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Autore: Iaiasdream    16/08/2022    0 recensioni
Vincenzo Gargano, ricco novantenne proprietario terriero, muore lasciando tutti i suoi averi al figlio Diomede e ai due nipoti Stefano e Carmine, a patto che a scadenza di un anno dalla sua morte, uno dei due prenda moglie.
Per non rischiare di perdere tutto, poiché Stefano dieci anni addietro tagliò i ponti con l'intera famiglia, Diomede cerca di affrettare i tempi accettando la proposta di sua cugina Rita Ferrara, facendo sposare Carmine con la procugina Marella.
Il giovane, però, è contrario, poiché innamorato di Arianna, figlia adottiva del cugino di suo padre, da tutti chiamata Aria.
Carmine sembra propenso a non voler piegarsi a quel obbligo e decide con la sua amata di scappare insieme, ma il destino sembra essergli avverso e proprio il giorno previsto per il matrimonio, degli imprevisti inaspettati cambieranno i loro progetti.
A complicare la situazione è anche il ritorno di Stefano, il quale porta con sé un segreto che riguarda Arianna e che insieme dovranno scoprire poiché prima di morire, Vincenzo era propenso a rivelare qualcosa di sconvolgente.
Tra misteri, intrighi e passioni, non mancherà il forte sentimento che travolgerà i due giovani.
Tutti i diritti sono riservati
Genere: Erotico, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Capitolo 17
 
