a pieno titolo. Dividerete le vostre giornate tra i vari corsi, che servono a prepararvi al combattimento, e il lavoro di ufficio. Il supervisore controllerà i vostri risultati nei corsi, vi assegnerà gli incarichi da svolgere, valuterà il modo in cui li avrete svolti. Potrete chiedergli consigli su come fare la tale o talaltra cosa, magari anche qualche suggerimento per lo studio o l'addestramento pratico... ma non scambiatelo per la vostra mammina. Non lo è per niente. Il suo lavoro non è asciugarvi il moccio quando piangete, è prendervi a calci nel culo finché non ve lo asciugate da soli e, in più, smettete di piangere una volta per sempre.» Pronunciò questa frase in tono secco, ma senza particolare enfasi... e, forse proprio per tale ragione, li fece rabbrividire.
«Tutte le mattine, succeda quel che succeda, ogni membro dell'Ufficio, compresi voi pivellini, si presenta qui alle otto e mezza precise e partecipa alla riunione mattutina. La riunione, in sostanza, serve a ciascuno di noi per spiegare agli altri a che punto si trovi con i casi che gli sono stati affidati e sentire i pareri di tutti. Perfino i vostri. Oh, intendiamoci... nessuno si aspetta che voi parliate. Non ancora, non per un bel pezzo. Però avete il diritto di farlo. Ovviamente, a vostro rischio e pericolo.»
Sembra di essere tornati in classe con Piton...
«In ogni caso,» proseguì il Direttore «partecipare alle riunioni è uno dei modi migliori per imparare come si conducono le indagini, quindi tenete le orecchie ben aperte.»
«Sissignore» rispose Ron, con un'aria volenterosa che venne ignorata a bella posta.
«I corsi inizieranno domani, perciò vedete di arrivare puntuali e forniti di tutto l'occorrente; i vostri supervisori vi forniranno i dettagli.» Guardò l'orologio e mostrò loro il quadrante: mancava forse un paio di minuti alle otto e mezza. «Dopo la riunione, naturalmente. In genere finisce verso le dieci... ma non importa: per tanto che si prolunghi, le lezioni aspetteranno; avrete sempre dieci minuti per arrivarci. Dieci minuti d'orologio, badate bene, non un secondo di più.» Si voltò e fece per entrare nell'open space, ma si fermò. «Un'ultima cosa.»
«Signore?» chiese Harry, sforzandosi di entrare nello spirito dell'Ufficio.
«Ecco, appunto. Vi rivolgerete al vostro supervisore chiamandolo “signore”; lo stesso dicasi per me o per il mio vice; con tutti gli altri potete usare solo il cognome, senza titoli. Ma voi sarete semplicemente “Harry”, “Neville” e... uhm...?»
«Ronald» disse Ron, le orecchie improvvisamente rosse.
«E Ronald resterai finché durerà l'addestramento. Ci sono domande o possiamo andare?»
Harry alzò una mano. Robards lo guardò storto.
«Sì?»
«Chi sono, uhm, i nostri supervisori, signore?»
«Le reclute lo scoprono alla prima riunione. Vedi, tutto l'Ufficio deve sapere con chi prendersela, se combinate qualche casino.» E, facendo cenno di seguirlo, entrò senz'altro nell'open space.

Le presentazioni furono piuttosto brevi, considerato che coinvolgevano all'incirca una ventina di persone, tutte sedute intorno al grande tavolo appositamente Evocato da Robards. Harry conosceva già, di vista, Williamson, Dawlish e colei che scoprì essere il Vice-Direttore, una strega con un occhio solo dall'incredibile nome di Glibenclamide Stuart.
«Bene,» concluse Robards, «ai pivellini l'ho già detto, ma voglio che sia chiaro a tutti: qui non si fanno sconti di nessun tipo. Sono entrati senza M.A.G.O.? Dovranno comunque arrivare almeno allo stesso livello di tutti noi... e se sputeranno sangue il doppio, che si lamentino con il Ministro.» Si videro parecchi cenni di approvazione. «Oh, un'altra cosa: i normali limiti all'impiego operativo delle reclute non valgono, stiamo ancora dando la caccia ai Mangiamorte e Kingsley ha voluto assumere questi tre proprio perché pensa che possano tornarci utili...» Scrollò le spalle. «Oh be', ormai sono qua, tanto vale affibbiarli ai supervisori.»
Srotolò una pergamena, con studiata lentezza, e indicò Ron. «Tu, scartina del gruppo...» (Il ragazzo divenne più rosso dei suoi capelli) «con Glib.» L'unico occhio della strega cominciò a soppesare il giovane Weasley, mostrando subito, peraltro, di non gradire affatto né il compito né il soggetto.
«Neville... con Williamson.» Il giovane Auror dalla coda di cavallo sorrise in maniera abbastanza amichevole.
«E Potter, naturalmente.» Il sorriso di Robards, invece, di amichevole non aveva proprio nulla. «Harry, tu sei con me.»
Il Salvatore del Mondo Magico avvertì un improvviso nodo allo stomaco.
«Ora, so che è piuttosto inusuale, ma uno dei nostri pivellini, qui, ha già un rapporto da presentare.» I tre si scambiarono occhiate perplesse. «Harry, ecco il tuo primo ordine: riferisci in dettaglio, e senza tralasciare nulla, tutte le circostanze che hanno condotto alla morte di Colui Che Non Deve Essere Nominato.»
Rimase a bocca aperta: non si era affatto aspettato una cosa del genere. E neanche i suoi amici o gli stessi Auror, a giudicare dagli occhi sgranati che lo fissavano.
In un attimo, si sentì assalito dai ricordi, da tutto il dolore degli ultimi anni; annaspò, sentendosi quasi travolto, si fece piccolo sulla sedia; strinse i denti, istintivamente si guardò intorno, come in cerca di aiuto...
...E il suo cuore si allargò.
Le facce intorno a lui – tutte, perfino quella del Direttore – non mostravano traccia della curiosità morbosa o scettica cui era abituato. No, niente del genere. Anche negli occhi di Robards brillava una scintilla di... di comprensione.
In un angolo della sua mente, passò per un attimo la memoria di quel che aveva detto a Ron e Hermione, una vita prima: “Voi non sapete come sia, trovarsi là fuori e...”.
Ma questi sì. Questi lo sanno.
Non aveva mai capito fino a che punto rischiare la morte ogni anno lo avesse isolato e lo avesse fatto sentire solo. Ron, Hermione, Neville... perfino i suoi amici capivano e sapevano soltanto fino ad un certo punto. Ginny, poi... Ginny non doveva capire. Come non doveva rischiare.
«Harry, in genere per fare rapporto si parla, non si costringe il Direttore a estrartelo con la Legilimanzia.» Il tono di Robards era quasi privo di sarcasmo e questo, più di ogni altra impressione, lo convinse del tutto.
Perfino questo stronzo capisce.
Gli Auror capiscono.
Ho trovato... ho trovato i miei fratelli.

Lottando per ricacciare indietro le lacrime più inattese della sua vita, si schiarì la voce un paio di volte e cominciò a parlare.
«Oh be', uhm... È una lunga storia. Sapete già come Voldemort sia tornato...» Ignorò i soliti sussulti.
«Conosciamo la tua intervista, sì» gli confermò il Direttore. «Dovremo parlarne in dettaglio... ma non oggi. Comincia pure da quel che è successo dopo il suo ritorno.»
Sirius.
Il ricordo di Grimmauld Place, dell'amarezza del suo padrino, il ritratto della signora Black, il senso di perdita e di impotenza... tutto questo colpì Harry come il pugno di un gigante.
La battaglia all'Ufficio Misteri. La profezia.
Si impose di non pensare al maledetto Velo.
