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Autore: VitanellAde    20/08/2022    1 recensioni
Tre anni dopo il reset del'universo, gli allievi dell'Umbrella Academy vivono le loro vite, senza poteri, come persone comuni. Cinque cerca di adattarsi alla nuova esistenza, ma qualcosa sta per dare uno scossone alla sua vita, iù di quanto non abbia fatto l'Apocalisse. Dolores è viva e vegeta ed è un essere umano come tutti goi altri, ma come e perché? Sir Reginald richiama i suoi figli per un'ultima missione, attirandoli con la promessa di restituire loro i poteri.
Ma sarà il solito tranello ordito dalla mente di un genio pazzo? E chi è veramente Dolores?
Sullo sfondo dell'ennesima apocalisse, Cinque Hargreeves vedrà sgretolare tutte le sue certezze in nome dell'amore...
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Threesome
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 DOLORES 

Cinque vagava senza una meta precisa da ormai tre anni, da quando lui e i suoi fratelli avevano affrontato la terza e forse la più grande delle Apocalissi: la creazione di un Kugelblitz dovuta alla rottura dell'equilibrio causata dal ragazzo che, salvato da Viktor quando era Vania, ne aveva assorbito il potere e aveva ucciso sua madre e tutte le madri degli "Umbrella", che peraltro, si erano visti sostituiti da un altri gruppo di ragazzi dotati di poteri, più un cubo luminescente di cui era ignota l'origine. Quando Allison aveva resettato l'Universo, d'accordo con quel vecchio bastardo di Reginald, per riavere sua figlia e il marito sposato negli anni sessanta, Ray. E così si erano ritrovati senza poteri e senza uno scopo preciso nella vita, beh almeno lui!

Diego e Lila erano andati via insieme, per quanto ne sapeva vivevano da qualche parte, forse a Seattle col figlio che avevano avuto e che avevano chiamato Stanley in onore del ragazzino che lei aveva portato con sé da Berlino e che era stato inghiottito dal Kugelblitz. 

Luther non era più un mezzo uomo scimmia e non riusciva a concepire di avere perso sua moglie Sloan, sposata la notte prima del “botto” e per quanto Cinque ne sapeva, la stava cercando ovunque e non aveva che fine avessero fatto Ben e Klaus, né tantomeno Viktor.Ancora una volta, come era già accaduto, le loro strade si erano separate, in un mondo dominato dal colosso industriale che Reginald aveva creato per dominare il mondo. 

Quando si era ritrovato senza il suo potere, con il braccio che aveva perso poco prima e senza più il tatuaggio del Sigillo, fatto da Pogo, uno scimpanzé senziente di intelligenza superiore, cresciuto ed addestrato da Reginald, con cui Cinque era cresciuto nella sua linea temporale e che aveva incontrato in una versione diversa – capo di una gang di motociclisti e tatuatore – nell’altra realtà. 

Dopo il reset dell'universo, quando ognuno aveva preso la propria strada, Cinque si era rintanato in un edificio abbandonato, prima a dare calci e pugni ad ogni cosa, finché non gli avevano sanguinato le mani e aveva pianto a causa del dolore e degli ormoni della pubertà che viveva per la seconda volta in vita sua. Poi, aveva ricominciato a fare calcoli, cercando di capire come recuperare i suoi poter, anche a costo di perdere di nuovo il braccio. 

Ma la sua vita ben presto aveva preso una piega simile a quando, per fare un dispetto a suo padre, era saltato così avanti nel tempo da finire in un mondo post apocalittico dove poi aveva vissuto per circa tre decenni in totale solitudine, reso quasi folle dalla disperazione e con la convinzione che un manichino gli parlasse, addirittura che lo amasse come una compagna: Dolores. 

Nella sua mente, lei era diventata la donna della sua vita e in un certo senso era così, visto che non aveva mai cercato né amato nessun'altra, neanche dopo che, tornato nel suo corpo tredicenne nel 2019, l’aveva restituita al grande magazzino!

L’istinto di sopravvivenza, unito alla fame e agli ormoni della crescita in circolo, lo avevano spinto ad uscire dall’edificio e per non impazzire di nuovo, aveva deciso di ripetere gli stessi errori di prima, ma d’altronde il mondo non era stato distrutto ma “resettato” non c’erano scenari apocalittici, morte, distruzione e solitudine: vite normali, forse ordinarie, ma meglio del nulla in cui aveva vissuto da solo (o quasi) lo avrebbe aiutato a non vivere di nuovo come un barbone, così aveva deciso di provare a vivere una vita normale, ma non era stato facile: erano passati tre anni, il suo aspetto era cambiato il suo corpo aveva diciotto anni, gli erano cresciuti i capelli e la barba, gli unici lavori che riusciva a trovare erano come fattorino e spesso non ci pagava l’affitto di una stanza ma anche questo gli bastava, riusciva sempre a cavarsela. Un tempo, era stato il più abile killer per conto della Commissione, l’organizzazione che regolava il continuum spazio temporale, ma non aveva mai amato quel lavoro e aveva giurato di chiudere con quella vita, ora viveva facendo le consegne, dormendo dove si trovava, qualche volta riuscendo ad affittare una stanza, se le mance erano buone. 

Così erano trascorsi quegli ultimi tre anni, finché non era accaduto l’impensabile! 

Era un giorno di pioggia e camminava senza una meta dopo aver chiuso l’ennesimo lavoro a causa del suo carattere – non senza aver preso quanto gli spettava – e stava camminando come sempre mani in tasca, schiena curva e sguardo torvo, quando l’occhio gli cadde sulla vetrina di quello che sembrava un ristorante italiano. Il profumo che giungeva da dentro era invitante e Cinque si rese conto che non mangiava qualcosa da giorni. 

Contò i soldi e constatò che poteva permettersi una pizza così avrebbe potuto comprarsi anche da bere, grazie al documento falso che era riuscito a procurarsi mesi prima. Come accadeva spesso, bere era l’unica cosa che gli dava conforto. Si era appena seduto quando qualcosa attirò la sua attenzione… Gli abiti delle due cameriere, avevano un che di familiare: camicetta bianca a pois, gonna nera al ginocchio, un po ' retrò ed un piccolo grembiule. Una di loro, una donna coi capelli scuri, occhi chiari piuttosto prosperosa aveva un ché di familiare, ma per quanto si sforzasse non riusciva proprio a focalizzarla. Poi qualcuno uscì dalla cucina con dei piatti che servì ad un tavolo e tornò dietro il banco per prendere sale e olio di oliva. Cinque sentì che la terra gli mancava sotto i piedi e ringraziò lo sgabello su cui era seduto, altrimenti sarebbe caduto rovinosamente a terra, non era neanche lontanamente possibile qualcosa del genere, eppure… Era lei!?
– Ragazzo, hai deciso cosa vuoi mangiare? – disse la donna dall’aria familiare, robusta e brusca nei modi. Ma lui seguiva l’altra cameriera con lo sguardo, mormorando quel nome: “Dolores… Dolores…” la donna lo guardò con aria interrogativa, poi alzò gli occhi al cielo e si rivolse all’altra. 

– Ehi Dolores vieni qui. C’è questo ragazzino che ti cerca! – lei si voltò verso il bancone. Aveva grandi occhi azzurri e capelli castano chiari, gli sorrise e Cinque pensò che probabilmente sarebbe morto di infarto lì su quel banco… dopotutto aveva più di sessant’anni! L’unico suono che uscì dalla sua bocca, fu di nuovo il nome di lei. La donna, abituata alle stranezze dopo anni di servizio ai tavoli, alzò le sopracciglia. 
– Ti conosco? – chiese. Era vicina ai quaranta, ma non lo dimostrava ed era bella da morire! 

Si rese conto che stava facendo la figura dell’idiota, lì al banco ammutolito e immobile a fissarla, così si schiarì la voce e ordinò una pizza ed una birra, ma lei gli disse che probabilmente se gli avesse servito della birra si sarebbero beccati una denuncia, così optò per una coca, solo che quando gli servì il cibo, lui ormai aveva lo stomaco chiuso: cercò di mangiare mentre continuava a fissarla di quando in quando.

C’erano altri avventori nel locale, tipacci della peggiore specie, per lui neanche degni di una pallottola, ma iniziarono a fare battutacce di apprezzamento sulle ragazze e quando ne sentì una su di lei, sentì salire il sangue alla testa, così intimò all’uomo di smetterla di parlare in quel modo della signora. L’altro, un tipo grande, grosso e sudato, gli chiese se lei fosse sua madre e la risposta di Cinque fu immediata: con un movimento rapido, gli sfilò lo sgabello e quando l’altro perse l’equilibrio, gli sbatté il mento sul banco, puntandogli una forchetta sull’occhio. Con la voce rabbiosa gli disse di chiedere scusa e lui lo fece, per poi uscire in fretta dal locale seguito dai suoi amici. 

Nella sala era sceso il silenzio, così Cinque pagò e uscì dandosi dell’idiota sotto lo sguardo di lei. La donna bruna e prosperosa prese la scopa per raccogliere i cocci di vetro. Dolores era paralizzata dalla sorpresa e un pò spaventata: – Tammy ma che gli è preso? – 
– Beh, Gerry ha ricominciato con quelle sue battute volgari, lo conosciamo, ormai… Ma oggi gli è andata male, perché il tuo giovane ammiratore gli ha dato una lezione!  – rispose ridacchiando. Dolores le disse di smetterla, vide la pizza quasi intatta nel piatto, a pose in una scatola ed uscì dal locale per darla al ragazzo, ma lui sembrava sparito nel nulla. 

Quando rientrò, Tammy uscì dall’ufficio del padrone del ristorante con il rossetto sbavato, rimettendo a posto la camicetta. Dolores scosse la testa e alzò gli occhi al cielo: – Fai sul serio? Con lui? Ma lo sai chi è? O… che cos’è? – chiese sottovoce, riferendosi alla natura bizzarra del capo di quel posto, ma l’altra fece spallucce e sorrise soddisfatta.  Che vuoi farci? Deve essere il suo magnetismo animale… e poi è molto più intelligente di tanti uomini che ho incontrato! – Dolores scosse la testa e si rimise a lavorare. Pogo l’aveva sempre intimorita, ma era buono… Dio solo sapeva com’era arrivato a gestire un ristorante, ma d’altronde ci avevano costruito un’intera saga fantascientifica sull’evoluzione dei primati! Lui non parlava molto e lo si vedeva poco, ma era un buon capo. L’aveva assunta circa tre anni prima e si poteva dire che le aveva salvato la vita!

Dopo che a causa di un incidente aveva perso il lavoro nel grande magazzino, Dolores non aveva trovato altri lavori, si era presentata alla Hargreeves Enterprises dove aveva fatto domanda come segretaria. Quel posto sembrava blindato e incredibilmente moderno in termini di tecnologia e le altre candidate erano giovani e carine e lei non ci aveva riposto molte speranze, eppure Sir Reginald in persona le aveva concesso un colloquio di lavoro. 

Aveva avuto una strana sensazione durante l'incontro, soprattutto quando lui le aveva attribuito un ruolo speciale in “quel” mondo. 

Non l’aveva assunta, ma le aveva dato una lettera di raccomandazione per un posto nel ristorante di un suo caro e vecchio amico e così, il giorno dopo, Dolores si era ritrovata ad un altro  colloquio di lavoro… presieduto da uno scimpanzé di una intelligenza superiore! Ma erano in pieno sviluppo economico, tecnologico e scientifico, si viaggiava sulla Luna  per  turismo e alla fine tutto era sembrato incredibilmente naturale! 
La paga era buona e gli orari anche, Tammy era burbera e simpatica, le avrebbe insegnato il mestiere e così aveva accettato e così tre anni erano volati e Dolores non avrebbe neanche saputo dire se le mancava il suo vecchio lavoro o la sua vecchia vita, poiché non ricordava nulla: sapeva solo che c’era stato un terremoto, o forse un’eruzione o un incendio, non ricordava ma qualunque cosa fosse, aveva provocato il crollo del reparto abbigliamento femminile del centro commerciale dove i pompieri l’avevano trovata ferita e priva di sensi.  La diagnosi era stata “trauma cranico” che le aveva provocato quella bizzarra perdita di memoria, la sua foto non era tra le persone scomparse nel crollo, né qualcuno era mai venuto a cercarla, sicché aveva dedotto di non avere famiglia e alla fine si abituata a quella esistenza semplice, senza aspettarsi troppo dalla vita fino all’arrivo di quello strano ragazzo che la sera dopo si ripresentò poco prima l’ora della chiusura, quando c’erano ormai pochissime persone. Sedette ad un piccolo tavolo, accanto alla parete, rivolto verso la vetrina. Dolores gli servì la stessa pizza e la bibita, che lui consumò in silenzio, con lo sguardo fisso sulla strada, ma era un trucco. Ogni volta che poteva, tornava a fissarla con quello che Tammy definì uno sguardo da pesce lesso, quando glielo fece notare. Più tardi, Dolores fece una piccola pausa. Era quasi l’ora di chiusura e Tammy e Pogo erano andati via in moto insieme. Versò un bicchiere di vino rosso e andò a sedersi di fronte a lui: 
– Allora… Vuoi dirmi almeno chi sei e da dove vieni? O… anche solo cos’hai tanto da guardare? –
Lui abbassò lo sguardo e sorrise quasi in imbarazzo. Lei insistette: 
– Non hai una casa dove andare? I tuoi si staranno chiedendo dove sei! – lui sorrise, tirò fuori dalla tasca una fiaschetta e versò il contenuto nel bicchiere di carta vuoto.  – I miei fratelli? Figurati, non se lo chiedono.
Vivono le loro vite e comunque non è che a me importi molto! E’ da tanto che le nostre strade si sono separate. – 

– Sei completamente solo? – chiese lei bevendo un sorso. 

– Da tre anni, ormai, ma ho vissuto di peggio! Una volta ho passato trent’anni da solo in uno scenario post apocalittico! – lei non capì ma la buttò sullo scherzo. 

– Direi che qualche videogioco ti ha fuso il cervello. – rise bevendo un altro pò di vino. 

– Vorrei tanto che fosse così! – disse lui, sfilando delicatamente il calice dalla mano di lei per berne un sorso a sua volta. Dopo un momento disse: – Ottimo Bordeaux! – 

Lei sorrise stupita.– Te ne intendi! Sì, è …il mio preferito! – 

Cinque non sapeva dire se fosse più incantato o spaventato da quella donna che sembrava la personificazione di Dolores, il manichino che aveva amato per i trent’anni e della sua folle solitudine. Lei ruppe quel silenzio imbarazzante. 
– E’ tardi, tra poco dovrò chiudere … anche tu dovresti andare… credo che tu abbia scuola domani o qualcosa del genere, anche se non hai l’aria di uno studente, ma non si può mai dire! – disse alzandosi dalla sedia. Lui la guardò con un mezzo sorriso. 
– Ho imparato tutto quello che mi serviva per vivere da solo, mia cara. Ma hai ragione, si è fatto tardi… Posso accompagnarti a casa? – lei fu imbarazzata da quella richiesta.  
– Ah io… devo fare ancora delle cose… Scusami. – e si allontanò, lasciando il calice sul tavolo che Cinque finì con una sola sorsata, per poi uscire. Non si allontanò, si pose semplicemente dall’altro lato della strada, per aspettarla e seguirla da lontano. Aveva notato i tre imbecilli del giorno prima gironzolare lì intorno ed ebbe ragione del suo intuito, perché quando Dolores uscì per gettare l’immondizia nel vicolo sul retro i tre le andarono incontro. 

