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Autore: bUdson281    20/08/2022    1 recensioni
"Esporre la verità alla luce del sole è il miglior modo per nasconderla" disse Shinji coprendosi l'occhio destro con una mano. "Tu vedi il mio occhio demoniaco e pensi di aver capito, ma è la cicatrice che devi guardare se vuoi sapere chi sono".
EoE non è NGE e non è il Rebuild, nonostante il tentativo di chiudere i conti che ha informato la nuova versione cinematografica. Quella di EoE è una favola senza lieto fine, né potrà esservi una definitiva redenzione per due personaggi sfortunati la cui ricompensa è stata comprendere la necessità sopportare le difficoltà delle relazioni, poiché l'inaccettabile alternativa è restare soli. Sono partito dal Rebuild sforzandomi di rimanere fedele all'animo tormentato dei due ragazzi e di trarre dal loro vissuto le chiavi della "risoluzione" di e dopo EoE. I personaggi hanno ancora qualcosa da dire, nonostante la fine ufficiale della saga.Un clone non è uguale al suo originale, perciò narra la propria storia. Come direbbe lo Shinji di questa long, si riparte proprio dagli errori commessi, non tanto perché sia saggio o giusto quanto perché alle volte non c'è altro modo per fare un passo. Ok ALLERTA SPOILER.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Asuka Soryou Langley, Nuovo personaggio, Shinji Ikari
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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INDICE

Prologo: NINNA NANNA PER SHINJI
I atto: IL VECCHIO E LA STREGA
II atto: OCCUPATI SOLO DI TE STESSO E DI NESSUN ALTRO!
OVVERO NELLA "VALLE" DEGLI SPIRITI INQUIETI
III atto: EMILY DAI CAPELLI E DAGLI OCCHI NERI COME LA NOTTE
Epilogo: << BASTA!!! BASTA CIBO PER CANI! >>
                                                                    
ADDENDA

L’ALBA, OVVERO IL GIORNO DELLE NOZZE
L’ALBA, OVVERO << FINALMENTE UN LIMITE >>
 L’ALBA, OVVERO << STAI MESSO MALE >>
 
 
PERSONAGGI
Shinji/Furia Buia/Diavolo
Soryu Asuka Langley/Anima
Emily/Anima
Autore (di questa fanfiction, è ovvio)
Un vecchio
Una strega
Un poeta malinconico
Una rumorosa folla di spiriti; anzi due, ma la seconda più che altro è ipocrita.

GUEST STAR:
Venom
Un re interamente caotico il cui nome non conosco
Un giovane dai capelli bianchi di nome Tasoichi
 
[ N.d.A. 1) Il primo atto è corto, gli altri due sono molto più lunghi. 2) La chiave dell’intero capitolo è la cicatrice del protagonista, non il suo occhio sinistro. 3) Se sentite un forte odore di zolfo significa che state osservando l’occhio e non la cicatrice, perché a bruciare sono la testa di un fiammifero e l’olio di una lanterna, non l’inferno. 4) Consiglio di rivedere l’ultima parte del capitolo XX in cui il Diavolo si ribella. 5) Cfr I atto in cui Shinji afferma: << tu vedi il mio occhio demoniaco e pensi di aver capito ma è la cicatrice che devi guardare se vuoi sapere chi sono >> ]
 

*****
 
PROLOGO

NINNA NANNA PER SHINJI
 

Erano trascorsi pochi giorni da quando Shinji aveva intrapreso la “missione” o, meglio, iniziato quel “viaggio” nel suo mondo reale, i cui primi passi sono stati raccontati nel capitolo precedente.
Si era separato dai suoi cari con nel cuore un’aspirazione al centro di sentimenti contrastanti e nella testa un proposito ancora non del tutto chiaro al centro di pensieri in perenne conflitto.
La destinazione era lontana, nello zaino portava un piccolo libro e all’interno del piccolo libro una matita smozzicata segnava un capitolo, sottolineato più volte, che parlava della “casa”.
<< Voglio impararlo a memoria >> si era detto una sera il cacciatore di venticinque anni che fu pilota mentre da solo, al sicuro dietro un piccolo muro di roccia, che dieci metri più lontano sarebbe stato più appropriato chiamare “scoglio”, prestava attenzione ad ogni ombra, odore e rumore, con i muscoli tesi come quelli di un suricato che scandaglia l’ambiente per intercettare una minaccia. << Lo reciterò a mia figlia e per lei sarà come una favola >>.
La notte che stiamo per raccontare, tuttavia, lasciò il libro nella sacca.
Dopo aver trovato un buon posto per riposare, riparato dal vento umido proveniente dal mare e da sguardi inopportuni, come un legionario al termine di una lunga marcia sistemò le trappole tutt’intorno, definì meglio e rinforzò i lati della buca che aveva scelto come giaciglio armeggiando con la vanga sul terriccio misto a sabbia compatta, preparò le munizioni e pulì con diligenza le armi per poi posizionarle in modo ossessivamente meticoloso vicino ai confini della fortezza in miniatura, in corrispondenza dei quattro punti cardinali.
Terminato il lavoro, mentre valutava la correttezza dell’opera, complimentandosi in silenzio per il grado di perizia che aveva raggiunto, si rese conto, in virtù di una recente intuizione, che era inutile proteggersi unicamente dall’esterno e che il caos andava governato se non addirittura, in alcuni casi, assecondato pur con la dovuta resistenza. Perciò spostò a caso una delle armi dal suo preciso allineamento per accettare un principio di Caos nell’Ordine che aveva appena creato.
Sciacquò la benda, ristorò l’occhio buono dalla fatica grazie al collirio che un’amorevole Sakura si era preoccupata di preparare appositamente per lui e, infine, estrasse dallo zaino la cena, una scatola di cibo per cani, e un sacchetto trasparente di quelli antigelo che conteneva due bacchette di legno e una forchetta. Consumò il pasto in silenzio con calma, interrotto un’unica volta dal sibilare di alcuni sonagli che fungevano da allarme.
Appiattito sulla sabbia, con il fucile già carico tra le mani, un respiro quasi assente e i battiti che rallentavano, come gli accadeva quando entrava in modalità “cacciatore”, aspettò un po’. Un altro rumore confermò il suo sospetto: a disturbarlo era stata solo una raffica improvvisa di vento.
A parte questo, il tempo della veglia trascorse noioso, come il paesaggio illuminato da una gigantesca luna bianca divisa in lotti da strade rosso sangue che si intersecavano con tale accuratezza da formare quadrati apparentemente perfetti.
Guardando in direzione del mare, seduto un po’ curvo e con gli scarponi finalmente slacciati, Shinji continuò a masticare lentamente il cibo da ciotola sorseggiando di tanto in tanto dalla borraccia per mandar giù qualche boccone troppo secco. Lontano, sulla superficie d’acqua salmastra, che al largo si mostrava venosa e grumosa, oltre all’immancabile testa marcita di Ayanami a cui da tempo non faceva più caso, vide come ogni sera una folla di fantasmi, quelli che aveva generato in anni trascorsi a proteggere ciò che ancora poteva e valeva la pena difendere.
Non erano tutti, soltanto quelli per cui provava una sorta di rimorso, forse perché uccisi troppo presto o perché dopo non era riuscito a fugare il dubbio di aver preso la decisione sbagliata.
Shinji aveva imparato a mantenere le distanze da quella folla, per non farsi travolgere. Talvolta, quando quella calca rumoreggiava nella sua testa, l’ammansiva promettendo udienza a ciascuno spettro per ascoltarlo e dargli, se possibile, un po’ di pace.
Le sue intenzioni erano sincere, per quanto fosse consapevole che non si sarebbe mai liberato di quella compagnia e che la durezza quasi tirannica con cui manteneva l’ordine dentro di sé era indispensabile per creare spazio nel cuore.
Provava compassione, certo, ma su quella spiaggia non c’era nessuno con lui, non poteva raggiungerlo la voce di Asuka che involontariamente portava con sé altre voci, latrici di buoni giudizi, buoni costumi e verità comuni sputate con lapidaria saggezza e dotate di quella inconfutabile chiarezza tipica sia delle frasi fatte, che si spacciano per massime immortali, sia delle proiezioni scaraventate lontano come lance dalla punta acuminata. Voci provviste di quella superficialità tanto apprezzata da menti troppo spaventate per (o poco interessate a) approfondire un argomento.
In tal modo aveva scoperto di vedere Asuka. E se ne rammaricava poiché da poco aveva compreso che odiarla era più facile che sforzarsi di capirla; che combatterla gli permetteva di proteggersi; che opporsi a lei era utile a giustificare se stesso.
Provava compassione, certo, ma su quella spiaggia non c’era nessuno con lui e poteva permettersi di analizzare il problema senza preconcetti. In realtà, è più corretto dire che era costretto ad analizzare il problema. In fondo era ritornato alla vita accettando in anticipo tutte le domande che il cuore e la mente gli avrebbero posto e la complessità connaturata alle risposte, spesso parziali e mai definitive, che sarebbe riuscito a trovare lungo la strada.
Provava compassione, certo, ma su quella spiaggia non c’era nessuno con lui; perciò colse una particolare sfumatura del suo sentimento e colse la reale natura del dubbio, sempre lo stesso, marchiato sul vapore di ogni fantasma. Provava compassione non perché fosse effettivamente dispiaciuto di aver tagliato un filo prima del tempo ma per la possibilità di cambiamento che lui aveva frustrato con il coltello o con il fucile o a mani nude.
E se, invece di essere prudente, di seguire l’istinto, l’esperienza e uno strisciante terrore per l’altro, avesse osato parlare con alcuni di loro quando ancora respiravano e potevano essere toccati, se avesse trovato il coraggio di rischiare e offrirli l’opportunità di cenare e dormire nel suo villaggio, chi può dire come si sarebbero comportati?
“Chi può dire” talvolta rifletteva “che, vivendo esperienze diverse in un ambiente diverso, persino i predatori non possano mutar pelle e diventare esseri umani?”
Questo pensiero in particolare era importante per Shinji perché sentiva di appartenere alla razza delle creature che combatteva. E se, come aveva detto a sua figlia, anche lui avesse avuto l’occasione di cambiare? Se fosse stato uno di quei defunti che aveva tentato di avvicinarsi alla sua casa animato da cattive intenzioni, inconsapevole, a causa della vita conosciuta o del bisogno e non di una innata disposizione alla malvagità, di avere in sé altri e migliori propositi, come si sarebbe sentito davanti a Furia Buia che gli sbarrava il passo?
Provava compassione, questo si, ma su quella spiaggia non c’era nessuno con lui e riuscì ad ammettere che provava compassione per se stesso come se fosse un altro e rifletté su quel particolare processo, punto di fuga e di incontro, di creazione e distruzione, che permette la relazione ad una coppia di falsità: egoismo ed altruismo. Inesistenti in natura se non, appunto, in relazione.
Shinji guardò ancora i fantasmi e, dopo aver sputato un pezzo di carota talmente morbido che temeva fosse andato a male (più del resto della cena), scostante esclamò: << maledetta immedesimazione! >>
Era Furia Buia con il suo occhio sinistro e la lunga cicatrice che tentava di proteggere, talvolta invano, il pilota dalle condanne che si infliggeva anche quando provava buoni sentimenti.
Shinji aveva smesso di sprecare tempo a procurarsi le sigarette perché ad un cacciatore come lui il fiato serve quanto una pistola pulita e un caricatore pieno. Inoltre, accendere una sigaretta di notte era il modo migliore per farsi trovare e in quello scorcio di mondo non era quasi mai salutare incontrare sconosciuti. Si era deciso pertanto da poco più di anno, da quando aveva evitato alla piccola Mari il trauma di uno stupro, di sostituire al tabacco, seppur bruciato molto occasionalmente, il legno dei fiammiferi.
Ne prese uno già mangiucchiato da una tasca del giaccone e iniziò a masticarlo senza accorgersi che la palpebra stava iniziando a calare dolcemente sull’unico occhio sano. Quando capì che la stanchezza l’aveva ormai afferrato, gettò il cerino e adagiò la schiena sulla sabbia dimenticando di spiegare la stuoia.
Non prendeva mai sonno facilmente ma quella notte non fece neanche in tempo ad augurarsi di non essere preda dei soliti incubi né a precettare, affinché montasse di guardia, l’ombra della morte, che lo seguiva da anni come una vecchia compagna e che in più di una circostanza lo aveva aiutato dando suggerimenti al suo istinto.
Mentre il corpo si appesantiva e una densa foschia avvolgeva la coscienza, la mente del guardiano formulò una frase che diede sostanza ad un pensiero e quel pensiero assunse la forma di Shinji Ikari in piedi su uno sfondo nero, un po’ defilato sulla sinistra, munito di benda, giaccone e armi. << Io sono il Diavolo! >> fu la frase che udì.
Ma poiché quel pensiero, circoscritto da una frase tanto impegnativa, da solo non poteva esprimere alcuno degli infiniti significati che conteneva e poiché un pensiero, per quanto definito da una frase, si manifesta attraverso un’immagine, allora la sua mente formulò quasi in contemporanea una nuova immagine, un po’ defilata sulla destra, affinché entrasse in relazione con la prima.
Quell’immagine assunse le sembianze di Asuka, già donna, con il plugsuit rosso  come i capelli lunghi, un po’ spettinati, e con un occhio semi chiuso, sempre il sinistro. La forma di Asuka circoscrisse un pensiero complementare al primo, anch’esso potenzialmente portatore di infiniti significati. E quel pensiero si tradusse in una frase che permise alla prima asserzione di generare un senso tra i tanti coerenti con la sua natura. E quella frase si manifestò alle orecchie di Shinji con l’apparenza di una domanda: << dov’è l’Anima mia? >>
Al centro dello sfondo nero si aprì un cerchio che sembrava un occhio. Era interamente rosso.
Questo udì e vide Shinji ormai lontano dalla veglia, poi sprofondò in un sonno incautamente profondo e iniziò a sognare. Non uno di quei sogni particolari per mezzo dei quali creava, senza sapere come, interi universi, copie perfette del suo così come lo aveva conosciuto in parte da essere umano e in toto da dio, suo malgrado, della distruzione e della rinascita, essendo stato per un tempo infinitamente breve e lungo ogni cosa esistita e nessuna cosa, ogni pensiero e azione, esperiti e potenziali, e nessuno di essi. Non quindi uno di quei sogni particolari che aveva imparato a trattare come una sorta di laboratorio o scuola o palestra, al fine di acquisire informazioni e affinare abilità, ma di cui avrebbe colto il reale valore solo durante la sua ultima notte.
Shinji semplicemente sognò come un comune mortale, sebbene si trattasse di un sogno tutt’altro che comune, poiché proprio in quel sogno il vero proposito che lo aveva spinto a partire, raggiungere il cuore del suo inferno, e la fiamma che gli si era da poco accesa nel petto furono messi alla prova molte volte.
 
