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Autore: Abby_da_Edoras    16/08/2022    4 recensioni
Ecco che ritorno a pubblicare questa storia dopo tre anni... ma le cose in effetti sono cambiate. Devo ammettere che, da un lato, la terza stagione de I Medici non mi ha mai entusiasmata, ma dall'altro avevo voglia di raccontare cosa sarebbe successo nella MIA versione dei fatti non solo a Lorenzo, ma anche ai personaggi che io ho salvato o creato, ossia Jacopo e Antonio, Giuliano e altri che conoscerete leggendo la long (che, ovviamente, è il sequel di Il mio nome è mai più e Tutta un'altra storia e va letta dopo quelle). Così Lorenzo si trova ad affrontare nuovi nemici ma, questa volta, Giuliano è al suo fianco e anche Jacopo, nonostante questo gli faccia venire la nausea... e ci saranno nuovi personaggi, che però non sono quelli che avevo usato nella prima versione di questa storia.
Insomma, spero che la long fic vi piacerà, grazie a tutti coloro che leggeranno.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Sorpresa
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Medici Abby's Version'
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CANTO D’INVERNO

Capitolo primo

 

Perché il tuo canto è nel vento
Quella neve che soffoca
Se da solitarie cime la tua forza tutto annienta
Chi resisterti più potrà

Perché il tuo canto è nel vento
Ma il tuo ghiaccio si scioglierà
Se da solitarie cime il tuo destino è già scritto
Se il freddo mai più tornerà…

(“Canto d’inverno” – Furor Gallico)

 

Antonio era molto preoccupato per Jacopo e non riusciva a comprendere bene che cosa stesse accadendo. Certo, sapeva anche lui che, dopo il fallimento della congiura, c’era chi desiderava ancora dare la colpa di tutto ai Pazzi e incastrare l’uomo che amava (che, ovviamente, nella congiura non era mai stato implicato, figuriamoci!) e anche lui temeva che persone invidiose avrebbero potuto indurre Lorenzo e Giuliano alla vendetta… ma Jacopo si stava comportando in modo davvero strano e sembrava quasi essere ritornato l’uomo di un tempo, cupo, austero e chiuso nella sua solitudine.

Ma adesso c’era lui, Antonio! Erano insieme e vivevano in quella bella villa tutta per loro!

Lorenzo e Giuliano erano loro amici e non avrebbero mai creduto alle calunnie degli invidiosi!

Perché Messer Pazzi non riusciva a voltare pagina e a godere delle cose belle che aveva, insieme a lui?

In realtà Antonio non era del tutto al corrente degli ultimi avvenimenti a Firenze e nemmeno di ciò che tormentava Jacopo in quel periodo. Pazzi non voleva che si angosciasse, temeva che troppi turbamenti avrebbero nuociuto al suo cuore indebolito e alla sua salute, così cercava il più possibile di proteggerlo da ciò che poteva sconvolgerlo. Ma, così facendo, Antonio si preoccupava ancora di più perché non riusciva a capire la situazione. Insomma, era un po’ un circolo vizioso e, del resto, Jacopo Pazzi non era l’uomo più aperto e amichevole di questo mondo, era sinceramente difficile riuscire a comprendere cosa gli passasse per la testa!

Tuttavia, alla fine era inevitabile che tutti i nodi venissero al pettine, e probabilmente fu anche meglio così.

Quella mattina, Lorenzo aveva deciso di andare a parlare con Jacopo di una questione molto importante.

“Vado alla villa di Pazzi, Giuliano” disse al fratello. “Devo chiedere alcune cose a Jacopo e credo sia venuto il momento di farlo. Tu vieni con me?”

Giuliano lo fissò come se fosse improvvisamente impazzito.

“Perché?” domandò.

“Ascoltami, Giuliano, so che Jacopo non ti piace e so anche che non credi alla versione dei fatti che ci ha dato Antonio” replicò Lorenzo, con aria pensierosa. “Nemmeno io credo alla totale estraneità di Jacopo alla congiura, questo è ovvio, però quello che sta succedendo adesso sembra dare ragione ad Antonio. Francesco e Guglielmo non sono nostri nemici e credo che non lo siano mai stati; Jacopo probabilmente è stato pesantemente coinvolto nella cospirazione, ma adesso pare essersi ritirato da tutto, va raramente alla Banca, vive in quella villa con Antonio e, negli ultimi tempi, ha partecipato pochissimo anche al Consiglio dei Priori. Al contrario, il Conte Riario ci minaccia tuttora con un esercito finanziato dal Papa…”

Giuliano, suo malgrado, dovette dare ragione al fratello.

