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Autore: Soe Mame    21/08/2022    0 recensioni
Atsushi era molto confuso e si sentiva in pieno diritto di esserlo. Dazai si era presentato a casa sua e di Kyouka in piena notte - E fin qui nulla di strano. In un primo momento, entrambi avevano pensato fosse rimasto chiuso fuori dal suo appartamento, o che fosse così ubriaco o sotto funghi allucinogeni da aver scambiato la loro porta per quella del Port Mafia. La realtà era stata molto più incredibile, molto più inaspettata, molto più disturbante.
«Vuoi...» Aveva osservato Dazai accomodarsi su un cuscino posato a terra. «leggerci una fiaba?»
«Non proprio "leggerla".» L'ospite aveva alzato le mani, a mostrare come fossero vuote. «Ve la racconterò!»

Dazai vuole raccontare una fiaba ad Atsushi, Kyouka e Akutagawa. Non finisce bene.
[Colpa di Dead Apple, ovviamente.] [OOC giustificato... credo.] [Minuscoli spoiler sugli ultimi capitoli del manga]
Genere: Demenziale, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Atsushi Nakajima, Kyouka Izumi, Osamu Dazai, Ryuunosuke Akutagawa
Note: Nonsense, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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[Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.]

[Avviso] Questa fanfiction non è politicamente corretta.
Sono presenti dark humor, violenza cartoonesca e cattiverie gratuite assortite. Un paio di personaggi vengono bashingati in modo stupido, ma è solo un'estremizzazione del narratore - Di mio, odio il bashing e non ho nulla contro nessun personaggio (Tranne il Signor La-Mia-Spada-Va-Indietro-Nel-Tempo-LOL), giusto per precisare. Ci sono anche un paio di battute a tema religioso, ma già dicendo ciò in una storia su BSD suppongo si possano immaginare.
Se pensi che una qualsiasi delle cose sopracitate possa darti fastidio, desisti dalla lettura, SCAPPA, SCAPPA FINCHÉ SEI IN TEMPO!


Di quella notte in cui Dazai raccontò una fiaba con gran (non) gioia dei suoi figli adottivi
e di chi ebbe la balzana idea di fermarsi ad ascoltarlo