Sul retro del casale, a pochi metri dalla casa dei Ferrara c’era un muretto a secco che si affacciava sull’immenso seminativo alla cui sommità era stata innalzata una piramide di balle di fieno, coperta da un telone impermeabile per non permettere alla pioggia di bagnarli e così rischiare di marcirli.
Stefano se ne stava seduto da ore a guardare il panorama su un punto fisso, senza espressione in volto.
Se ripensava al passato, alla sua fuga in Firenze, gli parve di essere stata un’altra persona: impavido, menefreghista, inespugnabile. Ora, invece, aveva deciso di restare, pronto a lottare per gli altri. Ciò che continuava a non spiegarsi era il perché avesse preso quella decisione, se fino a qualche tempo fa se n’era sempre fregato di tutto quello che riguardava gli affari della famiglia.
Era davvero per Arianna?
Chiuse gli occhi al pensiero di quella ragazza e sospirò profondamente, poi si distese sul muretto e poggiò sulla fronte il braccio per farsi ombra agli occhi. Li richiuse e dopo aver sentito uno scalpiccio li riaprì, davanti a lui c’era Aria.
La ragazza gli sorrideva malinconica, «Sei sparito» disse.
«Ero qui» ribatté lui mettendosi a sedere.
Aria non disse nulla, con i glutei e le mani andò ad appoggiarsi al bordo del muretto e volse lo sguardo verso il giardino del casale.
«Mi stavi cercando?» chiese il fotografo dopo averla osservata a lungo.
«Ho sentito il bisogno di vederti» rispose volgendosi verso di lui, ma senza guardarlo negli occhi.
Stefano sorrise. «Allora perché abbassi lo sguardo?» le sollevò il mento con una mano.
Quel lieve e quasi impercettibile tocco fece sussultare il cuore della giovane, che come se catturata da quelle pozze d’acqua cristalline, immerse i suoi occhi in esse e non riuscì più a proferir parola. Il ricordo della sera precedente si rifece vivido e tangibile. Aria fremette al ricordo dei suoi ansimi, al suo respiro che si infrangeva sul di lei collo, del profumo di pini d’inverno che le faceva girare la testa e in quell’instante sentì il bisogno di baciarlo, ma si trattenne dal farlo.
«Aria?», fu la calda voce del giovane a riportarla al presente. Scuotendola dal piacere che aveva provato.
Aria.
Sentirgli pronunciare il suo nome, parve liquefarsi.
«Perché volevi vedermi?»
Prima di rispondere la giovane vagò con lo sguardo prima su un occhio poi sull’altro del ragazzo, infine, mordendosi le labbra, mentì: «Vi ho sentiti discutere con Carmine. Io volevo sapere se sono vere le sue intenzioni?»
Per la seconda volta, in quella mattina, Stefano si sentì passare una scudisciata sulla schiena.
No, non lo aveva cercato perché aveva bisogno di vederlo per quello che era successo la sera prima. E questa verità faceva più male della sua freddezza perché l’oggetto in questione era Carmine.
Stefano fu tentato di alzarsi e lasciarla lì da sola, di gridarle che sentirle dire il nome di suo fratello gli dava fastidio, di ricordarle quello che c’era stato tra di loro, ma si limitò solo a scendere dal muretto, mettersi di fronte a lei e di spiegarle con sforzata tranquillità le intenzioni del novello sposo.
«Perché si comporta in questo modo? Lui non era mai stato così.»
«Io penso che sia stata la decisione di sposare Marella a cambiarlo. Mi guardava con odio, disprezzo e solo verso di me.» spiegò il fotografo.
«Se fosse così, allora perché l’ha sposata? Noi due dovevamo scappare insieme…», solo troppo tardi, Aria si rese conto di aver parlato troppo e Stefano non resse oltre quelle inflizioni. Stringendo i pugni, le voltò le spalle e se ne andò.
La giovane lo vide allontanarsi, col fiato sospeso. Che cosa aveva detto? E che cosa gli aveva fatto capire?
D’istinto si distaccò dal muretto e lo raggiunse, prima con passo incerto poi, come se spaventata che da un momento all’altro potesse perderlo, si mise a correre. Gli afferrò il polso con tutt’e due le mani e gli esclamò un “aspetta” ansimato.
A quel tocco, Stefano s’irrigidì, ma non si volse, «Che cosa vuoi?» il tono era freddo.
Aria esitò, non si aspettava un atteggiamento simile, provò a parlare, ma Stefano spazientito, si scostò dalla presa e spronandola a guardarlo negli occhi le disse: «Ascolta, è già frustrante per me vedere mio fratello avere gli stessi atteggiamenti di mio padre. Non completare il quadro, almeno tu, non farlo, non dopo quello che abbiamo passato ieri sera.»
Da quelle parole dette a raffica, Aria percepì il suo disagio. Da quando Carmine era tornato, si rese conto di non essersi mai chiesta che cosa provasse Stefano. Aveva solo cercato d’indagare i propri sentimenti. Era ovvio che il suo ex sarebbe tornato, prima o poi, ma fino a quel momento non si era mai chiesta come si sarebbe comportata in quel caso, poiché il turbinio di emozioni che le stava facendo provare quel uomo, l’aveva stravolta.
Era stata ingiusta con lui, ma come poteva spiegargli che quando si era svegliata e lo aveva visto al suo fianco, si era sentita un’altra, come se la voluttà che le aveva fatto provare le avesse rigenerato l’anima, come poteva dirgli che era talmente felice, da aver avuto paura del seguito, di quando lui avrebbe aperto gli occhi? Non sapeva come affrontarlo, perché lei, con il suo vecchio amore non aveva mai passato neanche un giorno così. Sempre all’erta, sempre in fretta e in furia, con la paura che qualcuno potesse scoprirli, come se ogni volta che si scambiavano anche solo un bacio, dovessero sprofondare in un baratro di vergogna.
Tutto ciò, con Stefano non l’aveva provato. Si era concessa, per la prima volta, in pura semplice tranquillità e per la prima volta aveva saggiato un orgasmo senza pentirsi in seguito.
Poteva dirglielo solo col cuore, con gli occhi che continuavano a fissare i suoi cristallini, che mettevano in contrasto quel viso attraente, con la barba e i capelli biondi.
«Se ti senti confusa, io lo capisco – aggiunse il fotografo senza far caso alla sua languida espressione – ma ti prego non mandare in confusione anche me.»
«Non voglio farlo» ribatté lei quasi con tono di supplica. «Non voglio confonderti perché io…» stava per dirglielo, quella parola semplice ma al contempo difficile, gliela stava per dire, ma si bloccò. Stefano non guardava più lei, ma qualcuno che le stava alle spalle.
Aria si volse lentamente e vide che a qualche metro da loro c’era Carmine, che li guardava fermo e circospetto.
Fu Stefano a fare il primo passo, scansò Aria senza toccarla e si avvicinò a suo fratello.
«Ti stavo cercando» disse quest’ultimo infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni.
Il fotografo non parlò.
«Dobbiamo recarci in caserma – aggiunse allora l’altro – il maresciallo ci ha mandati a chiamare. Ha delle novità sulla scomparsa di nostro padre.»
«Andiamo, allora.» e detto questo, i due si allontanarono, lasciando Aria sola e confusa più di prima.
 