*
Tutto questo lo so perché mi aveva già anticipato che sarebbe stato importante e, nonostante fosse mia intenzione proseguire con la storia senza interromperne il filo, ho preferito ancora fidarmi di lui.
Cavolo, a differenza di quanto ho appena scritto è stato difficile farlo addormentare, poiché sia con le buone che con le cattive non riuscivo a cantargli una ninna nanna che incontrasse il suo gradimento.  Entrambi, allora, per stanchezza ci siamo ritrovati ad ascoltare in silenzio musica di tutti i generi sorseggiando a turno, da un’unica coppa riempita in questi anni, un vino junghiano – almeno così mi è stato venduto - dal robusto sapore nietzschiano speziato con aromi vari, di alcuni dei quali so poco e perciò non dico, mentre di altri non dico e non solo perché mi è parso di averli percepiti per la prima volta e non saprei come descriverli.
Appena vuotata la coppa, dal cilindro di una lunga playlist è sbucato, a mo’ di coniglietto bianco, il quintetto per archi in do maggiore, op. 163, D. 956 di Shubert.
Alla faccia del suo rifiuto psicologico per la musica classica, direi del tutto giustificato nel suo caso, Shinji si è lasciato cullare come un bambino. Anch’io, ad essere sinceri, mi sono addormentato quasi subito. Prima però ho rimboccato le coperte allo strano dio o diavolo che da un po’ condivide con me la stessa strada e a cui mi sono affezionato al punto da risolvermi ad accettarne come “reale” l’esistenza. Ho chiesto per mio e suo conto alla morte di vegliare sul nostro sonno indifeso e gli ho detto a bassa voce: << dormi bene, amico mio >>.
Conosco il suo sogno in tre atti perché per alcuni aspetti (non tutti e, forse, nemmeno i più importanti) è stato anche il mio.
Per certo so soltanto che nel suo sogno c’ero anch’io, il personaggio dell’autore, e che alcune prove non erano destinate soltanto al protagonista.
 
Prima di iniziare con il racconto di questo “grande sogno” che rappresenta una sorta di intervallo tra il primo e il secondo tempo della storia vera e propria, mi corre l’obbligo di trascrivere un dispaccio di Asuka (Soryu, per non fare confusione). La missiva recita: “se ciò che accade alle terme nel capitolo precedente è il centro dell’intera narrazione e nel penultimo capitolo – sperando che l’autore decida di darsi una mossa … e che sia in grado di scriverlo in modo decente – è descritta la sua circonferenza, questi tre atti, pubblicati in tre parti, ne esprimono l’Anima. Inoltre, compendiano ciò che finora è accaduto e ciò che ancora deve accadere. Non per vantarmi (sapete bene che non sono il tipo) ma, per ragioni che dovranno sempre sfuggire, almeno in parte, l’Anima del racconto sono proprio io.
P.S. per Shinji e per la penna assurda che lo accompagna: mi avete lasciata sola, brutti idioti. Giuro che la pagherete cara”.
Buona lettura!
*
 
 
 *****
 
 
 I ATTO

IL VECCHIO E LA STREGA

<< Io sono il Diavolo. Sono la vita che tieni fuori dalla porta >>

Quando il Diavolo, prima di definirsi tale e di rivelare che viaggiava alla ricerca dell’Anima che lo attendeva, incontrò lungo la strada un Vecchio che giocava con la sabbia e una Bambina dispettosa che in realtà era un’adorabile Strega.
 
Molti “discepoli” hanno sempre buon gioco nel diffondere le proprie opinioni nascondendosi dietro le parole sante e illuminate (o presunte tali) dei “maestri” salvo poi difendersi dicendo: << è colpa loro poiché ci hanno traditi >>.
 

*****
 
<< Sono il Diavolo e sto cercando l’Anima mia! … Perché, perché dovrei essere il Diavolo? Mi hanno detto che è una cosa brutta. La mia Anima! Non ne ho forse una? Ma, se è così, per quale motivo sento il bisogno di viaggiare per trovarla? Possibile che anche il Diavolo cerchi la sua Anima? >>
Così Shinji parlò a se stesso con la bocca impastata e la voce profonda e roca, come succede a chi si è appena svegliato.
 
In tal modo inizia, raccontato al passato da un narratore esterno, il primo atto del sogno durante il quale Shinji/Furia Buia affronta la sua prima prova.
 