Per un momento, dimenticandosi completamente della sua attuale situazione, anche a causa dell’alcool, tentò il salto nello spazio,  ma non si mosse di un millimetro e si diede una pacca sulla fronte dandosi dello stupido e maledicendo Reginald.  Si avvicinò più rapido e silenzioso che poté e li ascoltò nascosto dietro un furgone e dai soliti apprezzamenti, che si erano fatti più pesanti, i tre erano passati ad altro: cercarono di trattenerla, ma lei resistette più a lungo che poté, cercando di colpirli e riuscì a dare un pugno sul naso a Gerry ed un colpo col ginocchio all’inguine del suo amico, ma Gerry si infuriò e le diede uno manrovescio tanto forte da farla cozzare contro il muro sudicio e farla cadere in uno stato di confusione e dolore. A quel punto le intenzioni dei tre furono fin troppo chiare a Cinque che si precipitò da loro e gli diede una lezione, lasciandoli a terra tumefatti e sanguinanti. Gerry, ferito nell'orgoglio oltre che nel corpo, tentò un'ultima volta di reagire e si rialzò mentre Cinque si sistemava i vestiti, infastidito che fossero sudici, lo attaccò alle spalle con un colpo che lo piegò in ginocchio e stava per attaccarlo ancora quando Dolores gli ruppe in testa la bottiglia vuota di bordeaux, facendolo stramazzare al suolo. Cinque la guardò piacevolmente sorpreso. 
– Bel colpo! – le disse sorridendo. – E lei si mise a ridere e a piangere contemporaneamente, così lui si alzò e, timidamente, la abbracciò. A quel contatto, un turbinio di immagini dal suo passato lo colpì come un flash e la testa prese a pulsare in modo violento, poi tutto divenne buio e prima di rendersene conto, Cinque cadde privo di sensi. Dolores lo chiamò più volte ma lui non si riprendeva così prese una decisione piuttosto azzardata e poco dopo lo stava aiutando a sdraiarsi nel suo letto, dove gli curò le ferite mentre lui era in uno stato di semi incoscienza. Dopo aver riposto disinfettanti e bende, Dolores tornò in camera e lo guardò dormire e per un momento, la mente volò dove non avrebbe dovuto. Scosse la testa, dandosi della stupida per quello che stava provando e andò a dormire sul divano.  Quella notte, la mente di Cinque fu affollata da incubi e visioni in cui vedeva i suoi fratelli morire, affrontando Reginald, solo che non era proprio lui, ma l’alieno che si era rivelato quando Allison lo aveva fermato, tagliandogli mezza testa (e rivelando la sua natura aliena), prima di resettare l’universo.ritornò dopo aver fatto la spesa al market l'antico istinto di sopravvivenza, lo portò a puntarle un coltello alla gola, facendole cadere i sacchetti, salvo poi pentirsene un secondo dopo, quando lei parlò: 
– Oh Gesù! Gesù, sono io! Fermati, ti prego! – Lui si allontanò inorridito guardando il coltello nella sua mano e quando si rese conto di quello che era stato sul punto di fare, lo lasciò cadere; la lama si conficcò nel linoleum consumato della minuscola cucina dov’era la porta di ingresso di quel piccolo appartamento dove lei viveva. 
– Oh, cazzo! Scusami… – mormorò mentre lei raccolse i sacchetti della spesa dal pavimento e li posò sul tavolo con un gran rumore di scatolette, quasi ruppe un paio di bicchieri e si fermò a respirare, con la mano sul cuore, cercando di calmare i battiti impazziti dalla paura. 
– Ma che ti dice il cervello!?! Sei impazzito? – lui si lasciò cadere sulla sedia e si prese la testa fra le mani, i capelli ricadevano sugli occhi un po ' infossati ed era pallido!. 
– Perdonami, Dolores, non so che mi sia preso, io…  ho avuto incubi tutta la notte e mi sento  la testa in fiamme… – lei si avvicinò e gli sfiorò la fronte. 
– Dio mio, ma tu scotti! Forza, devi tornartene subito a letto! – gli ordinò, ma lui fece per  protestare, ma quando provò ad alzarsi e prendere la giacca, la testa gli girò vorticosamente e tornò a sedersi. Scuotendo la testa con risolutezza, Dolores lo aiutò a tornare a letto, osservandolo preoccupata: stava davvero male! Doveva essersi procurato un'infezione, combattendo contro Gerry e i suoi amici, perché la mano sinistra presentava delle piccole macchie scure intorno alle ferite sulle nocche e le dita erano scure rispetto alla normale pigmentazione. Riuscì a fargli ingurgitare un paio di antibiotici e sedette sulla poltroncina ad aspettare che la febbre calasse, applicandogli pezze d’acqua gelata sulla fronte e nel frattempo ascoltando i suoi deliri che parlavano di fine del mondo, menzionando i suoi fratelli e Sir Reginald. 
Un paio di volte ebbe l’impressione che le sue mani emanassero una sorta di alone blu, ma imputò la cosa all’insegna luminosa fuori dalla sua finestra. 

Fuori, il cielo iniziò a riempirsi di strane nubi. 

In quel momento, una coppia di coniugi era intenta a divertirsi al luna park. C’era un’attrazione nuova, un lancio di coltelli. L’uomo con la cicatrice sullo zigomo, il cui nome era Diego, passò il bambino che aveva sulle spalle alla moglie e pagò.  Un lancio, due e poi un terzo, che fece una strana deviazione, andando a colpire il centro esatto, facendogli vincere il premio più grande, che fece la felicità di suo figlio, ma gli procurò una curiosa sensazione, come l’ansia. Anche lei lo guardò preoccupata, mentre il bambino rideva, stringendo quel peluche più grande di lui. 
Come fosse stato un presagio, ricevettero entrambi, in quel preciso istante, un messaggio: Klaus, il fratello adottivo di Diego, chiedeva di essere raggiunto da tutta la famiglia in una casa appena fuori città che aveva comprato da poco, dopo aver venduto tutto ciò che aveva ereditato dai tempi del suo viaggio negli anni 60, dove una volta aveva avuto sede la sua setta di “hippy” e dove adesso viveva con Ben con cui ormai stava insieme ufficialmente.  Per vivere, affittavano il giardino e la piscina più alcune stanze a chiunque volesse organizzare una festa o necessitasse di una particolare location per un film. Da tanto tempo, ormai, Diego non pensava ai suoi fratelli e a suo padre. Dal giorno in cui il kugelblitz avrebbe dovuto ingoiare ogni cosa, quando si erano ritrovati senza poteri né altro, solo che lui era stato fortunato, perché Lila era ancora lì, incinta del loro bambino che avevano chiamato Staney, in onore del ragazzino che aveva in qualche modo cementato la loro unione, prima di essere ingoiato dal Kugelblitz.

A Luther non era capitata la stessa fortuna. La bella Sloane, il cui potere era manipolare la gravità, cresciuta nella realtà alternativa della Sparrow Academy, sembrava sparita nel nulla. Luther l’aveva sposata il giorno prima della fine del mondo e chiunque li aveva visti in quel momento sapeva quanto si erano amati e quanto quel matrimonio avesse emozionato tutti, forse persino Cinque!

Luther da tre anni la stava cercando ovunque ma aveva quasi perso le speranze e passava il tempo ad ascoltare musica romantica, piangere, allenare il suo fisico libero dalle fattezze scimmiesche che sì gli avevano salvato la vita ma gliel'avevano anche cambiata per sempre e non in meglio. Stavano per lasciare il luna park quando lo sguardo di Lila fu attirato dalla tenda di un mago, che recava un poster di lui con la sua magica assistente e somigliava tanto a  Sloane! Decisero di dare una sbirciatina, dovettero pagare il biglietto, ma ne valse la pena perché l’assistente del mago era proprio lei!

Diego guardò Lila con amore e si rese conto che suo fratello meritava quella speranza, forse più di tutti! Inviarono una foto a Luther e gli scrissero che avevano trovato Sloane, chiedendogli se avrebbe partecipato alla riunione a casa di Klaus per il week end. 

 

Viktor trovò il messaggio di Klaus in segreteria quella sera, tornando a casa dal lavoro: aveva ripreso la sua attività di musicista, teneva lezioni di violino presso una scuola media e conduceva una vita tranquilla e solitaria, pensando spesso a Sissy ed Harlan, tormentato da ciò che aveva fatto eppure grato di non avere più il potere di distruggere tutto e tutti compresi i suoi familiari, che non vedeva da anni e che malgrado tutto gli mancavano e quella fu ragione per cui decise di accettare. 

 

Anche Allison fu raggiunta da quell’appello, ma lei non voleva parteciparvi. La sua vita ora era perfetta: Ray scriveva saggi di storia, principalmente incentrati sulla lotta alla segregazione negli anni 50 e 60 in Texas, lei aveva deciso di lasciare il cinema e fondare una casa di moda che stava avviandosi verso un certo successo e si occupava della sua amata figlia Claire e inoltre aveva riscoperto il potere della gentiezza, per convincere le persone a fare qualcosa per lei, specie ora che aveva perso il suo potere di persuasione. Quando ne parlò con Ray, lui fece la stessa osservazione di Viktor e cioè che essendo tutti loro privi di poteri, per una volta non avrebbero dovuto trovarsi di fronte a minacce di vario genere e quindi poteva accadere nulla di catastrofico o… apocalittico! Stavolta si trattava di una vera rimpatriata, con cibo e alcool e ricordi e risate… perché non partecipare? D’altronde anche le famiglie erano invitate e forse i suoi fratelli si ricordavano di lui! Allison decise che avrebbero partecipato alla riunione, giusto per vedere i suoi fratelli, salvo poi ritornare alla sua vita degli ultimi anni, prima che accadesse qualsiasi cosa… Aveva un brutto presentimento che nei giorni che seguirono non la abbandonò un solo secondo.  Erano stati tre anni meravigliosi e aveva paura di perdere tutto di nuovo, ma d’altra parte forse Ray aveva ragione: cosa sarebbe mai potuto accadere ora che non avevano più i loro poteri? 

 

Il giorno dopo aver inviato i messaggi, Klaus scese in cantina per prendere il suo Chardonnay preferito e una buona scorta per i suoi fratelli che sarebbero arrivati nel week end e vi trovò Ben che osservava il suo ritratto: lo avevano recuperato dal palazzo dell’Umbrella o Sparrow, ridotto ad una magione abbandonata, insieme ai ritratti della formazione originale dell’Umbrella e quelli singoli, persino la statua che era stata posta in giardino in suo onore quando era morto, il che era stato prodigioso, visto che tempo addietro era stata distrutta, ma quella era stata una delle tante linee temporali in cui avevano vissuto. 

Ben aveva mandato tutti al diavolo, dopo il kugelblitz, lasciandosi alle spalle Klaus col cuore spezzato e tutte le cose che aveva vissuto nelle ultime ore da Sparrow ed era tornato a Seoul, dove però c’era stato un disastro ferroviario, a cui era sopravvissuto finendo in coma. 

Nei giorni che aveva trascorso in stato di incoscienza, aveva ripercorso come in un film la vita del Ben della prima linea temporale, quello che era morto quasi vent’anni prima e quello della Sparrow. Tutte quelle immagini, i ricordi e i momenti, gli avevano fatto capire quanto contava la sua famiglia per lui e quanto Klaus fosse importante per lui… 

Al suo risveglio, aveva chiesto di contattare suo fratello e Klaus era corso, quasi piangendo di gioia e lo aveva portato via, senza immaginare che la vita con Ben non sarebbe stata facile. Da quando era uscito dal coma, aveva mostrato segni di un leggero squilibrio mentale, come uno sdoppiamento di personalità: era come se i due Ben coesistessero in un corpo solo, provocandogli picchi di umore che stava curando con dei farmaci per il bipolarismo. Klaus, suo malgrado, amava entrambe le versioni di Ben e decise che lo avrebbe accudito e aiutato ad essere la migliore versione di sé stesso.

Recentemente era stato convocato da Reginald che, incredibile ma vero, gli aveva offerto il suo aiuto e quella villa da sogno, in cambio di una riunione con i suoi fratelli per contrastare un nemico che stava nell’ombra ad osservarli in attesa del momento giusto per attaccare.. Klaus era quasi scoppiato a ridere quando aveva sentito tutto e aveva ricordato al vecchio Reggie che lui… che tutti loro non avevano più poteri e che non avrebbe neanche saputo come rintracciare Cinque che sembrava sparito nel nulla. 

– A lui ci ho già pensato io, non preoccupartene! – aveva risposto seccamente Reginald prima di consegnargli i farmaci per Ben e sparire mano nella mano con la donna misteriosa che Luther (senza il minimo sospetto) aveva sorvegliato per anni, quando era stato in missione sulla luna. 

Ora Ben riguardava il suo ritratto, con aria cupa e triste ed un bicchiere di scotch in mano. 
– Può sembrare strano detto da me, ma non è un pò presto per bere? – Ben bevve un sorso e sorrise: 
– Beh da qualche parte del mondo è pomeriggio inoltrato, quasi sera! – E porse il bicchiere a Klaus che accettò il drink e dopo una lunga sorsata gli chiese se stesse bene. Lui annuì e lo guardò. – E tu? – 

Sapevano entrambi ormai che avere un dialogo con Reginald significava litigare, spesso lottare, e sempre con la sensazione di non essere mai abbastanza … qualsiasi cosa volesse fare il vecchio coi suoi poteri psichici e le sue idee assurde. Klaus ricordava la conversazione con Reginald e la sua richiesta: rientrare in possesso dei loro poteri, uscendo dall’albergo dove si sarebbero ritrovati in Texas a vincere la battaglia contro la Commissione, mentre Harlan sarebbe accidentalmente morto nel crollo del fienile (Viktor non l’avrebbe presa bene!) le loro madri non sarebbero morte e non si sarebbe verificato il Paradosso del Nonno, anche se Reg non escludeva di adottare altri sei ragazzi, visto che il primo ottobre del 1989 ne erano nati 46 con capacità speciali, ora che ne conosceva il potenziale, poteva cercarli e avere una squadra molto più numerosa e forte da usare contro qualsiasi cosa stesse per mettersi tra Sir Reginald Hargreeves e il suo prezioso equilibrio fatto di scienza, evoluzione e distruzione in un circolo vizioso infinito! Chissà cosa avrebbe detto Cinque, ma lo avrebbe saputo presto! E poi c’era stato quell’episodio… Per un istante, il giorno prima Klaus avrebbe giurato di aver visto qualcuno o qualcosa in giardino, ma era durata un battito di ciglia… Klaus si voltò per tornare di sopra, ma prima si voltò e guardò Ben che fissava il suo ritratto e la sua statua assorto e imbronciato: 
– Hai preso le medicine? – Ben lo guardò come se non lo vedesse, ma poi gli sorrise e annuì. Bevve un altro sorso e lo raggiunse. – Coraggio, diamoci da fare! I nostri fratelli arriveranno presto! – disse mettendogli un braccio intorno alle spalle. 
Nella tenda del prestigiatore, intanto, un nuovo spettacolo andava in scena. Dopo i soliti trucchi, l’uomo asserì di essere in grado di far volare la sua assistente. 
E così fu. Avvolta in un vestito di pailettes, Sloane si librò in aria, provocando un colpo al cuore di Luther che la stava osservando, ridicolmente alto, in mezzo ad una fila di ragazzini. Gli ricordava la loro prima volta insieme, quando lei lo aveva sollevato fino alla sua finestra ed era cominciata la loro grande storia d’amore, culminata con un bellissimo matrimonio alla vigilia della fine del mondo. 
– Signore perché piangi? – chiese una bambina accanto a lui. 
Luther si asciugò le lacrime e le disse che quella musica lo faceva commuovere. 
La piccola peste fece una smorfia. – Sei proprio una femminuccia! – lui, tra il piccato e il divertito, le disse di pensare a guardare la signora che volava, ma la bambina replicò impertinente che le corde si vedevano benissimo, se guardavano in alto c’era la gru. 
E così Luther ebbe la conferma che anche Sloane aveva perso i suoi poteri. 
Subito dopo lo spettacolo andò da lei, senza un piano preciso: era Cinque quello bravo coi piani, lui era quello tonto e forte, ma una cosa l’aveva imparata in quei tre anni: prudenza, soprattutto per lei. Aspettò che tutti fossero andati via per il pranzo e si avvicinò al camper. Bussò piano e lei venne ad aprire, bellissima come sempre, ma con un livido sullo zigomo sinistro. Lo fissò per un lungo istante e poi gli chiese se desiderasse qualcosa. Lui disse la prima cosa che gli venne in mente e cioé chiese una indicazione per un punto qualsiasi della città… Lei, dopo un attimo di incertezza, gli disse che non conosceva bene la città poiché non era del luogo, il loro era uno spettacolo itinerante. In quell’istante giunse il prestigiatore, che gli chiese in malo modo che cosa ci facesse lì e cosa stesse chiedendo alla sua assistente. Lei ebbe subito paura e si giustificò dicendo che lui si era peso e cercava indicazioni, ma lui la insultò e la mandò via in malo modo, facendo ribollire il sangue di Luther.A quel punto era già tutto fin troppo chiaro. Sarebbe rimasto lì a proteggerla fino al momento opportuno e l’avrebbe aiutata a scappare quella notte stessa!Dopo il tramonto, lei uscì dal camper visibilmente scossa e cominciò a passeggiare fino al molo, dove si accorse che l’omone l’aveva seguita. 
– Ancora lei? Che cosa vuole? – gli chiese guardandosi intorno timorosa di ricevere altre percosse. Lui alzò le mani, rassicurante. 
– Tranquilla, non voglio farti niente, Sloane! – lei spalancò gli occhi ancora più spaventata. 
– Come fa a sapere il mio vero nome? – disse indietreggiando, ma lui le sorrise dolcemente, sempre tenendo le mani alzate per mostrarle che non aveva nulla da temere. 
– Vorrei solo che tu mi ascoltassi un minuto. – lei si guardò intorno e gli indicò un punto del molo in cui fermarsi. 
Quando sedettero sulla panchina, lui tirò fuori un barattolino, confezionato a mano. Era uno dei loro inviti, sopravvissuto all Oblivion, lo aveva trovato a terra quando era andato via dal parco che sorgeva al parco “donato” da Reggie alla città, accanto all’ Hotel Obsidian. Luther l'aveva preso come un segno che forse Sloane esisteva anche in quella linea temporale ed eccola là. Lei prese il barattolino e lo rigirò tra le mani, prese il biglietto che c’era dentro e lo lesse, impallidendo. 
– So che ti potrà sembrare assurdo ma… noi siamo sposati. – cominciò. E mentre il sole tramontava sulla baia, le raccontò la sua incredibile storia. 