La sfera. Quella che Voldemort cercava da un anno. Pensa alla sfera, pensa solo alla sfera.
Trasse un respiro profondo e riprese a parlare.
«Dopo... uhm... dopo che gli sono sfuggito, al cimitero, Voldemort ha cominciato a chiedersi… come potessi essere sempre così fortunato, diciamo.» Fece una breve pausa, cercando di riordinare i pensieri e di ignorare i moti di interesse tutt'intorno. «Vedete... la prima volta, quand'ero piccolo, in realtà non stava cercando di uccidere i miei genitori: già allora voleva ammazzare me
E, da quel punto in poi, fu facile. Incredibilmente facile.
Non aveva mai raccontato la storia in quel modo, per filo e per segno, tutta intera; gli fluì dalle labbra, come se fosse stata sempre lì e avesse solo atteso il momento giusto. Rivolse solo un'occhiata di scuse all'amico, prima di rivelare che Neville Paciock sarebbe potuto essere il Prescelto... e continuò, e continuò, e continuò. Sebbene le domande fossero rare e precise, parlò per un paio d'ore abbondante; quando terminò, gli restava soltanto un filo di voce.
«Grazie, Harry. Di norma, discuteremmo il tuo rapporto... ma, vista la mole delle informazioni, credo che, prima, ciascuno di noi dovrà esaminarlo con calma e vedere come si combini con i dati in suo possesso.»
Alzò gli occhi stupito: non si era neppure accorto che, durante tutto quel tempo, ogni sua parola era stata trascritta da una penna che fluttuava a mezz'aria, sopra un lungo rotolo di pergamena.
Il Direttore aggiunse: «Neville, credo che tu possa aggiungere qualcosa al rapporto di Harry.»
Il ragazzo deglutì nervosamente. «Io, signore?»
«Vedi un altro Neville, per caso? Sai... Dawlish vorrebbe qualche dettaglio in più sul conto di tua nonna.» Tutti risero, mentre l'Auror in questione arrossiva fino alle radici dei capelli grigi. «In particolare: dove ha imparato a usare in quel modo l'avvoltoio che ha in testa?» Le risate si fecero più forti. «Dopodiché, vorremmo che ci raccontassi del tuo ultimo anno a Hogwarts.»
Il racconto di Neville fu più breve e, all'inizio, anche divertente (a quanto pareva, il cappello di sua nonna si era animato per attaccare Dawlish... mirando alle palle!); ma durò comunque molto e, ben presto, i dettagli di mesi di torture cancellarono ogni traccia di allegria dalle facce dei presenti.
«...E così, insomma, ho semplicemente calato la spada. E la testa del serpente è caduta. E, insomma, sapete il resto. Sì, insomma... io non sapevo proprio niente di Horcrux, non Horcrux... ho sentito tutto adesso, insomma... come voi.»
Harry si sentì a disagio, quasi in colpa, per non avergli raccontato nulla di tutto ciò.
Cercavo solo di lasciarmi tutto alle spalle. E pensavo, no, davo per scontato che anche tu...
Intervenne Williamson: «Neville, dovresti rileggere la tua pergamena e firmarla.»
«Oh, giusto... Harry, pure tu.»
La sua verbalizzazione, in realtà, riempiva ben più di un rotolo; si limitò ad una scorsa veloce, ma gli servì comunque qualche minuto. Intanto, notò con la coda dell'occhio, la pergamena di Neville faceva il giro e (cosa che non mancò di stupirlo) ciascuno degli Auror la firmava a sua volta.
«Bene, direi che è tutto...» commentò Robards quando anche la sua ebbe completato il percorso. Ron si mosse, probabilmente a disagio, e il Direttore dovette notarlo, perché, senza neppure muovere la testa, aggiunse: «Non ci servono rapporti dalla scartina del gruppo, grazie. Sappiamo già che hai fatto una cosa sola: scappare.» Non fece neanche in tempo ad aprir bocca, deciso a difendere l'amico, che fu zittito con un gesto perentorio: «Harry, là fuori sarà pieno di gente che ti lecca il culo, ma qui dentro tu e i tuoi amichetti siete solo cacchette di elfo domestico, finché io non dico il contrario. E no, non ti azzardare a rispondermi
Non fu il tono secco a farlo ammutolire: fu lo shock. La comprensione era completamente sparita da quello sguardo. O forse se l'era soltanto immaginata?
La riunione proseguì con altri rapporti, ma Harry notò ben poco e sentì ancora meno. Quando Robards fece sparire il tavolo e rimise i vari cubicoli ai rispettivi posti, quasi non se ne accorse; ma, per sua fortuna, ebbe almeno la presenza di spirito di seguirlo alla scrivania e prendere il rotolo di pergamene che gli porse.
«Questo è il programma del primo anno di corso, con le indicazioni sui libri di testo, più qualche altra cosa... Non sappiamo ancora se vi serviranno lezioni integrative, dato che vi mancano i M.A.G.O., ma lo scopriremo fin troppo presto. Le materie sono Difesa, naturalmente – Difesa pratica, vedremo poi se ci saranno lacune teoriche da colmare – Trasfigurazione applicata, Teoria e pratica delle Pozioni Avanzate (c'è anche l'elenco degli ingredienti e dei fornitori ufficiali, meglio che non andiate dal primo che capita), poi avete Storia delle Arti Oscure e, per chi non ha studiato la materia a Hogwarts, Elementi di Alchimia. In più,» proseguì il suo supervisore, con una smorfia, «da quest'anno, Kingsley ha deciso che le reclute debbono frequentare anche l'Accademia di Magisprudenza, quindi sai chi ringraziare per i tre volumi più pesanti dell'intera lista. Roba buona per avvocati e delinquenti, lascia che te lo dica... ma non ho potuto decidere io.»
Harry soppesò il rotolo per qualche istante, sempre più preoccupato, sempre più conscio delle infinite lacune della sua preparazione.
«Domani riceverete anche l'orario delle lezioni, ma tieni presente che qui non siamo a scuola: le vostre giornate cominceranno sempre con la riunione e, se lì o in qualunque altro momento si rendesse necessario, sarete spediti sul campo, senza preavviso. Chiaro, Harry?»
«Sì, signore.» Ecco una prospettiva che lo allettava di più.
«In genere non mandiamo i pivellini a farsi ammazzare, ma Kingsley – pardon, il Ministro – ritiene che possiate sopravvivere, visto che già vi siete fatti un minimo di esperienza.» Emise un grugnito scettico. «Comunque, le lezioni si tengono dietro l'Ufficio.» Indicò una porta in fondo alla serie di cubicoli. «Ci sarete soltanto voi: non abbiamo altre reclute al primo anno. Dopo le lezioni, dovrete tornare qui, presentarvi al vostro supervisore e fare quello che deciderà di farvi fare; l'idea è mettervi, un po' per volta, in grado di lavorare a un caso, quindi comincerete con le cose più semplici e noiose per passare – forse! - alle più complesse. Io comincio sempre chiedendo al pivello di turno di riassumermi qualche documento... perché sia ben chiaro, Prescelto: se credi di essere venuto qui per “fare l'eroe”, hai capito proprio male. Se, e sottolineo se, durerai in questo mestiere, passerai almeno metà del tuo tempo incollato ad una scrivania, sepolto vivo dalle scartoffie: tanto vale vedere subito come te la cavi a maneggiarle...»
Harry cominciò a sudare freddo.
«Bene, direi che è tutto. Ci sono domande?»
Il ragazzo deglutì. «No, signore.» «Fantastico: non fare mai domande, Harry, e andremo d'accordissimo. Almeno fino alla tua prima cazzata.» Guardò l'orologio. «È presto, ma credo che sia il caso di congedarvi in anticipo: dovete comprare tutta questa roba... ah, e non scordatevi le uniformi: le fanno su misura, però il vecchio Grassley è capace di tenervi lì per due ore. Letteralmente: non sto scherzando. Quindi, ti consiglio di cominciare con gli ingredienti per Pozioni.»
