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Autore: adrienne riordan    18/08/2022    0 recensioni
[La calaca de azùcar]
La vita a Esqueleto sembra tranquilla ma non lo è affatto. A farne le spese saranno i suoi abitanti, quelli nuovi, quelli vecchi e... quelli antichi.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ho scritto questo capitolo quasi in contemporanea col precedente capitolo, Pasto alternativo, e riprende il POV di Moravich, ampliando quanto detto nell’ultima parte. Qui ci sono anche tanti riferimenti a capitoli già scritti in questa raccolta, quindi per un bel pezzo se ne va anche per le mie tangenti che sviano allegramente dalla trama principale. Portate pazienza, tanto prima o poi smetto. I riferimenti che faccio alle vite passate dei gemelli, invece, sono i flashback illustrati nel secondo volume di Calaca.

Piccola noticina: viene citato Tlaloc. Per fisime mie, sono vagamente convinta che sia Franklin. Cioè, la prima volta che compare nel fumetto, piove di brutto…

 

Istinto animale (15 ottobre)

Xolotl sentì il pianto sommesso di Mictlancihuatl solo dopo essere entrato nella sua stanza, nella quale era stata reclusa dopo essere stata scacciata da Mictlantechutli, con la sola compagnia di un ragno da guardia a far da sentinella. Sebbene il Signore del Mictlan non glielo avesse espressamente proibito, Xolotl sapeva che non avrebbe dovuto rivolgere la parola alla sua Signora in disgrazia, e che, assai probabilmente, la sentinella avrebbe fatto rapporto. Tuttavia Quetzalcoatl era scomparso e Xolotl non era soddisfatto delle risposte che la falsa dea aveva dato al marito. Quel pianto aveva il potere di irritarlo enormemente e non provava la benché minima compassione per il dolore che la falsa dea stava provando: se si trovava in quella situazione non avrebbe dovuto biasimare altri che se stessa. La donna non sembrava essersi accorta del suo ingresso nella stanza o forse, più probabilmente, non se ne curava. Sapeva che non sarebbe mai entrato il suo Signore, degli altri non le importava. Pertanto, rimase seduta per terra, ad accarezzare distrattamente il suo secondino.

“Dove si trova Quetzalcoatl?” chiese senza preamboli.

La Signora lasciò scorrere diversi lunghi secondi prima di rispondere “Ho già risposto al mio Signore e tu eri presente”. Non riteneva necessario alzare lo sguardo per parlargli direttamente negli occhi.

“Hai un pezzo della sua anima, puoi rintracciarlo senza problemi” aggiunse la divinità, ben conscia di ciò che la donna aveva già rivelato a suo marito.

“Non è di mio dominio” tagliò corto quest’ultima.

“E per quale motivo hai lasciato perdere un pagamento?” questo, in effetti, era stato un comportamento inusuale per una divinità del Mictlan e, in quanto tale, sospetto.

“Perché non me ne faccio niente di qualcosa che appartiene a tuo fratello” rispose sottolineando, seppur con tono piatto, che l’anima di suo fratello, per lei, non aveva alcun valore.

“Anche solo una briciola dell’anima di mio fratello vale dieci volte quella di una creatura come te” mai aveva osato riferire parole tanto dure a Mictlancihuatl, nemmeno quando era ancora una serva appena giunta nel Mictlan, vittima delle dicerie sulla sua superbia a cui Xolotl, beninteso, non credeva: Quetzalcoatl gli aveva detto che non si era mai palesato alla sua amata nella sua vera forma. A Xolotl era bastato che lo credesse Mictlantechutli, affinché il soggiorno della ragazza non potesse risolversi con un suo eventuale ritorno, data l’ostinazione di Quetzalcoatl nel riaverla con sé. Ma adesso che la donna aveva perduto il favore del suo Signore, non aveva alcun motivo di mostrare deferenza alla responsabile delle disgrazie di suo fratello.

Quella frase così aggressiva destò una certa sorpresa in Mictlancihuatl, al punto da farle finalmente sollevare lo sguardo, ma non ne sembrava turbata.

“Inizi a togliere qualche sassolino dal calzare, Xolotl” commentò con leggero sarcasmo.

“Non c’è stato niente di personale quando ti ho condotta qui la prima volta. Eri semplicemente un’anima da far sparire, per il bene di mio fratello”.