“Lo so” ammise. “Credo anch’io che, se Riario avesse avuto la meglio, avrebbe scaricato tutta la colpa sui Pazzi e si sarebbe impadronito di Firenze. E credo anche che… beh, che di fronte a questa minaccia sia meglio mostrarsi uniti… sì, anche con Jacopo Pazzi, visto che non possiamo fare altrimenti. Però, ecco, preferisco che sia tu a parlare con lui di queste cose e preferisco anche stare il più lontano possibile da quella sua villa…”

“Se è questo che vuoi, va bene, ma continuo a non capire perché ti comporti così.”

“Perché mi viene il voltastomaco tutte le volte che vedo quella stramaledetta statua di Pazzino de’ Pazzi all’ingresso del parco, ecco perché!” esclamò Giuliano, esplodendo. “Dovevi proprio aiutare Jacopo a seguire quella sua ossessione e commissionare la statua al tuo amico scultore Rossellino? Lo sai cosa succederà, eh? Finirà che, come nostro nonno Cosimo è passato alla storia per aver finanziato la costruzione della Cupola e di opere meravigliose come il David di Donatello, tu sarai ricordato per aver fatto erigere la statua di Pazzino de’ Pazzi!”

Nonostante la situazione non fosse delle migliori, la disperazione di Giuliano era così comica che Lorenzo scoppiò a ridere.

“Va bene, allora andrò da solo a parlare con Pazzi” concluse. “Non vorrei che la visione della statua di Pazzino ti procurasse un travaso di bile!”

E, sempre ridacchiando tra sé, il giovane Medici prese il mantello e chiamò il suo servitore perché gli portasse il cavallo.

Giuliano riusciva sempre a metterlo di buon umore, anche quando era preoccupato, come in quel periodo.

Non sarebbe mai potuto andare avanti se Giuliano non fosse stato accanto a lui con la sua ironia e le sue battute sarcastiche…

Comunque fossero state le premesse, alla resa dei conti Jacopo Pazzi aveva ucciso i sicari che stavano per colpire Giuliano e lui, solo per questo, era disposto a perdonargli qualsiasi peccato avesse commesso prima. Non contava che avesse in qualche modo cospirato con quella gente: alla fine aveva fatto la scelta giusta, aveva tradito i suoi complici, li aveva uccisi e, cosa più importante di tutte, aveva salvato la vita di suo fratello.

Per Lorenzo questo bastava.

Quando giunse alla villa di Jacopo, soffocò una risatina nel vedere, all’ingresso, la statua di Pazzino de’ Pazzi che troneggiava maestosa, per la grande soddisfazione del suo discendente… e grande schifo di Giuliano!

Entrato nella villa, Lorenzo fu accolto con grande calore e affetto da parte di Antonio, felicissimo di rivederlo, mentre Jacopo sembrava contrariato. In realtà non era la presenza di Lorenzo ad innervosirlo, quanto ciò che quella presenza significava: poteva esserci solo un motivo per la venuta del giovane Medici.

Lorenzo, infatti, dopo aver salutato Jacopo e Antonio, chiarì subito che la sua non era una visita di cortesia.

“Jacopo, sono qui perché ho bisogno del vostro aiuto e del vostro appoggio” esordì.

In effetti poteva sembrare paradossale che un Medici andasse a chiedere aiuto proprio ad un Pazzi, ma la situazione estrema richiedeva anche le alleanze più improbabili!

Vedendo che l’uomo non accennava a rispondere in alcun modo, Lorenzo riprese.

“Siete stato accanto a me e a Giuliano subito dopo la congiura, quando c’era bisogno di parlare alla folla spaventata per incoraggiarla ad opporsi alle armate di Riario” disse. “Avete parlato molto bene quel giorno e io mi sono sentito molto soddisfatto nel comprendere che Firenze era unita, che le rivalità personali cedevano di fronte a un vero pericolo.”

Giuliano sarebbe stato di tutt’altro parere, ma non c’era ragione di dirlo in quel momento, tanto più che lo stesso Jacopo non sembrava il ritratto dell’entusiasmo.

“Avrei tanto voluto ammirarvi in quella veste, Messer Pazzi” sospirò Antonio, incantato, ma questa volta nemmeno l’entusiasmo del ragazzo servì a scuotere Pazzi.

“Purtroppo, però, non è finita quel giorno. Il Conte Riario è tuttora schierato con il suo esercito, pronto ad attaccare e a conquistare Firenze” riprese. “Il Papa lo appoggia, non solo finanziando il suo esercito, ma anche in modi molto più subdoli: pensate che ha minacciato di scomunicare l’intera città se io non mi recherò a Roma a chiedergli perdono!”

Se Jacopo rimaneva piuttosto apatico, in compenso fu Antonio a sconvolgersi a questa notizia.

“Cosa? Ma non può farlo! E tu come sei venuto a saperlo?” domandò, angosciato.