Harry non riuscì a trattenere un gemito.
«Non proprio la tua materia preferita, eh?» ghignò il Direttore. «Be', sarà il caso che tu cominci a fartela piacere: è importantissima in questo lavoro. Oh, mi stavo dimenticando un dettaglio: siccome avrete già il lavoro d'ufficio a cui stare dietro – e basterà, te l'assicuro – gli insegnanti non vi assegneranno compiti; starà a voi studiare e tenervi allenati. Si tratta di una libertà che parecchi non riescono a gestire. Io mi limito a dirti – e non lo ripeterò – che, tra la fine delle lezioni e gli esami, che ovviamente riguarderanno tutto il programma, non passerà neppure una settimana: régolati di conseguenza.» Fece un gesto brusco: «Adesso sparisci e lasciami lavorare.»
«Ah... ehm... cosa dovrei fare, signore?»
Il capo lo guardò storto. «Non mi sono spiegato bene, forse? “Sparisci” significa che per oggi hai finito: tutto quello che devi fare, cervello di Troll, è comprare la roba sulle varie liste entro domattina.»
«Sissignore» replicò Harry, dopo essersi morso la lingua per non ribattere all'insulto. Raccolse il mantello buttato su una sedia, il cappello a punta che la signora Weasley aveva tanto insistito per fargli indossare, e notò che anche Ron e Neville venivano congedati. Li aspettò fuori della porta, ma non si azzardarono a fiatare finché non si sentirono al sicuro, ben lontani di lì e già dentro l'ascensore.
«Cazzo» commentò Ron, il viso di una strana sfumatura di verde.
«Già» convennero gli altri.
Uscirono dalla cabina assai meno baldanzosi di quando erano entrati.
Uscirono, ma rimasero lì. Fermi e zitti, per un tempo che non avrebbero saputo calcolare.

Fu sempre Ron a spezzare, infine, quel silenzio sepolcrale.
«Uhm... che facciamo per il pranzo? Torniamo alla Tana?»
Harry scosse il capo. Non avevano fatto programmi – il signor Weasley li aveva avvertiti che il primo giorno era assolutamente imprevedibile: cazzo, se aveva ragione! - nessuno li aspettava... Soprattutto, non faceva salti di gioia né all'idea di creare lavoro in più per la signora Weasley, né tantomeno al pensiero dell'inevitabile interrogatorio sulla giornata. No, grazie!
Probabilmente seguendo lo stesso filo di pensieri, Neville borbottò, in tono cupo: «Passerà un bel po' prima che racconti a mia nonna...»
Anche Ron concordò senza riserve.
«Uhm... Harry? Non vorrei essere invadente, ma... potremmo andare a casa tua, magari?»
Alla domanda di Neville, per un attimo gli si illuminò il viso; poi però scosse nuovamente il capo. «Non fino a stasera, ho paura: Kreacher è ancora alla Tana, oppure starà facendo la spola con i bagagli... comunque non aspetta nessuno, e...»
«Certo, nessun problema. Anzi...» sul volto dell'amico spuntò un sorriso timido «grazie infinite per l'ospitalità!»
«Grazie a te, Neville: Grimmauld Place è comoda per il lavoro, sì, ma dovessi viverci da solo, non so... Oh, insomma, più si è e meglio è!» Scrollò le spalle, cercando di scacciare i pensieri più cupi.
Tutto questo, però, lasciava irrisolto il problema del pranzo e Harry – pur sentendosi lo stomaco più chiuso che mai - sapeva benissimo di doversi costringere a mangiare...
D'accordo, ma dove?
Non gli piacque affatto scoprire di non averne la più pallida idea.
Eccomi qua, Harry Potter, il grande eroe o giù di lì... e non conosco nemmeno Diagon Alley.
Gli venivano in mente solo due posti: la gelateria di Florian, che non avrebbe riaperto mai più, e Il Paiolo Magico, dove aveva pranzato ogni giorno, prima di iniziare il terzo anno; ma, per quanto gli fosse simpatico il vecchio Tom, l'ultima cosa che poteva desiderare, in quel momento, era scatenare una ressa di sfaccendati, curiosi e via dicendo.
Il che gli ricordò un altro dettaglio, non proprio secondario.
«Qualcuno di voi conosce qualche locale qui intorno? Offro io! Però, che dite se proviamo l'Incantesimo, per prima cosa?»
Non ebbe bisogno di specificare quale Incantesimo intendesse. Perfino Ron aveva già avuto modo di arrivare a detestare i cacciatori di autografi, i giornalisti stile Skeeter, le ragazze che gli si fiondavano addosso mezze nude... be', no, quelle forse no.
«Speriamo che funzioni» borbottò Neville, dando voce al pensiero di tutti.
Harry estrasse la bacchetta, puntandola anzitutto contro sé stesso. «Della formula mi fido: l'ha trovata Hermione, mi sono esercitato con lei e funzionava. Però mi ha detto che usarla sugli altri è un po' più difficile, quindi... una piccola prova, prima... Chiudete gli occhi, per favore.» Sorrise, per scacciare l'improvviso nervosismo, e mormorò: «Facies Nebula">».
Lo rassicurò sentire proprio la sensazione giusta: nebbia che scorreva sulla faccia.
Rinfrancato, lanciò l'Incantesimo sugli amici – ogni volta chiudendo gli occhi un momento - e solo alla fine li invitò a guardare.
«...Harry?»
Riaprì gli occhi a sua volta e si trovò a fissare due perfetti sconosciuti, le cui fattezze non riuscivano proprio a restargli impresse. La voce, incerta, appena sentita era quella di Neville, ma non l'avrebbe associata a nessuno dei due visi, neanche morto.
Funziona!» esultò Ron, sferrando un pugno all'aria; e fu quel gesto a permettergli di riconoscerlo, di superare la cortina dell'Incantesimo.
«Harry... è incredibile! Se mi concentro e mi sforzo, ti vedo; ma se mi distraggo un momento o guardo da un'altra parte... Come funziona quest'Incantesimo?!»
Gli parve che gli avessero tolto un gran peso dalle spalle. Poter camminare senza essere riconosciuto, fermato, importunato in mille modi...!
«In realtà lo hai già capito, Neville: fa in modo che i nostri lineamenti sembrino sconosciuti e anonimi a chiunque ci guardi. E se funziona con noi, che ci conosciamo da anni...»
«>Grande» commentò Ron in tono ammirato. «Dovremo fare pratica anche noi.»
«Ah be', gli incentivi non ci mancano di certo. Per me è stato un po' come imparare gli Incantesimi di Appello sotto la minaccia di un drago da affrontare...»
Risero tutti. Finalmente si sentivano pronti ad affrontare il mondo esterno.

Saltò fuori che neppure Ron e Neville erano particolarmente pratici di pranzi fuori casa. E, anche se lo fossero stati, la Diagon Alley postbellica era così diversa – tanti locali nuovi, tante vetrine ancora vuote – che probabilmente la loro esperienza non sarebbe tornata utile comunque. Discussero se andare a Il Paiolo Magico, ormai certi di non essere disturbati grazie all'Incantesimo, ma restava un locale troppo affollato per poter discutere in tranquillità della loro prima (mezza) giornata di lavoro, a meno di non lanciare un Muffliato generale...
Infine, sfruttarono il Facies Nebula per l'approccio più semplice: chiedere ai passanti. Che, per fortuna, nonostante le troppe saracinesche abbassate, non mancavano.
