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Autore: Usagi    20/08/2022    1 recensioni
Seguito de "Il Richiamo della Terra". Per Hitomi è l'inizio di una nuova vita insieme all'uomo che ama, tuttavia tra responsabilità e una Gaea da ricostruire, il suo destino si intreccerà ancora una volta con quello dell'antico popolo di Atlantide. « E' giunto il momento di sperimentare le potenzialità della Macchina di Atlantide. » Storia revisionata al 05/2017 e attualmente in prosecuzione.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Merle, Millerna Aston, Nuovo personaggio, Van Fanel
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Cieli di Gaea '
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The Vision of Escaflowne

«L’Ultimo Paradiso»


 
9
 
Interferenze

« Ti sbagli, giovane fanciulla
 
Anche su Gaea è scorso molto sangue. 
 Il sangue versato nelle battaglie che si combattevano qui come sulla Terra già molto prima del mio arrivo. 
»

 

Sarebbe riuscito a dormire quella notte?

Van ne dubitava fortemente. 

Affacciato alla finestra della sua stanza, il Re di Fanelia continuava a guardare il cielo stellato fissando l’orizzonte. Rakos di Basram si era allontanato in direzione delle montagne ma poi, quale direzione aveva preso?

Strinse i pugni, pensando che se avesse preso l’Escaflowne si sarebbero accorti della sua assenza solo il mattino dopo, quando sarebbe stato impossibile da raggiungere per qualsiasi nave volante.

L’avrebbe fatto se avesse saputo con certezza dove dirigersi.

Si portò la mano al petto, lì dove c’era il ciondolo di Hitomi.

Lei avrebbe saputo cosa fare. Sarebbe stato in grado di trovarlo, a parti invertite, ne era assolutamente certo.

Lo aveva già fatto in passato, in fin dei conti.

Si sentiva uno stupido, provava vergogna per se stesso al solo pensiero di quante volte lei era stata in grado di salvare la sua vita e lui… non era in grado neanche di proteggerla.

Furioso, sbatte un pugno contro il davanzale e abbassò lo sguardo, stringendo i denti. 

Si sentiva così miserabile e inutile che ebbe voglia di spaccare le pareti del suo stesso palazzo. Diede un pugno contro il muro e imprecò a denti stretti, incurante di chi all’esterno avrebbe potuto sentirlo. Ignorò il dolore alle nocche che il colpo gli aveva procurato e si lasciò scivolare sconfortato sulle ginocchia. 

In quel momento una luce si diffuse dal ciondolo di Hitomi che attirò inevitabilmente il suo sguardo.

Subito il Re di Fanelia si allarmò e sollevandosi in piedi, sfilò subito la collana affinché potesse osservare il ciondolo da vicino.

Stava succedendo qualcosa ad Hitomi, Van ne era sicuro. 

Incapace di capire cosa potesse fare in quel momento, decise di avvicinarsi il ciondolo al petto e pensare intensamente alla ragazza.

Hitomi, dove sei?

La visione arrivò quasi subito.

Si trovava da qualche parte, in una grande stanza illuminata a malapena. Hitomi si trovava davanti a lui ma gli dava le spalle.

« Hitomi! » urlò, allungando un braccio e muovendo veloci passi in sua direzione. 

Ma lei non ebbe alcuna reazione, in effetti, comprese, le sue parole non emettevano alcun suono. Era una strana dimensione, poteva osservare ma non intervenire. Anche quando fu abbastanza vicino da toccarla, non fu in grado di farlo.

A quel punto Van comprese cosa stava guardando la ragazza. Una colonna sormontata da una sfera verde. Quell’oggetto gli fu familiare. In qualche modo riuscì a ricordargli la tecnologia di Zaibach, la stessa tecnologia che aveva visto nella Vione – la fortezza volante di suo fratello.

Hitomi sollevò le braccia e allungò le mani verso l’alto. Come se eseguisse un suo comando la sfera si sollevò da quello che infine doveva essere il suo piedistallo e sembrò volteggiare sospesa in aria, iniziando a splendere di luce propria. Pur essendo inevitabilmente attratto da quell’oggetto Van cercò nuovamente di rivolgersi in direzione di Hitomi, quando si accorse, con sgomento, che gli occhi della ragazza avevano perso la luce della consapevolezza. Divenuti vacui, come quando era stata in trance le sue guance erano però rigate da lacrime che, copiose, avevano iniziato a discendere lungo il volto.

Van sentì il pericolo crescere e la sensazione di urgenza farsi sempre più forte, pressante. Anche se non capiva cosa stesse succedendo, poteva sentire quanto tutto quello che stesse vedendo fosse incredibilmente sbagliato.

Provò ancora una volta ad allungare un braccio per afferrare Hitomi ma quando le sue dita sfiorarono il suo corpo questo si dissolse, insieme a tutta la stanza e l’ambiente circostante.
 Il buio lo avvolse. 

« Hitomi! HITOMI! » urlò, mentre la sua voce si perdeva nell’oscurità. 

“Non ho altra scelta. È la stessa arma di allora! L’arma definitiva. Fanelia, Palace e Godashim. Raderà al suolo le città se non faccio come dice!”

Era stata la voce di lei che aveva udito, da qualche parte. Cercò di guardarsi intorno, con la speranza di riuscire a vederla da qualche parte, ma non c’era nulla attorno a sé.
 « Hitomi? Dove sei?! »

“Ti prego, Van…”  aveva detto ancora, con la voce rotta dal pianto, “Lui mi ha promesso che non avrebbe fatto del male a nessuno.”

Da qualche parte, lei stava piangendo. 

Poi la vide di fronte a sé o meglio, vide se stesso di fronte a lei. Ancora, come se stesse guardando la vita di qualcun altro. Era tra le sue braccia e nonostante potesse leggere il sollievo nel suo volto, lui era ferito e lei enormemente preoccupata e… disperata. Nonostante questo, nei suoi occhi brillava ancora un barlume di iniziativa, nonostante stesse piangendo.