***
 
Le candide tende svolazzavano al vento all’interno della stanza. Si dividevano al centro, lasciando spazio alla figura di Rita la quale se ne stava ritta sulla soglia a osservare la parte estrema del giardino.
Aveva stretto le labbra in una smorfia e sollevato le sopracciglia meravigliata, mentre osservava e cercava di sentire bene che cosa si stessero dicendo quella sciacquetta della figliastra di suo fratello e quel uomo arrogante, selvaggio, attraente.
Che significava: “Non dopo quello che abbiamo passato ieri sera?”
Che cosa stava succedendo tra quei due? Possibile che lei che era una telecamera vivente, non si fosse accorta di nulla?
Erano troppo vicini e lui aveva abbassato la voce. Non riusciva più a sentire quello che si stavano dicendo, poi a un tratto lo vide allontanarsi da lei e avvicinarsi a qualcuno.
Rita allungò il capo il giusto che bastava per vedere di chi si trattasse.
Suo genero.
Essendo molto più vicini, riuscì a sentire tutta la conversazione e quando Carmine rivelò che c’erano delle novità sulla scomparsa di Diomede, sussultò e decise di muoversi.
S’inoltrò nella stanza velocemente, ignorando le lamentele di Mina sull’umidità che rendeva l’aria più afosa.
Quando la ragazzina si accorse della foga di sua madre nel prepararsi, si ricompose e le chiese perché avesse tanta fretta.
«Devo andare in città! – rispose sbrigativa – invece di poltrire tutto il giorno, datti da fare!»
«E cosa dovrei fare? Ho una noia mortale.»
«Ascoltami bene: devi tenere d’occhio la sgualdrinella e il figlio maggiore di mio cugino. Ogni loro mossa, ogni cosa che gli sentirai uscire dalla bocca, devi venire a riferirmela, intesi?»
«Che cosa?! Ma mamma, non puoi chiedermi una cosa così. Meno la vedo quella lì, meglio è!»
Spazientita da quelle lagne, Rita afferrò per un braccio sua figlia e strattonandola le intimò di obbedire senza far polemiche.
Era furiosa, non era la prima volta che sua madre aveva quegli atteggiamenti, ma era la prima volta che si comportava così con lei.
Scossa dalla situazione, la ragazzina annuì tremante.
Senza aver dimenticato nient’altro, Rita uscì dalla stanza correndo verso l’esterno. Per fortuna trovò i due fratelli che si stavano infilando nell’auto di Carmine e li fermò al volo, chiedendogli se potevano darle un passaggio.
«Devo fare delle compere a Murgella, voi dove andate?» s’infilò in auto. Stefano la ignorò mentre Carmine le raccontò della chiamata del maresciallo.
«Ci sono novità?» domandò ancora, fingendo preoccupazione.
«Da quel che si presume, sì.»
«Speriamo in bene, allora. Ah! Povero Diomede!»
Stefano fu l’unico a percepire la falsità di quella donna. Fino al giorno prima pensava a come impadronirsi della parte di eredità di suo padre, lo aveva finanche chiamato schifoso, e ora si dispiaceva per quello che gli sarebbe potuto accadere?
Sbuffò silenzioso e scosse la testa volgendo lo sguardo verso il panorama in movimento, poi la vibrazione del suo cellulare richiamò la sua attenzione.
Era un messaggio da parte di Aria.
“So di averti fatto pensare il contrario, ma credimi, oggi sentivo davvero il bisogno di vederti. Se puoi, incontriamoci verso mezzogiorno a piazza Castello. Voglio scoprire che cosa nasconde quella cassetta.”
Stefano sorrise. Era bastato quel messaggio per liberarsi della rabbia.
 