Nel giro di una decina di minuti, scoprirono un piccolo ristorante molto tranquillo, inaugurato da poco; sulle prime esitavano a parlare, ma la cameriera che venne a prendere le ordinazioni non riconobbe le loro voci e questo li rassicurò notevolmente, soprattutto quando Ron si lasciò sfuggire il nome più pericoloso («Devi provare il carpaccio di Chimera, Harry! Giuro che è squisito!») senz'alcuna conseguenza.
Tuttavia, prima ancora che arrivassero gli antipasti, sul loro tavolo planò un gufo.
Un gufo con La Gazzetta del Profeta. Ben deciso a farsi pagare da Harry.
«Di', ma non ti era già arrivata stamattina?» domandò Ron, perplesso. «Mi sembrava di averla vista prima che uscissimo.»
«Sì, infatti. Dev'essere un'edizione straordinaria, ma cosa mai...? Oh, no... no!» Colto da un atroce sospetto, si affrettò a tirar fuori i cinque Zellini.
E puntualmente...

SCOMPARSI GLI EROI DELLA BATTAGLIA DI HOGWARTS



«Fammi indovinare» commentò Neville, pacato: «hanno scoperto che non torneremo a scuola.»
«Così sembrerebbe» borbottò Harry di rimando, scorrendo la prima pagina.
«Quello cos'è, scusa?» Ron indicò un punto all'interno della grande foto centrale. «Sembra un gruppo di megere.»
Controllò. In effetti, se l'immagine era vera, al binario nove e tre quarti non li aveva attesi solamente il solito giro di giornalisti, cacciatori di autografi e ragazze, ehm... “disinvolte”, ma anche...
Oh cazzo, sentite qua.» Harry non credeva ai propri occhi, ma lesse la didascalia parola per parola.
«“Da sinistra a destra: Zog lo Zozzone, portavoce della Gringott, e la sua richiesta di risarcimento danni (venticinque rotoli di lunghezza); in mantelli verde Avada, tre esponenti dell'Associazione 'Maghi Oscuri per Potter'; il Comitato per la Lotta contro lo Statuto di Segretezza, riconoscibile dai cartelli 'Ehi, tu, Babbano! La magia esiste!'; una delegazione di megere ('Ci piacciono tanto i Bambini Sopravvissuti'!)...”» La risata gli uscì quasi isterica.
«Impressionante, vero?» La voce li fece sobbalzare, ma per fortuna la cameriera – del cui arrivo non si erano accorti – continuò semplicemente a posare i vassoi di antipasti. «Per forza non si sono fatti vedere: con un casino del genere, anch'io mi sarei tenuta ben alla larga dal binario!» Negli occhi le si accese una luce di ammirazione folle e proseguì, in tono via via più sognante: «Saranno andati a Hogwarts a dorso di drago anche stavolta, vedrete...»
Si allontanò guardando fisso un punto imprecisato in alto, come se si sentisse parte di quell'avventura straordinaria. Come se davvero stesse vedendo il fantomatico drago.
Non poterono che restare a fissarla a loro volta, completamente ammutoliti.
Solo dopo che fu scomparsa in cucina Ron si azzardò a sussurrare: «Il trucco non poteva funzionare in eterno... e almeno l'abbiamo scampata bella!»
Harry annuì: fingere di essere decisi a tornare a Hogwarts era stato utile, avevano guadagnato un minimo di pace ed evitato di essere inseguiti fin dentro il Ministero. Però...
«Staranno rivoltando mezza Inghilterra per cercarci» osservò Neville.
Preferivo i Ghermidori, giuro!
Be', diciamo i Ghermidori senza Voldemort come mèta finale.

«E tutti quanti hanno una causa da farci sostenere... la nuova moda è questa.» Scorse il giornale, con un'espressione sempre più cupa. «A parte i folletti, che ovviamente vogliono soldi, le megere “>si ritengono oppresse e discriminate”, quindi vengono a cercare me, perché “la nostra situazione è perfino peggiore degli elfi domestici”; i Maghi Oscuri per Potter, sentite questa, chiedono “che i tre Eroi riconoscano il nostro ruolo determinante nella grande vittoria”...» Disgustato, gettò La Gazzetta da una parte e attaccò l'antipasto con autentica ferocia.
Gli altri lo imitarono: non c'era altro da fare, né da dire.
E poi... meglio non destare sospetti.
Per loro fortuna, la cucina del locale seppe sorprenderli in positivo, reggendo degnamente il confronto con Molly Weasley: il carpaccio di Chimera, nonostante gli inconfessati timori di Harry, si rivelò effettivamente squisito (doveva imparare a fidarsi di Ron, quando si trattava di far andare le mascelle!) e il primo, un pasticcio di carne, risollevò il loro morale a tal punto che, già a metà portata, cominciarono a scambiarsi commenti scherzosi, impressioni e battute.
«Quella Stuart, non riuscirò mai a ricordare il suo nome... mi guardava in un modo... come se fossi una bistecca che non riusciva a decidere se cucinare o gettare in pasto al suo drago!» Ron, nello stupore generale, infilò in bocca una forchettata di dimensioni addirittura modeste. «E poi, non è tanto quello che ha detto, ma come lo ha detto! “Vedi di non farti ammazzare”... sembrava che stesse già sfogliando il catalogo delle casse da morto...»
«Esattamente quello che farò io tra poco» commentò Neville, a labbra strette: stava scorrendo l'elenco dei libri di testo. «Per Pozioni va bene il vecchio Libatius Borragine» (Harry e Ron non trattennero una smorfia) «però serve anche Ecco perché il vostro calderone si fonde – I cinquecento errori più comuni del pozionista incapace
Scoppiarono tutti a ridere, ricordando mille scene nella classe di Piton.
«Si vede che ci stimano» buttò lì Harry, asciugandosi le lacrime.
«Vorrai dire mi stimano!» ribatté Neville, sempre sorridendo, ma con un'ombra in fondo agli occhi. «Ci scommetto quel che vuoi, Harry, l'hanno scelto per me: con un titolo del genere...!»
Impossibile controbattere, visto che tutti sapevano bene chi, a Hogwarts, detenesse il record assoluto di calderoni fusi.
Dopo un momento di disagio, però, Harry ribatté, con una scrollata di spalle quasi spontanea: «Credo che sappiano più o meno tutto del nostro percorso scolastico, sai? Robards ha buttato lì un commento sul fatto che Pozioni non era proprio la mia materia preferita, ma che ora sarà meglio che me la faccia piacere, o qualcosa del genere. Se per caso ha visto i miei voti, be'...»
«O i miei» aggiunse Ron, solidale.
Neville li ringraziò con un sorriso, prima di cambiare argomento: «Williamson sembra un tipo a posto, in realtà: mi ha perfino chiesto quale sia la mia squadra del cuore. Ma insomma... non vi è sembrato tutto... troppo, ecco, semplicemente troppo?!»
«Papà mi aveva detto di aspettarmi... sì, insomma, ha detto che qualcuno non avrebbe gradito il modo in cui siamo entrati all'Ufficio degli Auror. Però... però
Harry annuì, ripensando al suo colloquio con Kingsley, all'argomento vincente con cui il Ministro, infine, gli aveva fatto ingoiare quella nomina indesiderata.
Non ho nessuno su cui contare veramente, capisci? Nessuno di cui mi fidi davvero.
Qui dentro, durante la guerra obbedivano tutti a O' Tusoe. E gli Auror stavano in prima linea. Devo spiegarmi meglio, Harry?”

No, il Ministro della Magia non aveva avuto bisogno di spiegarsi meglio.
Né di trovare altri argomenti per reclutare l'Auror meno entusiasta della storia.
Sospirò. «E dire che io pensavo di aver già passato abbastanza guai per una vita intera...»