Lui era stato ferito ma lei sembrava incolume e questo era più che sufficiente.
 Poi qualcosa la fece voltare ed indietreggiare. Qualcuno le aveva poggiato una mano sulla spalla.

“Adesso è il momento di andare Hitomi. Spero che vi siate detti tutto ciò che c’era da dire.”

La versione di se stesso nella scena tentò di opporsi ma i suoi movimenti furono inutili: era stato legato ai polsi con delle catene. Questo fece in modo di acuire la sua furia e fare nuovamente scoppiare in lacrime lei. 

Non aveva dubbi su chi appartenesse quella voce.

Rakos di Basram andò a cingere entrambe le spalle di Hitomi con le sue mani, impendendole di avvicinarsi. Vide la ragazza mordersi le labbra con i denti, cercando di trattenere un singhiozzo. Lui continuava a starle troppo vicino e la cosa lo turbò enormemente.

“Dovreste osservare anche voi, Re di Fanelia.” Si rivolse a lui in prima persona.

Van fu sicuro di star pensando la stessa cosa del se stesso legato in catene e impossibilitato a muoversi: avrebbe voluto ucciderlo sul posto. Ma c’era in gioco la vita di troppe persone ed Hitomi aveva abbassato lo sguardo, completamente alla di lui mercé. 

“Osservare l’inizio di una nuova Era per Gaea!”

 

Van riprese conoscenza, ancora inginocchiato sul pavimento. 

Aveva gli occhi spalancati, il cuore che batteva all’impazzata. Le mani erano ricadute pesantemente al suolo e il ciondolo di Hitomi aveva smesso di brillare. Cercò di sollevarle, quasi a voler capire se il suo corpo era in grado di rispondere ai suoi comandi. Ci riuscì, ma con fatica: stava tremando.

Le conseguenze di quella visione erano state devastanti. Sconcertato, cercò di trovare la forza per alzarsi. Doveva reagire, doveva fare immediatamente qualcosa altrimenti sarebbe impazzito. 

Confuso ancora dall’esperienza spiacevole appena vissuta, si portò le mani alla faccia, imponendosi di pensare a qualsiasi cosa gli avrebbe permesso di staccarsi dall’immobilità. 

Hitomi aveva parlato di come fosse stato in grado di prevedere le mosse di Dilandou tramite le visioni che aveva avuto impedendogli più volte di ucciderlo. Forse c’era ancora tempo, forse poteva ancora rimediare a quel futuro tanto avverso.

Quella visione non doveva assolutamente avverarsi.

Animato dalla paura, dalla preoccupazione e dal senso di urgenza, Van Fanel uscì dalla sua stanza.

Quella visione aveva suggerito anche un elemento che non doveva essere trascurato. 

Era il momento di richiamare il consiglio di Guerra.

 

 

Quando riaprì gli occhi si ritrovò tra le braccia di Rakos di Basram. La stava sostenendo perché era evidentemente svenuta. Il peso che le aveva oppresso il cuore in quel momento si era dissolto ma l’aveva lasciata totalmente priva di forze. 

Confusa, cercò di guardarsi intorno, ma quell’uomo si stava muovendo ancora nell’oscurità del palazzo di Zaibach.

Il suo tentativo di fuga era certamente finito in un completo disastro, pensò, cercando disperatamente di ricordare come fosse arrivata a quella situazione. 

Rapidamente, cercò di riunire i momenti precedenti a ciò che stava facendo ma si rese conto immediatamente che le mancava un pezzo in tutta quella strana vicenda. Fu in quel momento che l’uomo si accorse che si era svegliata e si fermò. 

« Sembra che oramai ci sia rimasto davvero poco tempo, Hitomi Kanzaki. »


 Quindi la colpa era sua se era finita ancora una volta preda delle sue visioni!

« Cosa è successo? Dove mi state portando? » La sua voce risuonò debole, anche se si era sforzata di sembrare autoritaria. Aveva tutto il diritto di sapere.

Rakos scosse il capo e si fermò ad osservarla. Hitomi ricambiò lo sguardo, perdendosi per un momento negli occhi scuri che stavano indugiando sul suo volto. Evitando di arrossire reclinò il capo di lato e fece per muoversi. 

Doveva assolutamente scendere. Rakos fu lesto ad acconsentire a darle almeno la libertà di restare sulle sue gambe.

« Vi stavo riportando nella vostra stanza. Dovreste riposare. » 

Quando Hitomi trovò solo le sue gambe a sorreggerla, scoprì che queste erano così pesanti e molli e, quando iniziò a barcollare e ad adagiarsi con una spalla sulla parete vicina l’uomo si mosse per afferrarla per le spalle. « Maledizione. » imprecò a denti stretti. 

Rakos la sostenne con inaspettata gentilezza.

« È evidente che non vi siete ancora ripresa. Ma spero che domani mattina sarete in grado di dirmi cosa avete visto al centro del campo di forza. »

Hitomi si sentiva confusa, incapace di comprendere cosa stesse dicendo quell’uomo. Si tese ad osservarlo in volto rimanendo stupita da quello che vi vedeva. Nonostante le parole fredde e l’atteggiamento misurato quella che cercava di stemperare era… euforia? 

Era evidente che sembrava contento per qualcosa.

« Di cosa state parlando? Dove mi avete portata? » 

Rakos la osservò per qualche istante, probabilmente cercando di valutare se la ragazza fosse in grado di camminare da sola.

« Siete stata voi a raggiungere la macchina di Atlantide che ho ricostruito. Non so come avete fatto, la porta era stata chiusa a chiave e la guardia ha giurato di non avervi vista. »

Fece una pausa prima che il suo viso s’illuminasse. «Siete stata guidata fin lì dal ricordo del passato che sono stato in grado di ricostruire e che sto studiando da diverse settimane. Per la prima volta la macchina si è attivata da sola! Ed è bastato solo che voi foste in questo luogo! » 

Hitomi si sentì improvvisamente nauseata. La sua prima reazione fu quella di volgere il capo di lato e portarsi una mano alla bocca. Rakos sembrò allarmarsi ma Hitomi aveva bisogno di mettere una naturale distanza tra lei e quell’uomo. 

