Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: shana8998    20/08/2022    0 recensioni
Francesca e Lucia sono due ragazze che frequentano l'ultimo anno di liceo. Le differenze fra loro sono moltissime: Francesca è come l'acqua santa, timida, impacciata e introversa. Lucia è ribelle, sfacciata, romana nel sangue. Ma non è solo questo che le rende così diverse. Francesca è della Roma per bene, quella dei Parioli e la sua vita si basa su studio, lezioni di piano e di danza.
Lucia è della borgata, dall'animo sempre in tempesta con il fratello testa calda e i genitori separati.
Francesca non è Lucia e Lucia non è Francesca.
Ma fino a che punto può spingersi un'amicizia fra due persone tanto diverse? Fra drammi, feste e crisi esistenziali le due ragazze si ritroveranno a scoprire loro stesse e un mondo che non è sempre come lo si immagina.
< Delle volte 'e scelte se pagano care >
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Spazio autore: Scrivo questa storia con un paio di premesse.

La prima: non ho mai scritto storie in terza persona, questa per me è la prima volta.

La seconda: non sono romana e non so parlare il dialetto seppur lo ami molto. Perciò, qualora ci fossero errori, frasi poco comprensibili e parole terribilmente mutilate, chiedo venia.

Non so se continuerò a scrivere questa fanfic, per il momento butterò giù qualche capitolo come esperimento che spero piaccia a chi lo leggerà. Se volete, fatemi sapere cosa ne pensate.

 

Un saluto a tutti e buona lettura.

 

                                1.

 

Che ce stamo a fa ar monno? 

 

L’amore n’è pe tutti, n’è pe me.

 

                                         Francesca.

 

Francesca si affrettò lungo il corridoio. Aveva sorpassato la sua aula senza neanche guardarci dentro. Chissà se la Romanucci stava già seduta alla cattedra? Non le importava adesso.

Era troppo presa dalla voce che gridava imprecazioni in fondo al corridoio.  La conosceva bene, era quella della sua migliore amica Lucia.

«Te sfonno! Puttana!»

«Ao! Lucì lasciala sta!»

«Troia!»

Svoltato l’angolo, eccola lì Lucia Feriozzi, la sua migliore amica, che se ne stava con le dita intrecciate fra i capelli di Maddalena del quinto D e glieli tirava con forza. Attorno a loro c’era almeno mezza scuola, un sacco di teste -di cazzo- che invece di fermarle si stavano godendo la scena.

«Tu statte zitto che poi famo i conti!»

Il viso cinereo, le gambe pronte a sferrare calci: era proprio incazzata Lucia. Nervosa, ribelle, romana. Era tutto ciò che Francesca non sarebbe mai stata.

Non era violenta, non era verace. Francesca era l’acqua santa. Docile, timida, minuta, dai lunghi capelli biondi e l’aria sempre fra le nuvole.

«Lucia!»

Era buona Francesca. La ragazza più buona e genuina de 'sto monno. C’era sempre per Lucia, in qualsiasi occasione, pure quando quest’ultima dava di matto, come spesso sentiva dire dal suo fidanzato Marco.

Francesca non esitò nemmeno quella mattina a buttarsi fra le due rivali. Non sapeva bene cosa fosse accaduto, ma dal viso graffiato di Maddalena, dai ciuffi di capelli sparsi sulle sue spalle e dall’espressione nervosa di Marco, capì che doveva averla fatta grossa.

Lui non lei.

Si, perché succedeva sempre la stessa cosa: Marco faceva lo scemo con qualcuna, Lucia si incazzava e poi,  invece di prendersela con lui, dava addosso a quest’ultima.

Francesca non capiva perché lo facesse. Era logico che lo stronzo fosse Marco e non era solo Francesca che lo pensava. Ce l’aveva proprio visto a provarci con Greta e con Camilla ed ora lo aveva fatto con Maddalena, molto probabilmente.

Ma Lucia era così, impulsiva, testarda, innamorata. 