«Oh, andiamo!» esclamò Ron, che non sapeva proprio nulla di tutto quel colloquio. «Che sarà mai un altro po' di trattamento alla Piton? Dopotutto, tu sei Harry Pot...»
«Shhhhh!» lo zittirono ambedue con autentica ferocia, tanto che si fece piccolo sulla sedia.
Nessun danno, per fortuna: era uno di quei locali dove il personale ti lascia mangiare in pace.
O forse è impegnato a sognare impavidi cavalieri a dorso di drago.
«Harry,» domandò Neville, passato l'istante di tensione, «l'Incantesimo funziona anche se ti chiamano per nome?»
«Non è un Tabù, diciamo, ma se chi mi guarda si concentra su di me più del normale potrebbe riuscire a riconoscermi... quindi, meglio che non abbiano nessun motivo per farlo.»
«Scusa, amico» borbottò Ron, con le orecchie rosse.
Tra il momento spiacevole e i ricordi associati alla parola “Tabù”, la conversazione languì finché non fu servito il secondo; poi, Neville buttò lì, cercando di suonare disinvolto: «Deve essere un Incantesimo potente, Harry. Complimenti.»
«Uhm... sì, un misto fra Trasfigurazione Umana e Incantesimi di Memoria, credo... o forse un pizzico di Incanto Proteus, non ricordo bene: la teoria non è importante per riuscirci... ma per pietà, non dite a Hermione che l'ho detto!»
Risero insieme, di cuore, e i fantasmi furono tenuti a bada un'altra volta.

Uscendo dal ristorante, Harry si rese conto che l'Incantesimo stava superando anche le sue previsioni più ottimistiche, quanto ad efficacia e durata. Era stata eccessiva la prudenza che l'aveva indotto a evitare Il Paiolo Magico? Forse. Ma, dopotutto, poco male: aveva scoperto un posto carino, dove si mangiava bene, non si correvano rischi... Ci sarebbe potuto tornare regolarmente.
Sempre che Kreacher non si offendesse, beninteso.
Gestire quell'elfo gli riusciva ancora piuttosto difficile... però aveva aiutato alla Tana per tutta l'estate senza batter ciglio, anche se Harry era sicuro che gli mancasse Grimmauld Place; il minimo che poteva fare per lui, in cambio, era assecondarlo accettando almeno un po' delle sue attenzioni.
Per fortuna, Neville è un purosangue, altrimenti non so se sarebbe un ospite ben accetto nella casa dei Black.
Era stato più facile convincere la formidabile nonna Augusta che non la signora Weasley, forse molto più facile; ma infine - grazie anche al sostegno del signor Weasley, che aveva confermato che gli orari degli Auror erano ancor più imprevedibili della generalità dei neoassunti – le due donne avevano accettato che i loro ragazzi cominciassero a vivere per conto proprio. Accuditi di tutto punto, beninteso, ma da Kreacher. E a casa di Harry.
Il quale non poteva fare a meno di sentirsi un po' responsabile per loro. E non era troppo sicuro che l'idea gli piacesse, però, tutto sommato, la preferiva alle alternative.
Scrollò le spalle e interpellò gli amici sul da farsi: gli impegni non mancavano di certo.
Dopo una breve consultazione, tutti accompagnarono Neville alla Gringott, ma ne seguì una discussione ben più accesa quando, al ritorno dal suo forziere, insistette per rimborsare a Harry la propria quota del pranzo. Per dieci minuti buoni, Ron non fece che fissarsi le punte delle scarpe, sempre più rosso, mentre gli altri due, con identica ostinazione, insistevano nei rispettivi punti di vista (“Potrò pur invitare gli amici...!” / “Mangerò già così tante volte a casa tua...!”). Solo la necessità di dedicarsi alle varie commissioni li spinse a un compromesso semplicissimo come la restituzione dell'invito alla prima occasione utile.
Ai piedi della scalinata della Gringott - la sola parte ancora intatta del maestoso edificio, non poté evitar di pensare Harry, con una nuova fitta di senso di colpa – misero mano alle varie liste, per decidere come organizzarsi.
«Che è questa roba?!» sbottò Ron, con un tono tra lo sbigottito e l'inorridito.
«Quale roba?» chiese Harry, che si stava concentrando sugli ingredienti per Pozioni e sulle attrezzature che avrebbe dovuto rimpiazzare: non gli era rimasto più nulla, dopotutto, neanche un calderone o una provetta. E neppure Edvige, pensò con un nodo alla gola.
«Deve aver visto Curiae Magorum Decisiones Selectae, di C. Crawley.» Il tono di Neville sapeva di umorismo macabro, ma Ron assentì con vigore.
«Eh?!» Una rapida scorsa alla pergamena confermò che non lo stavano pigliando per il culo. Oh, cazzo... «Ma...?!»
«Uhm... i testi dell'Accademia di Magisprudenza, mi sa» osservò Ron, di nuovo con un colorito verdognolo. «Ce ne sono altri due, vedi? Sempre di questo Crawley: Compendio storico-sistematico di Diritto magico e, uhm... Procedimenti, procedure, processi. L'applicazione della legge magica nei suoi aspetti normativi, retorici e oratorii
Quei titoli suonavano innegabilmente minacciosi.
Si fissarono un momento, poi, come per un tacito accordo, scrollarono le spalle e tornarono a scorrere i rotoli.
«Il resto è piuttosto normale» concluse Neville dopo un'altra scorsa all'elenco dei libri, «a parte questo libro di Silente e N. Flamel, Lapis Niger. Isagogen in Opus Alchemicum
«Ah, se c'è qualcuno che si intende di Alchimia sono... erano quei due» commentò Ron, con un sorriso tirato.
«Sentite, ragazzi... forse è meglio se ci dividiamo: non so voi, ma io devo ricomprare tutta l'attrezzatura per Pozioni, mi ci vorrà un po'.»
«Già» annuì Neville, comprensivo: la morte di Edvige era forse l'unica cosa che gli avesse raccontato, l'unico dolore che si fosse permesso di condividere. «Allora... uhm... ci vediamo tutti verso le quattro da Grassley?»
«Da chi, scusa?»
«Come, Harry, non l'hai visto? Il rotolo in fondo...»
«Il sarto che ha l'appalto delle uniformi ministeriali» spiegò Ron. «Ci servono almeno tre mantelli da lavoro estivi e tre invernali, più un paio per le mezze stagioni e...» Si interruppe e arrossì, rendendosi conto che avrebbe dovuto di nuovo chiedere un prestito all'amico.
«E l'alta uniforme» terminò Neville tranquillamente. «Secondo Williamson, la useremo forse una volta ogni due anni, ma che ti devo dire? Da qualche parte bisognerà pur appuntare quella medaglia, no?»
Tacquero di nuovo, ripensando all'Ordine di Merlino, Prima Classe, conferito a ciascuno di loro, e a tutto ciò che significava.
Vi prego, ditemi che è finita...
Non avrebbe saputo dire a Chi mai si stesse rivolgendo: in qualunque cosa credessero i Dursley – a parte i soldi, il pettegolezzo e l'essere “assolutamente normali, grazie tante” – non si erano curati di trasmettergliela. Eppure, in quel momento, sentiva un bisogno assurdo... come se dovesse correre da qualcuno a farsi abbracciare e rassicurare... Qualcosa che non aveva fatto mai.
E non avrebbe funzionato comunque, non davvero. Perché, se un uomo come Kingsley Shacklebolt temeva che non fosse finita per niente, allora non era finita, punto e basta.
Lo sapeva, lo sapeva da due mesi: era il solo motivo per cui aveva accettato quell'offerta così indigesta. Tuttavia, per qualche istante, in quell'angolo di Londra, desiderò con tutto sé stesso poter credere, un attimo solo, che non fosse vero.