Quel che era appena successo si sarebbe senz'altro potuto definire molto bizzarro.
C'erano di certo delle spiegazioni logiche, quindi Dazai provò a darne. L'alcool era da escludere. Lo reggeva bene, e quella sera non aveva bevuto granché. Lo stress- Oh, suvvia, non era certo Kunikida! Escluse la carenza di sonno ed eventuali danni cerebrali di cui non era a conoscenza. Il primo caso era impossibile, perché si premurava sempre di dormire il giusto - Circa due ore, le restanti sei passate nel dormiveglia di chi vive in un ambiente pronto ad eliminarlo appena possibile. Nel secondo caso, non sarebbe stato a conoscenza di eventuali danni cerebrali di cui non era a conoscenza, dunque era qualcosa al di fuori della sua portata - Ebbene sì, esistevano cose al di fuori della sua portata, ma nessuno doveva saperlo. Escluse l'ipotesi di uno scherzo. Lui era sempre il primo a scherzare, ma tutti sapevano che fargli un scherzo del genere avrebbe comportato una morte lenta e dolorosa per la simpatica mente che l'aveva architettato. Gettò un'occhiata alla camera: l'assenza di sigarette contenenti foglioline legali e di sigarette contenenti foglioline illegali gli garantivano non fosse sotto gli effetti del fumo, legale o meno che fosse. La televisione era accesa, però, e una graziosa signorina dietro una scrivania annunciava sei ore di video di gattini. No, non era vero, c'era un vecchio che parlava di cose noiose. La luce del televisore, tuttavia, fece ricordare a Dazai di aver per sbaglio lasciato il canale su cui stavano trasmettendo un film noioso. Non ricordava che film fosse, era troppo noioso, ma forse era stato quello a fargli perdere i sensi - O a farli assurgere ad un nuovo piano dell'esistenza.
Qualsiasi cosa fosse successa, restava il fatto che Dazai aveva appena avuto una visione di Odasaku.
Pochi minuti prima, la scatola di fiammiferi del Bar Lupin, lasciata a terra, si era aperta da sola e aveva lasciato uscire uno strano fumo grigio, quasi tutti i fiammiferi avessero preso fuoco insieme. Dazai era accorso, ma il fumo si era arricciato, piegato e plasmato fino a creare il volto tanto amato e tanto pianto di Odasaku. Già quello avrebbe dovuto fargli capire di essere sotto l'effetto di qualche stato alterato, però Atsushi gli aveva detto di essere solito allucinarsi lui, quindi supponeva fosse normale avere visioni del proprio padre.
«Dazai.» Aveva detto la voce profonda e gentile di Odasaku, forse più paterna di quanto non fosse mai stata - Ma tanto era una sua allucinazione, quindi poteva immaginarsi ciò che voleva. «Mi hai dimenticato?»
«No!» Dazai si era gettato in ginocchio. «Come avrei potuto?»
«Hai dimenticato tutta la Dark Era.» gli aveva spiegato Odasaku: «E hai dimenticato anche ciò che ti ho detto in punto di morte.»
«Io?» Dazai si era indicato. L'allucinazione non gli era piaciuta più, e non era riuscito a manipolarla. «Io ho fatto del mio meglio per seguire i tuoi insegnamenti!»
L'Odasaku nel fumo era rimasto in silenzio per un istante. Forse stava tornando alla realtà? Così non era stato, perché la figura aveva parlato di nuovo. «Suppongo questo sia effettivamente il tuo meglio.»
Dazai aveva annuito, le mani giunte. Ecco, Odasaku che lo lodava era un'allucinazione molto migliore!
«Sono certo tu possa fare ancora di meglio.»
«In che modo, pa- Odasaku?» C'era un dettaglio che gli stava sfuggendo. «Non capisco di cosa tu stia parlando, Odasaku. Non ho più ucciso nessuno, le mie torture non hanno più sparso sangue e l'unica cosa illegale che faccio è fumare cose discutibili, navigare nel Dark Web, rompere l'anima a Kunikida-kun - Ma l'hai visto, no? È impossibile resistere! -, togliermi di torno quando la trama lo richiede, e-»
«I tuoi figli, Dazai.» Si era sentito trafiggere dal suo sguardo. Brutta sensazione. «Hai traumatizzato degli orfanelli!»
«Oh.» Dazai aveva sbattuto le palpebre. Le aveva sbattute di nuovo. «Uhm, allora, quello emo era già così, quando sono arrivato-»
«Dazai.»
«E l'altro lo sto crescendo bene! Hai visto che successo ha, con le donne? Tutto merito mio! E poi da tigre è così morbido che-»
«Dazai.»
«Ah, la ragazzina non l'ho adottata, eh, quella è di Koyou!»
«Dazai.» Dazai aveva taciuto. «So che vuoi bene ai tuoi figli. Tuttavia, i tuoi modi di dimostrarlo non veicolano questo messaggio alle loro menti.»
Dazai aveva sgranato gli occhi. «Ah, no?»
«Eh, no.»
«E allora cosa posso fare, Odasaku?» In realtà, a Dazai stava benissimo veicolare il suo messaggio d'amore attraverso sparizioni, piani potenzialmente mortali, frasi fatalistiche e paragoni spietati ma, se Odasaku diceva che non andava bene, allora si sarebbe impegnato!
Il fumo aveva iniziato a dissolversi. «Sai già la risposta, Dazai.» Odasaku era scomparso.
La scatola di fiammiferi era chiusa. Dazai si era ritrovato in ginocchio al centro della stanza, le mani giunte e lo sguardo per aria. Si era ritrovato in posizioni ben peggiori, doveva ammetterlo.
«So già la risposta...?» Qualche altro minuto di allucinazione gli avrebbe senz'altro fatto comodo. Chissà perché aveva avuto una visione del genere. Forse, in fondo al cuore, sentiva di non star dando la giusta attenzione ai suoi- Pff, che pensiero ridicolo, il suo cuore era più oscuro dell'oscurità più oscura che non ti dico quant'è oscura, non avrebbe mai fatto un pensiero del genere. Dato che era inutile stare a rimuginare sulle cause dell'allucinazione, tanto valeva riflettere sul da farsi.
Secondo Odasaku, lui non si stava comportando da bravo collezionista di orfanelli traumatizzati. Dato che Odasaku era il sovrano indiscusso in un simile campo, non metteva in dubbio la sua parola - Ma non l'avrebbe messa in dubbio a prescindere, perché era di Odasaku. Ne conseguiva che, per placare le immagini nel fumo, avrebbe dovuto comportarsi da bravo padre.
Ci pensò. Come si comportava un bravo padre? Ripensò ad Odasaku. Lui era sempre stato buono, gentile e presente - Cosa che era anche lui, senza alcun dubbio nessuno avrebbe potuto dire non fosse presente nelle menti dei suoi orfanelli traumatizzati! Tuttavia, a quanto pareva, ciò non bastava. Ripensò quindi a Mori. Seguendo la sua guida, aveva cresciuto uno degli orfanelli traumatizzati a suon di insulti, punizioni, terrorismo psicologico, minacce di morte, omicidi, sangue e violenza, ed era uscito un figlio scemo. Dunque il metodo Mori era inefficace. Il figlio intelligente l'aveva cresciuto con parole d'incoraggiamento o presunte tali, gli era stato vicino, lo manipolava meno degli altri e lo shippava con il figlio scemo. Da questo ne conseguiva che il metodo migliore per allevare un orfanello traumatizzato non fosse essere cattivi ma essere relativamente premurosi.
Forte di questa riflessione sorprendente, tirò fuori il cellulare e cercò "Come essere un padre premuroso". In mezzo a svariati risultati in siti che conosceva e che nessuno dei suoi figli avrebbe mai dovuto vedere fino alla maggiore età (Circa quarantasette anni), trovò la sua risposta. Sorrise. Forse aveva trovato il modo di rendere Odasaku orgoglioso del suo lato genitoriale!
(In tutto ciò, che diamine avevano dato in tv...?)