«Oh, te devi da fermà!», Marco le prese un polso e la costrinse di colpo a lasciare la testa di Maddalena che, intanto, le sferrava occhiatacce cariche d’odio con gli occhi gonfi e rossi.

«Nun me toccà!»

Francesca guardò la mano di Marco stretta attorno al polso della sua amica e poi scrutò lei che era così furente e disperata e decise di seguire i suoi sentimenti. Era colpa del suo ragazzo se Lucia aveva fatto ‘a pazza un’altra volta, non aveva nessun diritto di darle ordini. «Dai, andiamo via.» Lucia si ritrovò Francesca davanti. Il viso rosso d’imbarazzo per colpa di tutti gli occhi che avevano addosso, lo sguardo basso e timido.

La guardò e fece una smorfia «Nun te ce mette pure tu, Francè.»

Innervosita dalla testardaggine dell’amica, Francesca sollevò gli occhi verdi su di lei «Te vuoi fa caccià proprio mo? All’ urtimo anno?» 

Non parlava mai in romano Francesca. Sua madre e suo padre non glielo permettevano. Non si doveva mescolare a quei burini dei suoi compagni. Lei era della Roma bene. Della Roma frivola, sfarzosa fatta di soldi e vita che costa cara. Veniva da una famiglia per bene ma soprattutto da una Roma per bene. Quella dei Parioli, con i suoi palazzi eleganti, i monumenti, le fontane illuminate. Suonava il piano, faceva danza, sarebbe andata in erasmus all’estero: faceva cose che i suoi compagni non avrebbero mai fatto, forse.

Non era come loro e certe volte si chiedeva come ci fosse finita a studiare in periferia. Si sentiva così diversa dal resto degli occhi che incrociava a scuola, eppure, voleva esse così uguale a l’artri. Solo quando si incazzava come lo era adesso e sempre quando c’era di mezzo Lucia, le usciva quella parlata un po’ pronunciata male, un po’ pensata bene, come fosse un dispetto, un modo per essere più simile a quelle persone che a sua madre.

Lucia strappò via il polso dalle mani di Marco e sospirò arrendevole.

«Annamo. Nun li vojo proprio vedè a sti due stronzi.»

Finiva sempre così, almeno in un primo momento. Lei se ne andava scortata dalla sua fedele amica, Marco restava a leccarsi le ferite e la malcapitata di turno finiva con la testa china sul banco a singhiozzare. Sempre, tutte le volte.

Lucia spalancò la porta del bagno rumorosamente.

«Che fijo de na gran mignotta! Proprio co quella se doveva andà a n'frattà?»

«Lucì…Proprio co quella. Sta settimana era quella, la scorsa era n’altra e quella prima ancora?»

Francesca appoggiò il fondoschiena al lavandino e usò i palmi delle mani per sorreggersi mentre scrutava il volto cinereo di Lucia.

Era carica come una molla: non stava ferma, non ci riusciva.

Si infilò una mano in tasca e tirò fuori il pacchetto di Marlboro rosse. Ne cacciò una e prese l’accendino. Facendo tiri veloci e pieni, respirò le prime boccate.

«Così finirai per svenire.», le disse Francesca mentre guardava l’amica sua farsi l'aerosol con il tabacco.

«Nun me ne frega n’cazzo.» Lucia non aveva più la coda alta dietro la testa. Maddalena gliel’aveva tirata fino a farla diventare lenta sulle sue spalle ed ora i suoi capelli castani ondeggiavano qua e là, mentre fumava facendo su e giù per il bagno.

«Ce credi? L’hanno visto scopà dietro a n’vicolo co quella.», indicò con la mano e un gesto stizzito la porta.

Francesca sospirò. Quante volte era successo? Almeno quattro, si rispose, e questo solo da quando era incominciato l’ultimo anno.

Era solo Ottobre, chissà, fino a Natale, quante se ne sarebbe portate a letto Marco!