“Certo che può farlo, visto che è il Papa” rispose Lorenzo, “e io sono venuto a saperlo nel modo peggiore: il Conte Riario in persona si è presentato alla mia porta per dirmelo. Dovrò recarmi a Roma e chiedere perdono a Sua Santità, altrimenti Firenze sarà scomunicata e non potranno più esserci matrimoni, funerali, battesimi né altri sacramenti.”

“Ma… è assurdo! Di che cosa dovresti chiedere perdono al pontefice? Di non essere morto durante la congiura che lui e suo nipote Riario hanno voluto?” protestò Antonio.

Quell’obiezione strappò, suo malgrado, un sorriso a Lorenzo.

“Sai che la tua reazione e la tua protesta sono state le stesse di tua sorella? Tu e Clarice vi somigliate davvero molto” commentò, divertito. “Comunque, secondo Riario, dovrei chiedere perdono al Papa per aver fatto impiccare l’arcivescovo Salviati, un membro importante della Chiesa.”

“Per fortuna la Chiesa non si regge soltanto su membri come questo pontefice o quel Salviati” disse Antonio, risentito. “Avevi il pieno diritto di farlo condannare, visto che ha organizzato la congiura contro te e Giuliano!”

Fu quella la prima volta in cui Jacopo alzò gli occhi da terra per guardare, sorpreso, Antonio che si infervorava tanto. A quanto pareva si era raccontato talmente tante volte la storia che gli unici responsabili della congiura erano il Papa, Salviati e Riario che adesso ci credeva davvero! Aveva forse dimenticato che anche lui, Jacopo Pazzi, era stato tra gli organizzatori di quella dannata cospirazione? Sembrava di sì…

“La mia famiglia mi appoggia, ma la scomunica è una cosa grave e temo che molti dei Priori non la tollereranno e mi chiederanno di cedere al ricatto del Papa” spiegò Lorenzo. “E’ per questo che ho bisogno del vostro appoggio, Jacopo. Domani ci sarà una riunione del Consiglio dei Priori per discutere di questo ultimatum e potrebbe esserci bisogno di ogni voto disponibile. Devo poter contare su di voi e anche su vostro nipote Francesco. Normalmente è dalla mia parte, ma di fronte alla minaccia di una scomunica potrebbe anche cambiare idea, senza il vostro voto. E’ questo il piano di Papa Sisto: vuole che Firenze si metta contro di me per paura di perdere l’anima!”

Jacopo continuava a non rispondere e la cosa innervosiva Lorenzo e preoccupava Antonio. Perché non si metteva subito dalla parte dei Medici? Cosa c’era che non andava?

“Jacopo, forse anche voi siete tra coloro che temono la scomunica più di ogni altra cosa, anche a costo della libertà di Firenze?” chiese il giovane Medici. Sapeva bene, infatti, che Pazzi era molto devoto: quando erano ancora acerrimi rivali, Jacopo lo aveva accusato più volte di essere un eretico e un immorale che, con le opere d’arte che patrocinava, stava corrompendo le antiche tradizioni di Firenze.

“E tu cosa proporresti di fare? Che cos’è che io e la mia famiglia dovremmo appoggiare?” domandò l’uomo, aprendo bocca per la prima volta.

“Farò io una proposta di pace al Papa: gli concederò i territori dello Stato Pontificio che Firenze ha occupato negli ultimi vent’anni e libererò e rimanderò a Roma suo nipote, il Cardinale Raffaele Riario” rispose Lorenzo. “In cambio, Papa Sisto dovrà ammettere di aver organizzato lui la congiura contro la mia famiglia allo scopo di fare di Girolamo Riario il nuovo Signore di Firenze.”

Sia Antonio sia Jacopo rimasero sconcertati udendo quelle parole. A parte il fatto, più che ovvio, che il Papa le avrebbe rispedite al mittente e tanti saluti, con quella dichiarazione Lorenzo aveva appena affermato di credere che quello che Antonio aveva detto mesi prima, nella Cattedrale, davanti ai cadaveri dei congiurati, era vero: la congiura non era nata da Jacopo, bensì dal Papa e da Riario e i Pazzi stessi erano destinati a finirne vittime, come capri espiatori!

Possibile che Lorenzo se la fosse bevuta tanto facilmente?

“Jacopo, questa proposta è un vantaggio anche per voi. Se il Papa ammettesse che la congiura è stata ordita da lui e da suo nipote Riario, la vostra famiglia verrebbe scagionata da ogni accusa e anche coloro che, a tutt’oggi, sospettano un vostro coinvolgimento, dovrebbero arrendersi di fronte alla verità” insisté il giovane Medici.