Incredibilmente, riuscì ad evitare di imbarazzare se stessa in quel luogo e dopo aver preso un respiro profondo iniziò a sentirsi meglio. Cercò di assestarsi rimanendo in piedi da sola, indietreggiando di un altro passo. Dall’altro lato ci fu il rispetto di lasciarla fare.

« Chi è che stava cantando? Ho sentito una voce… » chiese, ricordando proprio in quel momento la strana melodia che aveva deciso di seguire e che l’aveva condotta nelle profondità della fortezza.

Rakos corrucciò lo sguardo, perplesso. Hitomi comprese subito che probabilmente era un ricordo appartenente ad una visione e scosse il capo. « Cosa significa che siete riuscito a ricreare un ricordo del passato? E che c’è rimasto poco tempo?»

L’uomo indugiò qualche istante prima di formulare una risposta. 

« Nutrivo pochi dubbi sul fatto che sareste stata compatibile con la Macchina di modifica del destino, ma non mi aspettavo una tale… sincronizzazione. » 

Hitomi indietreggiò: stava parlando di quella specie di pilastro che aveva visto? « Che cosa significa?»

« Che con il vostro potere riuscireste senz’altro a portare alla realtà la Capitale di Atlantide, adesso inaccessibile se non tramite il suo Portale! »

Hitomi capì cosa intendeva dire. 

Il continente di Asgard dove si riteneva fosse ubicata la Capitale di Atlantide in realtà ospitava uno spazio fisico vuoto, in quanto la vera città si trovava in un’altra dimensione. 

Lei era stata due volte in quel luogo e in entrambe le occasioni avevano dovuto accedere tramite l’anello dorato posto nel cielo, un spazio che non apparteneva né alla Terra né a Gaia. 

« Volete portare Atlantis su Gaea? » Hitomi era sbalordita. Non solo perché il nome di quella città era riaffiorato da chissà dove ma per l’implicazione di quello che significava mettere in atto un simile proposito.

« Fonderemo lì il nuovo futuro per l’intero pianeta di Gaea! Una città che conoscerà solo prosperità. » Rakos sembrava estasiato da quelle parole. Mosse un passo nella sua direzione ed Hitomi, istintivamente, indietreggiò.

« Questo è assurdo! Sono state proprio simili ambizioni a condurre il popolo di Atlantide alla rovina! » 

Rakos scosse il capo, il suo volto era ancora raggiante. « Voi siete la migliore garanzia per raggiungere un simile obiettivo. Chi potrebbe rivaleggiare contro colei che è stata benedetta da Gaea stessa? »

Hitomi era furente. « Cosa vi fa pensare che sarò disposta ad aiutarvi? Quello che cercate di fare è assurdo! » 

Lo sguardo di Rakos cambiò improvvisamente. Sebbene fosse sparito l’entusiasmo dal volto sollevò le labbra in un sorriso che fece fare un ulteriore passo indietro ad Hitomi. 

« Non voglio che utilizziate i vostri poteri per me. Voglio condividere con voi il futuro che ho intenzione di costruire. » Fece una pausa e avanzò ancora. La ragazza fece un ulteriore passo indietro ma con il tallone del piede sbatté contro il muro, fu abbastanza brava da non inciampare ma Rakos sollevò un braccio e appoggiando la mano contro il muro le venne vicino. Troppo vicino.

« Non sareste la Regina di un piccolo regno tra le montagne. Potreste essere colei in grado di ripristinare l’antica linea di discendenza di coloro che hanno creato questo pianeta. Voi che possedete il potere Atlantide in quanto proveniente dalla Luna dell’Illusione e il potere di Gaea, in quanto portatrice della forza vitale di questo pianeta! »

Hitomi sentì la spiacevole sensazione di un vuoto allo stomaco e iniziò a provare paura. 

Quell’uomo era… assetato di potere. Invece di restare ammutolita, con il cuore a battere con forza, cercò di recuperare un po’ di quel coraggio che aveva avuto crescendo sulla Terra. Raccolse le forze e riuscì a sgattaiolare velocemente, facendo un passo laterale. 

Rakos la lasciò fare, seguendola con lo sguardo.
 « Non sono interessata. »

Iniziò ad avanzare, riconoscendo, nonostante l’oscurità, la porta della propria camera. Vi si diresse a passo svelto, certa di avere lo sguardo di Rakos alle proprie spalle fino al momento in cui non riuscì a chiudersi la porta alle spalle.

 

« Vi sto dicendo che è così! Ne sono assolutamente sicuro! »

Stava sorgendo l’alba.

Avuta la visione, Van si era precipitato dai suoi generali e aveva fatto chiamare persino i rappresentanti di Freid e di Asturia. Quella era una questione che meritava di essere trattata con la massima importanza.

Uno sbadiglio interruppe il vociare confuso di coloro che erano stati trascinati lì dentro, richiamati dagli ordini del Re di Fanelia.

Era stato Dryden, che fino a quel momento non aveva ancora pronunciato una sola parola. 

« Quello che ci state dicendo è che il nostro nemico, Rakos di Basram, ha intenzione di posizionare – ammesso che non l’abbia già fatto – altre di quelle… armi definitive nel cuore dei nostri regni? »

Van annuì con forza. « Sì! Quell’uomo sta completando quello che l’Imperatore Dornkirk non riuscì a realizzare! Ha tutto l’interesse nel guadagnare tempo! »

Il volto del Reggente di Asturia era visibilmente perplesso. Dal suo punto di vista non c’era alcuna logica dietro le parole di Van. 

« L’esercito ci aspetta a Basram perché la sua intenzione è quella di concentrare le nostre forze in un solo punto affinché lui possa agire indisturbato. È questo che temete? »

Allen era in piedi e sembrava quello che aveva reagito meglio alla sveglia improvvisa. Si era presentato al consiglio vestito con il suo abito blu, la camicia perfettamente appuntata al di sotto e la spada al fianco.