Dopo quasi due giorni di febbre alta e delirio, Cinque si svegliò sentendosi di nuovo sé stesso. Era debole ma riuscì ad alzarsi e prendere del caffé. Era primo pomeriggio e pioveva a dirotto e il cielo era cupo come il suo umore. Una strana sensazione, come un brutto presentimento, lo stava assalendo. Sollevando la mano sinistra, si accorse che era avvolta dalle bende ma quando le tolse non c’era altro che qualche livido, risultato della scazzottata con Gerry e quegli altri due imbecilli eppure sentiva che qualcosa stava per succedere. Forse era colpa dell’istinto, forse i troppi anni di servizio al soldo della Commissione, non riusciva a non stare in guardia, ma decise di provare a rilassarsi. Dopo una doccia si sentì un pò meglio, cercò i suoi vestiti e vide che erano puliti: probabilmente Dolores li aveva portati in lavanderia e ora giacevano puliti in camera e questo gli fece sentire una sensazione di calore che non provava da una vita!  Cinque indossò jeans, t shirt e la camicia a quadri, riflettendo sul passato, quando era solito indossare prima l’uniforme dell’accademia, quella coi pantaloncini, poi il suo completo da killer professionista ed infine l’impeccabile abito che il sarto dell’Obsidian aveva fatto su misura per lui e che ad un certo punto aveva dovuto abbandonare perché il suo corpo era cresciuto com’era giusto che accadesse… Per la seconda volta nella sua vita!
Ed ora era lì, con l’aspetto di un liceale scappato di casa e i capelli che gli ricadevano sul viso e arrivavano al collo e che per i suoi standard erano decisamente lunghi in casa di una donno incredibilmente simile alla sua Dolores, solo che stavolta si trattava una donna in carne ed ossa che si era presa cura di lui, lo aveva accudito e che gli aveva lasciato la zuppa di pollo, antico rimedio della nonna contro la febbre e quasi ogni tipo di malanno sui fornelli con un biglietto che lo avvertiva che non sarebbe tornata tardi dal lavoro. Persino nella follia della sua solitudine, Cinque era consapevole di essere stato in compagnia di un manichino con cui parlava, ragionava e litigava, anche, come una vera coppia di coniugi e gli venne naturale fare dei paragoni… Stava mangiando la zuppa qualcuno bussò alla porta, Cinque prese il coltello affilato e guardò dallo spioncino dove vide quello che sembrava un fattorino, che conosceva, con una grande scatola. Proprio in quel momento il minuscolo ascensore si aprì e Dolores arrivò sulla soglia di casa, chiedendo al fattorino chi cercasse e quando lui disse che cercava il signor Hargreeves, lei gli rispose che forse aveva sbagliato, ma Cinque aprì la porta e disse che era lui. Lei fece spallucce e chiese al fattorino di portarlo dentro poiché il ragazzo era stato male e lei aveva le mani impegnate. Lui entrò reggendo il grosso pacco e lo depose sul tavolo della cucina, lanciando una lunga occhiata al giovane, che ricambiò con diffidenza. Non gli era sfuggita la scritta ricamata sulla sua divisa. R.H.E. e sperò che fosse tutto un dannato scherzo. Quando il fattorino (o chiunque fosse al soldo di Reginald) uscì, Dolores fissò quell’enorme pacco con aria interrogativa, poi vide che impugnava il coltello da parecchio tempo. Glielo indicò. 
– Sei parecchio prevenuto contro gli estranei, vero? Quello magari usalo per aprire quella scatola, vediamo cosa ti hanno mandato! – sorrise. 
Ma lui aveva ancora quella strana sensazione di pericolo che stava aumentando di momento in momento e sembrava paralizzato. Con un sospiro rassegnato, Dolores gli prese il coltello di mano, delicatamente, e lo mise in un cassetto, da dove ne estrasse uno più piccolo con cui si accinse ad aprire lentamente lo scatolone. 
Dentro vi era un’altra scatola, scura ed elegante, apparentemente proveniente da una sartoria. Lui continuava a stare lì impalato, così gli chiese il permesso di aprirla e lui annuì: dentro c’era un completo praticamente identico al suo ma presumibilmente della sua attuale taglia. Lei ne fu debitamente impressionata. C'era tutto! Scarpe, calzini, una camicia impeccabile, persino un orologio, che lui riconobbe come quello che indossava quando il guardiano dell’Oblivion gli aveva tagliato di netto il braccio sinistro. 
– Che eleganza! – disse Dolores ammirando la stoffa e la manifattura. 
– Un tempo vestivo così. Ho sempre pensato che nel mio mestiere, fosse un segno di distinzione… come se a quelli di cui mi occupavo importasse…– sospirò evitando lo sguardo di lei per non doverle dire altro… Per non dirle che era un assassino. 
Lei lesse il suo nome sul lembo del box di cartone, lo fissò per un secondo ma decise di non dire nulla e guardò dentro lo scatolone, posando sulla sedia la confezione con l’abito delicatamente, come fosse stata di cristallo e guardò dentro il cartone. 
– Guarda, c’è qualcos’altro, sembra un borsone da soldato o qualcosa di simile… c’è qualcosa di rigido dentro… – a quelle parole, Cinque sentì che il sangue gli si gelava e impallidì. Le prese la borsa dalle mani, la pose sul tavolo, che lei liberò, ed aprì la lampo molto molto lentamente. 
Quando vide il contenuto cacciò un grido e balzò all’indietro, per poi sedersi sul pavimento, in preda ad un attacco di panico. Lei, spaventata da quella reazione, guardò dentro la borsa e vi trovò il busto di un manichino, senza capelli senza un braccio, con addosso brandelli di quella che una volta era stata una camicetta bianca a pois neri, molto simile a quella che portava al lavoro e che effettivamente aveva ancora addosso… Nella scollatura c’era un biglietto, la busta recava due iniziali R.H. Non sapendo bene cosa fare, Dolores la aprì e lesse le poche parole: 

“Spero ti sia gradito il dono. Contrariamente a ciò che si dice, l’abito fa il monaco! 

E’ gradita la tua presenza questo week end alla villa di tuo fratello Klaus per una riunione di famiglia. Reginald.”  

Cinque era ancora seduto sul pavimento, in preda a quello che sembrava un attacco di iperventilazione. Distogliendo lo sguardo da quella bambola inquietante, Dolores si guardò intorno, in cerca di qualcosa che lo potesse aiutare e sforzandosi di ricordare come agire in quei casi, poi rammentò di avere letto che l’anidride carbonica poteva calmare il respiro, ma occorreva un sacchetto di carta e lei non ne aveva in casa. Per un attimo pensò che sarebbe andata nel panico anche lei, ma forse c’era un modo di aiutare Cinque, così si inginocchiò accanto a lui, gli prese il viso tra le mani e lo aiutò con il proprio respiro. Dopo alcuni di soffi la cosa parve funzionare… Poi, le labbra di lui presero a muoversi in modo diverso e quelle di lei risposero e la paura e la tensione svanirono lì, sul linoleum della cucina, sostituite dall’eccitazione e dalle sue naturali conseguenze. 

Fuori aveva continuato a piovere per il resto del pomeriggio, durante il quale avevano continuato a fare l’amore. Solo verso sera si fermarono e fu naturale parlare un pò. – Dunque ora so che ti chiami Cinque… e sei parente nientemeno che di Sir Reginald Hargreeves il grande magnate dell’industria!  – disse lei sdraiata sul fianco coi capelli sparsi sul cuscino. Lui chiuse gli occhi e sospirò forte. 
– Colpevole! Io e i miei fratelli siamo… o eravamo… tutti suoi figli adottivi, ma come ti ho accennato, ognuno ha preso la sua strada. – si voltò verso di lei e le accarezzò il viso. – E per il momento, ti basti sapere questo, angelo mio. – lei sorrise a quelle parole. 
– Non ti illudere, ci sono altre cose che vorrei sapere di te, e potrei farti mille domande, ma per il momento mi limiterò a due. Lui si sollevò sul gomito per guardarla: – Sentiamo! – 
– Hai intenzione di andare alla tua riunione di famiglia? – lui sospirò e con molta sincerità disse che non lo sapeva ancora. E lei gli fece la seconda domanda. 
– Vuoi dirmi perché quel manichino ti ha spaventato in quel modo? – ma Cinque non aveva intenzione di rispondere a quella domanda, così fu evasivo e meravigliosamente convincente nel cambiare argomento. Non udirono il tuono scosse i vetri delle finestre, né badarono al fulmine che si abbatté sulla strada, bruciando l’asfalto ma, dalla crepa creatasi, qualcosa iniziò a muoversi e a strisciare lungo la strada, diretti verso il grattacielo della Hargreeves Enterprises. 

Il temporale passò ma il cielo rimase plumbeo e minaccioso, squarciato di quando in quando dai fulmini. La gente trovò la cosa inusuale, poiché cozzava completamente con quello mite e sereno che il meteo prevedeva per l’intera settimana. Era come se una nube circolare avesse coperto la città, concentrandosi sul centro, proprio sopra il grande edificio. Il giorno dopo, mentre Dolores era al lavoro, Cinque osservava il fenomeno dalla finestra della cucina, sorseggiando il suo caffé nero, quando vide giù in strada qualcuno di familiare che lo fissava, quasi incredulo. 
Scese in strada e andò incontro a Luther. 
– Cinque, sei davvero tu? Sei così… – 
– Cresciuto? – sorrise l’altro. Luther annuì, abbracciandolo, con Cinque che batté la mano sulla sua schiena, poco incline alle smancerie come sempre. Ma l’ottuso buonumore e il candore sul viso di suo fratello svanirono subito, sostituiti da un'espressione serissima, mentre gli chiedeva di fare due passi. 
Camminarono in silenzio per un pò, Cinque seguiva suo fratello, con le mani nelle tasche dei jeans e il vento che gli scompigliava i capelli. Luther li indicò. 
–  Sei così diverso dal solito! Che fine ha fatto il tuo completo? – 
– Non mi stava più, come puoi vedere tu stesso. – 
– E i capelli? – Cinque scosse la testa: – Che cosa c’è, Luther? – lui sospirò. – Ho trovato Sloane. – rispose con lo sguardo fisso davanti a sé. 
Cinque pensò che avrebbe dovuto esserne sorpreso ma d’altronde il reset aveva cambiato molte cose, non le aveva del tutto cancellate. 
– Beh buon per te, no? – gli disse sedendosi su una panchina sullo stesso molo dove lui aveva parlato con lei. 
– No, lei…C’è un problema: lei non si ricorda di me, di noi né degli Sparrows. Non ricorda nulla dalla data dell’Oblivion… né del nostro matrimonio… – 
– Già… Nonostante abbia passato gli ultimi tre anni a cercare di dimenticare, quella fu una serata memorabile… Perché sei venuto da me? Mi stavi cercando? – Luther gli disse che era stato davvero un caso, ma che ora che si erano ritrovati, aveva bisogno di un favore che soltanto lui poteva fargli. Gli mostrò una busta piena di soldi e lui capì subito di che cosa si trattava, restituendola. 
– Hai passato troppo tempo coi malavitosi nel texas degli anni sessanta, Luther. Io non faccio più quel mestiere, lo sai, mi sono ritirato e poi dove diavolo hai preso tutti quei soldi? – 
– Da papà: gli ho detto che i soldi mi servivano per ritrovare mia moglie, visto che è sparita per colpa del suo piano! Non so perché ma ha accettato, mi ha dato un lavoro e i fondi per cercarla, anche se poi ha aggiunto che tutto il denaro del mondo l’avrebbe riportata da me, ma che in fondo comprendeva il mio dolore, ci crederesti? Beh io no. Ho lavorato per lui per un pò, continuando a cercarla e poi un paio di giorni fa, Diego e Lila mi hanno mandato una foto e sono andato nella direzione che mi hanno indicato… – 
Cinque, già spazientito da quella conversazione, lo esortò a concludere quel racconto strappalacrime: – Eee? – 
– Non so proprio come ci sia finita, ma lavora per un tizio, un prestigiatore da quattro soldi che la picchia, sto impazzendo e potrei fare un macello anche se non sono più quello di prima…. Lei non ha più i suoi poteri, come tutti noi e io devo aiutarla ad uscire da quell’incubo in cui è prigioniera, ma ho bisogno di te! Quel bastardo merita di morire ma se c’è una cosa che ho imparato da te è che bisogna fare un lavoro pulito! – 
– Oh signore ci risiamo! Luther io non posso andare da un tizio e ammazzarlo così senza una ragione! – tentò di protestare Cinque, ma suo fratello lo interruppe. – Mi prendi in giro? Hai ammazzato per molto meno, quando lavoravi per la Commissione! – 
– Lo facevo per tornare da voi, brutto idiota! Ho accettato il patto con Handler solo per voi, dopo trent’anni di solitudine in mezzo alla distruzione più totale! E ricordi com’è finita? Tre apocalissi in poco più di un mese, ho visto me stesso morire, ho perso il braccio, poi ho perso il mio potere quando Reggie ha resettato la realtà con la complicità di Allison e adesso che finalmente ho trovato… –
Luther lo guardò incuriosito dall’ultima frase. Cinque sospirò. 

– Ah, lascia stare… Lei lo sa chi sei? – suo fratello scosse la testa, con gli occhi lucidi. 
– Le ho raccontato la nostra storia e ha detto che probabilmente ho proiettato la cosa su di lei perché assomiglia a mia moglie, ma che le sarebbe piaciuto tanto vivere una storia così romantica. Ha pianto e mi ha detto che per lei sarebbe stato impossibile ed è scappata via. Ma, Cinque, questo succede perché ha paura di lui! Dimmi solo di che hai bisogno! – 
Cinque gli chiese un paio d’ore per pensarci e andò via, ma dopo un paio di passi si voltò verso suo fratello, seduto sulla panchina: 
– E dopo come farai a farle ricordare che siete l’uno per l’altra? – 
Luther sorrise con la sua consueta ingenuità e alzò le spalle. 
– Non lo so… Ma, Cinque, se sarà necessario, la riconquisterò: lei è il mio amore, siamo fatti per stare insieme e non mi importa di ricominciare tutto daccapo! – Cinque annuì, consapevole del significato di quell’ultima frase e si incamminò verso il luna park e poi dritto nella tenda del prestigiatore, dove stava concludendo il suo numero: la ragazza era Sloane, senza ombra di dubbio, e il suo sguardo esprimeva una paura tremenda di quell’individuo viscido e orribile. Si nascose dietro il camper e cercò di osservare la situazione: dopo che furono rientrati, Lui le rimproverò qualcosa e quando lei provò a replicare, quando lui le diede un manrovescio forte e le si avventò addosso e probabilmente l’avrebbe massacrata, se Cinque non fosse intervenuto tirandogli un sasso dritto in testa che lo tramortì. 
Quando Sloan andò a guardare dalla finestra non vide nessuno e mise a letto il prestigiatore senza troppa grazia, sedendosi a guardare il suo riflesso allo specchio, col viso inondato di lacrime, pensando al ragazzone biondo che diceva di essere suo marito. 
Cinque tornò verso casa, combattuto tra il pensare alle parole giuste da dire a Dolores, se l’avesse scoperto o se fosse meglio dirle tutto e subito e se lei l’avesse accettato allora andava bene. La “vecchia” Dolores non aveva mai avuto niente da ridire sulla sua professione e poi c’era da salvare il matrimonio di Luther, la famiglia stava per riunirsi e il cielo non smetteva di mandare fulmini e saette, senza che però scoppiasse un vero temporale… Non sapeva che cosa c’era dietro la riunione, le nubi oscure o quell’assurda sensazione di presagio, ma di una cosa Cinque era sicuro: non voleva affrontare tutto senza Dolores! Andò dritto al ristorante, con l’intenzione di dirle che quella sera doveva lavorare, ma si bloccò vedendo qualcosa attraverso la porta a vetri che dava nell'ufficio. Una sagoma molto familiare e parlava con qualcuno che riconobbe subito e capì che stava veramente per accadere qualcosa! 
Sedette al banco, dove Tammy gli servì un drink dicendo che a quanto aveva sentito dire lui era un vero uomo, per poi tornare ai tavoli ridacchiando, mentre Dolores la redarguiva, rossa in viso. Giunta dietro al banco per un attimo evitò lo sguardo di lui, poi si scusò perché Tammy l’aveva vista arrivare con un sorriso radioso, camminando su una nuvoletta e non aveva potuto fare a meno di chiederle cosa fosse accaduto e l’aveva assillata finché non aveva ceduto, ma non le aveva certo raccontato i particolari della loro giornata e… Cinque la interruppe dicendole di stare tranquilla e le diede un bacio sulla mano, dopodiché lei tornò al suo lavoro e lui al suo drink, con lo sguardo puntato verso la porta della Direzione, da dove qualche istante dopo uscì Reginald. 
Gli passò accanto e stava per aprire la porta e andarsene, ma il campanello sull’uscio non suonò, perché tornò indietro e guardò Cinque dalla testa ai piedi.