«Che vuoi fa mo? Lo perdoni?»

Lucia ridusse gli occhi a due fessure «Cor cazzo! Mo è finita. Finita pe davero

Non ci credeva manco lei. Lei, a Marco, l’amava.

«Lo dici tutte le volte e poi ci torni insieme.»

Un altro sospiro e poi Lucia lanciò lo sguardo oltre la sua fronte «Che te devo dì? Quanno ami a uno, nun ce riesci a lasciallo annà via. Nun ce la faccio, Francè...Ma tu che ne voj capì, n’te sei mai innamorata!»

Francesca apprezzava la schiettezza di Lucia, era una di quelle cose che la contraddistingueva da molte. Era sincera pure se delle volte se ne passava. Come ora. Francesca si sentì offesa. Lucia è un’illusa, pensò. Troppo suscettibile ai sentimenti, troppo debole per lasciar andare Marco per la sua strada. Forse, Francesca non era mai stata innamorata, era vero, ma sapeva che quando una persona ama l’altra non va in cerca di sesso occasionale.

Lo aveva imparato dalla miriade di romanzi rosa che tanto amava leggere e quindi, anche se Lucia aveva ragione e Francesca non conosceva l’amore, era certa che Marco non l’amasse veramente.  

Per un momento Francesca smise di ascoltare la sua amica. 

Perché nessuno l’aveva mai amata?

Nessuno si era mai innamorato di lei, né tanto meno sapeva cosa si provava ad esser desiderati, baciati…e il sesso…Oh, lontano anni luce da lei. “Sono io il problema?” Si chiese.

C’era da dire che era timida, troppo, per comunicare i suoi sentimenti agli altri e quel mare di persone che la circondavano la spaventava a morte.  Comunque nemmeno qualcuno glieli aveva provati a tirar fuori con le pinze quei sentimenti. Nemmeno quando per un breve periodo s’era scambiata degli sguardi fugaci con Lorenzo, suo compagno di classe. Lui le sorrideva spesso, le aveva fatto un paio di complimenti a ginnastica; era gentile con lei e per un attimo, si era quasi convinta di piacere a quel ragazzo. Poi, però, lo aveva visto in cortile con una del secondo anno ed era finita lì. L’amore n’è pe tutti, n’è pe me, si era detta.

Perciò Francesca a quasi vent’anni era sola, senza un affetto suo e senza sapè cos’è l’amore e Lucia a ventun’anni, perché ripetente, ne aveva uno falso come Giuda e si ostinava a tenerlo stretto con tutte le forze. Allora, cos’era meglio? L’amore falso e ipocrita di Marco o la solitudine?

Chissà, magari Marco non ci voleva stare manco più con la sua amica. Ma Francesca sapeva che Lucia non se l’era mai posto il problema. In realtà, incominciava a sospettare che a lei, dei sentimenti di Marco, non interessasse nulla.

«Io nun me so mai innamorata. E’ vero! Ma nun me farei mai pijà pe culo così.» Non urlava mai Francesca anche quando era incazzata a morte. Nemmeno in quella circostanza, mentre sentiva le guance imporporate e la gola stretta.

Però faceva male. Aveva l’impressione di avere un macigno sul petto.

Punta nel vivo si rese conto che le veniva da piangere, e  cercò con tutte le forze di non darlo a vedere. Che le avrebbe detto Lucia? L’avrebbe presa per stupida, per una bambina. Già la sentiva con il suo romanaccio, dirle «E mo che te piagni, Francè? Dio, nun te se po dì n’cazzo!» e quelle parole l’avrebbero, di certo, fatta piombare ancora di più nell’imbarazzo.

Perciò si morse un labbro e trattenne un respiro.

Lucia di solito se le beccava da Francesca le parole. Non glielo aveva mai detto a  l’amica sua, ma la riteneva molto più obiettiva di quanto non lo credesse e sapeva che pure quella frase detta male e un po’ da stronza, Francesca gliel’aveva sputata in faccia perché le voleva bene. 