Harry riuscì a sbrigarsela molto prima del previsto: i fornitori del Ministero tenevano da parte, già impacchettate, le merci richieste dai vari Uffici e il primo aveva già pronta pure l'attrezzatura completa per le Pozioni Avanzate. Si tolse anche qualche soddisfazione: dovette tornare alla Gringott per un prelievo supplementare e perdere un mucchio di tempo, mentre i folletti gli lanciavano occhiate assassine o facevano procedere a passo di lumaca ogni minima cosa, dalla verifica della chiave al carrello stesso, e quando mai i carrelli erano lenti... ma, alla fine, riuscì a comprare una nuova Firebolt, ultimissimo modello. Uscì dal negozio con il manico di frassino sottobraccio e un sorriso che non si sentiva in faccia da una vita.
Anche con queste deviazioni extra, arrivò comunque per primo da “Octavian Grassley – Fornitore ufficiale del Ministero. Abiti e uniformi su misura”.
L'insegna campeggiava su una porticina dall'aria trascurata, anche per quella parte di Diagon Alley (ma si chiamava sempre Diagon Alley, oltre la Gringott? Non era ancora riuscito a capire granché della toponomastica... non che avesse avuto poi tante occasioni di approfondirla). Qualcosa gli ricordava il negozio di Olivander...
«Ehi, non entri?»
Si voltò. «Ciao, Neville.»
«Ciao...» Si bloccò, prima di pronunziare il nome pericoloso. «Scusa il ritardo, ma continuavo a dimenticarmi le cose. Avrò pensato dieci volte di aver finito... e dieci volte mi è toccato tornare indietro.»
«Quale ritardo, figurati!» Aveva controllato il vecchio orologio di Fabian Prewett solo poco prima ed era piuttosto sicuro che l'amico, in realtà, avesse spaccato il minuto. «Per caso hai visto...?»
«Eccomi!»
Ron arrivava trafelato, dalla parte opposta rispetto a loro.
«Ma che giro hai fatto?!»
«Oh be'...» Arrossì più dei suoi capelli e borbottò qualcosa come “Cercavo di risparmiare”.
Nessuno commentò; Harry spinse la porta ed entrarono.
Il signor Grassley, saltò fuori, era un sarto piuttosto alto, dal colorito rosa acceso, completamente calvo al centro della testa, ma con due gran cespugli ai lati; i capelli superstiti dovevano essere biondi, solo che avevano la tonalità dei muri ingialliti dal fumo. Non chiese neppure i loro nomi, solo quale fosse il loro Ufficio.
«Auror, avete detto? Le reclute di quest'anno, vero? Bene, bene.» Sparì nel retrobottega e ne riemerse con tre involti abbastanza voluminosi. «Tre ne aspettavo, ed eccovi qua. Naturalmente bisognerà adattare tutto.» Diede un involto a ciascuno. «Mantelli estivi, mantelli invernali... tutti neri con alamari d'argento, lo sapete, no? Solo gli alti dirigenti fanno a meno degli alamari e chiudono il mantello soltanto con un fermaglio d'oro. Perché una volta avevano lo strascico, sapete? Mi ricordo ancora... era una delizia vestire i paggetti reggicoda...» Si riscosse. «Scusate, sto proprio invecchiando, mi perdo dietro ai ricordi. Bene...» Indicò loro la parete di sinistra, tutta a specchi, con una fila di sgabelli. «Se voleste cortesemente indossare un mantello, uno qualsiasi, e salire su uno sgabello...»
«Ma gli altri mantelli, mi scusi?» chiese Neville.
«E dov'è il problema, giovanotto?» ribatté Grassley, improvvisamente accigliato. «Sono tutti perfettamente identici, pensa che non sappia riportare le misure sugli altri con un semplice colpo di bacchetta? Per la barba di Merlino, è stata la prima cosa che mi ha insegnato mio padre buonanima! E non era così facile, sa, quando i dirigenti avevano lo strascico di venti iarde!» Scosse la testa, borbottando qualcosa sui tempi che cambiavano e i giovani che non capivano... o forse erano i tempi che non capiva e...?
Smentendo le pessimistiche previsioni di Robards, il vecchio sarto sbrigò i loro mantelli in meno di un quarto d'ora. Complessivo, non per ciascuno.
Ma le alte uniformi... quelle erano un'altra faccenda.
«Qui non si può adattare un abito già pronto, capite?» domandò, senza aspettarsi davvero una risposta, mentre drappeggiava la stoffa intorno al malcapitato Neville, la prima vittima di quello che adesso, agli occhi di Harry, sembrava proprio il classico scienziato pazzo. «L'alta uniforme deve nascere impregnata della tua magia, sennò il giuramento di sangue non funzionerà altrettanto bene...»
«Il cosa?!» sbottarono tutti in coro.
«Ma non spiegano più niente a voi ragazzini?!» Grassley sembrava veramente indignato. «Di che colore è questa stoffa?» Puntò un indice minaccioso contro Ron.
«Ehm... rossa?»
«No, non rossa: rosso sangue, giovanotto, rosso sangue
«Il sangue è più scuro» rifletté Harry ad alta voce. Mal gliene incolse.
«Il sangue venoso è più scuro, scriteriato! Questo è sangue arterioso! Sangue vivo! Il sangue della vita! La vita che giurate di sacrificare al servizio del Ministero! Ma dico, nessuno vi ha spiegato proprio niente?!»
«...No, signore» rispose Neville, in tono quasi vergognoso.
Il vecchio sarto si calmò, facendosi improvvisamente triste. Scosse il capo e cominciò a muovere la bacchetta in un modo molto complicato.
«I miei tempi sono davvero finiti... Non avrei mai pensato... Tanti anni...»
Continuò a borbottare per qualche minuto, sempre girando intorno a Neville e squadrandolo da tutti i lati.
Intanto, il rotolo di stoffa rossa – pardon, rosso sangue! - siallungava, accorciava, srotolava, riavvolgeva... Due lunghe strisce si inerpicarono lungo le braccia, e Harry pensò, per un attimo orribile, a Nagini. Ma si limitarono a formare le maniche.
«Vedete,» riprese Grassley, chiaramente troppo innamorato dell'uniforme che creava per lasciar perdere, «il corpo degli Auror è stato creato in un momento molto difficile per il mondo dei maghi... lo ricorderete da Storia della Magia, senz'altro.» Tre paia d'occhi si levarono al cielo, ma, concentrato com'era sulle misure e il discorso, Octavian Grassley non le notò. «Eravamo divisi, anche più di adesso. Adottare lo Statuto di Segretezza, un quarant'anni prima, era stata l'opzione... “moderata”, diciamo così: gli altri avrebbero voluto scatenare una guerra contro i Babbani, per soggiogarli o addirittura per sterminarli. Gli Auror sono nati per tenere a bada maghi potenti, in un'epoca in cui il concetto di Arti Oscure restava ancora molto incerto – dico, quanto ci è voluto per rendere illegali perfino le Maledizioni Senza Perdono? - e la lealtà delle reclute, o la loro linea politica, non poteva essere esattamente sicura. Per questo si è deciso che l'ingresso ufficiale fosse segnato da un rito magico... un rito di sangue, per la precisione.» La veste di Neville sembrava quasi finita, ma il vecchio sarto si infilò in bocca qualche spillo e cominciò a girargli intorno.
«Uhm... signor Grassley?» si azzardò a chiedere Ron dopo un po'. «Esattamente come... sì, insomma, come funziona questo rituale?»