– Numero Cinque, sei davvero tu? – 
– Dovresti saperlo che sono qui, visto che mi hai fatto quell’ignobile scherzo! – rispose il ragazzo, senza guardarlo in viso e prendendo una bottiglia di bourbon che stava lì e un altro bicchiere. Gli fece segno di sedersi e versò da bere per entrambi. Reginald accettò il drink, sedendosi sullo sgabello accanto a lui. ì
 Quello che so è che ho fatto bene a mandarti il completo. Buon Dio, ragazzo, che ne è stato del tuo stile impeccabile? – lui gli sorrise sarcastico e bevve. 
– E’ stato resettato insieme a tutto il dannato universo! – poi si versò un altro drink. 
– Sono lieto di vedere che hai conservato la tua verve. E sei cresciuto, anche! – ma Cinque non era dell’umore per chiacchierare. 
– C’è Pogo in quell’ufficio, vero? E Tammy, oh mio Dio, ecco dove l’ho incontrata! Quando ho parlato con lui del progetto Oblivion! Dimmi è tutta un’altra manipolazione? Cosa vuoi da noi, stavolta? Le nostre anime? E lei? Anche lei è opera tua? Cos’è, un robot come Grace? – chiese pensando a Dolores che li osservava curiosa. 
– Credo che tu sappia bene che lei non è una macchina. E’ evidente che certe persone erano destinate ad avere un posto nel mondo… Come lei! Mi preoccupavo che soffrissi di solitudine, per questo ti ho mandato il tuo amato manichino, ma a quanto vedo qui ne esiste una versione in carne ed ossa!
 –  E vuoi farmi credere che lei non sia una tua creazione, per fregarmi? – 
– Non posso dire che il reset non abbia scatenato eventi insoliti, ma credo che ci siano cose che non possono essere create né costruite o pilotate, come il modo in cui ti guarda! Ma c’è un motivo in effetti per cui mi sono rifatto vivo con voi… E ve lo dirò alla villa di Klaus e Ben alla riunione di famiglia nel week end. – 
– Qualunque cosa tu abbia in mente, te la puoi anche scordare, non ci sto più! – disse Cinque con rabbia, bevendo ancora. Reginald bevve il suo drink e si alzò. – Fallo per i tuoi fratelli… siete pur sempre cresciuti insieme! –
Cinque scosse la testa, anche quello era vero fino ad un certo punto, anche se da qualche parte nella sua mente e nel suo cuore, molto in profondità, l’affetto per i suoi fratelli restava immutato. 
Prima di andarsene, Reggie gli disse di portare anche lei e… di stare attento quella sera! 

Il sole stava tramontando, era quasi ora di mettersi all’opera. Si alzò e disse semplicemente a Dolores di non aspettarlo alzata e uscì prima che lei potesse rispondere, fermandosi a fare una telefonata. L’ultimo spettacolo del prestigiatore era alle otto. Luther era seduto tra il pubblico e Cinque ne approfittò per ispezionare la roulotte. Tra le cose di Sloane trovò un oggetto familiare: un anello, fatto in maniera rudimentale da un filo di rame e… una pietra di luna. Chissà se Luther lo sapeva! Dopo un pò, gli avventori del luna park andarono via e le luci iniziarono a spegnersi e sentì delle persone avvicinarsi: le voci erano alterate dall’alcool, il viscido stava tornando con altri, tra ambulanti e giostrai. Sloane non era rientrata (Luther l’aveva convinta a venire via subito dopo lo spettacolo e stavolta lei aveva accettato di seguirlo) e quando lui se ne accorse, diede di matto e ordinò a tutti di andarla a cercare, ma Cinque aveva sigillato la porta con loro dentro e diede fuoco al veicolo. Gli uomini urlarono e picchiarono contro i vetri, chiedendo al ragazzo che passava di lì di aiutarli, ma Cinque mostrò loro l’accendino, rispolverando il suo solito sorriso furbetto e andò via, raggiungendo in macchina Luther e Sloane che aveva accettato di scappare con quello sconosciuto. Si fece lasciare a pochi passi da casa e di nascosto diede l’anello a suo fratello, poi la macchina sfrecciò fuori città a casa di Klaus, prima che qualcuno li vedesse. Era tardi, non c’era nessuno in giro, tranne pochi ubriachi… sempre i soliti tizi che avevano dato fastidio a Dolores e che avevano tutte le intenzioni di aggredirlo. Cinque, stanco e ubriaco, decise che proprio non aveva voglia di avere a che fare di nuovo con quei babbei e tirò dritto per la sua strada anche quando cercarono di provocarlo, ma sembravano proprio intenzionati a rompergli le scatole, lo spinsero in un vicolo e lo circondarono. I suoi riflessi erano ancora buoni, anche se rallentati e riuscì per un pò a fare in modo che si colpissero praticamente tra loro, ma quando lo trattennero e iniziarono a colpirlo, accadde qualcosa che non si aspettava: un lampo squarciò il cielo e una figura alta con occhi enormi si fermò a guardare la scena, pose le mani verso di loro e Cinque sentì che la loro presa stava allentandosi e quando si divincolò, si ritrovò nella minuscola cucina di Dolores, come se il suo potere si fosse riattivato! 
Un dolore lancinante al braccio lo colse e lei uscì dalla camera dove lo stava aspettando sveglia e spaventata, allarmandosi ancora di più quando lo vide a terra, tumefatto e fradicio, con il braccio sinistro coperto di lividi e piaghe. 
– Cinque ma che ti è successo? – ma lui non rispose, perché perse i sensi. 
Giù nel vicolo, i suoi aggressori giacevano morti a causa delle ferite profonde, simili a quelle che nell’ultima linea temporale, avevano ucciso Luther. 
Cinque passò una notte agitata, tra presentimenti che si affacciavano nel dormiveglia, ma il mattino dopo era giunto alla conclusione che avrebbe preso parte alla riunione per parlare con Reggie delle troppe cose che non tornavano e non ci sarebbe andato da solo. .Chiese a Dolores di tagliargli i capelli, si rasò e indossò il completo, distogliendo lo sguardo dal borsone verde. Lei fu molto colpita dalla metamorfosi di lui che, con quell’abito aveva un aspetto maturo e deciso, molto affascinante! 
Lui rise e le disse che indossare un completo era come portare una sorta di uniforme per lui. 

Dolores gli versò un buon caffè e quando lui prese la tazza, la osservò ancora una volta, come se lei non fosse reale. Mise giù la tazza e la prese tra le braccia, sfiorandole la fronte con la sua. Lei avrebbe voluto chiedergli mille cose: che cosa era successo il giorno prima, dopo la chiacchierata con Sir Reginald, e che cosa si erano detti? 

E dov’era stato per tutta la sera in cui le si erano affacciati alla mente scenari apocalittici? 

E come aveva fatto a rientrare se la porta era chiusa dall’interno?  

Ma era una donna orgogliosa e gli chiese semplicemente dove andasse così elegante e lui  rispose che sarebbero andati a quell’incontro di famiglia. Il viso di lei si illuminò:

– Andiamo? Vuoi che venga con te… Dalla tua famiglia? – chiese sorpresa, mentre lui si sedeva per bere il suo caffè. 

– Niente mi farebbe più felice, angelo mio. – le rispose lui. 

Dolores lo baciò e andò tutta contenta a prepararsi con cura. Indossò un abito verde semplice ed elegante, stivali ed un impermeabile e quando uscirono di casa, scoprirono un’auto di lusso che li aspettava, con le iniziali di Reg incise in oro sugli sportelli. Durante il viaggio, Cinque non disse una parola, ma non le lasciò mai la mano e quando giunsero a destinazione, la strinse forte. La villa era una costruzione in stile vittoriano, la cui facciata era sorprendentemente simile alla sede dell’accademia. Klaus era sulle scale d’ingresso, incoerentemente allegro e festaiolo come sempre e lo accolse gridando: – Cincooooo! – e abbracciandolo, cosa che lui odiava! 
Prima che potesse osservare che la signora al suo fianco somigliava tanto all’amato  manichino, Cinque lo interruppe: 
– Si… Klaus lei è Dolores. Dolores, il mio disdicevole fratello Klaus Hargreeves… Klaus? – ma lui pareva non udirlo, così Cinque gli diede un calcio negli stinchi, stirando un sorriso forzato: – Che maniere, fratellino, non ci fai entrare? –  Klaus si riprese dalla sorpresa e le porse la mano, per poi baciare quella di lei, più che altro per capire se fosse di plastica! Gli altri erano già tutti arrivati e li aspettavano. Anche l’interno della magione era uguale agli interni della sede dell’Umbrella, mobili, e suppellettili compresi, tranne per i ritratti di Cinque e di Ben. Due bambini erano intenti a giocare, una bimba afroamericana di sette o forse otto anni, mostrava un gioco di cubi ad un bimbo dai tratti ispanici: presumibilmente Claire e Stanley. Le loro madri  intente a parlare lì vicino, si alzarono e andarono loro incontro. 
Allison strinse loro la mano in un gesto formale, ma Lila fu più affettuosa e contenta di rivederlo e in verità anche lui. Nonostante si fossero scontrati più e più volte, sia fisicamente che verbalmente, lei restava la persona più coerente e sincera e schietta che avesse mai incontrato e la stimava ma anche lei restò di stucco nel vedere Dolores. Quando entrarono nel salone per salutare gli altri, scese un silenzio imbarazzante, con Lila che dietro di loro, mimava un manichino, mentre Ben e Diego e Viktor restarono a bocca spalancata, fu Luther che, dopo un attimo di riflessione, sciolse la tensione e andò loro incontro, abbracciandoli con forza, poi Klaus stappò una bottiglia a cui ne seguirono altre e tutti parvero rilassarsi per un pò, anche se Dolores si sentì quasi un fenomeno da circo: perché tutti la guardavano in modo strano, come se venisse da un altro pianeta? Forse perché appariva tanto più grande di Cinque? Aveva l’impressione che tutti sapessero qualcosa di lei, di cui era all’oscuro, ma cercò di sorridere ed essere gentile e restò ad ascoltare interessata gli altri che, cominciarono a rammentare episodi più o meno imbarazzanti della loro vecchia vita da "supereroi". Vide che anche il giovane asiatico non parlava molto, stava lì seduto a bere e sorrideva di tanto in tanto, ma sembrava che la sua mente fosse da un’altra parte. Era assorta in quei pensieri, quando i bambini andarono da lei a mostrare i loro disegni e lei li elogiò felice e li aiutò a disegnare altre figure semplici e poi prese dei tovaglioli e li piegò a forma di animali (una cosa che aveva imparato al lavoro) e i piccoli la abbracciarono tutti contenti e corsero dalle madri a mostrare loro i pupazzi di stoffa di “Zia Dolores”. 
Cinque la guardò col cuore che si scaldava e sorrise come accadeva di rado, quando all’improvviso fu circondato dai suoi fratelli che lo trascinarono scherzosamente nella sala attigua dove c’era un biliardo per chiedergli ciò che volevano sapere da quando l’avevano vista.  Fu Klaus a cominciare: 
– Ok fratellino, ora puoi dircelo, le ragazze sono di là a parlare di cose… beh da ragazze! E’ lei? – 
– Che hanno fatto, l’hanno animata, costruita in laboratorio come Grace o che cosa, voglio dire… com’è possibile? – chiese Diego con insistenza, seguito in coro da quasi tutti gli altri, tranne Ben e Rey, il primo per turbamenti personali, il secondo per discrezione, ma Cinque li fermò tutti con un gesto. 
– Ma piantatela, l’avete vista, no? E’ una donna in carne e ossa e sì, somiglia a Dolores e sì, si chiama come lei, ma è… qualcosa di completamente diverso, lei è… – non riusciva a trovare le parole per descrivere quegli ultimi giorni. Aggrapparsi all’illusione che un manichino gli parlasse era stato semplice e lo aveva letteralmente tenuto in vita per decenni, ma questa era una cosa completamente diversa e fu Luther a completare il suo pensiero:
 – E’ viva… e ti ama! – disse quasi con tristezza pensando a Sloane. 
Cadde un silenzio carico di partecipazione e rispetto tra gli uomini, che però fu rotto di nuovo da Diego: – E avete anche… – accennò ad un gesto inequivocabile che strappò una risatina a Klaus. Cinque alzò gli occhi al cielo, esasperato. 
– Non che questi siano affaracci che vi riguardano ma sì, stiamo insieme! – allora un boato di gioia esplose tra i maschietti, tanto assordante che fece voltare le donne che stavano chiacchierando nel salone. Allison chiese: – Ma che stanno facendo? – 
Lila si mise ad ascoltare accanto alla porta e iniziò a ridere, avendone intuito il motivo e dopo aver gettato un’occhiata in direzione dei bambini che giocavano a distanza di sicurezza, tornò a sedersi davanti al tavolino dov’erano pronti champagne ghiacciato e flute e disse, stappando la bottiglia:  
– I maschietti stanno festeggiando il nostro mister pantaloncini che è diventato un uomo, grazie a Dolores, qui! – lei divenne tutta rossa e si coprì la bocca con una mano, ma Lila non aveva intenzione di metterla in imbarazzo, sicché riempì loro i bicchieri e le invitò ad un brindisi. 
– A Dolores! Avrai bisogno di pazienza e tanto alcol per sopportare quello stronzetto! – Dolores sorrise e sollevò il bicchiere. E Lila  continuò: 
– A Sloane, perché trovi il modo di ricordare quanto questa famiglia le è affezionata! Ce la farai, ne sono sicura! – Sloane era commossa fino alle lacrime e Allison le cinse le spalle con un braccio, sollevando il suo bicchiere. 
– A noi, ragazze! E alle future generazioni di Hargreeves! Cheers! – gli uomini rientrarono in quel momento, trovandole intente in quel brindisi e si unirono a loro per un’altra serie di brindisi e un pò di allegro casino. 
Ma quel momento felice era destinato a durare poco. Reginald giunse in quel momento, bravo come sempre a rovinare la festa a chiunque. 
– Buon pomeriggio, figlioli! Vedo con piacere che ci siamo proprio tutti! Permettetemi di presentarvi mia moglie, Lady Abigail Hargreeves. Mia cara. Questi sono i miei figli adottivi. –  La donna sorrise cortesemente a tutti e fece un cenno del capo. Luther non poteva sapere che negli anni trascorsi sulla luna, aveva involontariamente protetto la sua capsula criogenica non subisse danni e quando l’universo era stato resettato, lei era tornata al fianco del suo amato, rediviva. 
– Direi di iniziare, ma ho bisogno che solo i miei figli e la bella londinese mi seguano. Abigail terrà compagnia ai vostri accompagnatori e ai bambini. Forza! – disse voltandosi e andando nello studio della villa, incredibilmente somigliante al suo. 
Nello studio, su sua richiesta, Klaus e Ben avevano organizzato tutto per una proiezione. Prima di cominciare, Reginald li osservò tutti, facendo un appello mentale: Luther, Viktor, Ben, Allison, Klaus, Sloane, Diego e Lila ed ovviamente Cinque.
La stanza fu oscurata dalle tende e immagini dallo spazio iniziarono a scorrere.  
– E’ chiaro a tutti ormai che io non sono di questo mondo, ma ho cercato di aiutare e incoraggiare l'evoluzione in tutti i modi: creando la Umbrella e poi la Sparrow sono riuscito qui oggi ad avere la squadra migliore per la minaccia che incombe. – disse mostrando il suo palazzo e l’enorme nuvola che oscurava la città da giorni. 
La nube aveva un movimento rotatorio lento, quasi impercettibile, ma inequivocabile. I tuoni ed i fulmini, scaricando al suolo una forte energia, creavano una crepa che rilasciava una sostanza che andava via via riempiendo le strade, nutrendosi di energia umana, per poi risalire lungo le mura dell’edificio e sparire dentro la nuvola che ad ogni ricezione di quelle viscide creature, diventava più grande. 
– Quello che vedete è un portale che conduce al pianeta da cui provengo e dal quale mi hanno bandito per le mie idee e la mia smisurata ammirazione per il genere umano e le sue sorprese, come i vostri poteri! – 
– Che non abbiamo più, ricordi? Ed è stato grazie a te! – replicò Cinque diffidente. 
– Quindi che cosa vuoi da noi? – 
Reginald suo malgrado sorrise. – Volere? Io non voglio niente da voi, anzi voglio farvi un dono! Riavrete i vostri poteri, per una settimana! E mi aiuterete a scongiurare un'invasione aliena. Alla fine di questa settimana, se sarete sopravvissuti, deciderete se tornare a essere quelli di un tempo o restare… ordinari, come negli ultimi tre anni. – 
– Dio, non ci posso credere, un’altra missione suicida! Ma ti rendi conto di quello che ci chiedi? E’ vero, eravamo esseri speciali, ma adesso abbiamo delle vite, delle famiglie… – protestò Allison. Luther, timidamente, alzò la mano. 
– Insieme ai poteri torneranno anche i ricordi? Perché io ricordo che ero morto e mi avevi ucciso tu! – protestò. Ma Reggie non si scompose minimamente, anzi assunse una espressione contrita. 
– E’ vero, ma non stiamo parlando di tornare indietro nel tempo, ma di far tornare i vostri poteri con la stessa tecnologia dei viaggi! – azionò il telecomando per far apparire un’altra immagine. La mia razza è stata in grado di ricostruire, manipolare, leggere nel pensiero e la tecnologia nettamente superiore. Durante il reset avevo creato una specie di incubatrice d’emergenza, conoscendo il desiderio di Allison di avere la sua bambina e suo marito o quello di voi due che già aspettavate il vostro. Il reset non ha annullato i vostri poteri, li ha solo canalizzati in un altro luogo e quel luogo è nella mia torre dove, come potete vedere, sono stati dirottati in valigette simili a quelle usate dalla Commissione che, se secondo le mie fonti, al momento è in disuso! – 