«Te ce vorrei vedè a te.» Sospirò la mora.

Manco dava più retta alla conversazione ad un certo punto. Sapeva che la presenza di Francesca in quel bagno, in quel momento, era fondamentale, ma stava pensando ad altro.

Si trascinava quel pensiero da qualche minuto. Un dubbio che lentamente si era insinuato nella sua testa. Se Marco non l’amava più? Come avrebbe fatto?

L’idea le serrò lo stomaco.

“Ascolta Lucì, calmate prima di fà qualsiasi cosa”, pensò. Aveva riconosciuto quel fremito, era la stessa sensazione che provava tutte le volte che lei e Marco litigavano.

Gliela voleva far pagare, doveva solo trovare il modo.

Perché? Perché ogni volta poi, lui tornava sui suoi passi.

“Magari stavolta mi faccio trovare a letto co Riccardo”

Scosse la testa. Non c’aveva il coraggio, Riccardo era suo amico da una vita ed era certa che non si sarebbe mai  prestato ad andare a letto con lei. 

«Sai che famo?», disse di getto. Francesca la guardò titubante. «Annamo a ‘na festa stasera!»

«Oh, nono…Lo sai che non posso.», si affrettò a rispondere l’amica.

«Oh, avanti! Ce divertimo, stamo in compagnia e nun pensamo a quello stronzo.» Lucia la prese sotto braccio, l’espressione sorniona sul viso.

«Tu ce pensi a quello stronzo, mica io.»

Francesca esitò. Quante volte poteva dire di essere andata ad una festa? Una? Due? E come era finita?

I suoi genitori, ignari di tutto, si erano presentati entrambe le volte, irrompendo come pazzi e trascinandola a casa e per questo si era beccata l’appellativo di cocca di mamma.

Era già stata umiliata, le bastava.

«Lo dici tu ai miei?»

Le spalle di Lucia si afflosciarono di colpo.

«Che cojoni e dije che stai da me», poi ci ripensò «Anzi, resta da me stanotte.»

L’idea era allettante. Francesca amava dormire in compagnia. Essendo figlia unica non aveva mai sperimentato la condivisione degli spazi, la compagnia di un’altra ragazza. Le sarebbe piaciuto avere una sorellina, ma aveva l’impressione che fosse già molto che i suoi genitori avessero deciso di mettere al mondo lei.

«Essù…Te prego!», Lucia sbatté le palpebre mimando un’espressione da cerbiatta che fece scoppiare a ridere Francesca.

«Ok, ok…Ma solo perché me lo stai a chiede così.»

Risero di nuovo.

«Sei la mejo, Francè.»

 

                                             ****

 

Tornata a casa, Francesca non trovò nessuno ad accoglierla. Le luci del corridoietto erano spente esattamente come quelle dell’enorme salone dai divani bianchi che scorgeva dall’ingresso.

Si sfilò le scarpe e, finalmente a piedi nudi, tamburellò sul parquet fino alla sala.

Sentiva dei rumori provenire dalla cucina, quindi qualcuno in casa c’era.

«Sono tornata!», disse e poi attese speranzosa di sentire la voce di sua madre o di suo padre.

«Ben tornata, signorina.» Ad accoglierla però c’era Magda, la domestica, che spuntò da dietro la porta a vetri della cucina. 

Un po’ delusa, Francesca si sforzò di sorriderle e raggiunse il tavolo della cucina scansando una sedia.

Ci poggiò sopra lo zaino e raggiunse i fornelli.

Magda stava spolverando ma, nel frattempo, aveva approntato il pranzo.

«Spezzatino.», sorrise la donna.

«Ha un aspetto così invitante!», Francesca respiro l’ottimo odore di carne al sugo con gli occhi chiusi e lo stomaco le brontolò.

«Dai, prendi un piatto.»