L'interpellato sistemò anche il cappello di Neville e attaccò il rotolo di Ron prima di rispondergli. «Una volta l'uniforme veniva tinta di rosso con il vostro sangue...» Sospirò con fare nostalgico. «Ma tranquilli, ormai si limitano a cavarvene tre gocce. Non che sia la stessa cosa, intendiamoci: per i poteri che l'abito avrebbe non lo è affatto. Per i Tre Giuramenti, però, basta una goccia sola... una per ciascuno.» Pareva che si fosse incupito, perdendo il gusto di raccontare, e scuoteva la testa mentre adattava la stoffa al corpo, fors'anche alla magia di Ron Weasley.
Harry volle insistere: «Mi scusi, signore: che cosa prevedono questi giuramenti? Nessuno ce ne ha mai parlato.»
Grassley lo fissò, attonito. «Li menzionano in tutte le lettere di assunzione.»
«Nella mia non c'era» rispose, piuttosto sicuro di sé, e gli altri confermarono.
«Allora, chissà... forse non se ne farà niente. Un altro pezzo di storia buttato via, così, come una cosa inutile...» Il vecchio scuoteva la testa in modo così desolato che Harry si sentì in dovere di rassicurarlo, in qualche modo.
«Le nostre lettere» - e sapeva di correre qualche rischio a precisarlo - «non sono state redatte sul modello standard Si saranno dimenticati qualche pezzo. Però, a maggior ragione, se arrivassimo lì e tutti si aspettassero che ne fossimo al corrente... capisce bene, signore, che sarebbe davvero imbarazzante.»
«Uhm... sì. Decisamente. Sempre più stupidi, al Ministero!» Squadrò con occhio critico la propria creazione. «Stona maledettamente con il colore dei capelli, ma non c'è proprio nulla da fare, mi sa. Hmmm, cosa dicevo? Oh sì, i Tre Giuramenti. Facile: giurate di difendere e far rispettare, a costo della vita, lo Statuto di Segretezza, il Ministero che lo protegge e le leggi contro le Arti Oscure, questo è il Primo. Gli altri due sono più semplici: essere pronti a dare la vita per ciascuno degli altri Auror... o a ucciderlo se tradisce.»
Come?!» esclamò Ron, la voce più acuta di almeno un'ottava.
Grassley lo fissò, con un'espressione di sorpresa che sembrava del tutto genuina. «Be', non funziona come un Voto Infrangibile, sapete? Hanno pensato di introdurlo, già al tempo e poi varie volte in seguito; ma il concetto di “tradimento” è troppo vago per un Voto del genere, tanto più che a volte è necessario ignorare gli ordini... e non parliamo neppure di quel che è successo negli ultimi anni...» Chiuse gli occhi e sospirò, poi si riscosse. «Insomma, il Giuramento ti uccide se lo pronunci con un chiaro intento di tradire, trasforma all'istante il tuo sangue in veleno; però, se sul momento sei sincero e tradisci in seguito... non succede nulla, ecco.»
«E, uhm...» Neville diede voce alla preoccupazione di tutti: «Se giuro di dare la vita per i colleghi, sì, ma sto fissando uno in particolare, che non mi piace affatto, e penso che, insomma, nel suo caso proprio no?»
«Tranquilli, solo il Primo e il Terzo Giuramento uccidono. Il Secondo si limita a svergognarvi con il peggior attacco di diarrea che abbiate mai subito.» Lo fissarono. E lo fissarono ancora. Ma sembrava sempre serissimo.
Tacquero tutti, clienti e sarto. La confezione richiese ancora un po' di tempo, ma non troppo, e anche il prezzo sembrava onesto.
Salutarono e fecero per uscire, ma la mano di Grassley si posò sulla spalla di Harry. «Posso parlarLe un minuto?»
Rimase molto sorpreso, però dal tono pareva una cosa importante, quindi accennò agli amici di attenderlo fuori.
«Se volesse favorirmi un po' di sangue...»
«Che cos'è, un Vampiro?!» sbottò, prima di riuscire a trattenersi. Ma il vecchio sorrise amabilmente.
«Oh no... signor PotterHarry restò come Pietrificato sul posto.
«Un bell'Incantesimo, quello, ma c'è chi sa vedere oltre... e lavorare con la magia dei miei clienti, be', a volte mi fa vedere qualcosa in più... Mi scusi, non volevo allarmarLa. Di certo ha buone ragioni per tenere alla propria riservatezza.» Di nuovo quel sorriso amabile.
«Che vuole da me, signor Grassley?» domandò, più brusco di quanto intendesse, ma solo una frazione di quanto sentiva.
«ProporLe un affare, signor Potter. Una volta, l'alta uniforme era la divisa da battaglia, né più né meno, e la magia del sangue aiutava gli Auror che la indossavano a restare vivi, li aiutava parecchio. Il contrario della camicia di Nesso, si potrebbe dire... Cos'è quella faccia? Non mi dica che non conosce... Ah, che tempi! Non si insegnano più i miti, e le divise più gloriose del nostro mondo sono diventate... roba inutile che prende polvere negli armadi.» Strinse le labbra. «Ad ogni modo, signor Potter, io Glielo dico, poi ci pensi su: se vuole, mi riporti le uniformi normali alla prima occasione; non c'è bisogno di tingerle di rosso, basta molto meno sangue, non si vedrà neppure... ma i poteri saranno gli stessi delle vecchie divise da battaglia.»
Harry rimase in silenzio per quasi un minuto. L'offerta sembrava allettante – a chi non sarebbe piaciuta una protezione extra? - ma non si fidava né del vecchio, né del fatto di essere stato riconosciuto, né di un amore per le tradizioni magiche che tendeva ad associare alla causa di Voldemort, e soprattutto non della sua scelta di offrire quella prestazione aggiuntiva a lui soltanto.
«Sarò onesto con Lei, signor Grassley» rispose alla fine. «Ci penserò su, seriamente, perché la faccenda mi interessa; ma non so ancora se fidarmi di Lei.» «In che senso, scusi?!»
«Ai Suoi amici non servirà: sceglieranno altre strade. Lo lasci dire a un vecchio sarto: non hanno la stoffa!» Alzò la mano per bloccare la difesa indignata che gli stava salendo alle labbra. «Leale verso gli amici, schietto, ma diffidente. Le doti perfette per un Auror... e per la magia che Le sto offrendo. Ci rifletta con calma.»
Salutò cortesemente e, una volta fuori, spiegò agli amici che il vecchio voleva soltanto vendergli altra roba. «Magari tornerò un'altra volta, ma adesso non mi è sembrato il caso.»
«Direi di no» convenne Neville. «Allora, uhm, andiamo da te a posare la roba, Harry?»
«Sì, e poi...» Guardò l'orologio e sussultò. «Le cinque e mezza passate?! Non credevo...!»
«Sì, tra un po' sarà ora di cena.»
«Hai di nuovo fame?!» commentò incredulo, fissando Ron, che borbottò qualcosa di incomprensibile.
«Suppongo che ci vorrà un po' per finire di sistemarci» osservò Neville, che sembrava diventato il paciere di tutte le situazioni. «Se sei d'accordo, Harry, direi che andiamo da te, mettiamo a posto i nostri acquisti, le valigie, insomma tutto... e ceniamo.»
«Molto bene. E, uhm...» Corrugò la fronte, rendendosi conto – una volta di più - di quante cose non sapesse. «Programmi per il dopocena?»
«Be'...» Ron cercò di darsi un tono, nonostante il palese rossore alle orecchie. «Si potrebbe... si potrebbe andare a Deviant Alley.»


Note:
Prima di tutto, alcune considerazioni generali.
Questa fic è la prima in una serie di quattro, tutte tendenzialmente autoconclusive; è chiaro, però, che nelle successive vi saranno molti riferimenti al “passato” descritto qui e che, viceversa, tanti dettagli inseriti in questi capitoli trovano la propria ragion d'essere in qualche evento già pianificato per le fic venture.