<< Mi fanno male i piedi >> disse dopo un po’ mentre camminava lungo uno spiaggia all’apparenza infinita, costeggiando sulla destra un mare rosso, mortalmente calmo, e sulla sinistra una savana di sterpi e macerie talmente anonimi che non era possibile coglierne le differenze.
<< Se trovassi un buon posto potrei fermarmi e slacciarmi gli scarponi >> rifletté ad alta voce osservando il cielo notturno rischiarato da una luna gigantesca, il cui pallore era così accecante che nascondeva le stelle alla vista degli umani.
Shinji non riusciva a ricordare da quanto tempo fosse in cammino, né gli parve di riconoscere il luogo che attraversava pur essendo identico a tanti altri posti che aveva visitato nel corso degli anni.
Tuttavia, l’assenza di simili informazioni, vitali per un cacciatore, non lo disturbava. In realtà era inconsapevole di averne bisogno. E’ ciò che sperimenta chiunque stia dormendo. Si limitò pertanto a registrare la sua ignoranza.
<< Poiché mi muovo, il tempo scorre >> si disse sempre a voce alta per riconoscere se stesso nell’atto del parlare << ma non sono in grado di calcolarlo >>.
Si accorse che le onde raggiungevano la riva nel più assoluto silenzio. << Che sia lo sfondo di un film muto? >>
Dopo un po’ si rese conto che non vi erano punti di riferimento e che, pertanto, oltre al tempo non poteva calcolare lo spazio. << Se mi muovo significa che lo spazio esiste ma non vedo un filo d’erba che misuri la distanza, non un grumo di alghe, non un accumulo di sabbia che mi permetta di contare le dune e dire: ne ho superate quattro. Ecco la quinta! Già vedo la sesta >>.
<< Il suono >> disse . << Non c’è alcun suono. Non solo il mare, non sento neanche il rumore dei miei passi, non un fischio, un fruscio, un sibilo, un boato che mi permettano di esclamare: si avvicina o si allontana! >>.
Perciò smise di parlare poiché iniziò a dubitare di aver detto qualcosa e a credere di aver sentito unicamente i suoi pensieri. Poi fu assalito da un dubbio ben peggiore. “E se in realtà” pensò e basta “non stessi neanche camminando?”
Una folata di vento di cui non colse l’origine attraversò la spiaggia e lo raggiunse sotto forma di fruscio. Fu talmente lieve che non smosse un singolo granello di sabbia ma Shinji la percepì e si sentì rinfrancato. << Allora esiste lo spazio >> provò ad affermare dapprima insicuro. << Perciò il tempo esiste. Ho udito il vento, quindi non tutto è silenzio e ora sono sicuro di sentire la mia voce. Quindi, sto realmente camminando >>.
In questo modo Shinji, che pure credeva di essere sveglio, accettò la realtà del sogno e si determinò a proseguire.
Il soffio si estinse, la cicatrice che frastagliava il lato sinistro del suo viso prese a vibrare. Il cacciatore massaggiò lo sfregio per lenire il dolore, senza tuttavia togliersi la benda. Quando la cicatrice smise di angustiarlo guardò davanti a sé ed esclamò: << c’è qualcuno >>.
Il deserto che precipitava nel mare a riposo in una notta immobile, dominata dalla luna scintillante e sanguinolenta, non era più un semplice sfondo inanimato poiché, a meno di cento metri di distanza, come apparse dal nulla, Shinji scorse due figure non ancora chiaramente distinguibili. Gli apparivano come macchie su uno sfondo illuminato dalla luna, ma si muovevano. Stropicciò l’occhio e osservò meglio. << Sono vive >> esclamò entusiasta. << Si, sono vere. Devono essere vere. Forse non è un miraggio >>.
Affrettò il passo, beandosi dei tonfi prodotti dagli scarponi a contatto con la sabbia. L’istinto del cacciatore ancora dormiva e non colse i segni di alcun pericolo; la cicatrice era vigile, pronta a proteggerlo da una minaccia diversa. La coscienza di Shinji, invece, considerò semplicemente che c’era qualcuno con cui avrebbe potuto parlare. << Ho cibo e acqua >> rifletté. << La condivisione è stata utile con le sentinelle[1]. Forse non si sentiranno minacciati dal mio volto e mi consiglieranno un sentiero che mi conduca più rapidamente all’appuntamento con l’Anima mia >>.
Shinji desiderava la compagnia e, per quanto provasse disagio all’idea di relazionarsi con degli sconosciuti, era stanco di perpetuare la propria solitudine. << Può essere un buon allenamento. E’ un’ occasione per imparare a stare con gli altri, a sperimentare nuovi modi di essere. Per una volta posso provare a tendere una mano invece di aspettare che qualcuno lo faccia con me. Sono in due, quanto baccano possiamo fare in tre? >>
Shinji stava correndo ma una visione straordinaria lo costrinse ad arrestarsi. Sospeso al centro del cielo notturno, infatti, molto più in là rispetto a dove si trovavano i due sconosciuti che stavano lentamente emergendo dall’ombra, vide un cerchio di un rosso arterioso che sembrava un occhio ed era grandissimo, così vasto da non temere la concorrenza della luna.
La cicatrice tornò a vibrare e divenne un battito. Shinji, però, non provò alcun fastidio e si limitò a toccare l’occhio sinistro che pulsava a tempo. << E’ il cuore del mio inferno >> pronunciò con devoto timore. << E’ quella la mia meta, lì mi attende l’Anima mia >>.
Quindi rimase per un po’ in silenzio ringraziando in cuor suo le persone che stava per incontrare. “Non ho dovuto chiedervi niente. Appena siete apparsi la meta si è manifestata”. Questo pensò e riprese a camminare.
Quando le raggiunse, le due ombre furono investite dalla luce e Shinji vide un uomo anziano che aveva appena costruito una splendida piramide di sabbia. Stava dando gli ultimi ritocchi alla sua opera e intanto sbirciava con la coda dell’occhio una bambina, distante pochi metri in direzione del mare.
La fanciulla, che sembrava di un paio d’anni più grande rispetto alla figlia di Shinji, era di una bellezza inarrivabile; vestiva un abitino bianco, trasparente, fatto di un tessuto leggero. Con una mano teneva un palloncino di colore rosso e con l’altra stringeva un lecca lecca di identico colore e intanto ridacchiava un po’ vezzosa, un po’ seducente, un po’ maligna.
Fu proprio la bambina che per prima notò il cacciatore. << Ciao, straniero >> lo salutò.
<< Che vuoi? >> gli intimò il vecchio che, colto di sorpresa, istintivamente si protese verso la piramide come per proteggerla con tutto il suo corpo.
<< Non abbiate paura >> disse Shinji. << La mia cicatrice non fa di me un uomo malvagio e la benda copre un occhio morto che potrebbe mettervi a disagio. Ho camminato tanto, al punto che ho temuto di essermi perso. Ho ancora parecchia strada da fare. Vi chiedo di tollerare la mia presenza e di lasciarmi riposare in vostra compagnia >>.
<< Dove sei diretto? >> chiese la bambina che fissava Shinji con i suoi occhi brillanti ma di un colore che è impossibile descrivere, forse inesistente in natura.
La cicatrice impose al cacciatore di non rispondere. Perciò Shinji disse: << non ho molto da offrirvi se non brutte avventure, cattivo cibo ma buona acqua che ho trovato in un’oasi lontana. Ciò che ho sarà vostro se mi accetterete per un breve scorcio di questa lunga notte >>.
<< Hai anche molte armi >> aggiunse il vecchio.
Il cuore di Shinji suggerì alla lingua: << sono un guardiano del limite e proteggo i viandanti nel loro cammino. Da queste armi non riceverete danno, con queste armi vi difenderò a costo della vita se mi lascerete restare per recuperare le forze >>.
<< Sono d’accordo >> rise la bambina che aveva continuato a fissare con spudorata attenzione il nuovo arrivato. Finse di addentare il lecca lecca muovendosi con studiata lentezza, imitando i gesti e simulando la passione di una donna adulta, forse per irretirlo. << La compagnia di quel rimbambito mi stava annoiando >>.
<< Purché non tocchi il mio prezioso lavoro e tenga a bada quella mocciosa, ti do il permesso di fermarti >> sentenziò il vecchio. << Però non mi piace che tu stia in mezzo a noi. Devo poter guardare quella maledetta strega. Lei è mia nemica e voglio sapere cosa combina >>.
Shinji si accorse che il vecchio aveva ragione e che si trovava proprio tra loro due, così perfettamente nel mezzo da sporcare la visuale ad entrambi. Provò a spostarsi prima un po’ più avanti, poi indietro. Quindi cerco di scartare di lato per posizionarsi alle spalle del vecchio o della bambina. Ma ogni tentativo fu vano. << Mi rammarica, Vecchio, non poterti accontentare ma a quanto pare devo stare proprio in mezzo a voi. Spero di potermi muovere tra un po’, altrimenti non potrò continuare il viaggio >>.
<< E’ sicuramente un trucco di quell’orribile strega >> disse il vecchio.
<< Guarda che non ho fatto niente >> si infuriò la bambina che aggiunse: << stavolta >>.
<< Non ti credo. Comunque, uomo armato, se vuoi restare, devi imparare almeno l’educazione >> rimproverò Shinji. << Perciò non chiamarmi Vecchio. E’ la prima regola a cui devi obbedire >>.
Furia Buia provò rabbia sentendo le parole obbedire e regola ma decise di resistere considerando che effettivamente era stato scortese. << Come posso chiamarti allora? >>.
Il vecchio si voltò verso Shinji e, aggiustando una cravatta blu scura su una camicia celeste tagliata su misura, disse con tono grave: << voi esseri umani mi chiamate in tanti modi ma, affinché ti sia chiaro al cospetto di quale forza smisurata hai avuto l’avventura di porti, ti dirò che il mio nome è Realtà >>.
<< Quando parli sembri ancora più vecchio >> sibilò la bambina.
<< Strano nome >> commentò Shinji.
<< Dovresti provare terrore davanti a me, mio avventato e inesperto giovane >> disse il vecchio con affettata condiscendenza. << Dovresti nutrire un sacro rispetto nei miei confronti. Io sono gli attimi che vivi sulla tua pelle e l’elaborazione di tutti gli attimi che voi umani chiamate esperienza diretta, sono l’esterno in cui ti muovi e puoi realizzare qualcosa, sono l’ambiente in cui vivi e i sensi che ti permettono di relazionarti con esso. Sono disciplina e lavoro che conduce ad un fine, sono le opere realizzate e quelle che verranno, sono gli uomini e le donne reali con cui sperimenti rapporti reali  >> gridò affinché la bambina capisse che ce l’aveva con lei. << Io sono la morale e la costante saggezza che aiuta l’uomo ad essere virtuoso, a pensare al bene dell’umanità. Io sono l’Ordine in cui l’uomo può essere libero di seguire una direzione, sono le regole che vi consentono di non sprecare il vostro misero tempo, sono la concatenazione di pensieri che chiamate ragionamento, sono l’insieme di atti che rendono possibile ad ogni missione di essere condotta a termine >>.
Shinji ascoltò con attenzione e fu sorpreso dalla descrizione che il vecchio aveva appena fatto di se stesso. “Così l’Ordine può assumere anche le sembianze di un vecchio” rifletté. Ma l’ultima frase che aveva udito lo costrinse a domandargli: << e dopo? >>
<< Come dopo? >> ripeté meravigliato il vecchio a causa della poca stima che Shinji gli dimostrava. << Dopo ci sono altre missioni, altre esperienze, altre opere. C’è sempre da fare >>.
<< Disse il criceto che faceva girare la ruota imprigionato nella sua gabbia >> ribatté sarcastica la piccola strega. << Questa è solo fame. Anche le bestie conoscono la fame >>.
<< Sempre meglio che non combinare niente e risvegliarsi un giorno per scoprire che la tua cassaforte è stata depredata e le occasioni migliori sono andate perdute >>.
<< Senza di me non sapresti neanche pronunciare il termine occasione >> replicò indispettita.
<< E tu >> Shinji si rivolse alla bambina, << come ti chiami? >>
La bambina tornò a studiare l’uomo con la benda e la cicatrice. Era penetrante il suo sguardo, era estenuante la sua fissità, sebbene la bambina non amasse la concentrazione. Ma Shinji non se ne preoccupò. Allora l’espressione giocosa, strafottente e irrispettosa con cui si era mostrata agli occhi del cacciatore che fu pilota venne macchiata dalla preoccupazione. Corrucciò il viso e considerò: << che strano! In genere mi basta un’occhiata per sapere cosa volete >>.
<< Non capisco >> disse Shinji.
<< Per forza, sei un comune mortale >> intervenne il vecchio. << Sta cercando di incatenarti a sé ma per qualche ragione non ci riesce >>.
<< Zitto tu o te ne farò pentire >>.
<< Non litigate >> si intromise Shinji. << Non c’è ragione di passare questo tempo nel rancore. Per favore >> si rivolse alla piccola strega, << dimmi come ti chiami >>.
<< Zoccola! >> sbottò il vecchio.
<< Sei un maleducato e un ottuso >> gridò la bambina che poi rivolgendosi al cacciatore con tono grazioso e due occhi da cucciolo disse: << non dargli retta. Io sono una forza ancora più divina di quel rudere prossimo alla decomposizione. Senza di me voi umani sareste tristi e … >>
<< Non ascoltarla! >> gridò il vecchio. << Cerca di imprigionarti con il suono della sua voce >>.
<< Grazie per l’avvertimento >> rispose Shinji << ma voglio sentire la sua risposta, così potrò decidere per conto mio >>.
<< Non opporti a me! >> urlò ancora più forte. << Non ti azzardare! Tu, inutile mortale, devi obbedire ai miei comandi oppure vattene! Qui solo io posso decidere >>.
La furia si impadronì di Shinji. Il vecchio evidentemente non si curava di intendere cosa ci fosse nel cuore e nella testa di quell’uomo con un occhio solo, perciò non poteva sapere che proprio il giorno in cui anche Asuka tornò alla vita, il giovane pilota, memore del supplizio cui fu sottoposto nella camera del Guf e conscio delle cause che lo avevano spinto a fare del male, investito dalle prime parole di Soryu – che schifo! – che prosciugarono in un istante tutte le lacrime, pronunciò il suo primo voto, quello che potremmo definire come il concepimento di Furia Buia e l’inizio del conflitto, indispensabile per il cambiamento, tra le due metà di un unico volto: io non obbedirò più a nessuno, io non cercherò il conforto di nessuno, io non seguirò alcun maestro, non mi accontenterò di nessuna parola. Io decido … così nessuno soffrirà a causa mia
Furia Buia si girò verso il vecchio ed estrasse il coltello. << Ha ragione la bambina, Vecchio >> ringhiò come un lupo in procinto di azzannare un rivale, << sei un maleducato. Ho promesso che non vi avrei fatto alcun male ma, poiché, anche se volessi andarmene, non potrei farlo, essendo ora costretto a restare con voi, mettiamo le cose in chiaro. Non mi interessa chi tu sia né mi spaventa la tua forza. Prova a darmi un altro ordine e ti giuro che troverò il modo di colpirti, ti giuro che scoprirò di che colore è il sangue di un dio, dovesse costarmi la vita >>.
<< Ma … ma >> balbettò spaventato il vecchio stendendo un braccio verso il cacciatore e strisciando indietro << volevo metterti in guardia. Poiché fissarti non è servito, sta cercando altri modi per scovare i tuoi punti deboli >>.
Shinji ripose il coltello nella fondina ma non smise di stringerne il manico poiché aveva sentito la bambina bisbigliare. << Quale sortilegio è mai questo? Neanche ascoltare la sua voce mi è utile >>.
Il cacciatore fece finta di niente in quanto non disponeva di sufficienti informazioni. Si voltò verso la fanciulla con il palloncino e la incitò a riprendere il discorso.
<< Sei davvero interessante >> commentò la strega schiarendosi la voce. << Poche volte ho incontrato umani come te. Se continua così temo che dovrò studiarti proprio come farebbe un umano per conoscere i tuoi desideri. Uff … è faticoso >> finse di lagnarsi. << Non mi piace procedere per tentativi. Il rischio di sbagliare aumenta >>.
<< Benvenuta nel mondo dei comuni mortali >> replicò affabile Shinji. << Perché vuoi conoscere i miei desideri? >>
<< Per fregarti >> ridacchiò il vecchio che aveva ripreso ad analizzare la sua creazione per verificare che non fosse necessario alcun aggiustamento. Tuttavia, non per questo aveva rinunciato a sbirciare la piccola strega e il cacciatore.
<< Per renderti felice >> rispose fingendo di non aver sentito. << Mio compito, infatti, è quello di aiutare gli esseri umani a soddisfare i loro desideri, dai più nobili e appropriati alla natura di ciascuno ai capricci più insensati con cui smaltiscono le ombre che il vecchio crea. Sono brava anche a soddisfare >> fece apparire a bella posta un intenso rossore sul viso che contrastava con la sicurezza dell’espressione << quelli più segreti e >> fece l’occhiolino << torbidi >>.