Lila e Cinque si scambiarono uno sguardo preoccupato: dunque la Commissione non aveva ripreso la sua attività e qualcuno avrebbe tranquillamente potuto alterare il corso degli eventi! Forse era il caso di riprenderne le redini, ma non era un lavoro adatto a persone “normali”. 
– Dunque ci stai dicendo che abbiamo una settimana per chiudere un portale alieno, riacquistati i nostri poteri e poi decidere della nostra vita? – 
– Se ne usciremo vivi, sì. Sarà la vostra ultima missione. – Diego si alzò in piedi e disse: 
– Beh penso di parlare a nome di tutti se ti dico che ti sei bevuto il tuo cervello alieno! Io e Lila ce ne andiamo via con nostro figlio, il più lontano possibile! E consiglio a tutti voi di fare lo stesso! Ti saluto e grazie per lo champagne, Klaus! Ragazzi è stato bello rivedervi! Vieni Lila… Lila? –
Lei non si mosse. Aveva realizzato, proprio come Cinque, anche lei non potevano lasciare il continuum spazio temporale completamente abbandonato, senza controllo, senza sorveglianza né supervisione e lei era cresciuta con l’Handler, sapeva come fare. 
L’unico modo per arrivarci, però, era con i poteri di Cinque! Allison si alzò in piedi e disse con amarezza. 
– Ho tradito i miei fratelli per avere questa vita e questa famiglia ma non li metterò a repentaglio rischiando la mia e la loro vita in una missione suicida. Vi saluto! – Viktor sospirò: per due volte era stato letteralmente la causa della fine del mondo, non voleva esserlo ancora e si alzò andando alla porta. Sloane osservò l’anello che Luther aveva fatto per lei. 
– Dicono tutti che è stato un matrimonio bellissimo, ma io non ne ho memoria… non mi piace vivere così. Io ci sto. – disse e quando Luther tentò di farla ragionare, gli accarezzò il viso. – Forse siamo destinati a stare insieme, ma voglio ricordare come siamo arrivati a questo. –
Gli altri non parlavano. Cinque non diceva nulla, cercando di comprendere le implicazioni della missione, prima fra tutte quella di dire la verità a Dolores, sperando che comprendesse… Decise di prendere tempo, ma quanto ne avevano a disposizione? 

– Tra dieci giorni sarà tutto finito, in un modo o nell’altro. Il portale si aprirà sulla mia torre dove disgraziatamente risiedono le riserve energetiche di questa città, il che amplificherà il raggio d’azione. Un solo fascio della loro luce innescherà un'esplosione che raderà al suolo ogni cosa! Nell’invito si parla di un week end. Ebbene avete tutta la notte per pensarci. Domani sera vi aspetto qui per le vostre risposte, sperando nel vostro buonsenso! Potete ritirarvi! – e senza aggiungere altro, si voltò ed uscì dall’edificio prendendo sottobraccio sua moglie. 

I toni furono molto meno festosi, da quel momento. I bambini furono messi a letto e i grandi si raggrupparono per parlare e per bere. Le stanze erano piccole, ma confortevoli. Dolores fu accompagnata in camera per rinfrescarsi da Klaus che era pallido mortalmente. Gli chiese cosa si fossero mai detti e lui le rispose con gentilezza che forse Cinque avrebbe dovuto rispondere a quella domanda. 
– Klaus so bene che ci sono cose in questo mondo che non è facile spiegare. Fidati, il mio capo è uno scimpanzé senziente e.. Klaus la interruppe:
– Pogo? Tu conosci Pogo? – Lei annuì e gli chiese come mai lo conosceva anche lui:  
– Una lunga storia! – le rispose e le sorrise dolcemente.
– Ma sono felice che tu sia qui… Ora più che mai, quell’insopportabile saccentello avrà bisogno di te. – 
E le baciò la mano, sentendo dei passi in corridoio. Cinque si affacciò all’uscio e chiese se poteva entrare. Quando Klaus si alzò per uscire, si scambiarono un lungo sguardo e annuirono. Quando si allontanò, Cinque chiuse la porta alle sue spalle, girò la chiave e guardò Dolores che si alzò dal letto su cui si era seduta e andò da lui che la strinse a sé, mormorò: – Angelo mio… – e la baciò. 
Quando si staccò, lei lo prese per mano e sedettero sul letto, lo guardò e disse: – Sono pronta ad ascoltare la tua storia e voglio tutta la verità. – 
Con un sospiro, lui annuì e le disse ogni cosa, senza tralasciare nulla: della sua vera età, degli anni in solitudine… dell’altra Dolores, che giaceva in un borsone nella loro cucina, e del suo lavoro. Lei non lo interruppe mai, lo ascoltò col cuore che batteva come un tamburo. 
Quando ebbe detto tutto, Cinque sentì sciogliere il nodo che da sempre gli attanagliava lo stomaco; Dolores gli disse che le occorreva del tempo per metabolizzare, ma non andò via… si limitò a sdraiarsi, rivolta verso la finestra, illuminata dalla luna piena. 
Restò in silenzio per un tempo che a lui parve infinito e durante il quale sentì che l’aveva persa, ma lei gli chiese di stringerla e lui non se lo fece ripetere. 
Si sdraiò accanto a lei e la abbracciò: rimasero così per un pò, finché il sonno non li colse. 
Il mattino dopo, Dolores scese in cucina per prendere del caffé e vi trovò Sloane, che continuava ad avere un’aria smarrita ma che le sorrise porgendole una tazza fumante: stava preparando la colazione per tutti, insieme a Klaus e Viktor, che uscirono poco dopo in giardino. Dolores ringraziò la ragazza per il caffé e sedette di fronte a lei, mentre bevevano in silenzio. Aveva notato come tutti avevano cercato di metterla a proprio agio, soprattutto dopo la terribile esperienza con quell’uomo orribile che a quanto pareva, Cinque stesso aveva sistemato; le avevano raccontato episodi di vita insieme, vissuti nell’ultimo arco temporale, prima del Kugelblitz, ma sembrava proprio che lei non riuscisse, per quanto si sforzasse, a ricordare nulla. Sentendosi solidale, Dolores le raccontò la sua storia:
– Sai, anche io soffro di amnesia… Non ricordo nulla fino a tre anni fa… – E le disse di quando l’avevano trovata tra le macerie del grande magazzino, vestita con una camicetta a pois e un trauma cranico e senza la minima idea di chi fosse prima, tranne che per il suo nome, che era scritto sul cartellino da commessa ed era tutto ciò che sapeva di sé stessa… Ma se quel ragazzone candido le voleva bene, se le piaceva almeno un pò, anche considerando che aveva addirittura assoldato qualcuno per punire chi le aveva fatto del male ed aiutarla a scappare, allora doveva essere un legame forte! 
Sloane le sorrise e ammise di sentirsi incredibilmente vicina a quel ragazzone così candido e buono. Le mostrò la pietra di luna, confezionata in un anello fatto di filo di rame che a Dolores parve bellissimo proprio perché l’aveva “forgiato” con le sue mani, così come aveva raccolto la pietra lunare. In quell’istante la terra tremò e tutti si precipitarono fuori casa. 
I bambini erano spaventati e anche gli adulti. Non ci furono danni, ma corsero ad accendere la tv dove scoprirono che la terra aveva tremato anche in città e il misterioso nuvolone aveva preso a vorticare più velocemente sulla torre Hargreeves e questo aveva provocato una sorta di Lock down, la gente aveva paura ad uscire di casa. Contrariamente a quanto aveva detto, Reginald si presentò quel mattino per pretendere una risposta che fosse in linea con la sua idea, senza possibilità di scelta. Cinque gli chiese di parlare a quattr’occhi e non appena si chiusero la porta alle spalle,lo affrontò:
– Dov’è la fregatura, Reggie? – 
Sir Hargreeves ebbe il buon gusto di non mostrarsi sorpreso. 
– Ebbene sì, potrebbero esserci effetti collaterali. Riavere i poteri vi porterà allo stato in cui eravate… non Luther questo è chiaro, per lui l’influenza di Klaus è stata determinante, così quel pizzico di immortalità gli permetterà di restare in vita. Agli altri non dovrebbe accadere nulla di insolito, ma per quanto riguarda la tua mano sinistra. Mi dispiace, ragazzo… – 
– Ti dispiace? Ti sei dimenticato che sono mancino, brutto idiota? Dovrei ricominciare ad imparare tutto daccapo? Ho più di sessant’anni! – 
Sibilò furioso Cinque afferrando Reginald per il bavero. Ma lui, con garbo, gli tolse la mano di dosso e gli fece un sorriso furbo. 
– Non ce ne sarà bisogno, vecchio mio! Nella mia torre, insieme alle valigette coi vostri poteri, c’è un prototipo di ultima generazione che ti aspetta. Semplice da collegare ai nervi grazie ad un sistema innovativo e alla vista appare come un braccio assolutamente normale. Ricorderai che Grace aveva un aspetto impeccabile ed era un robot. – 
– Si, ci hai sempre saputo fare con scienza e tecnologia. E … Dolores? – 
– C’è un rischio minimo che lei torni al suo stato originale, sì… – ammise Reg. Cinque si inalberò ancora di più, andando da Reginald e facendo cadere ogni ostacolo. Un colpo d’aria aveva socchiuso la porta dello studio e Dolores aveva sentito le voci concitate che provenivano dallo studio e si era avvicinata giusto in tempo per sentire il suo nome.
– Allora è lei… è sempre stata lei. E per stato originale, intendi… – chiese Cinque con un tagliacarte puntato alla gola di Sir Reginald.
Lui alzò le mani in segno di resa. 

– Tranne che per Luther e Sloane, pienamente soddisfatti dopo le loro assurde nozze, questa nuova linea temporale rispettava i desideri di alcuni di voi! Diego e Lila volevano crescere il loro bambino, Viktor non voleva più essere un’arma di distruzione di massa, Allison stava col marito che amava e la sua bambina… In quanto a te, avevi manifestato il desiderio di andare in pensione e ho pensato che la compagnia di qualcuno che amavi poteva essere importante, ma non volevo vederti impazzire di nuovo, dopotutto con o senza il tuo potere sei un elemento valido e brillante di cui potrei aver bisogno e così Dolores ha, in un modo che neanche io saprei spiegare…  preso vita! – Cinque mollò la presa e si lasciò cadere sulla sedia. Dolores, con le lacrime che cominciarono a scenderle sul viso, non riusciva a muoversi.  
– Di tutte le carognate che ci hai fatto, questa è decisamente la peggiore… Per questo l’hai affidata a Pogo e Tammy, non è vero?!? – 
– Sì, perché sapevo che saresti capitato da quelle parti, è una strada che conosci bene. Mi dispiace, c’è sempre un prezzo da pagare… Numero Cinque, dove stai andando? – chiese Reginald vedendolo scattare verso la porta.
– La porto lontano da te… sei tossico, Luther aveva ragione su questo! Se non parteciperò a questa guerra, lei resterà così com’è, perciò trovati qualcun altro!  – 
– E se non ci riuscissi? Ora che sai cosa significa avere un rapporto, un amore, riusciresti a vivere di nuovo con un manichino? – Cinque si fermò davanti alla porta e si voltò fulminandolo con lo sguardo: 
– L’ho amata quando era un manichino e ci ho vissuto insieme per più di trent’anni! Viva o inanimata lei è Dolores! Ma hai ragione, adesso è diverso… Non sono più un folle che parla da solo. Adesso lei è viva e farò il possibile affinché resti così com’è e se questo significherà condannare il mondo almeno morirò con lei! – gridò prima di uscire dalla stanza. 
La chiamò ma lei non rispose, guardò in ogni stanza ma lei non c’era. Quando scese di sotto, i suoi fratelli e sorelle avevano uno sguardo contrito, alcuni guardavano fuori dalle finestre, da dove giunse il rumore di un’auto che si allontanava: Dolores se n’era andata. Cinque uscì come una furia e prese una delle auto che li avevano condotti lì, alcuni chiesero spiegazioni a Reggie ma lui si blindò nel silenzio. Era stato Klaus a trovarla in lacrime in camera mentre si rivestiva in fretta, chiedendogli in che modo avrebbe potuto tornare in città il più presto possibile, così lui si era offerto di accompagnarla personalmente e alla sua richiesta di dare spiegazioni a Cinque, lei aveva risposto risoluta che non voleva vederlo. 