*



Atsushi era molto confuso e si sentiva in pieno diritto di esserlo. Dazai si era presentato a casa sua e di Kyouka in piena notte - E fin qui nulla di strano. In un primo momento, entrambi avevano pensato fosse rimasto chiuso fuori dal suo appartamento, o che fosse così ubriaco o sotto funghi allucinogeni da aver scambiato la loro porta per quella del Port Mafia. La realtà era stata molto più incredibile, molto più inaspettata, molto più disturbante.
«Vuoi...» Aveva osservato Dazai accomodarsi su un cuscino posato a terra. «leggerci una fiaba?»
«Non proprio "leggerla".» L'ospite aveva alzato le mani, a mostrare come fossero vuote. «Ve la racconterò!»
Atsushi e Kyouka si erano scambiati uno sguardo confuso. Erano le due di notte, Dazai era nella camera principale, loro due erano in pigiama e dieci minuti dopo era arrivato Akutagawa.
«Akutagawa-senpai,» Higuchi, al suo fianco, aveva fissato Atsushi come se avesse voluto liquefarlo. «è sicuro, qui? Si tratta pur sempre di uno dei covi dell'Agenzia, e c'è la tigre mannara, e-»
«Dazai-sama-san mi ha convocato qui.» Lo sguardo dell'altro, invece, era rimasto fisso su Dazai. «Tu puoi andartene.»
«Ma senpai-»
«Lungi da me scacciare una sì bella fanciulla.» Dazai le aveva fatto un cenno dalla stanza, con un gran sorriso. «Ma per stanotte mi servono solo Atsushi, Kyouka e quello lì.»
Prima che Higuchi avesse potuto controbattere, alle sue spalle era apparsa una figura nera ed esile. La figura, una sorta di ninja, si era caricata Higuchi in spalla e, tra le sue urla, era sparita nel buio della notte. Akutagawa non aveva battuto ciglio.
«Sapevo sarebbe venuta anche la buona Higuchi.» Dazai aveva sospirato, quasi divertito. «Quindi ho contattato Gin-chan. Spero si divertano!» Nessuno gliel'aveva chiesto, ma era stato molto gentile a spiegare il suo piano. «Anche se...» Un dubbio. «Gin-chan è la sorella di Akutagawa-kun, ma io non l'ho adottata, quindi...?»
«Dazai-sama-san.» La voce di Akutagawa l'aveva distolto dai suoi pensieri. Akutagawa, in quei dieci secondi di riflessione, si era seduto davanti a lui, in seiza, rigidissimo. Atsushi l'aveva guardato bene, e aveva realizzato fosse in pigiama come loro. Dato che Kyouka aveva una graziosa camicia da notte rossa e Akutagawa un pigiama frilloso uscito dall'Ottocento, Atsushi si era sentito un po' in imbarazzo con il suo pigiama da scappato dall'ospedale psichiatrico.
«Perché mi avete convocato qui?» Akutagawa pose la domanda che si stavano facendo tutti i presenti. «E perché avete espressamente chiesto di venire in pigiama?»
«Ah, quello perché è più carino.» Dazai sventolò una mano. «Atsushi-kun, Kyouka-chan. Sedetevi vicino a coso, qui-»
«Mi chiamo Akutagawa...»
«-prendete pure i cuscini, se volete. Sarà una fiaba lunga.»
Ora. Non era strano che Dazai facesse cose bizzarre. Lui stesso era una delle sue vittime preferite. Ma, di solito, succedeva all'Agenzia, o durante qualche caso particolarmente intenso, non all'improvviso, di notte, e non in un sinistro moto di paternità.
«Come s'intitola la fiaba?» Kyouka parlò per la prima volta da quando Dazai aveva messo piede in casa. Si sentiva che era curiosa.
Dazai sollevò un dito, pancia in dietro e petto in fuori. «È una rivisitazione di Biancaneve
Gli occhi di Kyouka brillarono. Prese un cuscino e si sedette accanto ad Akutagawa. «Ascoltala anche tu.» Un mormorio, e il fantasma bianco apparve alle sue spalle. Giusto, si chiamava "Biancaneve". Kyouka doveva avere un rapporto bizzarro con quella fiaba.
Dato che due su tre erano seduti, Atsushi si arrese e si lasciò trascinare dall'ennesima idea bizzarra di Dazai. Supponeva che anche quella, come le altre, avrebbe trovato il suo senso strada facendo. «Ti piace Biancaneve, Kyouka-chan?»
Lei annuì, piano. «Sì. Però no. Però anche sì. Però anche no.» Ecco, appunto. «Però voglio sentire questa versione.»
Atsushi vide chiaramente Akutagawa alzare gli occhi al soffitto. Succedeva sempre, quando lui e Kyouka parlavano. Interrogato a riguardo, Akutagawa gli lanciava puntualmente un'occhiataccia peggiore del solito e se ne andava borbottando qualcosa. Ma, beh, Akutagawa era sempre stato abbastanza incomprensibile.
«Mi fa piacere, Kyouka-chan.» Dazai si portò una mano al petto. «Hai tutto il diritto di essere la mia nuora-cognata-figlia acquisita.» Che non ricominciasse con il suo albero genealogico assurdo, però. Akutagawa s'impegnò al massimo per trattenere un sospiro irritato, ma fallì.
«Dunque.» Il racconto stava per iniziare. Atsushi, Kyouka, Akutagawa, Demone Biancaneve e Rashomon si misero in ascolto. Atsushi sperò che anche la tigre fosse in ascolto, ché sennò sarebbe parso brutto.