“Complimenti, lavoro ineccepibile” fece un debole applauso per proseguire col sarcasmo, facendo attenzione a non colpire la sua sentinella.

“Hanno fatto tutto gli altri. Xocipilli, Tezcatlipoca. Io ho solo fatto il mio lavoro”.

“Ma tu conoscevi il loro piano?”

“Sì. Loro lo avevano fatto per dispetto. Io l’ho lasciato fare per proteggere mio fratello”

“Per dispetto…” ripeté con amarezza la donna. “Quindi tu sapevi che le dicerie cucitemi addosso al mio arrivo qui erano infondate. Non sapevo chi fosse il tuo prezioso fratello. Avresti potuto rendere il mio soggiorno meno penoso fin da subito avvisando che nooo, la ragazza non era stata solo vittima dei vostri capricci!”

“Come ti ho detto, non era niente di personale. Eri una semplice anima, non mi interessava il tuo destino. Ma, dopotutto, hai solo pagato in anticipo ciò che hai fatto in un secondo momento”.

“Scusa, non credo di capire” replicò con freddezza.

“Tra gli umani, tu sei riconosciuta come una dea. Col potere che ha assorbito dal Mictlan, hai iniziato a comportarti come se fossi a casa tua”

“Come se fossi a casa mia…” Mictlancihuatl lo guardava come se fosse stato un dio minore con poco cervello.

“Sai Xolotl, posso comprendere il pensiero della maggior parte delle divinità fuori dal Mictlan. Vedono una serva con un potere che, secondo loro, non le spetterebbe e che diventa la moglie di una divinità, un sovrano addirittura. Deve rodere parecchio. Anche tra i nobili mortali è così. La plebe nasce plebe e muore plebe. Ma tu… ci lavori, qui. Hai visto più o meno tutto ciò che ha visto il mio Signore. Alcune divinità ci sono arrivate semplicemente ragionando, persino Tlaloc c’è riuscito, seppur con l’aiuto di un disegnino!”

Xolotl si irrigidì alla implicita osservazione di essere meno sveglio di una divinità che... sì, era un grande dio, con straordinari poteri, assai venerato, ma se la giocava alla grande, quanto a ingenuità, con Quetzalcoatl!

“Come puoi prendere certe posizioni?” proseguì Mictlancihuatl, che dell’irritazione del suo servitore non poteva importare di meno “Hai visto come usavo il potere conferitomi. Ho fatto sempre tutto per migliorare le condizioni del Mictlan e per far star bene il mio sposo. Questo ha portato benefici ai mortali? Ha portato le persone a dedicare anche a me le preghiere e i sacrifici? Se la cosa non ha dato fastidio al Signore del Mictlan, non vedo perché dovrebbe dare fastidio a te!”.

“Le tue azioni non cancellano le tue origini” replicò Xolotl.

“Oh.. quindi, fammi vedere se ho capito… Gli dei hanno il diritto di fare ciò che desiderano con i mortali. Quetzalcoatl ha potuto giocare con Malintzin e questa poteva poi essere gettata da parte per volontà degli dei. È corretto?”

Xolotl fece un cenno affermativo. Era logico che un dio potesse fare quello che voleva con ciò che aveva creato.

“Nel frattempo questa Malintzin non avrebbe in alcun modo dovuto aspirare a migliorare la propria esistenza, se gli dei non vogliono, è corretto anche questo? Non importa quanto, nel frattempo, è… uhm… cambiata quella Malintzin, quante azioni degne di stima o con conseguenze positive abbia fatto, lei non può cambiare il suo destino, se gli dei non vogliono. È corretto anche questo?”

“È esattamente questo il punto” concordò il dio.

“Vivo nel Mictlan, rendo conto del mio operato esclusivamente al dio che lo governa. Non è sufficiente per te che Mictlantechutli mi abbia sposata? Per i mortali che mi venerano sì”.

“Noi la pensiamo diversamente dai mortali. Non fare l’errore di prenderli come metro di paragone. Che una come te si sia legata a una divinità è abominevole!”.