<< E’ così che ti imbroglia >> la interruppe il vecchio. << Ti fa credere di poter realizzare tutti i tuoi desideri, ti chiude in una bolla irreale e ti succhia le energie >>.
<< Questo è ciò che pensi tu > ribatté stizzita. << I desideri vanno soddisfatti >>.
<< Tu imprigioni gli uomini con la tua magia >>.
<< Io li libero ma per farlo sono costretta ogni taaanto a legarli a me, altrimenti fuggirebbero per paura del piacere. Non è colpa mia se molti, invece, non capiscono e si attaccano così forte alle mie gambe che per togliermeli di dosso devo usare un piede di porco >>.
<< Tu li leghi perché altrimenti cercherebbero di sfuggirti per timore della fine >>.
<< La smetti di interrompermi? >> gridò al vecchio facendogli al contempo un segno che Shinji non riuscì ad interpretare.
Poiché né guardare Shinji, né ascoltarlo le avevano permesso di leggergli nel cuore la strega decise di affascinarlo con il suono della voce affinché finalmente si abbandonasse a lei. Perciò, stipulato di nascosto un momentaneo armistizio con il vecchio, che in realtà si divertiva a bisticciare con la bambina e non nutriva un sincero interesse a proteggere il viandante con un occhio solo, la bellissima fanciulla riprese a parlare ed era come ascoltare la musica di un flauto o di un’arpa: << tu mi chiameresti Immagine o Immaginazione, Fantasia o Sogno. Nessuno di questi nomi, tuttavia, può esprimere la mia perfezione, la mia potenza, né rendere omaggio al mio fascino. Mio bel cavaliere >> lasciò cadere il lecca lecca, con un salto si accostò al viaggiatore e  ne toccò il petto con l’intento di scardinare le sue difese anche attraverso il contatto, << io sono il filo che permette agli attimi di essere uniti come grani nel rosario del tempo, sono ciò che permette di elaborare le informazioni dei sensi e che il vecchio con avventata spocchia definisce esperienza diretta.
<< Io sono le immagini che consentono alla tua mente di ragionare >> continuò alzandosi sulle punte per soffiare le parole a poca distanza dalle labbra di Shinji, << sono l’ambiente al tuo interno e conservo, senza bisogno di giocare con la sabbia, la saggezza di milioni di anni. Nel mio grembo riposano le esperienze di tutti gli uomini, persino quelle che non conoscerai mai se non attraverso me. Io sono l’ancella degli eroi, il diletto degli dei, sono le relazioni che potresti avere, quelle che desideri avere, sono lo spazio in cui puoi misurare te stesso. Non amo la morale, troppa relativa. Io seguo il corso della vita, sono il volto che dai all’umanità, lo slancio emotivo che porta al sacrificio, sono la distruttrice di regole poiché nel mio regno esistono solo le regole che ogni mio amante sceglie di condividere con me. Sono io >> graffiò la maglia e la pelle di Shinji con le unghie appuntite e ringhiò frustrata in quanto, nonostante il miele di parole, il cacciatore non mostrava di essersi addolcito, << io la più nobile espressione del Caos che fa nascere l’idea di una missione, io il ventre fertile in cui si opera la gestazione del cambiamento >>.
“Perciò il Caos può assumere anche le sembianze di una bambina” considerò Shinji.
La strega fece un passo indietro e non poté nascondere l’irritazione dal momento che ancora una volta aveva fallito. Pensò tra sé: “non mi era mai successo. Perché non riesco a prendere quest’uomo?”
Il vecchio si era scocciato di lasciare l’iniziativa alla bambina e, approfittando della sua incertezza, la pungolò: << tu puoi far nascere l’idea di una missione ma sei troppo incostante e volubile per assicurarti che venga compiuta con successo >>.
<< Non sono incostante >> la bambina sputò contro il vecchio la bile in eccesso, < sono adattabile >>.
<< La verità è che leghi a te ma non sai legarti a niente e a nessuno >>.
<< Non ne ho bisogno. Mi è sufficiente uno schiocco di dita per realizzare ciò che hai costruito. Chi ha ispirato quella piramide, chi l’ha scolpita nel tuo cervello diversamente funzionante? >>
<< Indovina, però, chi l’ha costruita >>.
<< A me basta un lampo del pensiero e posso materializzare mille piramidi >> replicò e tornò a studiare Shinji decisa a non lasciare nulla d’intentato. La strega, infatti, era incostante ma molto testarda.
<< Solo nella tua testa e in quella delle tue vittime >> ironizzò il vecchio che sentiva di essere vincitore almeno ai punti.
<< Mio affascinante straniero >> la strega fece volare anche il palloncino, << non ascoltarlo. Ama distrarmi >>.
<< Come se fosse difficile >> ridacchiò il vecchio.
<< Mio adorabile uomo >> posò di nuovo una mano sul cuore del cacciatore e gli offrì il più dolce e ingenuo degli sguardi, << sarai d’accordo con me che sognare un’esperienza è come viverla. E poi, se io non partorissi le forme dei desideri, come fareste voi umani a muovervi? >>
<< Adesso saresti una benefattrice, vero? >> la rimproverò il vecchio.
Shinji trovava divertente, perché un po’ infantile, il litigio tra queste bizzarre divinità ma continuava a restare concentrato, ammonito dal lato sinistro del suo viso.
<< Non sono una benefattrice >> rispose irritata. Poi tornò su Shinji e tentò di dimostrarsi ancora più piacevole. << Mi diverto a farlo e lo faccio. Mi viene naturale. Voi ne traete vantaggio, quindi di che dovreste lamentarvi? >>
Ascoltandola Shinji ricordò le due facce di Asuka, quella che mostrava al mondo affinché si accorgesse di lei e la trovasse graziosa e quella che solo lui, Misato e pochissimi altri conoscevano. Ricordò, avendola vissuta persino dal suo punto di vista, la caduta di Asuka quando gli eventi distrussero la maschera che la difendeva dai mostri dell’esterno e dell’interno. Provò una fitta al cuore e non riuscì a occultare del tutto l’emozione.
La strega fraintese e credette di aver fatto breccia. Già assaporando l’agognato successo sul più ostico degli avversari cantò per Shinji e fu sensuale. << Io sono il significato che dà contenuto alle opere vuote del vecchio. Il simbolo è il trono al centro del mio regno >>.
Furia Buia sentì bruciare entrambi gli occhi.
<< Tu mangi gli esseri umani >> sbraitò il vecchio.
Come detto, non lo faceva per proteggere i viandanti dagli incantesimi della strega ma semplicemente per il gusto della ripicca. Senza saperlo, però, era di grande aiuto al cacciatore in quanto con le sue parole spezzava il filo del corteggiamento della strega, disperdendone parte dell’energia.
<< Ma no >> disse la bambina senza variare tono poiché non voleva perdere la sua preda ora che riusciva, o così credeva, a sentirne l’odore. << Io non ho alcun interesse a farvi del male ma … se mi va >> si alzò sulle punte e si spinse in avanti per cadere sul corpo del viaggiatore come se si aspettasse di essere abbracciata << ho tutto il diritto di prendere il mio divertimento. I miei servigi vanno ricompensati, non credi? >>
Shinji non si mosse, accettò il peso della strega ma non l’abbracciò. E, poiché aveva ascoltato abbastanza, domandò: << Ti affezioni mai alle persone che vuoi rendere felici? >>
La piccola non riusciva a capacitarsi di tanta resistenza ma non mostrò a Shinji quanto fosse frustrata e si nascose allo sguardo dell’uomo con la benda premendo con forza la testa contro il suo cuore. << Io non mi lego a nessuno >> rispose fingendosi rammaricata, salvo constatare un attimo dopo, e non senza sorpresa, che provava realmente tristezza. << Prima non mi hai sentito? Non ne ho bisogno >>
<< Allora perché senti invece il bisogno di legare gli umani a te? >>
La strega si arrabbiò e saltando all’indietro gridò livorosa. << no, no, noooo. No, Viaggiatore. Tu non puoi incantare me. Sono la più grande strega mai esistita. Io non posso perdere con uno come te >>.
Shinji trasalì. Non solo le parole, anche la voce era quella di Asuka.
La strega non lo fece apposta, intercettò per sbaglio una forma comprensibile al cuore di Shinji ma poiché, proprio in quel momento, era troppo infuriata per cogliere la sua reazione ed essendo abituata a vagare nell’universo dei desideri dei mortali, gratificata solo dalla sua energia e dalla libertà senza limiti del movimento, non comprese di esser giunta alle porte della sua vittima e tornò a lamentarsi: << neanche toccarti è servito. Chi sei, maledetto? Ma … ma io so >> iniziò a piangere << so che c’è qualcosa che ti sta a cuore. C’è in tutti >>. Strillando, mugolando, dimenandosi come la più afflitta della bambine si gettò di nuovo tra le braccia di Shinji. << Aprimi il tuo cuore, ti prego, non lasciarmi sola! Ti darò tutto quello che vuoi. Lo capisci che ti sto offrendo me? Ti è chiaro che diventerò una sola cosa con te? >>
Shinji sentì mancargli il respiro ma per sua fortuna la strega di nuovo fraintese. << Ora sei mio, tutto mio! >> sibilò malefica.
<< Soltanto tuo >> sussurrò sconvolto l’ex pilota che iniziò a tremare.
<< Alla fine ce l’ha fatta >> commentò sarcastico il vecchio. << E pensare che stavo per scommettere su di te >>.
<< Non temere, mio fortissimo Viaggiatore >> sussurrò carezzevole la strega, << la mia vittoria sarà per te motivo di inebriante gioia. Non vergognarti, lo so che mi vuoi, lo so a cosa stai pensando, so cosa vorresti farmi >>. Mentre parlava, con gli occhi fissi sul cacciatore, fece scivolare la mano dal petto lungo l’addome essendosi convinta che volesse essere sedotto.
Shinji, invece, non fu irretito poiché appariva troppo piccola. Al contrario era ancora confuso dallo spettro di Asuka che la strega aveva evocato e dai vagoni carichi di emozioni, di desideri, di vergogna, di dolore che accompagnavano tutte le forme della rossa.
<< Voi maschietti in genere siete facili da gestire >> disse ancora la bambina con maggior confidenza. << Con voi è più una questione di appetito. Mi basta mostrarmi donna per farvi cadere ma tu meritavi tutto il mio impegno >>. La mano aveva quasi raggiunto la fibbia del cinturone e, già pregustando il trionfo, la piccola seduttrice finse di ansimare e provò ad apparire imbarazzata e indifesa.
<< Tu non mi conosci >> le disse Shinji accettando la sfida.
<< Non è necessario che io ti conosca >> sussurrò ammiccante. << Io ho il potere di eccitare ogni punto del tuo corpo, dal più grossolano al più fine, ogni pensiero che scorrazza nella tua mente, sia esso semplice o complesso. Senza di me addirittura il sesso non ha niente di speciale, si riduce ad una copula a scopi procreativi mentre con me il fine è sempre ricreativo Ho potere ... >> distolse lo sguardo in quanto avvertiva un forte disagio ma si fece forza e continuò: << potere su ogni desiderio. Io possiedo una chiave universale >>.
Così disse e tentò di chiudere l’ultima distanza ma il cacciatore le afferrò il polso e con ferma gentilezza parlò alla strega: << in questa notte ho avuto modo di conoscere te e il vecchio. Per questo ho preferito ascoltarvi. Perché semplicemente non mi chiedi cosa desidero? >>
La strega rifiutò la proposta, nonostante conoscere il desiderio del viaggiatore fosse diventato a quel punto il suo chiodo fisso. Rifiutò per puntiglio perché si sentiva respinta; rifiutò perché era competitiva e non accettava di essere stata sconfitta. << No, voglio scoprirlo da sola. Sono sicura di farcela. E’ perché ho le sembianze di una bambina, vero? Guarda che sono molto più vecchia della tua specie. Vuoi che diventi una donna? Diventerò la creatura più bella che tu abbia mai visto e ti lascerò comandare, ti lascerò fare tutto quello che vuoi e sarò per te la più calda, devota e arrendevole delle amanti. Purché tu mi faccia vincere >>.
La strega prese aria poiché si era data troppo slancio e aveva trovato piacevole lo stesso incanto con cui voleva incatenare il cacciatore. Si impose perciò una disciplina a cui non aveva mai dovuto far ricorso e ingannò persino se stessa per illudersi di avere ancora il controllo. << O vuoi che comandi io? >> chiese maliziosa dimenticando che il suo polso era ancora imprigionato nel pugno di Shinji.
Il viaggiatore, dal canto suo, non cedette alla lusinga poiché aveva intuito che la strega non voleva trasformarsi in donna. << E dopo? Se mi innamorassi di te? Se ti dicessi che … voglio restare sempre con te? >> domandò a sua volta burlandosi di lei e di se stesso.
<< Problema tuo! >> ribatté piccata la bambina che iniziò a tirare il braccio per liberarsi.
<< E dimmi, per quanto ti mostreresti a me come donna? >> chiese ancora Shinji aprendo la mano.
<< Finché mi va, stupido! >>
C’era troppo di Asuka in lei. La strega era sulla pista giusta, era penetrata a fondo nell’animo del guardiano e aveva raccolto tutti gli elementi che le servivano. Ma non aveva allenato la virtù della pazienza, né quella della costanza. Furono, pertanto, la mancanza di attenzione e le numerose e troppo facili vittorie ad impedirle di mettere insieme una tale mole di informazioni e di cogliere almeno due desideri di Shinji: riportare giustizia nel cuore di una donna e proteggere l’amore nel cuore di sua figlia.
<< Complimenti, ragazzo! >> gridò il vecchio. << Mi hai sorpreso. Ti avevo già dato per spacciato e invece >>.
<< E’ il rischio che corro ad ogni incontro >> rispose amaramente il cacciatore. << Grazie a voi sto imparando molto >>. Quindi, rivolgendosi alla bambina, << non fartene una colpa mia dolce strega. Non potevi vincere >> disse tacendo per prudenza che la sua piccola Yuki aveva quasi sette anni e mezzo.
Ciò che non disse Shinji lo suggerì il vecchio. << Che vuoi farci, stupida strega, ti ostini a restare bambina. Con gli altri non ti sei mai creata problemi a dar sfoggio delle tue forme provocanti >>.
<< Credevo fosse divertente giocare con lui senza dover sparare i colpi migliori. Non avevo mai incontrato tante difficoltà >> si lagnò la bambina indicando il cacciatore. << Eppure deve avere un punto debole. Se non lo scopro è inutile che mi trasformi. E’ un osso duro e potrebbe rifiu … resistere >>.
<< Ah ah ah >> rise il vecchio << ti sei invaghita dello straniero >>.
<< No >> strillò la strega voltando le spalle e imitando ancora inconsapevolmente Asuka. Lanciò un’occhiata di sbieco a Shinji e chiese con le guance gonfie: << almeno puoi dirmi se sono riuscita a … >>
Il cacciatore non le permise di terminare. << Mi dispiace, questa volta hai perso >>.
Per la strega era l’ultima goccia. Mossa unicamente dall’ira, rinunciò ad ogni strategia, rinunciò persino a conoscere i desideri più reconditi del viaggiatore, o così volle credere. << Ah si! >> scoppiò trasformandosi in un incendio dalle alte fiamme. << Ora vedrai che occasione ti sei lasciato sfuggire >>. Il fuoco si estinse e quando il fumo e i vapori che aveva prodotto si dispersero a Shinji apparve davvero la donna più affascinante, bella, sensuale mai apparsa. Afrodite in persona avrebbe chinato il capo per la vergogna e la consorte di Zeus sarebbe stata divorata dalla gelosia. << Avresti dovuto lasciarmi vincere a modo mio >> sprezzante investì Shinji con una voce talmente melodiosa che avrebbe fatto gettare ad Orfeo la sua amata lira. << Visto che non mi hai permesso di conoscere i tuoi desideri, te ne regalo uno io e credimi se ti dico che sarà la tua maledizione. D’ora in poi vagherai giorno e notte come un randagio per cercarmi in questa forma e mi lascerò trovare in altre donne ma soltanto in parte. E, per quanto piacere tu possa ricavarne, neppure così ti sentirai soddisfatto >>.
Shinji faticò a restare in piedi. Davanti a lui effettivamente splendeva il sole della più abbagliante bellezza, di fronte alla quale le uniche reazioni lecite sono lo stupore e l’adorazione.
Ma neanche quest’illusione, sebbene la ricerca del bello fosse per il cacciatore vitale come quella dell’acqua, poté vincerlo perché la cicatrice decise di ribellarsi e gli ricordò che alla sua destra c’erano due fantasmi che avevano bisogno di aiuto, alla sua sinistra una donna e una bambina che voleva disperatamente rivedere, alle spalle un luogo che voleva chiamare casa e davanti a sé un occhio rosso sospeso nel cielo, la meta del suo viaggio, dove ad attenderlo avrebbe trovato l’Anima sua.
