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Autore: ArielSixx    18/08/2022    0 recensioni
In una società post-moderna in cui guerre e carestie dilagano una società segreta porta avanti dei misteriosi esperimenti utilizzando dei ragazzi come cavie. Selena è una di loro e si ritroverà per necessità ad avere a che fare con un esperimento che cambierà per sempre le sorti della sua vita.
Genere: Fantasy, Guerra, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NB: Una parte di questo capitolo potrebbe non essere adatta ai minori di 14 anni, le scene non sono estremamente spinte o dettagliate, mi trovo comunque in dovere di comunicarvelo. Il capitolo può essere letto saltando quella parte segnalata da inizio e fine. 



Tutto è annebbiato davanti ai miei occhi mentre le lacrime mi bagnano il viso. D’improvviso mi ritrovo carponi a terra, nelle narici un tanfo che mi dà alla testa. Non importa quanti morti hai visto, non potrai mai abituartici. I palmi delle mie mani sono sporchi di fango, graffiano sull’asfalto e si confondono col sangue. Il volto di Wynona è quasi irriconoscibile, non mi sembrerebbe neanche lei se non la conoscessi bene. Il colorito pallido, le clavicole all’infuori, le unghie delle mani conficcate nella carne. Solo gli occhi, quelli, sono chiusi. Ringrazio per questo. Non sopporterei di vederli scrutarmi. Le pareti di questa città sanno quello che ho fatto. La morte sta ancora reclamando il mio nome.

Il tocco di una mano sulla mia spalla mi fa sussultare, destabilizzandomi da quella fase di shock.

“Se non ti togli da qui prenderai qualche malattia, i morti non resuscitano e ai vivi non è concessa grazia”, dice la figura alle mie spalle. Mi basta inclinare di poco la testa per riconoscere l’inchiostro nero che forma i tentacoli di una piovra sul suo collo. La mano sinistra si sposta dalla mia spalla e mi viene in soccorso incitandomi ad alzarmi. Vorrei poter restare qui, ma ha ragione. Lo devo anche a Mad che non ha più una sorella che si occuperà di lei. Il contatto con la sua pelle mi dà una leggera scossa, da quant’è che non tocco qualcuno di vivo? Troppo tempo. Ho dimenticato il profumo della pelle e il calore del contatto umano.

“Grazie” rispondo gentilmente, stringendo la sua mano per sollevarmi su. Un gesto del genere è raro più dell’oro di questi tempi.

Per la prima volta noto il colore dei suoi occhi, scuri come la notte; e la ruvidezza della sua pelle solcata da chissà quante cicatrici. Avrà circa un paio d’anni più di me, non troppi, ma abbastanza d’aver visto quanto si deve.

“Hai bisogno di riprenderti, ti offro un idromele” dice, avviandosi senza neanche aspettare che lo segua.

Non dovrei, eppure lo faccio...ancora con le ultime lacrime fresche sul volto.

La locanda è come l’avevo lasciata, già strapiena di gente. Questa volta però la confusione non mi dà alla testa. Al contrario sembra quasi confortante, riempie il vuoto e mi impedisce di ragionare. Il tanfo di poco prima viene sostituito dall’aroma del tabacco e dal sentore pungente dell’alcool.

“Roxy, due idromele!” dice lui, posando i soldi sul bancone e sedendosi su di uno sgabello.

Mi accomodo anche io sullo sgabello accanto, afferrando il boccale che mi scivola davanti. Roxy mi guarda insospettita, ma è troppo indaffarata per fermarsi a chiedermi qualcosa. Il primo sorso scende giù rinfrescandomi la gola, il sapore dell’alcool arriva solo alla fine. È più forte di quello di ieri o forse sono io che lo noto solo adesso. Senza neanche accorgermene ho già svuotato il boccale, la schiuma che risiede sul fondo. Due minuti dopo ne ho un altro tra le mani.

“Era tua sorella?” mi chiede, svuotando il suo secondo boccale.

“Un’amica” rispondo.

“Qui non ci sono amici” ribatte, ed è vero.

Lei mi considerava un’amica, io la consideravo un’amica, ed eccoci qui. Gli amici non stanno inermi a terra al posto tuo. Gli amici non brindano con gli sconosciuti per dimenticarsi di te.

“Fa meno male a un certo punto, ti ci abitui e conti quelli che restano” mi dice, rassegnato.

“Tu ne hai visti molti?” chiedo, con fin troppa curiosità.

“Più di quanti potresti contarne”, mi risponde.

“Non hai l’aria di uno così vecchio”

“Forse nessuno di noi due arriverà ad essere vecchio”

Mi soffermo a guardare la ciocca di capelli che gli ricade sul viso, coprendogli un occhio. Deve dargli fastidio poiché se la sposta di continuo. Il sapore dell’alcool ha preso possesso sul mio palato e la testa mi gira più del dovuto. Se dovessi dare un senso a questa sensazione direi che sono ubriaca, per la prima volta. Ho scelto quest’occasione per lasciarmi andare. Solo questa per mettere a tacere tutto il dolore. Non so bene cosa dico nei momenti successivi, le parole mi biascicano fuori dalla bocca. Anche camminare non è più la stessa cosa, sento le gambe molli e vorrei quasi lasciarmi fluttuare. Avrò urtato almeno un paio di persone, ho la maglietta ricoperta d’idromele e domani mi ritroverò con diversi lividi.