Erano nella sua cucina, con un tè ancora nella tazza, che diventava sempre più freddo, senza sapere bene quanto tempo fosse passato. Quel cielo plumbeo rendeva ormai impossibile distinguere il giorno dalla notte. Di Cinque nessuna traccia. Klaus le stava tenendo compagnia, in silenzio, immerso nei suoi pensieri su Ben, sempre più strano e silenzioso. Rientrare in possesso dei suoi poteri era un'idea eccitante e insieme terrificante.
L’immortalità aveva i suoi vantaggi, ma il peso dei morti era qualcosa di completamente diverso! Cinque era tornato in città, con gli occhi fissi su quella enorme nube vorticante, che si espandeva sempre di più e i pensieri più cupi che gli affollavano la mente ed era andato dritto nell’ufficio del ristorante, incurante degli avvertimenti di Tammy che cercò anche di sbarrargli la strada, procurandogli una sensazione di deja vu, ma Pogo aprì appena l’uscio per lasciarlo entrare e gli offrì un drink che lui bevve d’un sorso. 
– Di nuovo qui a parlare dei piani di Reginald… Cos’ha in mente stavolta?– 
– Non lo so, dimmelo tu! Come puoi startene lì a guardarmi in faccia? Dopo tutto ciò che abbiamo passato! Tre linee temporali, tre apocalissi e adesso Dolores! – 
– Oh allora è per lei che sei qui. Mi dispiace… Non ero d’accordo sul motivo che Reggie mi diede per tenere qui Dolores, ma ritenevo comunque di doverla almeno proteggere! E’ come se fosse nata tre anni fa! Il reset ha innescato dei meccanismi inspiegabili ma d’altronde non sarebbe la prima volta. La vostra comparsa in questo mondo è di per sé qualcosa di inspiegabile. Io sono il risultato di uno studio sull’evoluzione, ma lei… è qualcosa di assolutamente incredibile! – – Dove si trova ora? – gli chiese.
– A casa sua. Klaus è rimasto con lei, era molto scossa, le tremavano le mani e non riusciva a trovare le chiavi nella borsetta, ma Tammy ne ha una copia qui. – rispose Pogo versando di nuovo da bere per entrambi:
– Allora non prenderai parte alla battaglia? – 

– Stavolta no, Pogo. Avrei dovuto ascoltare quando il me stesso centenario mi ha consigliato di non fermare l’apocalisse prima di morire. Se il mondo finirà, questa volta voglio godermi il tempo che resta con lei! – Lo sguardo di Pogo si fece ancora più cupo e triste. 
– Comprendo il tuo punto di vista, Cinque ma lascia che ti ricordi che voi ragazzi avete una responsabilità! Tutti voi: Umbrella, Sparrow, non importa come vi ha cresciuti Reginald, quello che conta è ciò che potete fare con i vostri poteri per salvare delle vite innocenti! Questo non è un inarrestabile Kugelblitz, ma un nemico che potete affrontare e sconfiggere… Pensaci bene, prima di abbandonare tutto e tutti! – gli disse serio. Cinque si passò una mano tra i capelli, disperato: Pogo aveva ragione e lui lo sapeva bene. 
– L’avete messa di nuovo sulla mia strada, viva e reale e ora volete che la perda e che mi perda di nuovo, per salvare il mondo. Ma che ne è del mio mondo, Pogo? – 
– Beh, se vincerete hai un compito importante, lo sai, devi rimettere in piedi la Commissione. Sei l’unico che può farlo. L’unico che conosce le dinamiche, le operazioni e i meccanismi e con il potere per gestirle. Ti chiedo solo di pensarci bene, prima di mollare tutto per una singola persona. 
– Non è una persona qualsiasi… – replicò alzandosi. Pogo gli rivolse uno sguardo addolorato. Cinque uscì, quasi scontrandosi con Tammy che entrò e si sedette, accendendosi una sigaretta. – E così lo ha saputo… – chiese a Pogo, che si limitò ad annuire, poi ed entrambi restarono in silenzio ad ascoltare il sordo rumore di tuoni che proveniva dalla strada. 

Cinque salì i quattro piani di scale che portavano all’appartamento e bussò con insistenza. Fu Klaus ad aprire e dovette affrontare lo sguardo rabbioso di suo fratello, ma non si fece intimidire. Gli mise le mani sulle spalle e annuì con un sospiro, quindi se ne andò. Cinque entrò e la trovò in camera, seduta sul letto a fissare il manichino. Lo vide e gli disse: – Vattene via! – tornando a fissare l’altra Dolores. Quell’immagine gli spezzò il cuore e si avvicinò per parlarle. – Per favore, lascia che ti spieghi… – 
Ma le si alzò, afferrò il manichino per il collo, glielo lanciò contro e lui la afferrò prima che potesse cadere, restando a guardarla per un attimo. 
– Quando mi sono risvegliata in ospedale e non ricordavo nulla e nessuno veniva a cercarmi, credevo di essere una reietta, una miserabile senza famiglia e pensavo spesso che avrei preferito morire. Mi hanno dimessa perché costavo troppo al sistema… bizzarro se pensi che non avevo nulla e ho vagato senza meta per giorni… avevo una strana sensazione, qui… – Dolores indicò il suo stomaco 
– Non ricordavo neanche cosa significasse avere fame, ma adesso so che non ne avevo mai conosciuto il significato. In quel momento, pensavo solo al dolore e al vuoto che sentivo dentro. Poi Tammy mi ha trovata, mi ha portata a casa sua e ho mangiato, credo, per la prima volta in vita mia: era una bella sensazione e mi sono sentita viva! Lei mi ha rimesso in sesto e suggerito di andare a cercare un lavoro alla Hargreeves Enterprises. Non dimenticherò mai l’espressione sul viso di Sir Reginald quando mi vide e poi mi affidò a Pogo e Tammy e mi sono costruita una vita da zero, chiedendomi se qualcuno mi avrebbe mai amata come si amavano loro, per quanto potesse sembrare grottesco… E poi sei arrivato tu… dal momento che sei entrato nel ristorante e mi hai guardata in quel modo ed io mi sono… – si morse le labbra per non completare quella frase. Ma ormai era senza freni.. – Ed era tutto organizzato, come un’orribile scherzo! – gli urlò. Cinque provò ad avvicinarsi ma lei gli puntò contro un coltellino. 
– Non ti avvicinare! Non voglio neanche sapere che cosa hai fatto quando ero… Così… Dio, è tutto così assurdo! Sembra un incubo e io non so più a chi e cosa credere! Non so neanche più chi sono io.. né chi sei tu! Ma so che non ti voglio più rivedere! Vattene! –
Disse con la voce che tremava e gli occhi lucidi, le guance rosse rigate di lacrime. 
Lui mise giù il manichino e si avvicinò fino a che la punta del coltello toccò la sua giacca, proprio all’altezza del cuore: 
– Perdonami… E’ tutto vero. Non so come sia potuto succedere, ma è così… Forse Pogo aveva ragione, forse la magia esiste e cammina di pari passo con la scienza! Quando avevo tredici anni, ho fatto un casino e mi sono ritrovato in un futuro post apocalittico dove nessuno era sopravvissuto. Ti ho trovata tra le macerie del negozio dopo aver vagato solo e disperato per giorni e così ho creduto di avere davvero compagnia. Ti sentivo parlare, ma era la voce della mia follia e ho vissuto con te… con lei… al mio fianco, come se fossimo stati una coppia… Quando dopo quasi 40 anni sono tornato indietro nel 2019, ho sbagliato i calcoli e mi sono ritrovato a 58 anni nel corpo di me stesso tredicenne… Ed è stato devastante e sfiancante, poi ho scongiurato un paio di apocalissi e per tutto il tempo non ho mai smesso di pensare alla mia Dolores, così come mi appariva… e quando ti ho vista, non potevo crederci! Tu eri viva e reale e potevo parlare con te e stringerti… tutta intera! – sorrise indicando il manichino. 

Lei non diceva una parola e lo ascoltava, coi grandi occhi azzurri lucidi. 
– Quello che provo è reale e tu per me sei sempre stata così.– le disse spostando delicatamente il coltello e avvicinandosi. Lei lasciò che prendesse il coltello e lo mettesse via, mentre continuava a parlare, fissandole le mani. 
– Il che mi porta alla conclusione che ti amo da quasi cinquant’anni, angelo mio…in una forma o nell’altra – A quelle parole, Dolores lasciò cadere ogni barriera e lo abbracciò. Più tardi, a letto, tra le sue braccia, lei gli chiese se era vero che stava per finire il mondo. Lui sospirò e annuì, guardando il soffitto: – A meno che non fermiamo qualsiasi cosa stia dentro quella grossa nube, temo di sì. Affrontarlo, però, significherebbe sacrificare parecchie cose. – Rispose guardando la sua mano sinistra. Lei la prese e la baciò. 
– Ma potreste salvare il mondo, giusto? Aiutereste migliaia di vite innocenti che altrimenti sarebbero spazzate via o distrutte … o peggio. – Lui annuì di nuovo, così lei gli sfiorò il viso, così che potesse guardarla negli occhi. 
– Allora devi farlo! Vai e salva il mondo, Cinque Hargreeves. Sei nato per questo! Non è la prima volta che salvi l’umanità dall’Apocalisse e so che farai del tuo meglio anche stavolta. – gli disse Dolores sorridendo lei e lui la strinse forte a sé, pensando alle terribili conseguenze. Come se gli avesse letto nel pensiero, lei aggiunse: – Non preoccuparti per me… Io ci sarò sempre! E ti amerò, in una forma o nell’altra. – Lui la osservò bene e sorrise baciandola: 
– Direi che preferisco questa! – anche lei rise a quelle parole e lo baciò a sua volta.
All’improvviso, lui si fermò e la guardò: – Tu mi sposeresti? – 

Quella notte, la nuvola era diventata ancora più grande e dal suo centro, partivano tuoni e fulmini che ogni volta rilasciavano strane serpi viscide sulla strada si arrampicavano come edera sulle pareti del grattacielo principale della Hargreeves Enterprises. Erano giunti tutti, rispondendo alla chiamata di Cinque, ma non avevano intenzione di entrare. Fu Reginald a riceverli all’ingresso. Li osservò tutti, uno per uno e con disappunto fece notare loro che di solito parlava di affari nel suo ufficio, ma Cinque lo interruppe e gli comunicò che accettavano l’incarico, ma ad alcune condizioni e gli consegnarono delle lettere con le loro richieste. Lui le lesse tutte e cercò di protestare, ma fu interrotto da Allison.
– Queste sono le condizioni, Reggie. O così o preferiamo morire tutti quanti! Chiaro? – 
– Ci vediamo domani sera. Prepara tutto e prega che le cose vadano come vogliamo. O non ci sarà un pianeta, una linea temporale o un universo parallelo dove non ti verremo a cercare! – aggiunse Luther. 
– E stavolta ti uccideremo… vecchio mio! – concluse Cinque. 
Tutti si voltarono ed andarono via, lasciandolo lì con i fogli tra le mani. Raggiunsero un incrocio che portava ognuno sulla propria strada o alla propria macchina. Prima di separarsi si riunirono in cerchio. – Secondo voi accetterà? – chiese Viktor preoccupato. 
– Lo sapremo solo a missione conclusa, altrimenti può immaginare cosa lo aspetta. Ci ha addestrati lui, dopotutto. – rispose Ben e Klaus aggiunse:  
– Anche se con Papà non si può mai dire! Giusto Cinque? Ma che fai lì solo? –  Cinque camminava un passo indietro e si fermò. 
– Già.. ehm sentite. Avevo pensato ad una… come dire… Ultima cena. O ultimo pranzo, visto che è prima di sera… Insomma, domani vi va di mangiare italiano, tutti insieme? – chiese Cinque con una sorta di apprensione. Gli altri lo guardarono incuriositi e stupefatti…Soltanto una volta lo avevano visto così e poi avevano scoperto del Paradosso del Nonno e del Kugelblitz! Visto che sembravano fin troppo esitanti, Cinque decise di metterli a parte delle sue intenzioni, sollevando quasi subito una serie di esclamazioni di gioia e di abbracci; si separarono molto più felici di quando si erano riuniti. 

Il ristorante recava un cartello con la scritta “chiuso per festa privata”. 
Mentre tutto fuori era cupo e silenzioso e avvolto nel mistero, l’interno era stato decorato con luci natalizie ed il palchetto, di solito riservato ai due musicisti abituali,  era stato sgomberato ed allestito con un piccolo arco di luci e ovunque c’erano candele che rendevano l’atmosfera calda e suggestiva, i tavoli erano stati posti su un solo lato, uniti formando una grande buffet con un piccolo buffet di buon cibo italiano e bottiglie di champagne e di bordeaux e le sedie erano state disposte davanti all’arco. Quando gli Hargreeves giunsero, la bella e prosperosa donna indicò loro i posti a sedere, ma nessuno riusciva a muoversi, poiché erano rimasti di stucco nel rivedere  il buon vecchio Pogo, che persino in quella linea temporale, si ricordava di loro e che ora li salutava con affetto. Allison e Claire andarono al bagno delle signore e vi trovarono Dolores, in vestaglia e con i capelli acconciati in maniera morbida con le ciocche che le incorniciavano il viso. Era emozionata e tremava, ma i suoi occhi brillavano radiosi. – Com
e sto? – chiese  nervosamente, invidiando Allison nel suo abito elegantissimo. Notò che reggeva un porta abiti. – Cos’è quello? –
Allison sorrise: 
– Il tuo abito da sposa! L’ho creato io. E’ nuovo, appena cucito, ma è vintage, quindi c’è del vecchio. Ha qualcosa di blu ed è in prestito dalla mia collezione, sicché sarà perfetto per l’occasione. Cinque mi ha chiamata stamattina, dicendomi che rischiavi di sposarti con l’uniforme da cameriera e mi ha chiesto di procurarti un bell’abito …et voilà! – Aprì la lampo, mostrandole il vestito bianco in pizzo, in stile anni 60 con una cintura blu, in tinta con le scarpe.  Dolores si commosse, l’abbracciò forte e lo indossò. 
Allison prese alcuni fiori freschi dal vaso che stava sul tavolino che separava la toilette degli uomini da quella delle donne e li avvolse in uno dei nastri delle tende bianche e li porse a Dolores. Prima di andare, lei tolse un paio di fiorellini e li porse a Claire: 
– Mi faresti l’onore, tesoro? – La piccola si illuminò e li prese. Allison le chiese se fosse pronta e Dolores trasse un grosso respiro e annuì, ma prima prese le mani di Allison tra le sue e mormorò semplicemente: – Grazie… – 

Cinque era nell’ufficio di Pogo, davanti ad uno specchio, sistemandosi il solito abito che nella sua eleganza pareva adatto ad ogni occasione, dai matrimoni ai funerali. Qualcuno disse – Toctoc! – ed era Lila, che entrò e andò a sedersi sulla scrivania ad osservarlo. 
– Eccoti qui! Impeccabile come sempre! Come hai fatto a rimediare un completo identico a quello di prima? – lui prese la cravatta e cominciò ad annodarla: – Regalo di Reginald… Lascia stare... L’ho accettato solo perché l’altro era diventato piccolo quando … beh lo vedi anche tu! – Lei rise: 
– Eh sì sei cresciuto! L’altro giorno, quasi non ti riconoscevo, ma poi ho potuto constatare non sei cambiato e che eri rimasto lo stesso stronzetto insopportabile di sempre! Lascia, faccio io…  – rispose Lila e poi gli andò vicino per sistemare il nodo alla cravatta. 
– Buon sangue non mente, anche tu non sei cambiata affatto, Lila! – Lei rise 
– Puoi dirlo forte, anche se la maternità mi ha frenata un pochino, ma va bene così… Amo alla follia il mio bambino! – 

Lui, guardandola con sincero affetto le disse: – Lila… non sono uno che si pente delle sue azioni, lo sai che ho ucciso più persone di quanto mi piaccia ricordare ma… mi dispiace per ciò che ti ho fatto e spero che tu possa perdonarmi… – lei restò immobile per un istante in cui si commosse, poi finì di sistemare la cravatta, facendola scivolare nel gilet con le mani che tremavano un pò. 
– Se tutti quegli eventi non si fossero verificati, non avrei questa famiglia e Diego e il piccolo Stanley… non dico certo che dovrei ringraziarti, ma è vero che ogni giorno ti perdono un pò di più…  fratellino! – Lui indossò la giacca e le sorrise, stringendole la mano. 
Lei, con le lacrime agli occhi, lo abbracciò e si scostò quasi subito, lui le porse un fazzoletto con cui si soffiò rumorosamente il naso.
 Sei proprio un bastardo a farmi piangere così! – Sorridendo, le disse che poteva tenersi il fazzoletto e lei rise tra le lacrime, mentre si ricomponeva.
– Basta con le smancerie, sei nauseante! Andiamo, stronzetto! –  

Poco dopo, presero posto sul palchetto e col cuore che gli esplodeva nel petto, Cinque vide Dolores, preceduta dalla piccola Claire che camminava guardando i pochi fiori che teneva in mano, come se fossero la bambola più bella che avesse e poi Dolores, con il vestito prestatole da Allison. A Pogo fu dato l’onore di officiare quello che fu il secondo matrimonio “improvvisato” in casa Hargreeves, alla vigilia della Fine del Mondo. Ebbe parole affettuose perché in ogni linea temporale, lui aveva amato e protetto i piccoli Hargreeves, scontrandosi spesso con Reggie. La formula fu breve, semplice e commovente e quando pronunciarono un piccolo, semplice voto, tutti applaudirono, felici e commossi. 

– Ti amerò in ogni tua forma. – aveva detto Cinque.

– Ti amerò in ogni mia forma. – aveva risposto Dolores.

Mangiarono e bevvero e ballarono anche, per tutto il pomeriggio, senza pensare a ciò che stava per accadere, finché non giunse l’ora X. 