Shinji si accorse di potere resistere a tanta magnificenza. Quindi, nonostante fosse ancora sconvolto, con calma disse: << vorrei tanto concederti la vittoria ma non è te che cerco. Scusami! >>
La strega provò terrore e si difese tornando bambina, prontamente materializzando a mo’ di scudo un altro palloncino e un nuovo lecca lecca, che iniziò a succhiare come fa un neonato con il pollice. << Non meriti di vedere la bellezza >>  bofonchiò e Shinji avvertì un profondo dispiacere. << Se non ci fossi io non sapreste riconoscerla. Io do senso alla bellezza >>.
<< Potremmo sempre crearla >> ribatté il vecchio.
La strega era ancora confusa a causa del suo fallimento e spaventata dallo straniero, perciò sempre a bassa voce, con il piglio di una bambina che si sente offesa e che desidera farlo sapere, replicò: << si, in laboratorio, su carta o su quelle pellicole che chiamate film o anime. E quindi sarebbe sempre merito mio >>.
<< Però si tratterebbe di un’opera compiuta >> disse con malcelato rancore il vecchio. << Quindi sarebbe merito mio >>.
<< Potremmo cercarla >> il cacciatore si oppose ad entrambi e offrì un altro punto di vista.
<< Non parlare! >> urlò la strega che però non osò sfidare apertamente Shinji per timore che la minacciasse come aveva fatto con il vecchio. << Solo Paride oltre te >> ringhiò con gli occhi fissi sulla sabbia, << ha avuto la fortuna di ammirarmi in tutto il mio splendore e da allora suo unico desiderio fu essere posseduto da me mentre mi concedevo a lui. Gli uomini si sono massacrati per la mia immagine. Troia è caduta a causa del mio fascino  >>.
<< Io l’avrei difesa >> si oppose ancora il viaggiatore pensando al proprio villaggio sotto assedio. << Circe non poté trattenere a lungo Odisseo nonostante il suo potere. Perciò, ti dico: mostrati di nuovo a me nella tua meravigliosa apparenza. E’ straordinaria, al di là di ogni concezione, posso confermarlo. L’uomo non ha ancora inventato parole adeguate a descriverla. Tuttavia, ciò non mi impedirà di proseguire il cammino. Fa’ pure, sento di essere più forte, anche se mi sembra impossibile. Fa’ pure! Devo solo scegliere se resistere o averti fino a quando mi va >>.
La bambina fu afflitta dall’umiliazione e da un senso di solitudine che poche volte aveva sperimentato. Tuttavia, era caparbia e, invece, di piangere, sfrontata rispose: << sono io che non voglio concederti questo privilegio. E poi non è divertente essere adulta >>.
<< Come mai, mia bellissima principessa? >> l’adulò Shinji che iniziava a capire la strega.
<< Mi capita di provare sensazioni strane che durano a lungo >> disse con sincera dolcezza, lasciandosi guidare da un’inspiegabile sensazione di fiducia che l’uomo con la benda le suscitava.
<< E a te non piace sentirti legata, vero? >> la incalzò il cacciatore che fu pilota.
<< Fatti gli affari tuoi! >> sbottò la strega. << Non vedo perché dovrei raccontare i fatti miei ad uno stupido umano come te >>.
Shinji sorrise ricordando un’analoga risposta con annesso scatto d’ira ricevuta suon di decibel e di saliva dalla sua rossa al termine di una telefonata. Fu una delle poche volte in cui Soryu si era aperta con lui e aveva raccontato qualcosa di sé proprio a Stupishinji. Il cacciatore ebbe persino l’impressione di vederla ma preferì tacere per non diventare vulnerabile.
<< E smettila di guardarmi! >> sbraitò la bambina il cui rossore per la prima volta non era artificiale. << Hai avuto la tua occasione e l’hai persa >>.
<< Come desideri >> esalò Shinji facendo per voltarsi.
<< Tu … >> lo fermò la voce della strega, << tu ne vuoi un’altra? >>
Al centro del cielo notturno l’occhio rosso, che per tutto il tempo era rimasto aperto, iniziò a chiamare il viaggiatore per fargli capire che era arrivato il momento di partire.
Nonostante fosse suo fermo proposito obbedire a quel richiamo, preferì concentrarsi sulla voce che proveniva dalla cicatrice, identica per natura e frequenza, solo di un battito più lenta. Era sufficiente a permettergli di resistere agli ordini del destino che aveva deciso di costruire. << Come desideri che ti risponda, mia dolce strega, affinché tu non ti senta offesa? >>
<< Perché non le dici la verità? >> si intromise il vecchio. << Dille che le occasioni che ti offre non ti interessano >>.
La strega ci rimase male ma ancor più era amareggiata con se stessa in quanto si rendeva conto che teneva al giudizio di quello straniero.
Shinji finse di non aver sentito il vecchio che giocava con la sabbia e parlò alla bambina: << non voglio che tu mi consideri un nemico. Tu per me non lo sei >>.
La strega, allora, capricciosa gettò a terra il secondo lecca lecca e fece volare il secondo palloncino. Gracchiò all’indirizzo del cacciatore: << sto messa proprio male se devo farmi compatire da uno come te >>.
Se solo avesse capito quanto fosse vicina alla verità, le sarebbe davvero bastato schioccare le dita, proprio come aveva baldanzosamente dichiarato al vecchio poco prima, per afferrare Shinji che era forte ma ancora non abbastanza.
<< E’ un altro dei suoi trucchi >> il vecchio mise in guardia il viaggiatore. << Se accetti un consiglio, pazienta ancora un po’! La sua memoria è debole, dimenticherà presto questa notte. Dimenticherà anche te >>.
<< Memoria >> sputò sprezzante la fanciulla che si sentì sollevata dalle parole del vecchio. Questi infatti le permetteva, sebbene non fosse il suo intento, di rifiatare adagiandosi più che altro sull’abitudine al millenario conflitto con il suo complementare. << Un’arbitraria selezione di esperienze concatenate in modo ancor più arbitrario affinché siano dotate di senso. Vecchio sciocco, io sono ogni ricordo, desiderio, immagine, persino ogni pensiero. Il mio ventre è sempre gravido e accoglie tutto e niente rifiuta. Tu invece sai solo fare selezione. Quelli che per tutti sono ricordi, per me sono figli sempre vivi da nutrire. Non mi serve la memoria, non mi lascio imprigionare >>.
<< Per questo non puoi aiutare il Viaggiatore >> disse con particolare crudeltà il vecchio che aveva colto una certa sfumatura nel sentimento della strega. << Senza memoria nessun cammino può definirsi tale >>.
La bambina accusò il colpo e reagì. << Ce ne sono infiniti >> spiegò, << perciò nessuno. Il cammino è solo nella testa di chi viaggia e sono proprio io che lo disegno >>.
<< Proprio tu che non hai direzione? >>
<< Perché dovrei accontentarmi di una? Io sono tutte le direzioni che gli uomini che incateno >> voleva dire soccorro ma era ancora arrabbiata << possono prendere. Posso divertirmi a partorire l’idea della forma, quella di cui tu, vecchio, ti appropri >>.
<< Ma non concepisci il tempo. Perciò, fossi tu a comandare non ci sarebbe evoluzione >>.
<< Il concetto di evoluzione è sopravvalutato. Gli uomini non sono mai veramente usciti dalle caverne. Chiamano evoluzione il tuo agire e si sbarazzano proprio della memoria che tu ostenti come una medaglia al valore >>.
<< Poiché la realtà è nel cambiamento; anzi, è il cambiamento >> sentenziò il vecchio.
<< Dillo a me >> si rammaricò la piccola << che non vedo niente di nuovo >>.
<< Solo grazie a me tutto ha senso >>.
<< No grazie a me >> protestò la strega.
<< Grazie a me gli uomini lasciano qualcosa del loro passaggio >>.
<< Immagina, se puoi, che soddisfazione quando saranno mangiati dai vermi >>.
<< Grazie a me gli uomini che, pure sbagliano, renderanno il mondo un posto migliore >>.
<< Me ne sono accorta. Il mondo, infatti, ringrazia >>.
<< Io insegno il valore della collaborazione e della generosità che solo le relazioni stabili possono sostenere >>.
<< Insegni la tua presunzione e non ti curi della felicità degli uomini >>.
<< Tu non sai amare >> gridò il vecchio.
La bambina guardò Shinji poiché non sapeva cosa rispondere.
Shinji non voleva parteggiare per nessuno. Sapeva, infatti, che era in suo potere andarsene, comprendeva che era nel suo interesse andarsene poiché le due divinità avrebbero potuto schiacciarlo ma sentiva che qualcosa mancava, qualcosa che gli suggeriva di aspettare. Perciò decise di difendere il dio, tra i due, che gli appariva più debole e lo fece a modo suo, sfidando entrambi. << Ciò che sento non mi convince. Siete solo punti di vista differenti. Io stesso ho l’impressione che potrei mettervi a testa in giù, invertirvi di posizione e ascolterei sempre gli stessi punti di vista. Perché, invece di combattere, non provate a scoprire l’Altro che è in voi? >>
<< Da dove ti vengono queste assurdità? >>
<< Me le ha appena suggerite … >> Shinji si fermò per non rivelare troppo e soprattutto per non rivelare ciò che non sapeva del tutto tradurre in parole. << Non importa >>.
Mentre parlava la strega si interrogò ancora sul perché dell’insuccesso. Quell’uomo stava distruggendo tutte le sue certezze, eppure non aveva fatto niente per offenderla; anzi si era sforzato di mostrarsi gentile. Non si era lasciato sedurre, tutto qui.
“Forse” pensò rimuginando su una delle tante stilettate del vecchio e sulle sensazioni che l’avevano confusa, “è colpa mia. E’ possibile che, trasformandomi in donna, io  abbia provato un sentimento particolare che mi ha squilibrata. Oppure” guardò il volto del cacciatore e si soffermò sulla benda “in lui è nascosto un qualche potere che lo rende immune ai miei attacchi e a quelli del mio vecchio compagno”.
<< Allora, dolce maga >> Shinji richiamò la bambina, << non hai ancora risposto. Cosa vuoi che ti dica a proposito dele occasioni che mi offri? Se non desideri farlo a me sta bene. In quel caso, però, perché non mi poni la domanda che ti sta a cuore? >>.
<< Più a cuore mi sta sapere come tu abbia fatto a resistermi. Ma ha ragione il vecchio, tra poco mi stancherò di te >>.
<< Perché sei adirata con me? >>
<< E me lo chiedi? Perché sono stata toccata da uno stupido come te >>.
Ecco perché Shinji non era ancora disposto a partire pur essendo pronto e nonostante gli avvertimenti. Considerò che dirle mi dispiace, come se la strega non avesse fatto niente di male, non sarebbe servito perché la bambina non avrebbe accettato la compassione di un comune mortale. Tuttavia, si rese conto che a lui si opponeva solo una porta fatta di carta. << Perché ci ho messo tanto a capirlo? >>
<< Che hai detto? >> domandò la strega.
<< Perché non ritenti? >> propose il cacciatore. << Potresti aver già vinto e magari non te ne sei accorta >>. Detto questo offrì la sua mano in segno di amicizia.
La strega era titubante e per guadagnare tempo decise di svelare a quello sconosciuto i suoi dubbi. << Mi restano solo due possibilità. La prima è che inavvertitamente mi sia innamorata di te >>.
<< Seee >> sbottò il vecchio.
<< Mi piacerebbe poterti dire con certezza quando un uomo o una donna possono affermare di essere innamorati ma non sono così saggio e ancora devo resistere alla follia che scorre nel mio petto. Conto un giorno di sapere ma tu, dimmi, cosa pensi … a prescindere dalle opinioni altrui >> fissò minaccioso il vecchio con la coda dell’occhio armando il cane del fucile affinché il messaggio fosse recepito.
<< Blasfemo! >> borbottò il vecchio.
<< Sono stata adulta solo per poco >> disse candidamente la bambina. << Ti conosco appena. Probabilmente è una questione di forma. Anzi no >> continuò con quella convinzione tipica di chi ha deciso a cosa non intende credere, << in realtà tu mi hai confusa. Sei un essere umano coriaceo. Non hai ceduto a me, hai reso vani i miei sforzi di incatenarti, eppure ti dimostri mio amico, >>.
Shinji non aveva ritirato l’offerta e allungò il braccio: << prendimi la mano, se vuoi, così avrai più informazioni >>.
<< Forse mi piaci un pochino >> mugugnò la piccola strega stringendo finalmente la mano del viaggiatore. Provò enorme disagio e un calore allo stomaco su cui preferì non indagare temendo che, a causa dei suoi poteri, la sensazione si trasformasse in immagine e l’immagine in un fenomeno di autocombustione.
<< Leggi niente? >> chiese Shinji.
La bambina cominciò a singhiozzare e scuotendo la testa emise un lamento: << no >>.
 << Qual era la seconda ipotesi? >>
L’animo della strega mutò rapidamente. “si, deve essere così” pensò piantando di nuovo i suoi occhi dalle iridi multicromatiche sul volto del cacciatore. “Quest’uomo è un mago e da qualche parte cela la fonte del suo potere”.
Osservò quindi la cicatrice ma non le diede peso perché era in vista. << La benda! >> esclamò. << Sotto quella benda troverò la risposta che cerco >>. Detto ciò, senza chiedere il permesso allungò una mano e la toccò.
Shinji lasciò che le emozioni ad alto voltaggio, prodotte dal gesto della strega e dalla ipersensibilità della sua guancia sinistra, lo attraversassero per scaricarsi a terra. Sorrise alla fanciulla e la incitò: << perché non me la togli? >>
<< Posso? >> domandò timorosa.
<< Avanti! >>
La bambina sfilò la benda con garbo e vide l’occhio sinistro di Shinji spalancato e al centro un’iride morta e una grande pupilla che si estendeva in altezza, non in larghezza, come quella di un rettile. Non ne ebbe paura poiché avvertiva che quell’occhio non era realmente morto ma soltanto ferito e per una buona causa. Vi pose sopra il palmo nella speranza di acquisire conoscenza ma non percepì alcun potere né udì risposte alla sua domanda. << Neanche così, neanche così >> pianse affranta. << Credevo … credevo … Era l’ultima possibilità. Chi sei? >> domandò facendo cadere per sbaglio la mano sulla cicatrice del cacciatore. << Chi sei? >> chiese ancora ma ad alta voce incrociando l’occhio e mezzo dello straniero.
La strega rimase sorpresa essendosi accorta che il viaggiatore non era propriamente lì con lei né con il vecchio. Non comprese ma intuì che era giusto concedergli tempo e non parlare per non disturbarne la concentrazione. Ingannò pertanto l’attesa del suo ritorno accarezzando con sentimenti tutt’altro che infantili il solco di una vecchia ferita e gustando l’elettricità di un desiderio che poche volte nella sua lunghissima esistenza aveva sperimentato: non essere più bambina.
Shinji aveva smesso di ascoltare i suoi lamenti e i borbottii del vecchio. La sua attenzione era rivolta unicamente alle parole che provenivano dalla cicatrice, la quale delineava, rendendola unica, la particolare, forse accidentale, forma con cui il mondo aveva imparato a conoscerlo. La cicatrice traduceva usando termini comprensibili al cacciatore il canto intonato dall’immenso occhio rosso sospeso nel cielo. Shinji trovò del tutto naturale che parole e canto si manifestassero a lui sotto forma di puro silenzio e ascoltò ciò che avevano da dirgli.
E il silenzio bisbigliò all’orecchio di Shinji e gli rivelò la sua vera natura, la sua vera età e soprattutto il suo vero nome, quello che nessuno ha mai conosciuto né mai conoscerà. Un mistero per tutti tranne per l’Anima che stava cercando e che non lo avrebbe rivelato ad alcuno, fosse un vivo o un fantasma.
Il pilota fu soddisfatto nell’apprendere la vera ragione del suo viaggio e il senso profondo delle disavventure patite. Il cacciatore fu soddisfatto nell’apprendere di essere sempre stato un guardiano nonostante i mille volti e i mille nomi con cui si era presentato al cospetto dei comuni mortali; nel ricordare quante volte si fosse riunito alla sua Anima, nata lo stesso giorno, come lui determinata a raggiungere un identico obiettivo e quanto fosse importante riprendere il cammino proprio alla ricerca dell’Anima con cui danzava da millenni.
Mancava qualcosa infatti, al viaggiatore e alla sua Anima. Mancava un’esperienza importante.