Magda era la loro domestica da quando Francesca ne aveva memoria. Ricordava la presenza di quella donna da sempre e lei, portoricana espatriata da ragazza, si era comportata come una seconda mamma, confortandola con le attenzioni che entrambe sapevano mancare in quella casa.

Le voleva bene.

Francesca aprì la credenza e sfilò un piatto celeste di ceramica. Prese le posate e raggiunse il tavolo.

«Non aspettiamo i miei?»

La domestica si voltò sorridendo compassionevole «No piccola, saranno fuori per lavoro tutto il giorno.»

Lo sapeva, nonostante ciò, faceva la stessa domanda tutte le volte nella speranza che almeno una di quelle, Magda le rispondesse "sì, saranno qui a breve”. Non capitava mai però.

Un po’ più triste, aspettò che le fosse servita la carne e in silenzio terminò il pranzo.

Solo nel tardo pomeriggio e dopo le prove di pianoforte, riuscì a recuperare il cellulare.

Si chiuse la porta di camera sua alle spalle e lanciandosi sul letto, sbloccò lo schermo.

Non c’erano notifiche, veramente non c’erano quasi mai se non quelle fastidiose inserzioni di Facebook che le facevano vibrare l’apparecchio ogni trenta secondi.

C’era però un sms. Era di Lucia.

“Allora? Glielo hai chiesto?”

Francesca non sentiva i suoi genitori dalla mattina e non aveva la più pallida idea di dove fossero. Sapeva che quando erano fuori per lavoro tutto il giorno, non li si doveva disturbare e perciò lasciò perdere l’idea di chiamarli.

“Non li ho visti”, digitò e inviò. Lucia era online e rispose subito.

 

Sta scrivendo…

“Che cazzo! La festa è alle 21!”

 

Perché così tanta fretta? Erano solo le sei del pomeriggio avevano ancora molto tempo.

 

“Se non li sento per le 19| ” , non inviò il messaggio, restò a fissare le parole intensamente mentre pure il cursore della tastiera sembrava metterle fretta. Se non li avesse sentiti prima delle 19…Cosa avrebbe fatto?

Sarebbe scappata di nuovo?

C’era stata male quelle due volte che aveva mentito ai suoi, uscendo di nascosto in piena notte; non per la lavata di capo, ma per lo sguardo di sua madre.

Era così delusa, così amareggiata.

Francesca aveva pianto e supplicato le scuse solo per quel motivo.

Cancellò in fretta quelle poche parole e fissò lo schermo ancora per qualche istante.

“E se lo dico a Magda?”

Magari lei avrebbe potuto avvertire sua madre.

Sospirò.

Sarebbe stato inutile. I suoi non volevano che lei si mischiasse a quella gente.

«Merda…», mormorò a voce alta, affondando un po’ di più la testa nel cuscino. «E mo che je dico?».

Lucia aveva bisogno della sua amica e di quella festa e Francesca aveva bisogno di Lucia per sentirsi leggermente più uguale al resto del mondo.

C’era poco da fare. Si fece coraggio e all’improvviso scrisse.

 

“Vengo.”.

 

“Cazzo, i tuoi t’hanno detto de si?”

 

I suoi non j’avevano detto proprio n’cazzo, ma Francesca desiderava così tanto essere come tutto il resto del mondo che, per l’ennesima volta, preferì disobbedire. 

 

“Pare de si.” mentì vergognandosi pure “A che ora ci vediamo?”

 

“Damme n’ora e sto da te.”

 

Il cuore le batteva forte. Divisa in due da sensazioni contrastanti incominciò a sentirsi diversa. Mentire ai suoi la faceva sentire, stupidamente, grande, ribelle e padrona di sé anche se da una parte provava quel fastidioso senso di angoscia come se chissà cosa sarebbe potuto succedere dopo.

Con il cellulare stretto fra le dita e le braccia lunghe contro i fianchi, guardò il soffitto del suo letto a castello chiedendosi se mai sarebbe stata come tutti gli altri, normale. 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: shana8998