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Autore: HekaWrites    19/08/2022    0 recensioni
Prima o poi le sarebbe caduto addosso, ne era sicura. Torreggiava sopra di lei vorticando a ogni fitta lancinante, abbagliandola. Riversa sul pavimento, si asciugò le lacrime. Finalmente le urla erano finite. Gli unici gemiti provenivano da quell’orribile lampadario che vacillava pendendo dal soffitto, in un caleidoscopio allucinante di luci soffuse.
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Sentì la gola riarsa per l’angoscia. Forse se avesse parlato sarebbe tornato tutto come prima. Avrebbe riavuto indietro l’affetto dei suoi genitori e dei suoi amici, Hogwarts sarebbe tornata a essere il posto sicuro che era sempre stata, la disperazione e i sensi di colpa avrebbero smesso di torturarla. Una parola e sarebbe stata felice per sempre.
Ma arrendersi non avrebbe riavvolto il tempo, non le avrebbe restituito la famiglia amorevole che esisteva solo nei suoi ricordi. La guerra avrebbe continuato a mietere vittime e a distruggere tutto ciò in cui credeva, tutto ciò che amava. Sarebbe stata trasformata in un burattino prostrato ai piedi di un despota, ignobile carne da macello.
Genere: Angst, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Prima o poi le sarebbe caduto addosso, ne era sicura. Torreggiava sopra di lei vorticando a ogni fitta lancinante, abbagliandola. Riversa sul pavimento, si asciugò le lacrime. Finalmente le urla erano finite. Gli unici gemiti provenivano da quell’orribile lampadario che vacillava pendendo dal soffitto, in un caleidoscopio allucinante di luci soffuse.

Strizzò gli occhi, scuotendo implorante il capo. Scattò, tentando di sollevarsi, e un altro spasimo atroce le strappò un grido. Ricadde inerme nella stessa posizione, lunga distesa a terra, le gambe piegate in una posizione innaturale. Sentiva il viso bruciare per lo sforzo. Ci provò ancora, si dimenò sbattendo tutti e quattro gli arti sulla pietra ghiacciata, diede un violento colpo di reni che le provocò uno strappo al fianco destro. Ritentò scossa da tremiti incontrollabili, le sue suppliche echeggiarono a vuoto.

Il rumore la fece voltare di scatto. È tornata, pensò. La paura le scosse lo stomaco e Meissa si preparò al dolore. Non avrebbe ceduto, non sarebbero riusciti a farla parlare. Doveva solo stringere i denti, estraniarsi dal suo stesso corpo come aveva imparato a fare. Serrò gli occhi, pronta, il sangue che martellava nelle tempie.

Ma erano solo le prime gocce di pioggia che picchiettavano contro i vetri. Meissa sentì le lacrime premere contro le palpebre e le ricacciò in gola. Non era ancora al sicuro, non lo sarebbe mai stata. Avrebbe voluto allungare il corpo sul suo letto a baldacchino, cancellare il dolore che si spandeva nella testa, dimenticare le urla, la paura, il lampadario. Aprì lentamente gli occhi, inerte sul pavimento gelido.

Mise a fuoco le gambe delle sedie, il legno lucido del tavolo, la base delle colonne che sorreggevano il soffitto, immobili come sempre nella penombra della stanza. Il lampadario ruotava e cigolava ancora, soffocando il ticchettio ovattato della pioggia. Sentì la gola riarsa per l’angoscia. Forse se avesse parlato sarebbe tornato tutto come prima. Avrebbe riavuto indietro l’affetto dei suoi genitori e dei suoi amici, Hogwarts sarebbe tornata a essere il posto sicuro che era sempre stata, la disperazione e i sensi di colpa avrebbero smesso di torturarla. Una parola e sarebbe stata felice per sempre.

Ma arrendersi non avrebbe riavvolto il tempo, non le avrebbe restituito la famiglia amorevole che esisteva solo nei suoi ricordi. La guerra avrebbe continuato a mietere vittime e a distruggere tutto ciò in cui credeva, tutto ciò che amava. Sarebbe stata trasformata in un burattino prostrato ai piedi di un despota, ignobile carne da macello. No, la morte era preferibile.

«Vuoi farti uccidere?» Meissa era stata fulminata dagli occhi della sua migliore amica. «Io aspetterò che sia tutto finito.»

«Ma è proprio questo che vogliono, se smettiamo di vivere facciamo solo il loro gioco! Io combatterò, perché se ci lasciamo controllare dalla paura avranno vinto loro.»

Meissa aveva sentito il petto infuocarsi al suono delle proprie parole e aveva capito all’istante che erano vere. Niente e nessuno le avrebbe più impedito di lottare per le sue idee, per i valori di uguaglianza in cui aveva imparato a credere fino in fondo. Nemmeno Isabel, che si era imbronciata e le aveva voltato le spalle senza più degnarla di uno sguardo.

Sembrava che la testa le si dovesse spaccare a ogni battito del cuore che sarebbe potuto essere l’ultimo. Ignorò le fitte di dolore che la attraversavano da capo a piedi. Si concentrò sulla stanza immersa nella quiete, sul silenzio, sul lontano tamburellare della pioggia, ritmico come una nenia antica. Meissa rimase immobile. Sentiva il pavimento premere contro la schiena, freddo come l’aria sospesa tra le volte ombrose che la sovrastavano. Con un ultimo stridore, il lampadario smise di girare.

   
 
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