Shinji tornò sulla spiaggia e ascoltò di nuovo i borbottii del vecchio e sentì il tocco delicato della bambina che trattava con amore la sua cicatrice. La guardò negli occhi, divenuti azzurri proprio per volontà della strega, che aveva colto un altro indizio, e vide se stesso e provò simpatia per ciò che vedeva, per la strega che con i suoi sforzi, senza saperlo, lo aveva aiutato a conoscersi e, persino, per il vecchio che ostentava non curanza ma in realtà era geloso … geloso del cacciatore e delle attenzioni che dimostrava alla bambina.
Shinji ricordò di aver già conosciuto i suoi strani compagni di avventura, di aver assistito alla loro nascita con al fianco la sua Anima, di aver trascorso nella veglia tante notti tenendoli tra le braccia e baciandoli sulla fronte per farli addormentare.
Shinji dapprima sorrise, poi rise con pudore, poi l’euforia prese le redini della risata e infine divenne chiassoso al punto da saturare l’aria che si adattò a contenerlo affinché il suono non venisse disperso.
Il vecchio impallidì, la bambina impallidì ma non si tirò indietro. Shinji le prese la mano, senza stringere, solo per il piacere di toccarla e affettuoso disse: << non ti farò del male >>.
<< Se te lo chiedessi gentilmente, mi lasceresti andare? >> chiese la bambina con le guance colorate per l’imbarazzo.
<< Farò di più >> rispose. << Non stringerò, così che tu possa liberarti ogni volta che lo desideri. Hai capito chi sono? >>
<< Forse … forse >> ripeté la bambina seguendo con gli occhi il percorso del taglio << forse sei un dio, come noi? >>
<< Forse >> disse Shinji.
<< Eppure c’è qualcosa di umano in te >>.
<< Può essere un’aspirazione >>.
<< Io so leggere anche gli dei >> rivelò la strega che poi, sorpresa da un’intuizione, a bassa voce, per non farsi sentire dal vecchio, disse: << la tua cicatrice. Deve essere a causa sua. Distorce tutto ciò che guardo di te >>.
<< Magari non è soltanto per questa ragione. Perché ora non mi fai la domanda che ti sta a cuore? >>
<< Che cosa desideri? >> domandò più sicura, incantata dal viaggiatore con un occhio solo.
<< Desidero l’Anima mia che mi attende seduta sulle ciglia dell’occhio rosso che governa il cielo >>.
<< Simbolo non comune anche se non dovrebbe stupirmi >> ammise osservando l’occhio. << Non ricordo di averlo immaginato >>. Poi tornò su Shinji e provò a chiedergli cosa rappresentasse. << Che … che cosa … Lascia stare! >> si arrese sconfortata ritirando la mano lentamente e senza difficoltà. La strega, infatti, comprese di avere in sé la risposta a quella domanda ma che non spettava a lei ascoltarla. Si sentì fuori posto, lei che più di prima bramava legare a sé quel dio che viaggiava da uomo. Fu invidiosa e si vergognò della sua stessa invidia, chinò il capo e guardò a terra coprendosi la pancia con le mani intrecciate.
<< Ahahahah, si, proprio un dio >> scoppiò a ridere il vecchio. << Piccola strega, è facile prenderti in giro >>. Fissò con aria sfida Shinji che era ancora di spalle. << Io so cosa sei >>.
Furia Buia sorrise alla bambina per infonderle calma, si voltò e mosse alcuni passi verso il vecchio. Quindi, affabile disse: << perdonami se non ti ho dedicato abbastanza tempo. Sono tutto tuo >>.
<< Non mi servi a niente >> urlò avendo dimenticato che il cacciatore era armato e che reagiva male agli ordini. << Perciò vattene! >>  
Ma il viaggiatore non si curò delle sue parole, nonostante l’ovvia associazione, e senza astio rispose: << quando sarà il momento riprenderò il cammino. Ora, dimmi, amico mio: chi sono secondo te? >>
<< Sei solo il personaggio di una storia >> rispose il vecchio ghignando per il colpo che stava infliggendo. << Non sei neanche l’originale. Sei solo un clone, una copia di quello Shinji che pilotava gli Eva >>.
Il ghigno morì di fronte al sorriso del viaggiatore che si era accovacciato per porsi alla sua altezza. Il vecchio, infatti, durante l’intera notte non si era mai alzato per paura di calpestare la sua piramide di sabbia.
<< Se è per questo di originali ce ne sono anche troppi e come clone sono un gran figo >> scherzò il cacciatore. << In molti mi hanno chiamato Shinji. Erano tutte persone diverse, individui che ho accompagnato. Mi sono mostrato come uno Shinji sempre un po’ diverso per presentarmi meglio ai miei protetti. Questa notte, in questa forma, nel corso di questo particolare viaggio io sono Ikari Shinji, un pilota divenuto guardiano dei confini, e al di là delle mura mi chiamano Furia Buia. Se non ti piace puoi chiamarmi con le migliaia di nomi che gli uomini mi hanno dato nel corso dei millenni. Come … non mi riconosci? >>
<< Tu sei un parto della strega >>.
<< La strega partorisce forme per me, quelle che i miei protetti possono riconoscere >>.
<< Allora sei un prodotto del lavoro di qualche mortale >>.
<< O qualche mortale lavora su e mediante me. Tanti bardi hanno cantato le mie storie e quelle della mia adorata consorte. Alcuni hanno creduto di inventarmi, altri hanno accettato di avermi solo scoperto e raccontandosi mi hanno arricchito, come io ho cercato di fare con loro. Tanti nomi mi hanno dato e quei nomi sono diventati altrettanti ponti che mi hanno permesso di raggiungere coloro che ascoltavano i miei amati bardi. E’ così che rispondo alle invocazioni di chi mi cerca, dei viandanti e di chi desidera trovare un luogo sicuro in cui fermarsi, di coloro che bramano risposte a domande piccole, grandi o universali. Poco mi importa poiché ogni domanda è per me essenziale, ogni persona indispensabile, ogni viaggio degno qualunque sia la sua durata. Fa parte della mia natura >>.
<< Parli così ma sai bene che qualcuno scrive di te e qualcun altro ti disegna >>.
Furia Buia si sforzò di non ridere. Non voleva, infatti, insultare il vecchio. << O per me. Perdonami ma non dirò mai troppo a te che non vuoi ascoltare, così come la strega non è pronta a sentire né a vedere tutto. Voi due siete nati quando l’umanità emetteva i suoi primi vagiti. Io e la mia Anima conoscevamo già i nostri veri nomi, ed esistevamo da molto più tempo, forse da quando gli uomini sono scesi dagli alberi e somigliavano più alle scimmie. Forse addirittura da prima. Altri erano come noi, ognuno con una particolare natura portatrice dei significati che le erano propri. Non siamo personaggi di favole e miti, noi siamo quelle favole e quei miti incarnati, quelle esperienze che accomunano tutti gli umani e si declinano in modo sempre diverso per quanti individui vengono al mondo >>.
Il vecchio invece non si contenne e liberò una fragorosa risata, tanto che dovette tenersi la pancia avvolgendosi con le braccia. Ma in realtà era arrabbiato e voleva che il cacciatore perdesse le staffe. << E quindi, mio mitico personaggio, tu accetti il nobile fardello di salvare l’umanità, vero? Patetico cliché! >>
Ma Shinji non si scompose e aprì il suo cuore. << No >> disse, << i fardelli puoi considerarli come vuoi, sono sempre un peso. E alle volte per me è un peso seguire la mia stessa natura. Tuttavia, la beatitudine in cui vivevo non era completa; ero tutt’uno con la mia Anima e credevo mi bastasse. Poi un giorno un essere mortale, la cui coscienza era ancora in fasce e di cui non si sa neanche se avesse un nome, mi ha visto. Attraverso lui ho riconosciuto me stesso e la mia natura si è palesata. Da allora ho provato attrazione per queste creature e ho provato simpatia per la loro esistenza >>.
<< Perché cerchi la tua Anima? >> chiese la bambina che aveva ritrovato un po’ di coraggio.
<< Perché l’incontro con l’uomo e la sua fragile vita ci ha divisi ma non è stato un male. Infatti, attraverso l’uomo io e lei abbiamo scoperto il dolce e l’amaro di ogni relazione. Tante volte ci siamo uniti, tante volte separati tante volte ci siamo mossi per ritrovarci, spesso attraverso immagini riflesse allo specchio, anche se solo per poco >>.
<< E allora perché ti ostini a cercarla ancora? Non riesci a pensare ad altro? Sei uscito da un romanzo rosa? >> lo incalzò il vecchio.
<< Niente di tutto questo. Voglio tentare la più assurda delle imprese: raggiungere l’occhio rosso, proprio io che in questa forma sono la separazione. Una separazione che conduce. Se riesco ad attraversarlo potrò nascere, potrò sperimentare direttamente la vita degli uomini di cui voi siete funzioni potenti >> spiegò sottovoce per non rattristare la piccola strega. << Ma ho bisogno di trovare la mia Anima o non potrò concludere il viaggio >>.
La strega si rattristò poiché ebbe la conferma che il cacciatore non avrebbe mai cercato lei e le parve di vederlo sparire. Fu gelosa di Shinji che parlava con il vecchio dandole le spalle e si abbandonò ad uno sfogo puerile. << Non parlare con lui >> gridò. << Resta qui e presta attenzione a me! Posso farti divertire. Sono bravissima a fare la stupida. Posso trasformarmi in qualunque cosa, posso inventare le cose in cui trasformarmi. Posso essere un rinoceronte, un cane da riporto, la fatina dei denti o una ragazza con le ali di farfalla >>.
Shinji non si mosse.
<< Guardami, guardatemi! >> si disperò battendo i piedi, sicura, anche se non ne conosceva il motivo, che quelle parole avrebbero fatto reagire il cacciatore di cui voleva le attenzioni. << Dai guardatemi, guardami, guardami, guardami … per favore >>.
Un dio che vive con gli uomini e viaggia da uomo finisce per conoscere e provare i sentimenti degli uomini. Così il viaggiatore sentì l’impulso di tornare ad essere Shinji, il personaggio di un mortale non comune all’interno di una storia, e correre incontro alla bambina per abbracciarla e baciarla, lenire la sua pena e farla smettere di piangere.
Ormai, però, ricordava il suo vero nome e conosceva la sua missione, perciò ordinò al suo cuore di calmarsi e, muovendo di poco il capo per incrociare gli occhi della strega, rispose: << mia meravigliosa principessa, sii paziente. Non ho bisogno di voltarmi per sapere che ci sei e anche se non riuscissi a vederti saresti sempre nei miei pensieri. Sii paziente, tanto non mi perderai >>.
La strega avvertì un forte imbarazzo ma, rassicurata, bisbigliò un tenero grazie. Quanto era stretta per lei la parte della bambina.
Il vecchio si aggiustò nervosamente la cravatta per controllare la stizza e per poco non colpì con il gomito la sua preziosa piramide di sabbia. << Se quella z … >> si trattenne perché lo sguardo cattivo di un Furia Buia senza benda era spaventoso quanto vederlo maneggiare il coltello dalla lama seghettata. << Se quella ha finito, adesso tocca a me. A parte il fatto che non so cosa intendi per funzioni, e non voglio saperlo, noi non siamo funzioni di nessuno e tu sei tutto fuorché un mito. Ti faccio anche notare che tra tutte le sciocchezze che ti ho sentito pronunciare hai detto una sola verità: tu non sei mai nato. Quindi non hai niente a che spartire con me. Io proteggo gli umani, li difendo dagli incantesimi della strega e persino dal fascino che quelli come te sperano ancora di possedere. Io impedisco agli uomini di fuggire >>.
<< E come, costruendo piramidi di sabbia? >> rise Shinji.
<< Io do agli uomini uno scopo, io sono la costanza e la coerenza del lavoro, io sono la forza che li spinge a vivere al di fuori della fantasia e a realizzare opere che cambiano il mondo. Io do significato alla loro esistenza. Io … >>
<< Quanto ego, amico mio! >> sbottò Shinji. << Non per contraddirti ma gli uomini traggono insegnamenti sia da te che dalla bambina. I significati, però, li cercano per conto loro, per questo chiamano quelli come me e si sforzano di seguire la strada che passa proprio in mezzo a voi due. Tuttavia, voglio accettare il tuo elenco e dirti che chi sei o chi credi di essere sono solo affari tuoi. Io viaggio, ho una meta da raggiungere e una persona che mi attende >>.
<< Misera fine per un mito. Sei più egoista della strega  >>.
<< Ammiro la nettezza delle tue opinioni e la passione con cui le sostieni >>.
<< Io credo in ciò che dico >>.
<< Potresti anche esserne certo o amarle alla follia fino a che non cambierai idea. Non mi riguarda. A volte ti trovo superficiale, altre volte addirittura presuntuoso. Amo i dubbi più delle certezze e purtroppo per me mi innamoro sempre un po’ di più del punto di vista opposto, meglio ancora se non lo vuole nessuno. Che ti aspetti da chi partecipa contemporaneamente della vita al di qua e al di là dei confini? Se vuoi farmi incazzare dovrai impegnarti di più. Siamo tutti espressione di un’unica verità. Forse la nostra matrice dovrebbe fare preferenze tra le sue molteplici espressioni perché sono diverse? >>
<< Significa che non hai risposte da dare >>.
<< Io le cerco sempre >>.
<< Non le troverai viaggiando. Così le eviti >>.
<< Neanche stando fermo le troverò. L’Anima mia saprà aiutarmi a colmare le lacune >>.
<< Chi ti dice che vorrà incontrarti? >>
<< Lo saprò quando l’avrò raggiunta >>.
<< Chi ti dice che non sia cambiata? >>
<< E’ già cambiata tante volte perché durante i millenni trascorsi a viaggiare e a proteggere i viandanti anch’io sono cambiato. Tu che affermi di conoscere gli esseri umani dovresti sapere che è naturale. Perché non dovrebbe esserlo anche per me? Scoprirò il suo attuale nome e ammirerò il suo volto e sono sicuro che conoscerò un po’ più dell’amore e di me stesso >>.
<< Non la troverai >>.
<< E io continuerò a cercarla e quando l’avrò trovata scoprirò con il suo aiuto le risposte alle domande che appesantiscono il mio cuore. E’ un po’ come se la donna che ami vivesse al di là dell’oceano. Devi attraversarlo, se vuoi rivederla, e correre i tuoi rischi >>.
Durante il serrato scambio di battute la piccola strega, non vista dal vecchio ma da Shinji si, in quanto non aveva mai smesso di prestarle attenzione, iniziò a provare un dolore al petto come se qualcosa in lei scandisse un ritmo su cui non aveva alcun controllo.
<< Io so >> ringhiò il vecchio << qual è il nome di quella che tu chiami Anima. Se tu sei Shinji lei non può che essere … >>
<< Dillo pure >> lo interruppe il cacciatore << ma se la strega riesce a sentirti e la fai piangere, ti farò a pezzi. Non me ne frega niente se ho passato tanti giorni e tante notti a cambiarti il pannolino. Gli uomini vedranno la Realtà smembrata. Mettimi alla prova se non mi credi >>.
<< Non per paura ma per prudenza >> replicò con forzato contegno << lo dirò a bassa voce. E’ Asuka. Un altro prodotto della piccola strega. Credi che cercare un disegno >> prese a sghignazzare << sia la soluzione? >>
Shinji accettò l’offesa e, dopo aver scatenato un vento potente con la sua risata, avvicinò una mano alle labbra per impedire che la bambina ascoltasse. Il vecchio, che aveva temuto per la sua creazione, si avvicinò titubante.
<< Che c’entra Asuka? >> disse il cacciatore il cui occhio destro iniziò a fiammeggiare seguito immediatamente dal sinistro. << Solo l’Anima mia merita il mio tempo, la mia energia persino la mia vita. Senza lei non ci sarà armonia in me, senza lei non porterò giustizia. Il nome con cui è conosciuta è secondario >>.
<< Allora tu sei pazzo >> gridò il Vecchio.
<< E’ questo il tuo riflesso? Perché me lo riveli? >> Shinji offuscò la luce che irradiava dai suoi occhi e avvicinandosi ancora chiese: << cosa vedi? >>.
<< Vedo … vedo il tuo occhio morto. Vedo un occhio morto che può riprendere vita in un altro modo. E’ impossibile. Se non è la dimostrazione che sei finto e che dovresti strisciare dal tuo padrone e creatore, non so cos’altro dirti >>.
<< Stupido! >> urlò Shinji e la piccola strega chiuse gli occhi. << Guarda meglio! >>
<< Che … che … che cosa dovrei guardare? >> balbettò e sbraitò il vecchio.
<< Esporre la verità alla luce del sole è il miglior modo per nasconderla >> disse Shinji coprendosi l’occhio destro con una mano. << Tu vedi il mio occhio demoniaco e pensi di aver capito ma è la cicatrice che devi guardare se vuoi sapere chi sono. Se non presti attenzione alla cicatrice vedrai solo i tuoi pregiudizi. Come me anche l’Anima mia all’occorrenza espone la verità che intende nascondere >>.
Il vecchio studiò la cicatrice del cacciatore ma non comprese, e appigliandosi all’ultima frase che aveva udito, ribatté: << un altro clone della rossa ma con un segno distintivo >>.