Mictlancihuatl si incupì “Quindi, quando hai visto che mi sono trovata in segreto con Quetzalcoatl nel mondo degli umani, hai pensato bene di fare la spia e mettermi in difficoltà con Mictlantechutli. Beh, chiariamo anzitutto un equivoco, Xolotl” sembrava aver esaurito la pazienza. “Per quanto la mia condizione possa sembrare il frutto di un caso legato ai cempasuchil da me portati al momento della mia dipartita, sappi che il Mictlan ha più senso dell’umorismo di quanto credi. Quell’idiota di tuo fratello ha donato l’amore ai mortali, portando il caos tra le anime separate. E chi ha mandato il Mictlan a limitare il danno? Proprio la persona a cui Quetzalcoatl aveva avuto interesse a fare quel dono. Ma, per quanto il senso dell’umorismo del Mictlan sia notevole, non avrebbe mai lasciato usare il suo potere a qualcuno di indegno. E questo, Mictlantechutli lo sa”.

“Parli come se il Mictlan fosse un essere senziente” commentò con disprezzo Xolotl.

A quel punto, Mictlancihuatl aveva un’espressione mista tra Ma questo è proprio un coglione! e Glielo devo dire? “Già, che scemenza, vero?” abbozzò infine un sorrisetto amaro e una lieve nota di sarcasmo nella voce.

“Tuttavia” proseguì con aria meditabonda “sarebbe bello poter vedere come te la caveresti, se succedesse a te quello che è appena capitato a me… sfruttare tutte le tue capacità e la buona volontà per ottenere dei benefici per te e per chi ami… impegnarti a migliorare la tua condizione… e scoprire che tutti i tuoi sforzi saranno vani, a meno che non sia una divinità a concederti la grazia”.

“Ma questo è ciò che spetta ai mortali, non agli dei… non a te” concluse velenoso Xolotl.

“Niente che augureresti al tuo amato fratellino, immagino. Ma non devi preoccuparti, lui sarà protetto dalla sua buona stella, anche se avrà di sicuro le sue difficoltà”.

“Che intendi dire?”, allarmato ma, allo stesso tempo, arrabbiato nel sentir nominare suo fratello da quella sgualdrina.

“Ha voltato le spalle ai suoi fratelli, ha abbandonato l’amore della sua vita – mi riferisco al dio del gelo e della giustizia, ovviamente! Queste cose pesano su un’anima, se è mortale, non lo sai? Come minimo, potrebbe rinascere senza l’appoggio di una famiglia o rischiare di crescere in solitudine”.

Il pensiero di suo fratello in difficoltà lo fece incollerire. Afferrò la donna e la scosse con fare minaccioso.

“Come trovo Quetzalcoatl?”

“Come osi!?” esclamò irata la Signora del Mictlan “Arrangiati! Chiedi aiuto ai tuoi pari! Ma non ti devo proprio niente perché non sei niente in confronto a me!”.

Xolotl, seppur solitamente restio a colpire una donna, era stato sul punto di reagire violentemente alla sua insensata insolenza (fino a prova contraria, era vera la frase opposta) quando, ironicamente, fu la stessa donna a dimostrare la propria debolezza, cedendo come incapace di reggere il proprio peso. Xolotl lasciò la presa e la Signora cadde a terra, rischiando di schiacciare la povera sentinella.

Una figura pietosa. Senz’altro aggiungere, e ormai persuaso che, da lei, non avrebbe ottenuto informazioni utili a ritrovare il fratello, Xolotl abbandonò la stanza.

 

Mentre combatteva l’imbarazzo per essere stato esaminato nelle parti intime dal mercante di schiavi… mentre assisteva testimone allo stupro di suo fratello da parte di un nobile francese dopo essersi procurato l’acqua per ripulirsi… mentre i morsi della fame lo tormentavano durante il massacrante turno di lavoro in fabbrica… mentre giaceva ferito gravemente durante la guerra in trincea… mentre veniva spinto sul convoglio che lo avrebbe condotto alla destinazione finale della sua ennesima esistenza… mentre salvava ancora una volta il fratello dal pestaggio da parte dei bulli in orfanotrofio… l’istinto di Moravich ne era più che certo: non era possibile un tale accanimento sulla sua esistenza e su quella del fratello. Quando poi era venuto a conoscenza del passato di Mordecai in orfanotrofio e aveva notato quella sua tendenza a schermirsi quando riceveva complimenti o manifestazioni di amicizia, il suo istinto lo aveva portato alla conclusione che anche il fratello stava pagando per una sua colpa ma che, fortunatamente per lui, aveva la benedizione di non esserne consapevole. A Jason e Moravich, tale benedizione non era consentita.