*



C'era una volta, tanto tempo fa, un regno bellissimo, chiamato Iocoama. Il suo re era un sovrano buono e giusto e, grazie alla sua guida, Iocoama era diventato un paradiso in Terra. Il re era un bellissimo uomo dai capelli rossi, la voce gentile e una grave dipendenza dal curry, che offriva il suo aiuto a tutti gli orfanelli traumatizzati che incontrava. Si chiamava Odasaku, tutti lo amavano e nessuno mai avrebbe osato opporsi a lui.

«Il re si chiamava "Odasaku" come il tuo amico?» La domanda di Kyouka e la conseguente risposta affermativa di Dazai fecero comprendere ad Atsushi quanto quella fiaba sarebbe stata delirante.
Akutagawa aveva ridotto gli occhi a fessure. Ora che ricordava, lui aveva conosciuto questo fantomatico Odasaku, e Atsushi ebbe l'atroce dubbio fosse... geloso? In che rapporti erano stati, esattamente, Dazai e Odasaku?

Il re Odasaku era sposato con un individuo che più opposto di lui non si poteva: il re Ango era, per dirlo in termini gentili, una mignotta.

«C-Cosa?» Atsushi non riuscì a non commentare. Ango, invece, lo conosceva e non gli era sembrato così... così... Beh, se anche lo fosse stato - Ma avrebbe dovuto dirlo a voce bassissima -, non sarebbe stato ammiccante quanto Dazai stesso.
«Quello che ho detto.» Lo sguardo di Dazai era serissimo.

Il re Ango coltivava l'hobby del tradimento e soleva darla a tutti - La lealtà. Per questo, si può inconfutabilmente affermare che il re Ango fosse una mignotta.

«D-D'accordo...» Atsushi sforzò un sorriso. «Andiamo avanti, eh?» Era stupido da pensare, ma non voleva che Kyouka sentisse discorsi simili. Kyouka, dal canto suo, non sembrava minimamente toccata dalla cosa - O forse sì, dato il suo sopracciglio alzato di mezzo millimetro.