Il viaggiatore strinse talmente forte la mano destra a pugno che chiunque nel raggio di chilometri avrebbe sentito scrocchiare le nocche. Respirò profondamente e rispose: << wow! Non hai capito proprio niente. E dire che ti facevo sveglio! >>
Il vecchio fu colpito ma fece finta di niente e continuò: << e neanche a farlo apposta tu e lei vivete un amore romantico e tribolato >>.
<< Sul romantico possiamo discutere, sul tribolato non c’è dubbio, considerate le premesse da cui, in questa forma, siamo partiti. In realtà … si tratta di un esperimento scientifico o almeno alcuni sarebbero tanto pazzi da definirlo così >>.  
<< L’Amore, puah! Ti rendi conto che così alimenti le fantasie dei ragazzini invece di aiutarli a diventare adulti? Stai rovinando tutto. Tu non sai neanche cos’è l’amore >>.
<< E’ questo il tuo orizzonte? >> replicò Shinji. << Perché me lo riveli? >>
<< Perché io insegno >> reagì il vecchio.
<< Al massimo cerchi di spiegarti a te stesso come fanno gli esseri umani che credi di salvare dalle grinfie della strega >>.
<< Io realizzo >>.
<< Cosa? Quella piramide che covi come un uovo in attesa che si schiuda non è reale. L’hai costruita grazie alla giovane maga >>.
<< No >> protestò spingendo il suono della voce con gesti concitati, << io l’ho tolta a lei >>.
<< Hai solo creduto di farlo >> gridò Shinji.
<< Io provo ad aiutare gli esseri umani in modo concreto >>.
Furia Buia perse le staffe: << comincia pensando agli affari tuoi >>. 
<< Io … io >> il vecchio sembrò sul punto di scoppiare in lacrime. << Io sono Realtà, io sono Ordine, io sono il percorso … >>
<< Da quando ti ho visto >> obiettò il cacciatore << non ti sei mai alzato, non hai mai smesso di accudire quella piramide e guardati. Parli della tua Realtà e fai assurde affermazioni solo per non ammettere che senza la strega non sei completo. Parli della tua Realtà, del benessere che elargisci agli uomini da migliaia di anni e non sai e non ti chiedi cosa si prova ad essere umani >>.
Furia Buia afferrò la sabbia fino a riempire il pugno della mano destra e sedette al fianco del vecchio così che anche la bambina potesse vederlo. Con il palmo verso l’alto aprì lentamente la mano lasciando che la sabbia cascasse sotto forma di rivoli sottili color grigio scuro. << Guarda questa sabbia >> disse indicando la fossa al centro del mucchio che via via si allargava, << è solo sabbia, un insieme incommensurabile di granelli. Ce n’è dappertutto, ce n’è quanta ne vuoi. E’ con questa sabbia che tu hai costruito quella bellissima e perfetta piramide. E’ un’opera d’arte, non può essere definita in altro modo. Dovresti esserne fiero >>.
La fossa al centro del mucchio divenne sempre più ampia lasciando a vista la pelle della mano. << Per me è piccola, tanto che mi basterebbe poggiarvi il piede per distruggerla, per te è grande ma forse non abbastanza, per altri sarà immensa come una montagna e l’adoreranno, anche se non vuoi o anche se, pur provando un segreto piacere nella loro adorazione, non ne amerai le ragioni >>.
Il mucchio di sabbia divenne solo un ricordo tramandato dai grani che erano rimasti attaccati alle dita. Il guardiano mostrò al vecchio e alla bambina la mano imperlata di quei grani. << E’ questo che alla fine resta del mio lavoro e della tua opera. Dal mio punto di vista tutti coloro che proteggo sono come questa sabbia. Non è un’offesa né una dichiarazione di superiorità. Si tratta di rispondere sempre alla stessa domanda: che cosa desideri? Se decidessi, infatti, di essere la divinità che è nella mia natura diventare io sarei in ognuno di questi grani attaccati alla pelle della mia mano e in ognuno dei grani che compongono questa spiaggia e sarei anche tutta la spiaggia, anzi tutte le spiagge e amerei l’intero e ogni sua parte come unici e speciali … o forse non li amerei proprio perché sarei tutto questo ed ogni sua parte.
<< Non sono certo di trovare le parole adatte perché mi manca ancora qualcosa per desiderare di essere un dio completo. Mi manca l’esperienza diretta di quell’umanità, che ho conosciuto solo indirettamente, fatta di relazione, di attrazione e repulsione, di mezze verità contrapposte che si cercano; quell’umanità che ho conosciuto attraverso uomini e donne reali, che sono il mio sogno, l’ombra che la mia luce proietta o, vale anche così, la luce che la mia ombra rivela[2].
<< Mi manca l’esperienza di un vero at field che mi permetta di costruire una vera piramide, una mia, non mi importa come verrà. Fino a quando non avrò la possibilità di essere un anonimo granello di sabbia tra una moltitudine di granelli come potrò completare la mia evoluzione? E senza l’aiuto dell’Anima mia che condivide il mio proposito come potrò riuscirci da solo? Possibile che tu non comprenda? >>
Il vecchio rimase muto ma provò sinceramente a riflettere. E tuttavia, pur essendo capace di dissertare per ore sulla vita e sull’amore, in effetti non conosceva la vita degli uomini e il suo cuore era troppo distante da quello della strega per cogliere le sfumature dell’amore degli uomini.
Shinji pulì la mano e si mise in piedi. << Ora posso andare >> disse.
La piccola strega non voleva che il cacciatore partisse. << Resta qui >> pronunciò con tutta la gentilezza di cui era capace, assumendo i volti di migliaia di bambini in ansia per l’imminente separazione. Tra questi anche il viso di Yuki e Shinji sentì il suo cuore spezzarsi ma decise di obbedire alla cicatrice che non aveva mai smesso di vibrare in armonia, seppur con un battito di ritardo, con l’occhio rosso sospeso al centro del cielo notturno.
<< Non temere >> rispose con la voce che tremava, << non voglio abbandonarti >>.
<< Giovane armato, >> lo chiamò il vecchio che aveva deciso di imparare dal viaggiatore << tu vaghi per strade sconosciute e mal frequentate. Qui ci sono tante risposte pronte all’uso >>.
<< Ma non le mie >> replicò Shinji camminando senza voltarsi.
<< Mio guardiano che cammini come un uomo e ti affatichi alla ricerca di te stesso >> fu la volta della fanciulla, << non sai che non ci sono vere risposte? Tra me e il vecchio c’è tutto ciò che potrai trovare >>.
<< Allora inventerò ciò che ancora non esiste >> rispose e continuò a camminare.
<< Perché non ti fai bastare ciò che possiamo darti? Non avere paura di me, non essere arrabbiato con lui. Ti ameremo come uno di noi. Non è una pena per te allontanarti, viaggiare di nuovo da solo per inseguire il nulla? >>
<< E’ il nulla soltanto perché non l’ho ancora conosciuto >>.
<< E se rimanesse nulla? >> fu la volta del vecchio.
<< Allora tornerò e passerò in vostra compagnia il tempo che mi rimane >>.
<< E i tuoi protetti, non temi per la loro sorte? >> chiese ancora il vecchio.
<< Non posso essere all’infinito questo tipo di guardiano >> rispose il viaggiatore continuando a camminare << o il senso della mia natura diventerà il seme della mia maledizione e gli uomini saranno afflitti da me. Se non potrò cambiare il mio destino, allora tornerò e riposerò con voi >>.
<< Nessuno ti seguirà >> lo ammonì il vecchio.
<< Allora cercherò gioia nel sognare che nessuno avrà mai più bisogno di me >>.
Detto ciò Furia Buia affrettò il passo poiché aveva detto tutto ciò che c’era da dire, o almeno così gli pareva.
Il vecchio tornò ad odiare il viaggiatore in quanto non dava segni di voler cambiare idea.
<< Fuggi da me perché hai paura >> gridò.
Shinji non rispose, si limitò a pensare: “e invece vado incontro al cuore del mio inferno  per incontrare l’Anima mia e con lei sperimentare una nuova nascita, una tutta nostra”.
<< Sei solo un bambino >> gridò ancora il vecchio.
Shinji pensò: “molti bambini sono fuggiti da me e hanno fatto finta di dimenticarmi nella convinzione di esser diventati adulti”.
<< Perché ti opponiiiiiii? >> il vecchio si fece scoppiare la gola. << Chi diavolo seiiii? >>
Gli occhi di Shinji ripresero a fiammeggiare e si colorarono un rosso arterioso. Si accorse che c’era in effetti ancora qualcosa che doveva essere detto. Si voltò e, con due semplici passi che sembrarono salti lunghissimi, si piazzò in mezzo ai due. Guardò la piramide, alzò la gamba e abbatté il piede, divenuto per un istante grande quasi quanto la spiaggia, e in un colpo solo distrusse l’esito di tanta geniale fatica, in un colpo solo della piramide, che da bambino non era riuscito a radere al suolo, rimase soltanto l’idea della base quadrata.
Furia Buia si piazzò al centro della base e, allargando le gambe fino a coprire i due vertici di una diagonale, si voltò verso il vecchio che, sbigottito non aveva trovato la forza di reagire. << Io sono il Diavolo! >> gridò. << Io sono la vita che fai finta di conoscere, quella che non vuoi conoscere, anche quella che non puoi conoscere; sono la vita che non sai spiegare ma che ti illudi di imprigionare nella sabbia. Sono la vita che tieni fuori dalla porta ma la porta che mi chiudi in faccia non può niente contro di me >>.
La strega avvertì una fitta lancinante al cuore ma non ebbe il tempo neppure di lasciar sfuggire un lamento perché Shinji le fu addosso e la legò a sé in un abbraccio appassionato. << E tu, mia strega ribelle >> disse avendo cura di non arrecarle danno, << tu che non vuoi conoscere l’altra faccia della realtà, che vivi e giochi con i desideri degli uomini, tu che su di loro e a causa loro usi la tua magia per creare immagini da legare ai desideri, così da crederti l’unico dio che elargisce significati; proprio tu, mia piccola strega, te lo giuro, un giorno avrai anche me in tuo potere ed io mi lascerò incantare da te e forse mi perderò e sprecherò un’occasione.
<< Ma ora io sono più forte di te, sono oltre te e uso te per sognare gli esseri umani che mi sognano e rispondere alle loro invocazioni. Io sono più forte di te poiché sono il significato, sono tutti i significati propri della mia natura che eccitano i desideri degli uomini che vuoi giustamente legare con le immagini che ti diverti a creare. Per questo, per mia libera scelta, seguirò le opere della tua immaginazione anche ora.
<< Non puoi imbrogliare Odisseo, mia giovane sirena. Ma se … ma quando nascerò finalmente come uomo, io porterò con me una scintilla del mio significato particolare, uno tra molti, e sarà quello che non potrai mai controllare. E se riuscirò ad essere ancora abbastanza forte, accetterò di scoprirlo attraverso altre immagini che partorirai per dare una forma ai miei desideri di uomo.
<< Io so che tu, mia meravigliosa maga, fingi di non provare interesse per gli umani, ma in cuor tuo aspiri a proteggerli e a mostrarli che vi è qualcosa che può contenere il senso che cercano oltre l’irrazionale che chiamano mondo reale >>.
La strinse più forte e, guardandola negli occhi con l’ardore e l’amore di cui era capace, continuò: << accetterò la mia dose di fuga dalla squallida e incostante bellezza della realtà perché senza non potrei mai conoscerla davvero né bramare un suo bacio. E anche come mortale ti amerò con tutta la follia che il destino mi lascerà in dote e io ti possiederò come un amante appassionato vuole possedere la più splendida delle donne e mi lascerò possedere da te come la più appassionata delle amanti attende il più splendido degli uomini.
<< In tal modo, anche come uomo, sarò libero da te, sarò libero di giacere con te per mio diletto e di baciare te che governi sulle terre al di là dell’oceano. Hai capito mia piccola strega? >>.
La strega si sentì adulata e si sentì infiammata da un fuoco troppo intenso per la forma che mostrava. Assecondò, perciò, la lussuria di quell’abbraccio e nuovamente divenne donna.
E la strega riconobbe il Diavolo che si era presentato al suo cospetto con il nome comune  di Shinji Ikari e quello proprio di Furia Buia; ricordò tutti i suoi volti e tutti i nomi con cui gli uomini lo avevano conosciuto ma non il più importante poiché era un segreto per tutti, tranne per l’Anima sua.
E la strega ricordò di averlo incontrato tante volte e di averlo amato; perciò si abbandonò al desiderio di compiacere il Diavolo che la stringeva con passione e gli presentò tutte le sembianze che riusciva a sognare nella speranza che qualcuna potesse scaldarne il cuore e accompagnarlo nel viaggio.
Tra queste apparve al Diavolo anche quella di Asuka vestita di bianco, con i capelli sciolti e la frangia che quasi per intero le copriva gli occhi di un azzurro intenso ma non poteva nascondere quella particolarità dell’occhio sinistro che, insieme alle nocche nodose, Shinji amerà sempre come la più erotica delle imperfezioni di dio. La strega si accorse di aver scelto la giusta immagine ma la gioia fu sporcata dalla gelosia e, nonostante il fermo proposito di donare felicità al suo Diavolo, scelse di mutare ancora per non essere confusa con quella donna. E si sentì in colpa per questo.
Il Diavolo comprese il cuore della strega e non disse niente, non la forzò a concentrarsi in una forma particolare, non la costrinse a renderlo felice ma accettò che si esprimesse come più desiderava poiché in quel momento era proprio lei che voleva abbracciare. Accolse pertanto tutte le immagini che la strega gli mostrava e le trovò senza eccezioni adorabili. Accarezzò i suoi capelli e rafforzò il legame affinché si sentisse amata semplicemente come strega.
Lei sorrise e con incomparabile dolcezza disse: << mi piacciono le tue cattive intenzioni, mio coraggioso e disperato Ettore che proteggi le mura. Trova l’Anima tua e, nascendo, sarai finalmente mio. Non so quali prove ti attendono lungo la strada ma ho tracciato un sentiero affinché tu non smarrisca la via >>.
<< Troverò l’Anima mia >> rispose il Diavolo << e io, quando finalmente sarò un comune mortale, ti condurrò al di fuori del tuo stesso incanto >>.
La strega non sorrise più, baciò languida e innamorata il Diavolo sule labbra e fu tentata dal suo stesso sogno: che il Diavolo la portasse con sé.
Shinji ricambiò il bacio poiché provava affetto per quella forza della natura ed era sempre più determinato a rispondere ad ogni bacio della vita, anche al più velenoso. Gustò quel bacio come un anticipo del piacere e del pericolo che, con un po’ di fortuna, avrebbe sperimentato nelle vesti di un normale essere umano.
Quell’unione, però, non poteva durare per sempre. Perciò Shinji scelse e tornò Diavolo e, opponendosi alla gioia di un’esperienza che pretendeva essere immutabile, si separò dalla strega, ringraziandola in silenzio per il farmaco che gli aveva fatto bere.
La strega si sentì privata di un bene prezioso e della possibilità di partorire altre creazioni che eccitassero il desiderio della strana divinità a cui voleva essere unita. Tuttavia, preferì mantener il silenzio.
Il Diavolo salutò con un profondo inchino e riprese il viaggio.
<< Mio furbo vagabondo >> sussurrò la strega osservando il Diavolo che si allontanava seguendo l’incerto sentiero che gli aveva preparato, mentre torrenti di un azzurro cristallino straripavano dagli occhi e cadevano come cascate sulle guance e sulla sabbia, << mio pazzo Odisseo, non cantavo per farti naufragare ma perché ti accorgessi di me. Volevo salire a bordo e viaggiare in tua compagnia e ho sempre temuto un tuo rifiuto. O amabile signore dal cuore puro che ti fingi diavolo feroce, con quanti nomi dovranno conoscerti gli uomini prima che tu diventi mio? Con quanti prima che tu mi liberi dalla mia maledizione, l’esser sempre fraintesa proprio da coloro che amo? Voglio solamente aiutarli ad essere felici >>.
Detto ciò respirò con forza per scacciare il dispiacere, si concentrò giacché era capace di farlo, asciugò le lacrime e tornò bambina, materializzò un terzo lecca lecca e un terzo palloncino ma dai colori diversi e tornò a guardare il vecchio.
Avendo notato che era afflitto a causa della violenta fine della sua opera, senza che lui se ne accorgesse, ricreò la piramide.
Il vecchio pensò che quanto accaduto quella notte fosse stato uno scherzo elaborato dalla strega e dimenticò presto il Diavolo che aveva conosciuto e riprese ad ammirare la sua piramide e a scrutare, sospettoso, la bambina con la coda dell’occhio.
 