Il Serpente Piumato aveva abbandonato la sua famiglia, aveva dato al suo amante l’onere di lottare per mantenere un legame che lui aveva dimenticato. Per tale motivo, le sue incarnazioni umane sarebbero state sempre abbandonate dalle loro famiglie, e queste incarnazioni avrebbero dovuto faticare il doppio per costruire nuove relazioni.

Xolotl e Xocotl avevano agito contro gli interessi del loro stesso fratello; non solo, avevano stabilito che nessun mortale dovesse essere libero di agire per sé, ma doveva essere alla mercè delle divinità senza protestare. Dal loro primo respiro come esseri umani, nessuna azione che uno dei due avesse fatto per aiutare il proprio fratello avrebbe avuto alcuna conseguenza positiva; qualunque decisione presa per tirare avanti nella vita si sarebbe risolta in un buco nell’acqua. Per garantire l’efficacia di questa persecuzione, nessun potere divino era stato conservato ma i ricordi sarebbero stati fin da subito ben nitidi, a memento della responsabilità che avevano avuto per la loro condizione.

L’intervento divino che avrebbe dovuto toglierli dalla loro umana miseria? Oh sì, si era verificato anche quello. In quell’ultima vita, Dorian aveva preso con sé i gemelli, togliendoli da quel buco di istituto in Bulgaria. Chiaramente esigeva un tornaconto da loro, e i fratelli erano stati ben felici di fare tutto quello che lui aveva chiesto.

Anche rapire sua moglie che, da quanto avevano saputo, aveva avuto vite brevi ma assai spensierate e appaganti.

“Ma non torcetele un capello” aveva ammonito Dorian, con tono ed espressione decisamente sinistri.

A quell’istruzione che sembrava un monito, l’istinto di Moravich era subito andato a quella sentinella. Mictlantechutli aveva ricevuto rapporto, dopotutto… In tal caso, avrebbero usato le maniere buone con lei, come avevano sempre dovuto fare, per non contrariare il loro benefattore…

Erano poco più che ragazzini, all’epoca. Era stato facile, per Jason, convincere una bimba a uscire con lui dall’ospedale, dove era stata ricoverata per alcune visite, con la promessa di mostrarle un cagnolino che aveva trovato, portarla verso una via deserta e, con l’aiuto del “cane”, Moravich, trascinarla di peso nell’elegante auto nera di Dorian, prima di sparire nel nulla.

L’istinto di Moravich era stato impeccabile, quasi animale. Sarebbe stato sicuramente uno smacco, per lui, se avesse scoperto di aver accusato, nel corso dei secoli, la divinità sbagliata.

Venuto a conoscenza di quanto aveva detto Xolotl a sua moglie, e consapevole dell’inganno che gli dei avevano perpetrato anche verso di lui, inducendolo ad essere, in un primo momento, il carceriere e il tormentatore di un’anima innocente, Mictlantechutli aveva deciso di prendersi la sua vendetta personale verso tutti coloro che avevano fatto soffrire la sua sposa, mentre si adoperava per riaverla con sé.

Sarebbe bello poter vedere come te la caveresti, se succedesse a te quello che è appena capitato a me… sfruttare tutte le tue capacità e la buona volontà per ottenere dei benefici per te e per chi ami… impegnarti a migliorare la tua condizione… e scoprire che tutti i tuoi sforzi saranno vani, a meno che non sia una divinità a concederti la grazia. Questo aveva desiderato la sua amata, così sarebbe stato.

Questa era un  giuramento che il Signore del Mictlan aveva fatto a se stesso: tutti coloro che avevano danneggiato, o arrecato dolore, a Mictlancihuatl avrebbero pagato per le proprie colpe durante le loro vite mortali.

Tutti.

“Mi state mettendo in castigo come una bambina stupida? È dunque così che sarò trattata da voi, d’ora in avanti? Oppure mi avete sempre considerata tale?”*

Nessuno escluso.

 

FINE

 

*era l’ultima frase che Mictlancihuatl aveva rivolto a Mictlantechutli nel capitolo “Dismantle Instructions” in questa raccolta di fanfiction.

  
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