Pogo e Tammy, al fine di proteggere i bambini, li condussero alla roulotte che avevano comprato tempo addietro e che sostava su un terreno di proprietà di Tammy, proprio come nella precedente linea temporale. Chiesero a Dolores di andare con loro, ma lei disse che li avrebbe raggiunti presto. Prima che Cinque andasse via, Dolores gli fece giurare di tornare sano e salvo e poco dopo, tutti gli altri uscirono diretti verso la Torre Hargreeves Enterprises per rientrare in possesso dei loro poteri e affrontare per quella che speravano fosse l’ultima volta, l’Apocalisse! 
Prima di entrare, Cinque trattenne Lila e Diego. 
– Ragazzi se ne usciremo vivi, come spero, c’è qualcosa che noi tre dovremo assolutamente fare… Non ci credo che sto per dirlo: dobbiamo rimettere in piedi la commissione. Ho fatto troppe cazzate per permettere ad altri di alterare il continuum spazio temporale, ma per farlo ho bisogno di voi… Ci state? – chiese loro serio e determinato. 
– Beh direi che ci stai offrendo un lavoro ben retribuito, saremmo pazzi a non accettare! Vero tesoro? – Diego annuì. 
Anche se aveva passato pochissimo tempo alla Commissione, ne conosceva le dinamiche perciò disse semplicemente: – Conta su di noi, fratellino! – 
I tre si sorrisero, Lila pose le mani al centro e gli altri si aggiunsero. Si unirono agli altri ed entrarono nell’edificio. La salita in ascensore sembrò interminabile. In cima al palazzo, la nube aveva raggiunto proporzioni allarmanti e dal suo centro, strane ombre tentacolari stavano facendo capolino per uscire. Nella sala dove Reginald li attendeva c’erano le valigette, su un cerchio che corrispondeva al nome di ognuno di loro. Sarebbe bastato aprirle ed ognuno avrebbe ripreso le proprie speciali capacità. 
– E le condizioni che ti abbiamo posto? – Chiese Luther. 
Reginald, indignato e offeso replicò: – Per chi mi hai preso, ragazzo? – 
– Per un bugiardo, sadico e doppiogiochista pronto a sacrificare i suoi figli per dominare il mondo? – Replicò Diego.
– Ebbene sono anche un uomo d’onore che sa mantenere la sua parola. Ora preparatevi! – 
Tutti tirarono un grosso e profondo respiro e si guardarono ed annuirono, quindi aprirono le valigette. Un grosso fascio di luce li abbagliò ed un’ondata di energia li spinse via. Quando si rialzarono, constatarono che le loro capacità erano tornate e subito Sloane parve svegliarsi da una stato di catarsi.
– Ragazzi siete voi? Ma dove siamo? E dov’è… – 
Non fece a tempo a finire la frase che Luther, di nuovo nelle sue fattezze scimmiesche, la sollevò e la baciò e tutti furono contenti nel rivederla in sé. Reg alzò gli occhi al cielo ma poi vide che ai piedi di Cinque c’è della strana polvere ed un odore, come di carne bruciata, aveva di nuovo perso il braccio sinistro fino quasi al gomito. La cosa gli aveva provocato un dolore lancinante ma, al suono d'una campana, un'infermiera con le fattezze di Grace (l’ennesimo prototipo, probabilmente) giunse nella sala con una valigetta di metallo, che conteneva medicamenti per il moncherino e un braccio nuovo per Cinque, che subito funzionò e che lui avvertì quasi una vera estensione di sé. In quel momento, la torre tremò e tutti si corsero in cima al tetto. Il vento era molto forte. Luther, di nuovo delle sue scimmiesche dimensioni disse:
– Perché non gli scateniamo contro Viktor e li richiudiamo? – Viktor rispose: – Spiritoso, davvero! Ma forse dovrei provarci davvero… Lila? –
La ragazza si fece avanti ed entrambi iniziarono ad illuminarsi, preparando la loro fortissima e letale energia, ma quando giunse il fulcro della nuvola, questa la rimandò indietro, facendoli quasi precipitare dal tetto. 
Poi un raggio fortissimo partì dal centro e videro che fungeva da pedana per qualcuno che scendeva da quello che chiaramente ormai, doveva essere un UFO. Ne scese una figura alta, il cui viso restava nell’ombra di un cappuccio, ma alla fine rivelò un volto schiacciato, con branchie e due enormi occhi scuri. Non sembrava avere una bocca, eppure ne sentirono la voce. 
– Sareste voi quindi la ragione per cui nostro fratello ha rinnegato il suo mondo? Non avete un’aria evoluta! Anzi assomigliate ad una versione di voi stessi di qualche millennio fa! – Diego stava per lanciarsi contro quell’essere ma fu bloccato da Luther. 
– E voi sareste gli intelligentissimi ed evoluti alieni che nostro padre ha abbandonato per stare con le scimmie? – rispose Lila, zittita da Diego che sapeva, in quel momento che avrebbe balbettato come quando era piccolo. 
– Nostro fratello ha passato molto tempo a studiare le altre razze del cosmo, ma devo ammettere che con voi ha perso parecchio più tempo, ecco perché ci siamo fermati l’ultima volta. – rispose la creatura. Indicando l'ingresso della nube. 
– Prego, permettetemi di mostrarvi qualcosa! Entrate! – disse con garbo.  Ma i fratelli erano titubanti e a ragion veduta. Temevano una trappola. 
– Che facciamo? – chiese Diego.
– Io lì dentro non ci entro! – Disse Klaus
– Forse dovremmo dividerci! – Suggerì Viktor.
– Già, lo fanno anche nei film e poi muoiono tutti! – Aggiunse Diego. Cinque decise. 
– Vado io. Posso saltare fuori in qualsiasi momento e portare chiunque con me. Allison, Lila, Ben e Sloane restano qui. Luther, Diego, Klaus, Viktor ed io entreremo. Se vedete che qualcosa va storto, voi due fate saltare questo affare, ok? – suggerì Cinque. Luther e Sloane si salutarono con un bacio. 
– Stà attento, non voglio perderti di nuovo! – gli disse lei e lui le promise che sarebbe tornato. Diego baciò Lila, raccomandandole il loro bambino e Cinque chiese a Lila di dire qualcosa a Dolores, in caso non ce l’avesse fatta. Tutti e quattro entrarono nella luce dietro l’alta figura ammantata e svanirono. Agli altri non restò che aspettare. 
Dentro la nube, come avevano immaginato, c’era una sorta di nave spaziale, il cui interno aveva un’aria vagamente familiare. 
– Adesso vi mostrerò i vantaggi della nostra invasione. Se non vi ribellate, non accadrà nulla alla vostra gente, in caso contrario, saremo costretti ad attaccare. Quando nostro fratello è giunto sulla terra in ricognizione è rimasto rapito dalle sue risorse e ha deciso di restare. Poi abbiamo capito che era a causa di una femmina terrestre, abbiamo provato a dissuaderlo, ma niente, non ci dava ascolto. Gli abbiamo dato più di mezzo secolo per plasmare l’umanità e renderla più potente. Quando ha sparso nell’aria i nostri geni, com’era nei piani, per decenni pensavamo che non avessero… attecchito. Poi, nel 1989 il miracolo. Voi siete nati dal nulla, letteralmente, le vostre madri non erano gravide al mattino e dopo qualche ora, ecco qua! 43 bambini speciali, più altri 16 in una realtà alternativa! Noi siamo riusciti a prendere tutti gli altri e riportarli a casa, ma Reggie ha preso tredici esemplari e li ha cresciuti in due linee temporali. Devo dire che è stato un bel colpo, raramente mi stupisco! – 
– Wo wo aspetta un momento! Vuoi dire che … che siamo alieni? – chiese Diego. 
– No, siete terrestri, ma potenziati da un gene alieno che ha creato capacità diverse a seconda della conformazione fisica e del patrimonio genetico. E devo dire che siete stati una bella sorpresa… – A quel punto, Luther passò all’attacco e si lanciò contro di lui, che si voltò e ponendo in avanti la mano viscida, lo sospese in aria. – Pessima scelta, giovanotto impulsivo! – 
– Mettilo giù… subito! – Disse Viktor, illuminandosi. L’alieno lo osservò, rapito da quel potere così grande. Cinque si guardò intorno e ricordò dov’erano: La suite Bisonte Bianco… 
– Puoi illuminarci sul perché un’astronave dovrebbe assomigliare ad una suite d’albergo? – 
– Non volevo che vi sentiste prigionieri. Al momento siete miei ospiti… finché Reginald non accetta il mio ultimatum! –
– Sarebbe a dire? – chiese ancora Cinque. L’alieno li invitò a sedersi e spiegò loro ogni cosa. Quando uscirono di lì, gli altri non c’erano. Entrarono nella torre e anche Reginald e sua moglie parevano spariti nel nulla.  Osservando un giornale che stava su una scrivania, si resero conto che erano passati tre giorni, anziché tre ore. Trovarono l’infermiera che assomigliava a Grace e la interrogarono, così vennero a sapere che gli altri erano stati “imprigionati” da Reginald nella torre, dopo essere caduti in uno dei suoi tranelli psicologici e si era dato alla macchia perché sapeva cosa all’alieno per andare via e a quanto pareva non era d’accordo! 

La condizione era che lui tornasse e provasse a colonizzare altri pianeti con la “sua” tecnologia. Ma erano passati tre giorni e Dio solo sapeva dov’era finito. Se gli alieni non avessero avuto ciò che chiedevano, avrebbero attirato il raggio che, alimentato dall’energia nucleare alla base della torre, avrebbe distrutto ogni cosa. Cercarono in ogni angolo dell’edificio e solo quando arrivarono due livelli sotto terra, riuscirono a trovarli. Grazie al suo potere di imitazione fu possibile a Lila uscire dal bunker dove erano stati rinchiusi. Riuscirono a contattare Tammy che disse loro che i bambini stavano bene, ma da tre giorni non avevano notizie di Dolores e così Ray era andato a controllare proprio in quel momento e attendevano sue notizie. 

Le guardie al soldo di Reggie giunsero nei sotterranei e ci fu una lotta, ma gli Hargreeves riuscirono a batterli e ad aprire le celle. Mentre scappavano, si resero conto che Ben non li aveva seguiti. Klaus guardò in su e vide che era andato sul tetto. I tentacoli vorticavano intorno a lui… Aveva chiesto di farlo tornare il vecchio Ben, ma era chiaro che il riottenimento dei poteri aveva avuto l’effetto opposto, sicché il Ben degli Sparrow era passato dalla parte degli alieni. Klaus aveva il cuore spezzato, ma Allison gli disse che non c’era più nulla che avrebbero potuto fare per lui… C’era un parco, al posto dell’Hotel Obsidian, vi si fermarono un attimo per prendere fiato e ragionare sul da farsi. Allison ricevette un messaggio di Ray… Era una foto di Dolores, fatta di nascosto: lei non stava bene. 

Era cominciato come un formicolio, poi i suoi arti avevano iniziato ad irrigidirsi. Si era seduta sulla poltrona e si muoveva sempre di meno. Ormai le gambe non rispondevano più e aveva iniziato a perdere i capelli. La trasformazione in manichino, iniziata non appena gli altri avevano avuto di nuovo i loro poteri, si stava verificando. Dolores si sentiva debole e spenta e i pensieri erano confusi, in alcuni momenti, sembrava catatonica. Ray era rimasto a prendersi cura di lei, mentre i bambini erano sempre con Pogo e Tammy. Era molto preoccupato, quella povera donna stava subendo una paralisi progressiva incredibilmente veloce, ma sua moglie gli spiegò con un messaggio che era molto peggio. Non avevano molto tempo. Bisognava trovare Reggie e consegnarlo ai suoi fratelli alieni e innescare il meccanismo di reset al punto in cui erano giunti alla torre. Cinque elaborò un’equazione che avrebbe impedito a Sloane di perdere la memoria e forse sarebbe riuscito a fare restare Dolores in vita. Ma quando Allison gli mostrò la foto, Cinque con una corsa forsennata, andò da lei. Quando lo vide, lei girò la testa a fatica, si era fatta aiutare da Ray a indossare un foulard sulla testa. La pelle era lucida e fredda ed i suoi piedi completamente rigidi. Le baciò la mano, le promise che sarebbe tornato ed uscì furioso come non mai, quasi scontrandosi con i suoi fratelli, che lo fecero calmare e ragionare su come dovevano agire, anche per salvare Dolores! 
Ma dove si era andato a cacciare, Reginald? Fu Lady Abigail ad andare in loro aiuto. Andò loro incontro sulla strada per la torre e rivelò loro il suo nascondiglio: si trovava dietro una porta segreta nel suo ufficio.
Aveva visto cosa sarebbe accaduto alla terra se avesse proseguito nel suo intento. Così lo aveva drogato ed era andata a cercare i suoi figli. 

Quando l’effetto dei sonniferi passò, Reginald si ritrovò sul tetto, davanti all’alieno, legato alla sedia, circondato da tutti, di capire chi lo avesse tradito, ma fu proprio sua moglie a dirglielo. Lui tagliò le corde che lo legavano con una lunga lama che gli uscì dal braccio, la stessa con cui aveva ucciso Luther, si alzò e le andò incontro. – Abigail, dopo tutto quello che abbiamo passato! – 
– La mia vita era finita, Reggie, ero stanca, volevo solo riposare. Hai commesso un errore, poiché sono tornata indietro con la stessa malattia e sto soffrendo. I tuoi figli hanno ragione. Sei talmente preso dai tuoi obiettivi da non accorgerti di niente e nessuno intorno a te. 
– Ma era tutto pronto, la tua coscienza doveva essere solo trasferita nel tuo nuovo corpo e saremmo stati insieme per sempre! – 
Lila e Diego si guardarono, come fulminati dalla stessa idea che avevano avuto e indietreggiarono insieme ad Allison per escogitare il loro piano. Lila conosceva la tecnologia del trasferimento di coscienza in un corpo nuovo, l’aveva appresa da sua madre adottiva. Chiamarono Ray e gli dissero cosa procurarsi e come doveva fare. Abigail scuoteva la testa. Non voleva diventare un robot come Grace. Quello su di lei era stato un ignobile lavoro di manipolazione e in entrambi i casi, i ragazzi erano stati costretti ad ucciderla. L’alieno fece capolino dalla nave. – Forza Reggie, è ora! Questo pianeta e i suoi abitanti non ci entusiasmano più, ormai … troppa emotività, troppi rapporti complicati e si stanno evolvendo, non c’è più il divertimento del plasmare una nuova razza. L’universo è grande e migliaia di altre popolazioni decisamente più primitive, aspettano di ricevere la Conoscenza! – Reginald rimase in silenzio, poi vide qualcosa dietro il suo fratello alieno e fece un cenno. 
Un tentacolo di Ben lo trafisse, seguito da un’altro ed un altro ancora.  
– Ben fatto, numero uno! – esclamò, ma appena Ben fu sul tetto, delle creature senza una forma definita, come fatte solo di viscidi tentacoli spinosi, iniziarono ad uscire dalla nave. Tutti combatterono e Reginald cercò di difendere sua moglie, ma durante un altro attacco, lei fu colpita alla schiena e da una di quelle creature, che la trafisse in pieno. Pazzo di dolore, Reginald tolse la maschera e rivelò il suo vero volto, come aveva fatto dopo l’assassinio di Kennedy. Alzò le braccia e gridò: 
– Fermi! E’ il vostro Signore che vi parla! Smettete subito questo attacco, non erano questi i piani! – ma a quanto pareva, le creature non avevano un padrone. Necessitavano di energia e si strinsero intorno ai fratelli Hargreeves, stritolando nelle loro spire, mentre il centro della nube cominciava ad illuminarsi. Klaus gridò a Ben che poteva ancora essere un membro della squadra e della famiglia, se faceva la cosa giusta e gli ricordò di tutti i momenti insieme e una luce scaturì da lui, quando il vecchio ben entrò nel corpo del nuovo, costringendolo ad attaccare gli alieni. Alcuni Hargreeves riuscirono a liberarsi e andarono a liberare e soccorrere gli altri, cercando di capire come muoversi. Decisero che la cosa migliore da fare fosse far esplodere quell’affare dall’interno, rivoltando quello stesso raggio contro di lui. Sloane doveva deviare il flusso verso la porta della nave e Viktor avrebbe provveduto a far esplodere il raggio e la nave stessa, con tutte quelle bestiacce dentro. I viscidi esseri stavano tornando all’attacco ma Ben li uccise tutti, senza impedire, però, che uno lo trapassasse da parte a parte. Ben morì tra le braccia di Klaus con il sorriso del suo vecchio sé stesso, dicendogli che lo amava e che lo aveva sempre amato. Serviva molta energia per deviare il fascio di luce, così quando Lila tornò dall’ufficio dove era rimasta in contatto con Ray per sincerarsi che avesse svolto la sua missione, intervenne, imitando prima il potere di Sloane e poi aumentando quello di Viktor ad un livello incredibile, ma sorprendentemente controllato. Cinque praticamente annodò tra loro le creature tentacolari e Luther le lanciò dentro la nave e questo innescò l’esplosione che distrusse qualsiasi cosa giacesse all’ interno della nube,  provocando un boato che fece tremare tutto l’edificio che quasi subito cominciò a collassare su sé stesso. Luther caricò Ben sulla spalla e tutti si precipitarono giù per le scale e via verso l’uscita, imitati da molti dipendenti. Un secondo prima che la torre crollasse come un castello di carte, tutti erano in strada a distanza di sicurezza. Credevano di aver portato via il comando che giaceva nell’ufficio di Reginald ma quando giunsero a terra, stanchi feriti e sporchi, si accorsero che si trattava di una comune scatola con un gran bottone rosso che, schiacciato, azionava un messaggio vocale di Reginald.