Il Diavolo continuò a camminare, percorrendo un sentiero appena visibile che attraversava la spiaggia infinita in una notte senza stelle rischiarata da una luna titanica. Non si voltò mai. Tuttavia, non dimenticò.
Continuò a camminare per molte miglia, finché non sbatté contro lo sfondo di un paesaggio disegnato. Stupito toccò la notte e notò che i polpastrelli si erano sporcati di pittura nera; calciò la sabbia davanti ai suoi piedi ma finì per bucare la spiaggia e si accorse che, come la notte, era dipinta su un’enorme parete fatta di carta di riso. Il Diavolo tirò un pugno alla notte e sentì il vuoto oltre i brandelli dei fogli sottili che solleticavano il suo braccio.
Accecato dall’ira distrusse l’esile barriera e vide una stanza ampia e con pochi arredi. Tremante per la paura penetrò nel grande locale e in alto vide vistose impalcature che sorreggevano fari potenti, simili a giganteschi occhi gialli. Davanti a sé riconobbe una telecamera incustodita e poco più distante una scrivania su cui riposavano dei fogli accartocciati, un panino mezzo mangiato e una sigaretta ancora accesa incastrata nella forchetta di un posacenere bianco.
La paura divenne terrore. Il Diavolo prese la sigaretta e aspirò avidamente. Scacciò il fumo con vigorosi colpi di tosse, poi piangendo prese ciò che restava del panino e diede un morso. Masticò a lungo cercando di memorizzare quel sapore sconosciuto domandandosi se prima di addentare quel panino avesse mai assaporato qualcosa. << E’ dunque questo che sentono gli uomini? >> si chiese con il cuore lacerato.
Mai la solitudine gli era parsa più intollerabile. << Non sono mai stato un uomo >> disse sconfortato. << Sono un dio ancora incompleto, che si atteggia a diavolo per proteggere i viandanti. Perché non mi accontento? Se è tutto qui >> si guardò intorno con aria smarrita, << allora forse sono solo un altro dei giocattoli in mano alla strega come diceva il vecchio, il protagonista di canzoni composte per permettere agli uomini di guardarsi allo specchio e vedere ciò che desiderano essere. Se è tutto qui a che serve il viaggio? Se è tutto qui perché  affannarsi? Se è tutto qui >> gettò il panino a terra convinto che di lì a poco avrebbe fatto la stessa fine, << dov’è l’Anima mia? >>
Il fragore di un tuono proveniente dall’esterno, invase l’aria, seguito da un colpo violento come di un pugno scagliato contro la parete di cemento sul lato opposto. Altri colpi seguirono e fecero tremare l’intera stanza, finché un pezzo di ghiaccio grande quanto una mano bucò il muro.
<< Fuori sta grandinando >> constatò il Diavolo ad alta voce poiché un vento rabbioso, pari in violenza ad un uragano, violò quello spazio. Un luce rossa, molto intensa, penetrò dal foro.
Il Diavolo incuriosito si avvicinò alzando come al solito una mano per proteggersi e attraverso la fessura vide nuovamente il panorama che per tanto tempo aveva ammirato: un deserto desolato di mare infetto, tanta sabbia e poca vegetazione. Tutto avvolto dal nero della notte rischiarato da una immensa luna. E al centro della notte un cerchio rosso come un occhio spalancato.
<< E’ il cuore dell’inferno! >> esclamò. << Stavo per dimenticarlo, è quella la mia meta >>.
Avvertì un pessimo sapore in bocca e provò un terribile senso di nausea. Prima di capirne la causa dapprima tossì, poi vomitò. Era sabbia. Colto dal sospetto toccò la scrivania e ne grattò la superficie. Osservando le dita commentò: << granelli di sabbia >>. Quindi si avvicinò alla telecamera, la prese a calci e la fece cadere. Come un vaso scagliato al suolo l’attrezzattura si frantumò liberando un fiume di sabbia. E così fu per la sigaretta che si sfarinò tra le dita e per il panino che scoprì farcito di alghe marce. << Che esagerazione! >> esclamò ghignando come una iena. << E’ un luogo intermedio. Dove accidenti mi trovo? >> si domandò il Diavolo ma non gli interessava la risposta poiché era stato di nuovo attirato dall’occhio rosso in lontananza.
<< Non mi resta che avere fiducia >> sospirò prima di lanciarsi contro la parete di cemento caricando come un toro.
Non incontrò alcuna resistenza e si trovò fuori.
<< Mia piccola strega >> iniziò a ridere, << me l’avevi quasi fatta >>. Per un breve istante il Diavolo desiderò tornare indietro per invitarla a salire a bordo ma si trattenne. << So che mi attendono spine ma sarà divertente giocare con te >>.
Riprese quindi a camminare e dopo pochi passi vide il consueto paesaggio popolarsi di una moltitudine di persone, o almeno in tal modo interpretò quelle ombre. Alcune viaggiavano solitarie pur essendo in compagnia; altre erano davvero solitarie, non essendoci nessuno al loro fianco, e sedevano sulla sabbia; altre ancora era riunite in gruppi.
Erano tanti, erano in troppi per lui che non sopportava il baccano che fa la gente. Perciò chiese aiuto.
La sua richiesta fu ascoltata e da lui uscirono Shinji, nella sua forma di pilota dall’età compresa tra i quattordici e i sedici anni, e un uomo, un comune mortale che, se non fosse stato affascinato quasi sconvolto dalla verità dei personaggi, nessuno escluso (beh, qualcuno può essere escluso senza troppi problemi), guardando con occhi superficiali quei brutti Angeli e quegli ancor più brutti Eva, ascoltando le stronzate senza senso (perché tali sono, non prendiamoci in giro) di matrice para esoterica, para mistica e un po’ paracula, opportunamente assemblate per creare uno sfondo narrativo che qualche volta è sfuggito di mano, di Evangelion avrebbe pensato: << c’è senz’altro di meglio! >>
Quell’uomo ero io, il personaggio dell’autore e da poco ho compreso pienamente che di questa storia sono, a voler essere generosi, un semplice scriba. E, per dirla alla Shinji, “va bene così”.
<< Statemi vicino >> ci esortò il Diavolo che solo nel prossimo atto si farà chiamare Furia Buia per non essere confuso con il pilota. << Questa sarà >> sbuffò
<< una grandissima rottura di palle >>.
 
[1] Cfr paragrafo del capitolo precedente intitolato La vita è un bacio.
[2] Sono sicuro di aver letto/sentito qualcosa di simile ma ancora non riesco a ricordare.
   
 
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