Jacopo, sappiamo benissimo entrambi che eravate d’accordo con Riario e gli altri congiurati, ma vi sto dando l’occasione di provare la vostra estraneità ai fatti… in cambio del vostro appoggio, era quello che Lorenzo non diceva con la voce, ma il suo sguardo, fisso su Pazzi, parlava per lui.

“Hai il mio appoggio, Lorenzo” rispose alla fine Jacopo, “parlerò con Francesco e Guglielmo e dirò loro di sostenere la tua proposta nel Consiglio dei Priori a nome di tutta la famiglia.”

“Ma voi non verrete a dirlo di persona? Sarebbe molto più convincente, siete pur sempre voi a capo della famiglia Pazzi” obiettò Lorenzo, sorpreso di fronte a questa insolita timidezza di Jacopo. Normalmente, non perdeva occasione per pontificare di fronte al Consiglio dei Priori, e magari infilarci anche qualche accenno al prode Pazzino de’ Pazzi…

“Su questo devo ancora decidere, ma non credo, potrebbe essere controproducente” spiegò l’uomo. “Chi ancora mi sospetta potrebbe pensare che ti appoggio per scagionarmi. E, comunque, già da tempo ho lasciato gli affari di famiglia nelle mani di Francesco e Guglielmo, adesso sono loro i maggiori rappresentanti della Banca e della famiglia Pazzi.”

“Come preferite, Jacopo” si arrese Lorenzo. “Sono lieto che mi appoggerete comunque e, se deciderete di cambiare idea e partecipare alla seduta del Consiglio, sarete il benvenuto.”

Detto questo, si congedò da Jacopo e Antonio e uscì dalla villa per ritornare a Palazzo Medici.

Anche Antonio era rimasto male davanti alla ritrosia di Jacopo. Perché non voleva aiutare apertamente i Medici? Era forse ancora prevenuto nei loro confronti o forse… forse era vero che, parlando apertamente della congiura, i suoi nemici, quelli che lo accusavano ingiustamente, avrebbero potuto danneggiarlo?

“Messer Pazzi, siete sicuro di non voler partecipare al Consiglio dei Priori? Voi non avete niente da nascondere” gli disse Antonio, sedendoglisi accanto, non appena furono soli, “e, se non vi fate vedere a queste riunioni, potrebbero iniziare a pensare male di voi…”

Jacopo si voltò a guardare quel ragazzino che continuava a spalancare su di lui i suoi occhi luminosi e pieni di affetto e fiducia illimitati. Avrebbe dovuto parlargli apertamente, spiegargli come si sentiva e come stava la situazione, ma esitava… non voleva preoccuparlo né addolorarlo, ma sapeva anche di non meritare quella devozione incondizionata, non più, non dopo ciò che aveva fatto. E non si riferiva solo alla congiura che, per fortuna, era stata sventata. No, il problema era molto più grave.

Pazzi aveva creduto che le cose sarebbero tornate alla normalità e che, una volta uccisi i congiurati e protetto Lorenzo e Giuliano, avrebbe pagato il suo debito e si sarebbe potuto godere una vita felice accanto ad Antonio. Ma nelle ultime settimane aveva compreso che non era così semplice. Dando il suo appoggio alla congiura, lui aveva messo in moto molto di più che una manica di disgraziati incapaci come quei sicari e adesso se ne vedevano le conseguenze.

Il Papa voleva suo nipote Riario come Signore di Firenze. Se non lo avessero accontentato, avrebbe prima scomunicato la città e poi… poi magari scatenato una guerra!

Firenze correva un pericolo gravissimo, ed era tutta colpa sua. Lui aveva causato questa situazione, lasciandosi attrarre dai piani di Sisto IV e Riario, accecato dal suo odio per i Medici e dalla convinzione di poter governare la città molto meglio di loro. Avrebbe dovuto denunciare subito i loschi scopi dei congiurati e così non si sarebbe mai arrivati a tanto.

Era colpa sua, solo colpa sua…

Strinse tra le braccia Antonio e lo baciò una, cento, mille volte. Ogni volta che baciava Antonio e si perdeva nella morbidezza e nella dolcezza delle sue labbra, tutto il dolore scompariva e rimaneva solo una tenerezza che faceva bene al cuore, che leniva tutte le ferite, anche quelle più vecchie e profonde. Il contatto con il calore e il sapore del suo dolcissimo ragazzino gli infondeva forza e gli dava il coraggio di fare, finalmente, quello che aveva rimandato fin troppo a lungo. Si concesse ancora qualche minuto di tenerezza infinita con Antonio, sapendo che quello che stava per decidere avrebbe potuto cambiare le cose… ma ci avrebbe pensato dopo, quell’istante doveva espandersi in un universo di amore e dolcezza che, almeno per un po’, avrebbe cancellato tutto il male.

Fine capitolo primo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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