                                               - RED FLAG WARNING -

La sensazione è quella di sprofondare, il materasso è morbido e le lenzuola sono fresche. Tutto è ovattato e piacevole.

“Non dovevo darti da bere”, dice.

Devo girare lo sguardo per ricordarmi di non essere sola. Non so che aspetto ho, ma il suo viso è decisamente paonazzo per il troppo alcool. La camicia in parte sbottonata è madida di sudore, mi sorprende notare che sul petto non porta alcun tatuaggio. Le ciocche di capelli, che prima gli davano fastidio, adesso sono incollate al viso. Non ho mai pensato al mio aspetto, ma adesso, vorrei per un attimo potermi guardare allo specchio.

“È così che funziona no?” chiedo.

“No” ride, e quel suono riecheggia per la stanza “quando voglio quelle le pago”

“Vuoi pagare anche me?”

Sul volto ha un’aria spaesata, non si aspettava la mia risposta.

“Tu...vuoi?”, quasi balbetta.

“Non voglio essere pagata”, rispondo secca.

Guardo d’istinto il soffitto per distogliere lo sguardo, anche da ubriaca non mi sento del tutto senza freni.

“Non ne avevo intenzione”, ribatte.

Il sapore delle sue labbra mi coglie d’improvviso, sa di sudore e sale e nonostante questo risulta comunque piacevole. Non ho mai avuto il tempo per cose del genere, troppo impegnata a sopravvivere per dedicarmi ad altro. Nessuno svago, nessuna distrazione. Il peso del suo corpo mi schiaccia sul materasso che affonda sempre di più, dubito che riuscirà a reggerci ancora per molto. Le sue mani scorrono lungo le mie braccia per posarci sui fianchi. Mi sento un’impedita in questa situazione che non mi era mai appartenuta prima. Come ho visto fare solo nei film porto le mie mani sulla sua nuca e lascio che le mie gambe avvolgano il suo corpo, portandolo ancora più vicino a me. Quando inizio a sentire una protuberanza premere contro il mio addome sono già stordita dai suoi baci. Il calore del suo corpo, senza la barriera dei vestiti, mi brucia la pelle al contatto con la sua. Le impronte delle sue dita sono ben salde sulle mie cosce, le mie unghie infilzate sulla sua schiena. Una fitta di dolore mi pervade e ho di nuovo l’impulso di trafiggermi le labbra con i denti, ma questa volta mi lascio andare e tutto d’improvviso si placa. Non di morte, ma di vita.

Mi sembra di aver dormito giorni, forse settimane, non so se è qualcosa in queste stanze o l’effetto che portano con sé. I miei vestiti sono ancora sparsi per la stanza, vi è solo una coperta di lino ad avvolgermi. Il corpo di quello sconosciuto è ben disteso accanto al mio, una gamba gli pende giù dal letto e l’avambraccio si estende sopra il cuscino. I muscoli tesi ad afferrare una parte del lenzuolo che non arriva a coprirlo, fatica sprecata anche mentre dorme. La voglia di sgattaiolare via fa a botte col timore di affrontare qualsiasi tipo di conversazione adesso che sono sobria. Mi tiro su lasciando ricadere la coperta, non posso portarmela dietro per arrivare ai vestiti. Devo rinunciare al mio intimo, scomparso in chissà quale angolo di questa stanza, e adeguarmi ai pantaloni che adesso sfregano troppo. Sto arrotolando la maglietta nel verso giusto quando sento il calore di due mani stringermi i seni. Adesso che l’alcool ha finito il suo effetto le guance mi vanno a fuoco d’imbarazzo. Sento la sua risata vicino al mio orecchio, il respiro corto, prima di allontanarsi e recuperare i suoi vestiti. È la prima volta che mi ritrovo in una situazione del genere e la mia unica mossa è quella di temporeggiare abbastanza da vederlo avviarsi oltre la porta.

                                                         - STOP RED FLAG -


Le prime luci dell’alba si intravedono dalle finestre, siamo rimasti qui un’intera giornata. 24 ore volate in un soffio. Siamo entrambi seduti ai due angoli opposti del bancone: lui con un altro idromele, io con una colazione scondita che è pur sempre meglio di tutto quello che mi capita di mangiare di solito. Fa leggermente fresco, sarò io o le giornate fredde che si avvicinano...segnale che è giunta l’ora di andare via. Prima che questo posto inizi di nuovo a popolarsi sono già davanti l’uscita. Mi giro solo per un’ultima domanda, l’unica cosa che voglio sapere.

“Come ti chiamo?”, gli chiedo, quando giungo davanti a lui.

“Niko” mi risponde, continuando a sorseggiare dal suo boccale.

Un attimo dopo sono già oltre. 


   
 
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