Dryden continuò ad osservare il Re di Fanelia perplesso, e gettò uno sguardo verso Allen. Lui, al contrario, si era letteralmente messo la prima cosa che aveva avuto a sua disposizione. Scosse il capo a quei pensieri: non sarebbe mai riuscito ad essere un Cavaliere Celeste come Allen. 

« Vostra Maestà, se non verso Basram, dove dovremmo dirigere il nostro esercito?! »

Era stato uno dei nuovi generali di Fanelia a parlare. Un uomo che era riuscito a superare indenne la Guerra di Gaea, anche lui, discepolo di Balgus. 

« Come facciamo a sapere dove si trovano queste armi? Se iniziassimo a cercare a casaccio perderemmo giorni, ma che dico, settimane! »

Van aveva ragionato su quel punto e non era riuscito a venirne a capo. Era stato per questo che aveva convocato tutti loro, dovevano trovare una soluzione.

« Basram non ci ha ancora fatto pervenire alcune condizioni di rilascio, per la nostra Principessa. » intervenne un altro.

« Forse non intendono rilasciarla, per il momento. O forse non si aspettavano di riuscire nel loro intento. » avanzò un rappresentante di Freid, scochiando un’occhiata a Van, e fu chiaro che lo stava incolpandolo tacitamente della sicurezza del suo regno. « Se avanzassero delle richieste irragionevoli, quelle armi sarebbero un'altra lama puntata alla schiena. » 

D’un tratto, Dryden sollevò il capo. « Un momento. » disse, lasciando che l’attenzione ricadesse su di lui.

« Avete detto che le città coinvolte sono quelle presenti a questo tavolo. È una coincidenza non da poco, non è vero? » si soffermò ad osservare Van allungando le labbra in un sorriso sghembo. 

« Sono distanti tra loro ma, soprattutto, se concentrassimo le nostre forze nelle nostre città ignoreremo una porzione di territorio che fino ad ora non abbiamo considerato. »

Ad Allen si illuminò lo sguardo, di chi aveva colto l’allusione.

« I territori di Zaibach non sono forse stati lasciati a Basram in cambio di una cospicua somma ad indennizzo? »

Fu il rappresentante di Freid ad intervenire « Nessuno di noi avrebbe voluto quella zona arida, aspra e attorniata dalle montagne! Soprattutto dopo la caduta dell’imperatore Dornikirk. Ci sono solo contadini e minatori che prima o poi decideranno di andarsene, come avrebbero dovuto fare da tempo! » 

Anche Van, in quel momento, riuscì a cogliere il sottinteso.

« Tranne Rakos di Basram. » Concluse Dryden inforcandosi gli occhiali che gli erano finiti sul naso.

« Io stesso mi sono pentito di non aver pensato di rivendicare un po’ della conoscenza dell’Imperatore Dornikirk. Dopo la Guerra, è stato importante ricostruire. Tuttavia, il principe di Basram non dimentichiamoci che è stato un alchimista al servizio di Folken Fanel. Nessuno di noi avrebbe mai pensato che avesse delle ambizioni personali. » fece una pausa, scuotendo il capo, « Di certo, come Alchimista non è stato capace di distinguersi molto. »

« Fino alla morte di mio Fratello… » rispose Van, sottovoce, stringendo i pugni.

« Ci sono buone possibilità che Hitomi possa trovarsi tanto a Zaibach quanto a Basram. » concluse Allen, portandosi una mano all’altezza della spada. « Se decidessimo di spostare i nostri eserciti verso un unico punto e non trovassimo nessun esercito ad attenderci sarebbe tutto inutile. »

« Inoltre, » aggiunse ancora il funzionario di Freid « Siamo davvero così sicuri che ci siano queste armi nascoste all’interno delle nostre città, pronte ad essere attivate da un momento all’altro? » Si voltò a guardare direttamente Van, ancora una volta. « Basare le nostre scelte militari sulla base di una visione che avete avuto... perdonatemi Maestà, ma se la Prescelta di Gaea potesse darci un segno, credo proprio che ci indicherebbe il luogo dove è stata condotta! »

Quelle parole colpirono Van, ferendolo nell’orgoglio. Come se le visioni potessero essere controllate! Stava sporgendosi per parlare ma fece un passo avanti il Cavaliere Celeste che si trovava in piedi, a poca distanza da lui. « Con tutto il rispetto, Eccellenza, in passato siamo stati guidati e condotti da questo genere di… visioni. Non ho motivo di dubitare delle parole del Re di Fanelia. 

Dryden sollevò una mano aperta, poggiando il gomito sul tavolo. « Neanche io, se è per questo. » fece una pausa, tornando a guardare il Re di Fanelia. « Tuttavia, è vero che non possiamo decidere solo sulla base di questo. Non sappiamo dove sia Hitomi né tantomeno se Rakos ci sta aspettando a Basram con un esercito. » 

Van abbassò il capo, senza riuscire a trovare un buon argomento per perorare il suo punto di vista.

I primi raggi di sole iniziarono ad illuminare la stanza, investendo di luce i presenti. Era già mattino. Ancora un giorno trascorso senza che sapesse dove fosse Hitomi.

« L’Arma definitiva… fu sganciata da una nave volante. » riprese uno dei generali di Fanelia. « Dobbiamo accertarci che nessuna nave straniera entri nei nostri confini. »

Allen si allarmò improvvisamente, colpito da un pensiero. « La nave di Basram si trova ancora a Fanelia! »

Uno dei generali di Fanelia si sollevò in piedi e fece un cenno alla guardia. « Presto! Fai controllare da cima a fondo quella nave immediatamente! »

La guardia fece un cenno affermativo e uscì immediatamente dalla stanza. 

« Avete intenzione di far controllare tutte le navi volanti? » intervenne ancora una volta il rappresentante di Freid. A quel punto il suo nervosismo era palese.

« No, ma avrebbe senso controllare quelle che provengono da Basram. Non avevate forse iniziato a commerciare anche voi di Godashim con loro? » fece una pausa, reclinando il capo con ancora un mezzo sorriso sul svolto. « Sbaglio o recentemente avete iniziato ad acquistare il ferro estratto dalle loro miniere? Anche il vostro esercito deve essere pian piano ricostruito… »

Il rappresentante di Freid si ammutolì e volse il capo dall’altro lato.