Un giorno, il bellissimo, buonissimo, gentilissimo e giustissimo re Odasaku e quella gran mignotta del re Ango-

«Dazai-san, forse è il caso di smetterla-»
«Sono epiteti, Atsushi-kun.» Dazai era certissimo di ciò che diceva. «Servono per aiutare il pubblico a ricordare i vari personaggi.»
«Smettila di interrompere Dazai-sama-san e ascolta.» Alla fine, anche Akutagawa aveva parlato.
Atsushi sospirò. "Ango-san, non la conosco bene, ma perdoni Dazai-san, per favore."

Ebbero un figlio.

«E come?»
«Jinko.»
Non gli piaceva ammetterlo, ma stavolta Akutagawa aveva ragione.
«Ah, ma è possibile, eh.» Kyouka parlò, d'un tratto.
"... Eh?" Atsushi la guardò e notò Akutagawa fare altrettanto. Qualcosa gli diceva che il suo sguardo turbato fosse uno specchio del suo.
Kyouka era impassibile. Il suo sguardo andò prima ad uno, poi all'altro. «L'ho letto su Internet. Praticamente, ci sono degli uomini chiamati "omega" che-»
«Miei cari ragazzi.» La voce gentile di Dazai faceva paurissima. «Lo saprete quando sarete più grandi.»
Kyouka tacque. Atsushi scambiò con Akutagawa uno sguardo di puro terrore. Si sarebbe dovuto far spiegare da Kyouka quella storia degli omega, ché tutte le sue convinzioni biologiche erano sul punto di crollare. Akutagawa doveva pensare lo stesso - Avrebbe osato dire, dal suo colorito prossimo al (più) cadaverico (del solito), fosse anche più inquieto di lui, per qualche motivo.

Il bambino fu la concretizzazione di un desiderio che il buonissimo re Odasaku aveva espresso tempo addietro: avrebbe voluto avere un figlio bianco come la neve, nero come l'ebano e rosso come il sangue. L'idea gli era venuta dopo aver visto dei cadaveri spiaccicati da dei mobili d'ebano sulla neve.

"Che razza di storia orribile è?"
Ma né Kyouka né Akutagawa ebbero la minima reazione. Nessuno parve neppure essersi accorto che gli epiteti, in teoria ricorrenti, erano diversi. Atsushi decise di tacere.

Il bambino era proprio come lo splendidissimo re Odasaku l'aveva desiderato: aveva dei morbidi capelli mossi e neri come l'ebano, la pelle bianca come la neve e delle splendide labbra rosse come il sangue. La principessa-

«Ma non è un maschio?»
«Jinko.»
«Tutti possono essere delle bellissime principesse.» Lo sguardo di Kyouka lo colpì al cuore e Atsushi, che aveva solo posto una domanda innocente, si sentì una persona orribile. Forse lo era davvero, dato che continuava ad interrompere Dazai mentre Kyouka e Akutagawa erano presi dalla sua fiaba. Dato che l'altro aveva ripreso, mise da parte l'autocompatimento, appuntandosi di dover piangere almeno un paio d'ore.

-si chiamava-

«Biancaneve?»
Era stata Kyouka ad interromperlo. Aveva abbracciato il cuscino e gli occhi le brillavano. Dato che era carinissima, nessuno meditò di abbatterla.
«No.» Dazai sorrise.

La principessa si chiamava Osamu.

«Ah.»
«Oh.»
«Mh.»
Sì. Quella fiaba si prospettava delirante.

Il buonissimo, fighissimo e levissimo re Odasaku crebbe la principessa Osamu con tutti i giusti valori che un padre buono e premuroso può insegnare alla luce dei suoi occhi, il suo unico figlio. Per quanti ne avesse aiutati e adottati, infatti, il re Odasaku amava davvero solo la principessa Osamu, che era assolutamente il suo preferito e lo adorava tantissimo. Un giorno, un triste, infausto giorno, il buono e giusto re Odasaku, la luce di Iocoama, il motore immobile che muove il sole e l'altre stelle, il nucleo dell'esistenza, la perfezione assoluta, morì.

«Oh.» Kyouka strinse il cuscino. Demone Biancaneve le fece patpat su una spalla.
Atsushi avrebbe voluto confortarla, ma gli era tornato in mente il direttore dell'orfanotrofio ed era in pieno flashback, quindi sarebbe tornato alla realtà solo di lì a qualche minuto.

Poco tempo dopo il funerale del buono, giusto e amatissimo re Odasaku, quella gran mignotta del re Ango si risposò. Dato che ormai l'aveva data a tutti - La lealtà -, era opinione comune che non potesse raggiungere fondo più basso di così. Quasi a voler sfidare simili dicerie, il re Ango tirò fuori un piccone e iniziò a scavare. Scava scava, finì nelle fogne e lì incontrò quello che sarebbe diventato il suo successivo marito - Colui che, sposandolo, avrebbe avuto in pugno Iocoama, e il destino del povero, dolce e innocente principessa Osamu: il re Ango sposò il Diavolo in persona, il male incarnato in un ratto di fogna. Il suo nome era Fedoro.