“Quello dell’Oblivion era un progetto unico, che non si può ripetere. Una volta riacquistati i vostri poteri non potrete più tornare indietro, sicché le vostre assurde richieste moriranno con me e volenti o nolenti, resterete quelli di sempre, perché il mondo ha bisogno di Eroi!” .

– Figlio di puttana! – mormorò Diego, abbracciando Lila che era ferita, anche se non in modo grave. Il cielo cominciò a schiarirsi, la nube non c’era più. Vigili del fuoco ed ambulanze arrivarono per soccorrere le persone scampate dal crollo e cercarne altre tra le macerie, ma gli Hargreeves andarono via, a curarsi da soli. Cinque vide la macchina di Ray… Dolores era lì, con l’ultimo barlume di vita che le restava. Si era quasi completamente irrigidita e respirava a fatica. La tirarono fuori dalla macchina e Cinque sedette a terra accanto a lei. – Angelo mio! Non avere paura sono qui! – con uno sforzo enorme, lei sollevò una mano e sfiorò il viso di lui, pieno di polvere e sangue.  – Cinque, mio amore… hai… salvato il mondo… – 
– Si, ce l’abbiamo fatta! Ma possiamo aiutarti… dobbiamo stare insieme io e te, ricordi?! Comprarci quella Corvette e andarcene via, dove vuoi tu! – Lei sorrise debolmente. Lentamente lei scosse la testa e chiuse gi occhi che parevano diventare un tutt'uno con la faccia, come un disegno... 
– In ogni mia forma… – mormorò. 
– In ogni tua forma… – replicò lui e la abbracciò, sentendo che si irrigidiva sempre più, finché restò immobile e fredda.
Il viso era umido della sua ultima lacrima. 
E fu di nuovo lei, la sua compagna di viaggio per decenni, nel cuore dell’apocalisse… Solo che stavolta, qualcosa si era rotto in lui. Non avrebbe mai più sentito la sua voce, fuori o dentro la sua testa. 
Stavolta era finita. Stavolta l’aveva persa per sempre... 

I telegiornali riportarono la notizia del crollo della torre, e il fatto che avesse nelle fondamenta l’equivalente di una testata nucleare, fece il giro del mondo. Klaus mise in vendita la villa e andò nell’appartamento di Dolores, per stare vicino a Cinque, che sembrava annichilito sul serio. Stava in cucina a fissare la finestra e beveva. Non si radeva da giorni, non si lavava e non voleva vedere nessuno. Il cibo che Tammy gli portava restava intatto finché Klaus ne mangiava una parte e poi lo buttava via. Dormiva in camera accanto al manichino che giaceva lì, con la sua divisa da cameriera ed una parrucca simile ai suoi veri capelli. Probabilmente sarebbe impazzito di nuovo, ma finché Lila e Diego vennero a trovarlo col bambino e gli ricordarono che avevano del lavoro da fare. Lui non disse nulla, non gli importava nulla, neanche della Commissione e senza salutarli, andò a chiudersi in camera. Decisero che era il momento di agire. 

La mattina del settimo giorno, quando si svegliò dalla solita sbronza, Cinque si accorse di essere solo e che Dolores era stata portata via, ma trovò una valigetta ed un biglietto di Lila che gli diceva di raggiungerla alla Commissione. Quando arrivò, trovò una miriade di operai al lavoro, intenti a ricostruire la sede. Infuriato puntò dritto nel vecchio ufficio di Handler e vi trovò tutti i suoi fratelli contro cui si scagliò. 
– Dov’è? Ditemi dove l’avete portata o giuro che vi uccido! – gridò. 
– Calma, tigre! Ti diremo tutto appena ti sarai calmato. Bevi! – disse Lila porgendogli una tazza di caffé nero.
Lui si lasciò cadere sulla sedia e bevve il caffé. 

– Abbiamo detto che avremmo ricostruito la commissione ed è quello che faremo, ma ci servi tu! Ecco il piano di ricostruzione, c’è da definire il personale, ma abbiamo bisogno di te! Tu ed io ci siamo già stati e sappiamo che sei tu il Fondatore! Possiamo ancora cambiare alcune cose, magari evitare che tu non finisca in quel polmone d’acciaio, ma Cinque devi reagire! Cosa credi che penserebbe Dolores di come ti sei ridotto? – 
– Non parlare di lei, Lila… Non dovete parlare di LEI! – si alzò gettando la tazza contro il muro. Lila imitò il suo potere e la afferrò al volo e gliela mostrò, porgogliosa del logo che vi aveva fatto imprimere. 
– Ehi idiota, queste le ho appena fatte fare! – Viktor gli si avvicinò con cautela. 
– Ehi… lo sappiamo che stai soffrendo. Ma il mondo ha ancora bisogno di noi. Anche se Reggie è morto, ci sono cose che dobbiamo difendere, persone che dobbiamo proteggere e una linea temporale da rimettere a posto per non creare più squilibri e visto che tornare indietro non si può, possiamo fare il meglio con quello che è capitato! – 
Lui sedette di nuovo, con la testa fra le mani. Viktor si inginocchiò per guardarlo negli occhi. 
– Ho perso Sissy e  non amerò mai nessuna come ho amato lei e convivo da anni col rimorso di non essere rimasto con lei e Harlan, ma così avrei alterato il corso degli eventi e sai bene che quello è un errore che non va più fatto. Una volta mi hai detto che chi lavora da solo e non ascolta nessuno diventa un cattivo. Adesso ci sei tu in questa posizione e sei l’uomo più intelligente che conosca e ti voglio bene. Non voglio vederti fare la fine del cattivo. Ora ti lasciamo tranquillo, ok? Solo... tu pensaci.– Lui annuì, sempre fissando un punto indefinito davanti a sé. 
Lila uscì per ultima e di proposito,  lasciò cadere dei fogli davanti a lui. 
L’occhio di Cinque cadde su un disegno piuttosto elementare del Bunker Operativo dove aveva trovato sé stesso. Lo osservò e la sua mente cominciò ad elaborare dati. Iniziò col fare calcoli su un foglio, poi su un altro ed un altro ancora, sempre più complicati. Poi prese i fogli e iniziò ad andare in giro per l’edificio, ripercorrendo con la memoria una serie di corridoi e infine trovò il punto dov’era piazzato il Bunker nel futuro. 
Vi trovò gli ingegneri e spiegò quello che voleva.  
Sulle prime gli uomini rimasero interdetti nell’ascoltare una richiesta così singolare da un ragazzo di diciotto anni con l’aspetto di uno scappato da una clinica, in jeans e camicia aperta da cui si intravedeva il tatuaggio che Pogo aveva fatto nell’ultima linea temporale (e che per sempre gli avrebbe ricordato il progetto Oblivion, come monito) e gli chiesero se si fosse perso, dandogli del tu, ma Lila intervenne, poiché lo aveva seguito tutto il tempo.
Cinque constatò compiaciuto che il comando le si addiceva.  

– Ehi, eccoti qui! Signori, vi presento il signor Cinque Hargreeves, lo conoscete di fama! Ebbene lui è il Fondatore, per cui mi aspetto che facciate esattamente quello che vi chiede, sono stata chiara? Dobbiamo mettere in piedi questo posto, velocemente! Al lavoro! – 
Gli uomini annuirono e presero i fogli, ascoltarono le sue richieste e le indicazioni, per poi scusarsi e rimettendosi al lavoro. Lila guardò Cinque, lo prese sottobraccio e insieme tornarono nel suo ufficio, dove versò dello champagne per entrambi e sorrise sulla poltrona dietro la grande scrivania.  
– Deduco che vorresti avere il posto di tua madre! – 
– Elementare, Watson! – quella battuta gli strappò un sorriso. 
– Bisogna mettere qualcuno a capo della sicurezza… Hai già un candidato in mente? – 
– Lo stesso che hai tu, da quando ne abbiamo parlato! – lui annuì e si alzò, guardandosi intorno. 
– Si, Diego è la persona migliore. Possiamo fare un censimento di chi è tornato o rimasto, dopo il reset dell’universo? – le chiese e quando si voltò, lei sbatté una grossa cartella sul tavolo: – Eccoli qui! Ogni singolo impiegato è già pronto alla nuova avventura e sono tutti piuttosto elettrizzati da quando hanno scoperto che sei il Fondatore che… mi auguro, si farà una doccia prima di ricomparire per la Grande riapertura!! – lui alzò gli occhi al cielo. 
– Li hai già chiamati? – 
– Beh sì… mi sono fatta aiutare dagli altri, abbiamo lavorato tutti! Abbiamo ripristinato il sistema dei messaggi da inviare agli operativi e così abbiamo convocato tutti i seicento nomi sulla lista. Arriveranno qui tra un paio di settimane, non appena gli uffici saranno pronti. – 
– Idee sul Consiglio Direttivo? – 
– Direi di tenere Herb a capo del Consiglio e gli altri membri li lasciamo scegliere a lui, è in gamba, e anche Dot! – Cinque fu pienamente d’accordo. 
Continuarono a parlare di lavoro per un pò e quando uscirono, i suoi fratelli erano tutti lì.
Cinque si scusò per la minaccia di morte e li ringraziò per essergli stati vicino in quei giorni difficili… Ora che aveva trovato nel lavoro uno scopo nella vita, forse sarebbe riuscito a sopravvivere in un mondo in cui Dolores non c’era più. Lila guardò Diego e sorrise, conscia del loro piccolo segreto. 
Luther strinse tutti in un goffo e insofferente abbraccio di gruppo. 

Il giorno in cui La Commissione riaprì i battenti, Cinque lasciò che fosse Lila a tenere il discorso iniziale e si limitò ad essere presente. Organizzò il suo ufficio nel Bunker Operativo e riprese ad indossare il suo completo, anche se aveva deciso di tenere la barba che gli stava bene. 
Non parlava molto, quando attraversava i corridoi e tutti gli rivolgevano un saluto carico di rispetto e deferenza faceva un cenno di saluto e tirava dritto. Aveva una stanza, ai piani superiori, non lontana dall’appartamento di Lila e Diego. 

Lila sapeva che sua madre poteva ricostruire un corpo artificiale, fatto di organi e ossa e pelle, riprodotti in laboratorio. Prima ancora di cominciare il lavoro di ricostruzione della commissione era riuscita a rintracciare i migliori scienziati che avevano realizzato le fattezze di Dolores, così come l’avevano conosciuta. In questo, il Quadrante del Tempo, appena riparato, era stato molto utile. Ray, il marito di Allison aveva eseguito tutte le indicazioni di Lila, procurandosi una macchina EEG per elaborare un tracciato del cervello di Dolores finché era ancora in attività o… presente! Il piano aveva funzionato e a rischio della vita, conoscendo Cinque, avevano portato via Dolores per attirarlo alla Commissione e dargli lo scossone che gli occorreva, mentre l’operazione veniva portata a termine.  E così, quando quella mattina, quando Dolores si era risvegliata e l’aveva riconosciuta, Lila aveva saltato di gioia e l’aveva stretta forte, rischiando di strapparle il camice appena chiuso dai nodi fragili di carta. Le aveva raccontato che erano riusciti a salvare il mondo dall'invasione aliena e poi le aveva procurato dei vestiti.
Mentre li prendeva, lei si era guardata intorno e le aveva chiesto: - Lui dov’è? – 

Cinque stava lavorando come un pazzo ultimamente. Più che altro lo faceva per non pensare! Erano passati alcuni giorni dalla grande riapertura, quando Lila fece capolino nel suo ufficio. Contrariamente alla versione vista nel futuro, aveva fatto in modo che lo scan della sua retina concedesse l’accesso al bunker. – Buon giorno, Grande Capo! – lui si voltò appena. – Oh, ciao… Che succede? – 
– C’è da approvare l’assunzione dell’ultimo gruppo di dattilografi… l’ultima, in verità! – Lui stava rivedendo dei calcoli sulla parete dietro la scrivania e li confrontava con una pila di fogli sulla scrivania e rispose esasperato: – Sai bene che puoi occupartene da sola, Lila! – 
– Certo, lo so ma questa persona desidera avere un colloquio direttamente con il Fondatore! Ecco la sua lettera di presentazione! Ti consiglio di leggerla subio,  mentre la porto qui, ok? – Disse porgendogli la busta. Lui emise un grugnito e quasi saltò dalla sedia quando lei si riaffacciò gridando:
– E sii gentile! – 
Cinque sbuffò, sistemandosi sulla poltrona. – E va bene, va bene! – borbottò aprendo la busta e chiedendosi perché Lila fosse così su di giri per una delle centinaia di impiegate che avevano assunto negli ultimi giorni… Cosa poteva  mai avere di tanto speciale? La lettera era scritta a macchina, Cinque la lesse e man mano che andava avanti, sentì che il cuore gli esplodeva. 

Questa è la storia di una donna, che non era come gli altri. 

Non nasceva da una mamma, non aveva un papà, non cresceva andando a scuola e giocando, non mangiava e non dormiva. 

Nata in una fabbrica in un paese lontano e portata in America, insieme a tante come lei, viveva in un grande magazzino dove indossava bei vestiti da mostrare a tutti. 

Poi, un giorno, tutto cambiò. 

Ci fu una grande esplosione, il suo corpo si spezzò e pensò che sarebbe marcita lì in mezzo alle macerie, per l’eternità, quando un ragazzino di tredici anni la raccolse e la tenne con sé: insieme vissero in un mondo devastato dall’apocalisse, per 45 anni, fino all’arrivo di una strana signora dai capelli bianchi che cambiò tutto, soprattutto lui. Senza sapere come, la donna si ritrovò all’improvviso nello stesso posto, di nuovo con le altre, ad indossare gli stessi vestiti, finché tutto cambiò di nuovo. 

Il destino pareva proprio accanirsi contro quel negozio! Ci fu un terremoto e il soffitto le cadde sulla testa, ma il suo corpo stavolta non si ruppe, bensì il contrario! 

Quando aprì gli occhi per la prima volta, scoprì che poteva muoversi, parlare e mangiare, bere e correre! 
Cominciò a vivere una vita vera, con amici e un lavoro e ritrovò lo strano ragazzino, più grande di cinque anni, ma lei lo avrebbe riconosciuto ovunque, come lui aveva riconosciuto lei… 

I miracoli forse esistono, i sogni qualche volta si avverano, ma la scienza può fare ancora meglio e se sono di nuovo qui è perché il mio sogno si è realizzato grazie alla moderna tecnologia che ha potuto compiere un miracolo: essere finalmente me stessa e amarti in questa forma... 

La tua Dolores

Cinque non credeva ai suoi occhi. Una voce familiare disse semplicemente: – Ciao… –  Abbassò la lettera e lei era lì, con gli occhi lucidi di gioia. 
Si alzò dalla sedia e andò a guardare sua moglie da vicino, per assicurarsi di non essere impazzito di nuovo, ma era proprio lei, come l’aveva vista e amata in quegli ultimi giorni. Le prese le mani ed erano calde e morbide. Lei gli sfiorò il viso. 
– E’ tutto ok, mio amore… Sono io! I miei ricordi, la mia coscienza in questo corpo… e anche il mio cuore. – portò la mano di lui sul petto, per fargli sentire il suo battito, accelerato dall’emozione. Cinque non ebbe più bisogno di conferme.  
– Angelo mio… – mormorò prima di baciarla.

Diego e Lila erano sulla soglia, soddisfatti e commossi ed uscirono in silenzio per non disturbare quel momento, mentre la porta del bunker si chiudeva su una storia completamente diversa da quella che aveva lasciato, quando il vecchio Cinque era morto…
Ma stavolta sarebbe andata diversamente e Lila fu felice per suo fratello. 

FINE...
ALLA PROSSIMA APOCALISSE!
               

 
   
 
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