 

In qualche modo, riuscì a dormire serenamente fino al mattino inoltrato. 

Senza che nulla turbasse il suo sonno, per un breve momento, poco dopo essersi svegliata, Hitomi ebbe l’illusione di trovarsi ancora a Fanelia. La sensazione durò solo qualche istante, giusto il tempo che il suo stomaco facesse una capriola a causa dell’ansia che era ritornata a crescere insieme alla sua consapevolezza.

Era una mattinata nuvolosa, si rese immediatamente conto, gettando comunque uno sguardo in direzione della finestra. Come se fosse servito davvero a qualcosa. Aveva smesso di stupirsi del cambiamento climatico da quando, con il minimo sforzo, riusciva a prevedere – e con una buona dose di accuratezza – le mutazioni metereologiche.

Quella mattina, provò a richiamare dentro di sé la coscienza di Gaea, ma questa, sagacemente, non intendeva rispondere né fornirle alcuna sensazione che potesse guidarla. Fino a quando andava tutto bene, realizzò, doveva pensarci da sola a tirarsi fuori dai guai! Concluse, sollevandosi seduta.

Qualche minuto dopo Elyse fece capolino nella stanza, portandole la colazione. Nonostante la ragazza fosse stata gentile il pomeriggio precedente, Hitomi era preoccupata e pensierosa. Seppure d’innanzi alle premure della ragazza che si occupò di aiutarla a lavarsi e cambiarsi d’abito, Hitomi aveva iniziato a pensare a quello che era successo la notte precedente ed era piuttosto silenziosa.

« Avete forse dormito male, mia signora? Siete molto pallida. » chiese quando aveva oramai concluso ogni incombenza. « Con questo tempo non vi direi comunque di avventurarvi all’esterno, qui fa ancora molto freddo, inoltre potrebbe piovere. »

Hitomi finalmente si sollevò a guardarla. « Sto bene, Elyse. Non devi preoccuparti per me. Tu… ehm. » era in difficoltà. « Puoi portarmi da Rakos? » 

La fanciulla non sembrò stupirsi della richiesta della ragazza. « Certo, in genere a quest’ora è già a lavoro. Aveva comunque chiesto di voi. Vi accompagnerò, se lo desiderate. »

Bene, pensò Hitomi. Anche se non si sentiva al sicuro, quanto meno poteva cercare di soddisfare la sua curiosità.

Non faceva altro che pensare alla grande stanza con il pilastro che aveva visto la notte prima. Rammentava chiaramente che la Macchina di Modifica del Destino dell’Imperatore Dornkirk fosse molto più grande, così come rammentava chiaramente che essa era andata distrutta alla fine della Guerra contro Zaibach. Dunque, di cosa si trattava?

Inoltre, rifletté, aveva chiaramente sentito una voce, una sorta di canzone di non aveva afferrato chiaramente le parole ma ne aveva vagamente intuito il senso profondo… Per quanto si sforzasse, in quel momento la sua mente non riusciva a rievocare nulla di concreto. Come una nebbia inafferrabile, tali erano i frammenti di pensiero che era riuscita a raccattare. 

« Se volete, posso accompagnarvi anche adesso. » Elyse interruppe il silenzio che si era creato nella stanza. Istintivamente, andò nuovamente alla ricerca del ciondolo che avrebbe dovuto avere al collo, scoprendosi ancora una volta delusa, nel non trovarlo. Il guardare in basso la portò ad osservare anche il vestito che aveva indossato.

Zaibach era una regione fredda e il palazzo, fatta eccezione per le stanze che erano utilizzate, doveva essere generalmente molto freddo, un problema che – tra le altre cose – aveva reso difficile trascorrere l’inverno a Fanelia. Quindi, indossava un vestito lungo fino alle caviglie di un colore verde scuro, che bene si adattava al cielo esterno, cupo. Si sentiva anche lei in quel modo, anche se aveva appena cercato di trovare uno scopo ed un obiettivo, perché non era abbastanza brava da creare una colonna di luce a comando e andare dove voleva a piacimento. 

« Ti seguo. » disse convinta, annuendo leggermente.

KIl palazzo le era sembrato tanto scuro la notte prima, ma anche durante il giorno era certamente difficile considerarlo accogliente e particolarmente luminoso. Era una fortezza, e come tale, costruita per resistere a qualsiasi attacco dall’esterno. I lucernari erano pochi e in taluni punti le torce erano continuamente tenute accese, soprattutto quando dall’esterno non si poteva godere di una bella giornata. Il tragitto per arrivare nuovamente al laboratorio le sembrò decisamente più lungo della notte prima e, mentalmente, cercò di memorizzare i corridoi giusti. Probabilmente, rifletté, si sarebbe facilmente persa senza la guida di Elyse.

D’un tratto, la ragazza si fermò d’innanzi l’ingresso di una sala molto ampia. Attese, senza attraversarla. «A me non è concesso avanzare oltre questo punto. Ma voi… Lui vi sta aspettando. » ripeté, « Sapeva che sarebbe stata vostra intenzione venire qui. »

Hitomi annuì, cercando ancora una volta di capire come un uomo come Rakos avesse potuto guadagnare il sincero rispetto e un’autentica stima da quella ragazzina gentile. 

Certamente non aveva idea di quello che era stato disposto a fare per condurla lì. Un pensiero andò a Fanelia, pregò silenziosamente che tutti stessero bene, poi entrò.

 

Rakos era in piedi, di fronte un tavolo lungo ricolmo di pergamene, appunti, oggetti e strumentazioni. 

Non era stato facile rimettere in sesto la sala principale dove aveva vissuto l’Imperatore Dornkirk. Gli erano costati mesi preziosi solo il recuperare gli strumenti che potevano essere ancora utilizzati nelle macerie; altrettanti per liberare i detriti, svolgere le riparazioni necessarie e rendere nuovamente funzionale quel posto. 