Atsushi non era troppo certissimo di voler proseguire l'ascolto di quella fiaba. Però Rashomon era riapparso - Quando se n'era andato? - con dei pacchetti di patatine e pop corn e Atsushi suppose di poter rimanere un altro po'. Anche solo per riuscire a prenderli, i pacchetti, dato che per qualche motivo Rashomon continuava a sfilarglieli da sotto il naso.

Il perfido Fedoro s'insediò nel castello insieme al suo harem di gnocchi psicolabili dai lunghi capelli bianchi.

Voleva davvero proseguire l'ascolto di quella fiaba, anche con i pacchetti di pop corn scivolosi come saponette? Kyouka e Akutagawa sembravano presissimi, che figura ci avrebbe fatto nel tirarsi indietro? Ma la domanda era anche: a che rating era quella fiaba? Il dubbio era legittimo, tra mignotte e harem.

Fatto ciò, fece anche una cosa comprensibile: si sbarazzò del suo nuovo marito.
«Pensavo l'avresti buttato giù dalla torre, o che l'avresti sgozzato, o non lo so...» Osamu mise il broncio. «Qualcosa di più cruento, con tanto sangue? E invece l'hai seriamente fatto mettere in prigione contaminando tutte le prove e facendo sembrare che il pazzo psicopatico che hackera dalle fogne e idea piani cannibalistici e poco chiari fosse lui?»
«... Sì, se lo sai, perché hai riepilogato tutto?»
«Perché, nonostante tutto, hai tolto di torno quella mignotta del re Ango.» Osamu annuì. «Provo un barlume di rispetto nei tuoi confronti.»
«Mh.» Fedoro era visibilmente confuso. «Però io ti voglio morto.»
«Anch'io, cosa credi?»
«Ah, scusa.» Il malvagio re battè le mani, sulla faccia un'espressione storditissima. «Allora ti uccido appena mi viene in mente qualcosa.»
«Okay!»
«Comunque, ora sei sotto la mia totale ed esclusiva tutela. Sei schiavizzato fino a data da destinarsi.»
«Non volevi uccidermi?»
«La data da destinarsi combacia con quella della tua morte, e non so con esattezza quando sarà.»
«Oh, capisco.» Osamu trasse un respiro profondo. «Povero me!» Si portò una mano alla fronte. «Schiavizzato nella mia stessa casa! Quale terribile compito mi darà la mia perfida matrigna, ora che niente può più ostacolarla?»
«Matrigna...?» Il malvagio re Fedoro borbottò, ma decise di far finta di nulla. «Inizia andando a lavare le scale dell'ala ovest, ché ci sono già inciampati in tre.»
«Le scale dell'ala ovest?» Osamu era indignato. «Tutto da solo? Cosa ho fatto per meritarmi sì crudele compito?»
«Li hai ammazzati tu. È colpa tua se le scale sono piene di sangue. Pulisce chi ha sporcato e, visto che quelle spie sono morte, pulisci tu.»
Povera, povera principessa! Costretto a far da servo alla sua stessa famiglia, nella sua stessa dimora!


«Però il malvagio re Fedoro ha ragione.» Kyouka era dubbiosa. «Pulisce chi ha sporcato. Me lo dicevano sempre anche mamma e mamma Koyou!»
«A-» Akutagawa sembrava faticare a parlare. Forse perché doveva far notare un dettaglio che a Dazai non sarebbe piaciuto. «A-Anche a me avete detto di pulire, quando sporco di sangue dopo aver uccis-»
«Koyou è una pessima madre.» Dazai fu lapidario. «E io non ricordo di aver mai detto nulla di ciò, Akutagawa-kun.»
Atsushi quasi lo compatì. Non ne ebbe troppo tempo, però, perché Dazai si rivolse a lui. «Ti ho mai detto nulla del genere, Atsushi-kun?»
Era alquanto sicuro che Akutagawa avesse ragione, ma era anche vero che Dazai non aveva mai detto nulla del genere a lui. «È-» Deglutì. Lo sguardo di Dazai faceva paurissima. «È Kunikida-san a dirci di pulire.» Gli sfuggì una risata nervosa. «Q-Quando sbricioliamo, o cade il caffè, n-no?»
Dazai annuì. «Esatto, Atsushi-kun.» Molta paurissima. «La principessa Osamu ha ragione, vero?»
«Tantissimo.»
«Bravo, Atsushi-kun. Sapevo di poter contare su di te.»
Con la coda dell'occhio, Atsushi notò Rashomon fare patpat ad Akutagawa. Forse, ora che aveva salva la vita, poteva concedersi di compatirlo.