***
 
Sua madre le aveva detto ogni movimento e Mina l’aveva presa in parola.
Dopo lo spavento che aveva avuto si era data subito da fare. Aveva iniziato a seguire la sua tanto odiata cugina e aveva notato che quel giorno non si era recata per nulla nelle scuderie, tantomeno aveva preso la sua stupida cavalla, anzi se ne stava appoggiata ai piedi della quercia e giocherellava nervosamente col cellulare. Guardava lo schermo scuro, lo accendeva, lo spegneva, lo sbloccava. Sembrava avesse preso la decisione di scrivere un messaggio, poi se lo rinfilava in tasca, incerta.
Mina perse subito la pazienza, voleva ritornarsene in camera sua e magari chiamare Federico, poi però, la voce trillante di sua sorella la fece desistere e fu una fortuna per lei, poiché nella foga di alzarsi e di rinchiudere il cellulare, Aria non si accorse di averlo fatto cadere sull’erba.
Quale modo migliore se non cercare le risposte che voleva sua madre, nel cellulare della diretta interessata?
Sicura che Aria fosse ben lontana, sgattaiolò via dal suo nascondiglio e si fiondò sull’oggetto. Lo raccolse. Per sua fortuna era ancora acceso sui messaggi, sul profilo di Stefano, e riuscì a leggere quello che gli aveva scritto, ma Marella la prese alla sprovvista e sussultando lo perse dalle mani. Si volse verso le due che si avvicinavano e cercò di ricomporsi.
«Mina! Sei qui? Ero venuta a trovarvi. Non ci avete accolti al ritorno.» esclamò sua sorella, ingenuamente.
«E noi cosa ne sapevamo che sareste tornati?» replicò indifferente.
«Ma, mancavate solo tu e la mamma.»
«Sì, va bene, tanto ci saremmo viste stasera.» fu sbrigativa, poi senza aggiungere nulla si allontanò.
«Mina?» la fermò ancora sua sorella.
«Che c’è?» chiese l’altra esasperata.
«Non ci sentiamo da quindici giorni, ed è questo il tuo comportamento?»
A quelle parole, Aria trasalì e il ricordo delle parole di Carmine ritornarono a rimbombarle nella mente.
Era sicura di avergli sentito dire che ad avvisarli della scomparsa di Diomede era stata proprio Mina. Ora, invece, Marella diceva il contrario?
Quando la più piccola se ne fu andata lasciando triste sua sorella, Aria si accorse del suo cellulare sull’erba e si rese conto che la cugina si era proprio fermata accanto. Lo raccolse con titubanza, lo accese, osservò la schermata di blocco, non c’era nulla di strano, ma quello che era appena accaduto, non la convinse.
 
***
 
Rita si fece lasciare alla cioccolateria, dicendo che avrebbe fatto compere e che li avrebbe raggiunti in caserma. Non voleva insospettire nessuno, così con estrema naturalezza si sedette a un tavolino vuoto, ordinò un caffè macchiato e poi, con la sua aria da nobildonna prese il cellulare e compose un numero.
L’attesa durò il tempo di tre squilli, poi una voce maschile si fece udire.
«Dottor Dedonno, come sta? Ma come chi sono, non mi riconosce? Ecco bravo. Signor notaio, volevo incontrarla perché penso proprio che noi due abbiamo tante cose da dirci. Incontriamoci, poi le dirò. Sono alla cioccolateria della piazzetta. L’aspetto. A presto.»
Chiusa la chiamata, la donna tirò un profondo respiro e volse i suoi occhi scuri verso la piazzetta quasi disabitata, poi qualcosa la mise in allerta. Un figuro, semi nascosto, la stava osservando. All’inizio non volle darne peso e si infilò anche gli occhiali da sole per non farsi accorgere che lo aveva adocchiato, poi vedendo la sua insistenza nel fissarla, si dimenticò dell’incontro col notaio, lasciò le monete sul tavolino e, senza aver consumato la sua ordinazione, se ne andò. Prese la via del corso, a quell’ora era la strada più affollata per via dei negozi, nonostante tutto, ebbe la convinzione di essere seguita.
Il losco individuo indossava un cappellino con la visiera e gli occhiali da sole, la barba malcurata, di un grigio scuro, impediva di rivelare i lineamenti del viso.
Rita ebbe paura e non appena fu sicura di averlo seminato, allungò il passo verso la strada che portava alla caserma dei carabinieri.
Vi giunse sana e salva, sembrava proprio che quel figuro avesse perso le sue tracce e solo quando varcò la soglia cercò di riprendere i suoi soliti atteggiamenti. Chiese a un carabiniere dove potesse trovare il maresciallo, spiegò che era la cugina di Diomede Gargano e che era venuta con i due fratelli. Dopo esserle stata indicata la strada, si recò a passo svelto, speranzosa di non essere arrivata troppo tardi, ma quando fu proprio davanti alla porta dell’ufficio, fermò la mano a mezz’aria che si era accinta a bussare.
Sentì una voce, quella del maresciallo che diceva ai due: «Abbiamo scoperto dalle telecamere pubbliche che vostro padre, prima della sua scomparsa, ha parlato con un uomo.»
«Saprebbe dirci chi è?» chiedeva Carmine.
Un breve silenzio, poi «Si tratta di un ex detenuto. Fu arrestato sedici anni fa, per molestie sessuali nei confronti delle sue figlie, ma è stato rilasciato per buona condotta. Si chiama… Biagio Franchi.»
A quelle parole Rita si sentì risucchiare da un vortice inspiegabile che le si era materializzato attorno. Incredula, fece qualche passo indietro, ma le parve che il pavimento si disintegrasse sotto ai suoi piedi, lasciandola precipitare in un baratro infinito.
Ora le era tutto chiaro. Sapeva chi l’aveva seguita e per la prima volta, dopo sedici anni, si sentì spacciata.

 
   
 
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