Aveva trovato degli ottimi lavoratori nella popolazione di Zaibach che, nonostante il loro stato generale di povertà, erano stati a lungo devoti all’Imperatore Dornkirk per il grande progresso tecnologico che aveva portato ad un miglioramento delle loro condizioni generali. Per questo sembravano soddisfatti e ben disposti a collaborare con un reggente che non aveva alcuna intenzione di condurli ad un nuovo governo che non ne avrebbe promosso un ritorno alle antiche – ed arretrate – abitudini contadine. 

Con i suoi studi, e gli appunti sia di Folken Fanel che dello stesso Imperatore Dornkirk era riuscito a rimettere in sesto il grande laboratorio di osservazione del destino. 

Nel suo processo di rinnovamento però, anche se aveva trovato necessario apportare alcune modifiche, in qualche modo era riuscito a ripristinare alcune delle strumentazioni in possesso. Grazie all’Amplificatore del Destino, era riuscito – rischiando di morire – ad unire in maniera artificiale il corpo di Folken Fanel al suo. Il risultato era stato chiaro, aveva ottenuto in quel modo l’elemento peculiare della discendenza degli Uomini-draghi-divini, ovvero le ali. Nere, come quelle che erano state già macchiate una volta a causa della reazione alla fortuna, ma Rakos sapeva di avere ancora tempo. 

Forse più tempo di quello che avrebbe avuto Folken.

La sua scommessa contro il tempo sarebbe dipesa unicamente da Hitomi Kanzaki.

Nel poco tempo che aveva trascorso insieme a quella ragazza ne era rimasto estremamente affascinato. La sua assoluta mancanza di ambizione era altamente contrapposta al grado di forza e di carisma che era in grado di suscitare. Se all’inizio aveva temuto un crollo emotivo che l’avrebbe condotta ad una generale instabilità del suo potere, aveva dovuto ricredersi in poco tempo.

Se l’enorme energia che aveva liberato a Fanelia l’aveva inizialmente preoccupato, vedere con quanta facilità Hitomi Kanzaki era stata in grado di arrivare in quel luogo gli aveva dato conferma che si trovava sulla strada giusta.

Forse sarebbe riuscito a convincere della sensatezza delle sue posizioni, visto che quella ragazza era già naturalmente attratta da quello che era riuscito fortuitamente a raccogliere e a sigillare. Un antico ricordo dell’antico splendore di Atlantide era stato conservato all’interno della sfera che aveva rinvenuto tra gli oggetti di Folken. Dagli appunti che aveva trovato, l’alchimista aveva già intuito di poter fare anche questo, estrapolando frammenti di informazioni dagli oggetti. Probabilmente, il crescendo della guerra e i piani di modifica del destino dell’Imperatore avevano costretto l’alchimista più promettente della sua epoca a concentrarsi su altri progetti, certamente maggiormente orientati a soddisfare le necessità belliche e di espansione dei generali di Zaibach.

In quel momento sentì i passi di qualcuno che entrava nella stanza. Si volse, osservando la ragazza proveniente dalla Luna dell’Illusione fare il suo ingresso all’interno dell’ampia sala illuminata da fioche candele e da luci artificiali. Si soffermò ad osservarla senza poter fare a meno di notare che gli suscitava un certo fascino. Era molto bella, nonostante fosse lontana dal suo tipo ideale e dalle donne che aveva avuto in passato. Gli occhi, in particolare – così intensi – suggerivano una vivace intelligenza di cui spesso si era parlato ai tempi in cui alchimisti come lui avevano sognato di studiare da vicino i suoi poteri di chiaroveggenza. Il viso dall’incarnato roseo era circondato da capelli castano chiaro che la fanciulla si ostinava a tenere molto più corti di tutte le altre donne. Era vestita con i colori austeri di Zaibach, ma sarebbe stata ancora più affascinante se avesse indossato qualcosa confezionato seguendo l’ultima moda di Asturia.

Fu costretto ad interrompere quello strano flusso di pensieri quando lei fu abbastanza vicina da ritenere quel suo sguardo forse un po’ troppo audace, perché si corrucciò abbastanza da cambiare espressione.

« Sono venuta qui per dirvi che non è mia intenzione aiutarvi. » Fu abbastanza sicura di sé da dirlo tenendo lo sguardo sollevato, fissandolo con determinazione. 

Rakos d’innanzi a quell’ostentazione di fierezza sentì qualcosa smuoversi all’interno della sua coscienza. 

« Non vi avrei aiutato neanche se non vi foste spinto fino a questo punto. » aggiunse.
 « Avete trovato scomoda la vostra sistemazione? » 

La sua domanda, che non aveva altro scopo se non quello di provocarla – e non seppe neanche lui chiedersi perché lo avesse fatto – ebbe esattamente quell’effetto. 

« Se si realizzerà quello che avete in mente non si porrà fine a tutte le guerre e di certo non si vivrà in eterno! Anche l’Imperatore Dornkirk era ossessionato dalla civiltà perduta di Atlantide, ma quel mondo è stato distrutto tanto tempo fa, volete che possa succedere ancora una volta? »

Rakos aveva ascoltato, interessato dalle parole della ragazza. In qualche modo era ammirato da quella passione che esprimeva con tanta autentica sincerità.

Fece un passo nella sua direzione e vide la ragazza irrigidirsi, perdendo un po’ della sua convinzione.

« Un tempo, siete stata voi a dire che se non si dà fiducia alle persone non è possibile ottenerla in cambio. » 

La Ragazza della Luna dell’Illusione aveva colto l’allusione e impallidì. Quelle erano state parole che lei aveva rivolto a Folken qualche tempo prima che lui morisse.

« Come sapete queste cose? »

« Alcuni dei ricordi di Folken Fanel sono arrivati a me il giorno in cui ho ottenuto le ali. » 
 D’un tratto, Rakos sentì l’esigenza di ammorbidire il tono, di essere più conciliante. 

Ricordi che in qualche modo, a causa di ciò che aveva fatto, gli erano state trasmessi, pensò Hitomi.