Il perfido e schiavista re Fedoro aveva nelle sue stanze uno specchio magico. In realtà, lo specchio era normalissimo, ma dentro c'era uno degli esemplari migliori del suo harem. Teoricamente, il malvagio re Fedoro interrogava lo specchio su questioni esistenziali o di poco conto, e lo specchio gli rispondeva dicendo sempre la verità. In pratica, però...
«Quiz time!» Il bell'uomo nello specchio, tal Nicola, parlava con voce squillante. «Chi la fa la fa per venderla, chi la compra non la usa, chi la usa non la paga. Cos'è?»
«La bara.» Il malvagio re Fedoro rispose con tono piatto.
«Esatto!» Nicola fece il segno della vittoria. «Quiz time! La seppellisci da bambina, povera piccina, la dissotterri tutta storta quand'è già bell'e morta. Chi è?»
«La pianta.» Il malvagio re Fedoro rispose con tono piatto.
«Esatto!» Qualcosa esplose nello specchio in modo molto scenografico, ma tanto era oltre lo specchio, quindi al malvagio re Fedoro non importò granché. «Quiz time!» Nicola tornò all'attacco. «Entri in una stanza con sessantanove persone. Un assassino entra e ne uccide sessanta. Quante persone sono rimaste nella stanza?»
«Settantuno.» Il malvagio re Fedoro non battè ciglio. «Non hai specificato "vive", quindi sono le sessantanove iniziali, più l'assassino, più me.»
«Esatto!» Nicola si portò le mani alle guance e sospirò, estasiato. Alle sue spalle, urla, fiamme e distruzione. «Vuoi chiedermi qualcosa, Dos?»
«In realtà no, volevo solo distrarmi mentre pensavo a come uccidere la principessa Osamu.»
«Che onore, Dos! È lo stesso per me, mentre penso a come uccidere te!»
Il malvagio re Fedoro parlò dopo un secondo. «Certo.»


«Che storia piena d'amore.» Atsushi si era arreso. Era persino riuscito ad impossessarsi di un pacchetto di patatine, quindi si sentiva molto potente.
«Vero.» Kyouka annuì. Lei aveva un pacchetto di pop corn.
Akutagawa rimase in silenzio, lo sguardo fisso su Dazai.
Dazai, dal suo canto suo, fece un sorriso immenso, da un orecchio all'altro. «Assolutamente sì, miei cari! Dovete sapere, infatti, che la principessa era innamorata!»
Atsushi era sicuro che anche gli altri due avessero il suo stesso sospetto. Di nuovo, temette per il rating della storia.

Mentre il perfido re Fedoro s'intratteneva con il suo specchio, la principessa Osamu non si piegava alle sue angherie e si rifiutava strenuamente di fare da servo in casa propria.

Chissà perché, Atsushi non ne fu minimamente stupito. Nessuno osò commentare a voce.

Aveva dunque deciso di trascorrere le giornate in modo più fruttuoso, studiando il confine tra la vita e la morte. Un bel giorno, la principessa cercò di impiccarsi al pozzo.

"Ecco, appunto."

Già si pensava come la bambina di The Ring, e si chiedeva come ci stesse con i capelli lunghi e la pelle da affogato. Tuttavia, la forza di gravità era più forte della resistenza della corda, quindi la bellissima principessa precipitò nel pozzo e atterrò illeso. Dato che ci avrebbe messo sette giorni a morire di stenti e dato che sarebbero stati sette giorni di dolore, la principessa cercò di risalire il pozzo. Ahimè, le pareti erano lisce, e la principessa sembrava spacciata!
«Ohi!» Dall'alto del pozzo si levò una voce. «Ma sei la principessa Osamu?»
«Sì, baldo cavaliere! Sono caduto nel pozzo e non riesco ad uscire!»
«... Ma sei serio?»
Osamu era serissimo e, nonostante le perplessità della voce dall'alto, si sentì arrivare in testa il salvifico secchio del pozzo. Quando finalmente riemerse alla luce, con un grosso bernoccolo in testa, la principessa potè vedere il suo salvatore: era il principe del Regno Vicino!