Per quanto riguarda la canonicità, ci troviamo al 1 settembre 1998 – martedì, mi dice il calendario - e tutti gli eventi anteriori si sono svolti come da libri; qui ci muoviamo in un ambito sostanzialmente libero, ossia vicissitudini e carriera di Harry come Auror. La serie seguirà il canone, interviste della Row incluse, fino all'Epilogo
compreso, ma, dal momento in cui Albus Severus salirà sull'Espresso, le cose cambieranno, perché faccio parte della nutrita schiera che non sopporta La Maledizione dell'Erede.
Credo di aver già fornito nel testo le informazioni più importanti sui pochi mesi di “buco” tra la fine della guerra e l'inizio della fic: i personaggi stanno tutti facendo i conti con i traumi della guerra, ciascuno a suo modo; Harry, pur avendo passato l'estate alla Tana, si è decisamente chiuso in sé stesso, come suo solito, e aveva abbandonato ogni ambizione di diventare Auror (“Ho avuto abbastanza guai per una vita intera”, secondo me, non era un'esclamazione estemporanea), ma a quest'isolamento lo ha strappato la convocazione di Shacklebolt, che lo ha convinto ad accettare la nomina d'ufficio (nessuno dei tre aveva presentato domanda); ha fatto da ambasciatore presso gli altri due, che, a parte una certa riluttanza iniziale di Neville, sono stati ben contenti di accettare.
Far trasferire tutti e tre a Grimmauld Place mi è sembrata la soluzione più sensata: intanto, Harry, per quanto apprezzi la Tana in generale, al momento si sente di troppo, anche rispetto al lutto che i Weasley devono elaborare; inoltre, quest'assunzione segna il loro ingresso nell'età adulta. Non sappiamo quando i giovani maghi lascino la casa dei genitori, ma mi sembra ragionevole supporre che sia Ron sia Neville desiderino un po' di libertà. Cosa si aspetti Harry dalla loro compagnia credo sia meno chiaro, al momento, anzitutto per lui stesso, ma di sicuro vivere da solo a Grimmauld Place non sarebbe una prospettiva allettante né per lui né per nessun altro.
Una notazione aggiuntiva su Neville: non solo si trova a dover gestire l'improvvisa fama e lo status di eroe, ma, durante il settimo anno, in buona sostanza è diventato un capo. Quest'aspetto della sua evoluzione, non raccontato dalla Row ma chiaramente avvertibile nei capitoli finali del settimo libro, è cruciale nella mia ricostruzione del personaggio. Non ho sottolineato per caso, ad esempio, la sua tendenza a stemperare i momenti o le occasioni di tensione: credo che l'abbia sviluppato proprio nel contesto della resistenza clandestina, chiamiamola così, entro le mura di Hogwarts e che sia stata molto importante nel successo, suo personale da un lato, dell'ES dall'altro.
Circa l'organizzazione dell'Ufficio degli Auror e dei suoi corsi interni, sappiamo ben poco, quindi ho avuto mano libera; il fatto che il Quartier Generale sia strutturato ad
open space dovrebbe essere funzionale ad un metodo di lavoro non troppo individuale e mi sono regolato di conseguenza, inventando la riunione del mattino, ma ovviamente si tratta di una semplice congettura. Così come l'alta uniforme – che dal canone nemmeno sappiamo se esista – e tutta la sua storia.
Sono convinto, peraltro, che la definizione, giuridica e non solo, del concetto di Arti Oscure debba effettivamente parecchio all'imposizione dello Statuto di Segretezza. Non dico, ovviamente, che sia stata bollata come Oscura la magia che faceva correre allo Statuto i rischi maggiori; penso, piuttosto, che i gruppi che avrebbero voluto scendere in guerra contro i Babbani fossero un amalgama relativamente eterogeneo, ma, se i loro moventi potevano andare dalla paura alla sete di potere assoluto, i mezzi che tendevano ad impiegare più di altri erano Incantesimi particolarmente aggressivi o coercitivi (vedi ad es. le Maledizioni Senza Perdono). Già prima, sicuramente, esistevano regole improntate al principio della segretezza nell'uso della magia, perché non credo che il Consiglio dei Maghi si sia preoccupato solo delle partite di Quidditch; ma l'adozione dello Statuto ha trasformato la segretezza stessa da norma di comune buon senso in vero e proprio principio costituzionale del Mondo Magico... e questo implica, ad esempio, che un mago assetato di dominio sui Babbani non sia soltanto un incosciente, ma un nemico pubblico. Con buone ragioni, naturalmente, o forse anche con vantaggio dei Babbani; solo che, in simili circostanze, da un lato l'obiettiva, perenne tensione creata dall'obbligo di segretezza, che resta pesante per quanto ci si possa fare l'abitudine, si traduce in un attrito costante all'interno della società magica, mentre dall'altro vale anche il contrario, perché tutte le questioni intestine rischiano di essere tradotte in termini di rapporti con i Babbani. E non ho nemmeno preso in considerazione le Creature Magiche, in particolare i folletti, che non hanno mai accettato lo Statuto... Tutto questo avrà una sua importanza nel progressivo sviluppo della serie, quindi mi sembra giusto accennarvi fin d'ora.
La strega con la benda sull'occhio compare, solo di sfuggita, nel quinto libro, quando Harry getta il suo primo sguardo sul Quartier Generale; mi è sembrato ragionevole che potesse essergli rimasta impresa, dato che era particolarmente interessato a tutto ciò che vedeva. Il nome di Glibenclamide si deve a Pally93, che mi ha fatto scoprire quest'affascinante molecola; ho anche creato un po' di informazioni di contesto per il personaggio, dato che nel canone non se ne sa proprio nulla, e le inserisco qui, anche perché non so se serviranno mai nell'ambito della storia o della serie. Il padre della nostra strega, Max Stuart, è un Babbano dai baffoni a manubrio immerso mattina e sera nella chimica farmaceutica, in qualche laboratorio del Regno Unito. La madre non si è potuta opporre al nome che voleva dare alla figlia, visto che le sue alternative non erano molto meglio... diciamo al livello di “Ninfadora”! Ha anche un fratello di nome Squalene – altra molecola molto amata da Pally, sebbene per ragioni diverse – ma non credo che lo vedremo mai.
Dal quinto libro, sembra che tutti gli impiegati ministeriali si rechino al lavoro in abiti piuttosto anonimi, così – considerato che il nero è il colore associato al lavoro, alle mansioni ordinarie - ho deciso di riprendere i tratti dell'uniforme di Hogwarts. Ma, poiché mi sembrava poco sensato pensare che non vi fosse nessun'insegna visibile dei gradi gerarchici e, in più, la Row ci dice che lo stile dell'abbigliamento dei maghi è rimasto fermo a fine Seicento, quindi ad un'epoca non esattamente nota per la sobrietà, ho escogitato un'evoluzione semplificatrice delle uniformi seicentesche, in modo tale che le alte uniformi siano variegate e sgargianti quanto è lecito attendersi, mentre quelle di tutti i giorni improntate alla praticità, ma permettano comunque di riconoscere i dirigenti a colpo d'occhio. In più, be', mi piaceva l'idea di un giuramento di sangue sia come elemento per costruire lo spirito di corpo, sia quale precauzione contro l'ingresso di spie, doppiogiochisti e voltagabbana. Preciso solamente che le informazioni di Pottermore sui vari Ministri della Magia ci dicono che i primi decenni successivi all'imposizione dallo Statuto sono stati ricchi di tensioni interne alla comunità magica e che gli Auror – pur esistendo certamente già come figura, avendone il MACUSA nominati dodici già all'atto della sua fondazione, nel 1692 – sono stati eretti in Ufficio quando era Ministro Eldritch Diggory (1733-1747): questo è il momento e il contesto in cui ho inserito la creazione dei Tre Giuramenti.

  
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