« Non avrei mai voluto arrecarvi un simile dolore. So quanto io vi stia facendo soffrire. »

Hitomi sembrò rilassare appena il volto. « Se mi lasciaste andare ora, forse potrei… sì! » sembrava assolutamente convinta, « Potrei parlare con Van e il Signor Dryden e sono sicura che…»

« No. » la interruppe « Questo è impossibile. » era meglio spezzare qualsiasi illusione le fosse venuta in mente e farlo immediatamente.

Allungando una mano fu lesto a prenderle il polso. Lei, istintivamente, si mosse per opporsi; ma la sua presa non voleva essere dolorosa. Si sforzò per continuare a serrarla senza farle male.

Si mosse in direzione del pilastro, trascinandola in maniera ferrea ma senza strattonarla, ignorando le sue proteste.

Neanche qualche metro di distanza dalla macchina e quest’ultima iniziò ad attivarsi come si aspettava. Rakos non sapeva dire se questa avesse reagito all’emozione crescente della ragazza o alla sua semplice vicinanza, ma per la prima volta fu in grado di sentire il ricordo che aveva intrappolato nella macchina. 

Win dain a lotica…

en valturi si lota…

« Che cosa state facendo? Vi ho detto di lasciarmi! » Hitomi continuava ad opporsi con forza e quando iniziò anche lei a sentire la melodia si fermò per un momento, stupita. Vide nel suo sguardo lunghi momenti di smarrimento. Poi sembrò trovare la forza di continuare a strattonare, questa volta con più forza.

« No! Fatela smettere! Non voglio più vedere! »

Lui, però, voleva capire fino a che punto potevano spingersi.

Le prese anche l’altro polso e con un movimento che, per quanto si fosse sforzato di non esserlo - data l’urgenza - fu inevitabilmente brusco, le portò indietro le braccia, esponendola alla luce crescente del pilastro. 

Meraviglioso! Incredibile! La luce stava diventando più forte.

Le proteste della ragazza smisero all’improvviso e, subito dopo, anche i suoi tentativi di opporsi. Lui però non la lasciò andare.

Si ritrovò in un luogo che non poteva essere il suo pianeta. Lo capì immediatamente quando vide stagliarsi nel cielo non una sola luna, ma anche una formazione nuova. Con stupore, realizzò di essere sulla Terra e che quella in lontananza poteva essere solo Gaea. 

Hitomi era accanto a lui, in piedi, in quella collina verdeggiante e indossava quegli strani abiti corti, la gonna che le lasciava quasi tutte le gambe scoperte. Non si soffermò a quella vista, interessato piuttosto a ciò che aveva attirato la sua attenzione. Guardava un punto in lontananza osservando con crescente angoscia l’ambiente circostante. La devastazione non aveva ancora raggiunto il punto dove si trovavano loro ma gli arrivarono le voci concitate di chi probabilmente stava avvicinandosi in quella direzione. Volute di fumo si stagliavano in lontananza, portando l’odore acre di morte anche nella loro direzione.

« è cominciato così… » disse lei, finalmente voltandosi a guardarlo.

Le vide sul volto una tristezza autentica ma, nonostante questo lei sollevò una mano e l’allungò nella sua direzione. Rakos vide ancora un’ombra di determinazione nel volto di lei e, per un momento, sentì il suo cuore perdere un battito. Senza pensarci due volte, afferrò la mano che le stava porgendo.

Venne trasportato in un altro frammento, in una diversa collocazione spazio-temporale.

« Hanno tentato una seconda volta, su Gaea. » Spiegò lei, ancora accanto a lui. Aveva lasciato la sua mano e se l’era portata all’altezza del petto, il pugno chiuso. Rakos vide la frustrazione nel volto della fanciulla. 

Quando finalmente si decise a guardarsi intorno comprese immediatamente dove si trovasse. Quella era la capitale di Atlantide esistente su Gaea. 

Era semplicemente meravigliosa. Palazzi che somigliavano a templi, fontane con acqua limpida, strade lastricate di bianchi mattoni, un cielo limpido e… aprì la bocca per lo stupore, guardando il cielo quelli che vedeva non erano uccelli, ma persone… con ali sul dorso. 

Così assorto nell’osservare l’ambiente intorno a sé fu desideroso di procedere e mosse un passo. 

Proprio in quel momento, il frastuono arrivò alle sue orecchie e, qualche istante dopo, iniziò un terremoto fortissimo. L’oscillazione fu così continua e potente che restò in piedi solo perché fu abbastanza lesto da allargare le gambe e tenere basso il baricentro. La ragazza accanto a lui, invece, finì sulle ginocchia. Sporgendosi nella sua direzione si rese conto che si era accasciata in avanti e si stava stringendo la camicetta con forza, quasi come volesse strapparsela. Ansimava pesantemente e sembrava soffrire enormemente.

Un’ondata di preoccupazione lo travolse e immediatamente fu accanto a lei. 

Un altro frastuono in lontananza e il suono dei palazzi che crollavano sovrastarono le sue parole quando provò a chiederle cosa avesse. Lei non rispose. Gli circondò le spalle per tentare di risollevarla e fu inebriato dal suo odore. Vide intere porzioni di terreno sprofondare nel fuoco e nella lava che in qualche modo era fuoriuscita dalla terra e iniziò a sentire l’urgenza della paura incombere. Quella era una visione del passato, giusto? 

Cercò di ricordare come si fosse trovato in quel luogo. Era incredibile: aveva il privilegio di osservare eventi che si erano svolti millenni prima. Tutto questo grazie al potere della ragazza.

D’un tratto, vide una enorme colonna di luce dorata apparire da qualche parte, in lontananza. 

Nel frattempo, Hitomi aveva iniziato a calmarsi, progressivamente respirando in maniera più regolare si era mossa per rimettersi in piedi. Lui l’aiutò a risollevarsi indugiando qualche istante in più con la mano intorno al suo braccio, temendo che non riuscisse a resistere alle oscillazioni che progressivamente aumentavano. 

« Alcuni riuscirono a fuggire… una manciata di sopravvissuti. Il portale fu creato in questo modo, per sigillare questo luogo. »  disse, indicando la colonna di luce che lentamente svaniva all’orizzonte. Rakos vide le fiamme sollevarsi e aggredire tutto ciò che la vista poteva scorgere.

Quella era stata la fine di un’epoca d’oro. 

Hitomi si volse nuovamente a guardarlo. Rakos vide che il suo sguardo aveva perso quella scintilla di luce…sembrava, un’altra persona.

« A Gaea, benedetta dai desideri delle persone, non è permesso crollare. »

 

D’un tratto si ritrovò nuovamente nel suo laboratorio, la luce della macchina si affievolì e si rese conto che stava ancora tenendo per le braccia Hitomi che, quasi contemporaneamente, si afflosciò in avanti, con gli occhi semi chiusi, esausta. 

« Hitomi! » la chiamò, sostenendola. Si rese conto di quanto fosse piccola in confronto a lui e, soprattutto, leggera. Lei sollevò il capo stranita nel sentirsi chiamata per nome in quel modo, cercando di puntellarsi con i piedi per rimanere eretta. Rakos capì che non avrebbe voluto il suo aiuto e si stava sforzando per non cedere alla debolezza davanti a lui. Eppure era impallidita e sembrava svuotata di ogni energia.

« So che avete visto anche voi. » disse con la voce ridotta ad un sussurro. 

Lui annuì, osservandola dritta negli occhi. « Sì, ma i miei obiettivi non sono cambiati. » 
 Vide la delusione nel volto della ragazza e la frustrazione crescere.

« Come potete volervi spingere a tanto? Avete visto le conseguenze di chi ha provato prima di voi ad utilizzare un simile potere! » dicendolo, aveva guadagnato forza nella voce. Gli occhi le si riempirono di lacrime. Rakos rimase sorpreso da quanta bellezza e fierezza trasmettessero il suo sguardo. Era arrabbiata e non si sarebbe fatta vedere debole. 

La vide fare un respiro e raccogliere le forze, liberandosi dalla sua stretta. Per un momento Rakos temette che potesse pericolosamente oscillare ma la Ragazza della Luna dell’Illusione aveva una volontà tutta sua e riuscì a rimanere in piedi. 

« Se non avete intenzione di capirlo voi, riusciremo a fermarvi! Van verrà certamente qui! »

Quelle parole di provocazione non lo scalfirono nel modo in cui si aspettava. 

Questa volta, cercò il suo polso e lo strinse nuovamente, mettendo una forza maggiore di poco prima. « Allora, vi lascerò provare. Ma voi siete la migliore garanzia del mio successo. » Hitomi l’osservò perplessa e con uno strattone Rakos lasciò che si liberasse. 

« Lo avete detto voi stessa: Gaea è retta dai desideri delle persone e non le è permesso di crollare! » 

 

Van era irrequieto. Lo era stato tutta la mattina. 

Erano trascorse diverse ore dalla conclusione del consiglio che aveva coinvolto tutti i dignitari che – ancora – rimanevano a Fanelia per decidere come e quando iniziare un attacco congiunto contro Basram, il Sovrano si era trattenuto a parlare con Allen.

« Ti rendi conto che ti sei giocato tutta la tua credibilità come sovrano, lì dentro? » Il Cavaliere Celeste era calmo, ma anche lui era rimasto piuttosto sconvolto dalle parole con cui Van aveva richiesto la loro attenzione.  

Van aveva continuato a camminare avanti e indietro, con la spada al fianco e un’aria d’urgenza stampata sul volto. 

« Allen, vorrei tanto sbagliarmi. Lo vorrei davvero. Ma forse il ciondolo di Hitomi è rimasto nelle mie mani per una ragione. » Dicendo questo lo tirò fuori dalla tasca all’interno della quale lo stava custodendo. Lo infilò intorno al collo. 

« Sono sicuro che Hitomi stia bene. Se fosse in grave pericolo sono certo che tu più di tutti noi riusciresti a sentirlo. »

Il Re di Fanelia strinse i pugni lungo i fianchi e si volse a guardare fuori dalla finestra. 
 « Mi sento come se fossi prossimo ad essere spinto in fondo ad un abisso. Non so quanto ci vorrà ma ho la sensazione che potrebbe succedere da un momento all’altro. »

Allen aveva scosso il capo. « Che tu sia preoccupato è naturale. Lo siamo tutti. Ma non dovresti sottovalutare la forza di Hitomi. In passato ha dimostrato di una avere una tempra rara. » 

Van annuì, apprezzando le parole di conforto dell’amico. 

« L’orientamento generale degli altri regni è quello di sferrare un attacco congiunto contro le forze di Basram. Esploratori mandati da Dryden sono già diretti ad Asturia per allertare il grosso delle truppe. La stessa cosa è stata predisposta dal Principato di Freid. A quest’ora avranno già ricevuto l’ordine di muoversi. »

« Così avrà inizio un’altra guerra…» Van scosse il capo, demoralizzato. 

Allen si mosse in direzione di Van e gli mise una mano sulla spalla. « Talvolta la battaglia incombe, che lo vogliamo oppure no. Questo mi era stato detto una volta dal Sommo Balgus. » fece una pausa, « Ma se è una battaglia deve avere luogo, allora che sia combattuta per proteggere e mai per aggredire per primi. »

Proprio in quel momento la grande porta scorrevole si aprì ed entrò una delle guardie del castello di Fanelia. Aveva il volto trafelato, era sudato ed era visibilmente agitato.

« Vostra Maestà! L’abbiamo trovata! L’Arma definitiva si trova nella foresta! »


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Eccoci qua! 

Siamo nel vivo della storia! Oltre questo capitolo già pubblicato il successivo è già quasi pronto e sto procedendo con la scrittura dell'undicesimo.

Penso di essere arrivata più o meno a 3/4 della storia, sto già costruendo nella mia mente le scene principali del climax, spero di non deludervi!

Grazie, come sempre, a chi legge e a chi vorrà lasciarmi un commento sulla storia. 

A presto!

Usagi.

  
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