«Oh!» Kyouka emise un verso di sorpresa. Sembrava davvero coinvolta. Akutagawa era una maschera di granito. Atsushi ebbe paura del seguito.

O meglio, vide il principe, sì, ma ci mise un po': il principe del Regno Vicino, infatti, era così piccolo, ma così piccolo, che era indistinguibile dalle formichine che portavano le briciole nel formicaio. Nonostante la sua statura lillipuziana, il principe era di una bellezza sconvolgente. Aveva i capelli ginger e gli occhi azzurri - Come la pietra che ho qui sul cravattino, vedete? Questo colore uguale! -, portava sempre un cappello stupido e la sua sola presenza sembrava alterare le G, le m, le d e la matematica tutta. Che fossero le conseguenze dell'amore?

«Come si chiamava il principe del Regno Vicino?» chiese Kyouka. Atsushi era certissimo che il suo nome iniziasse con "ch" e finisse con "a".
Dazai rispose, calmissimo. «Chiocciola.»
"Cos-"

Il principe si chiamava Chiocciola, perché era piccolo come una lumaca.

Atsushi si ricordò di essersi arreso, quindi non fece domande - Soprattutto perché era certo se ne sarebbe pentito, e c'era un limite a quanto volesse volontariamente farsi del male.

La principessa Osamu e il principe Chiocciola s'incontrarono lì, al pozzo. E ora un segreto incanto svelerò: ogni desiderio può il pozzo soddisfar! E, visto che il principe Chiocciola era rimasto abbagliato dallo splendore della principessa Osamu, si gettò ai suoi piedi.
«Senti con quanto amore» Aveva le mani giunte e gli occhi ardenti di passione. «questo mio cuore batte per te!»
La principessa sarebbe dovuta fuggire per pudicizia, ma la principessa non era certo scema, quindi accettò le profferte del principe e i due fecero sess-


«Sessantotto flessioni!» Atsushi afferrò la mano di Kyouka, la voce a decibel da stadio. «Decisero di tenersi in forma facendo sessantotto flessioni! Di fila!»
Ecco, lo sapeva che non ci si poteva fidare di Dazai! Prima faceva tutto il premuroso e poi, a tradimento, rifilava-
«Sì, Atsushi-kun ha ragione.» Dazai annuì. «Fecero molte flessioni.»
Kyouka aggrottò la fronte. «... Cioè fecero sess-»
«Sessantotto flessioni!»
Akutagawa non parlò. Sembrava un opossum davanti ai fari di un'auto in corsa.

Il principe Chiocciola era completamente rapito dalla principessa Osamu. Non sarebbe più stato in grado di vivere senza di lui, lui che era così bello, bravo e intelligente!
«Incontrarti mi ha fatto capire quanto mi sbagliassi su me stesso.» confidò il principe. Aveva le guance rosse e un'espressione tenera e indifesa nel suo palese imbarazzo. «Non ho mai incontrato qualcuno così bello, così bravo e così intelligente! Neppure io potrei mai essere al tuo livello, principessa Osamu!» Evitava il suo sguardo, troppo intimorito da qualcuno di così superiore.


Atsushi aveva i suoi sentitissimi dubbi sul fatto che un simile dialogo potesse aver luogo. Nondimeno, Dazai aveva dei seri problemi ottici.

«Quando ci sposeremo,» La voce del principe Chiocciola era diventata piccina come lui. «ti donerò il mio regno, perché tu di certo sapresti guidarlo meglio di me, e io mi rimetterò completamente al tuo dominio assoluto!»

D'accordo, la situazione stava degenerando. «Quiiiiindi» Atsushi osò prendere la parola. «cosa successe, dopo, con il perfido re Fedoro?»

«Principe Chiocciola.» La principessa Osamu guardò verso l'orizzonte. Il principe Chiocciola faticava a sostenere la sua visione, tanto era bello e perfetto. «Purtroppo il perfido re Fedoro farà di tutto per impedirmi di sposarti. Non perché abbia qualcosa contro di noi, è che vuole uccidermi.»
«Oh!» Il principe Chiocciola, che si era alzato poco prima, cadde di nuovo in ginocchio, ma non è che ci fosse molta differenza. «Che destino crudele! Non potrei mai tollerare che una principessa così bella, perfetta, intelligente e dea del sess-»


«Kyouka.»
«Mh?»
«Hai il numero di Nakahara-san?»
Kyouka assunse un'espressione dispiaciuta. «Il mio cellulare è inutilizzabile, ce l'avevo registrato lì. Dato che non ho mai avuto bisogno di chiamarlo, non ho mai memorizzato il suo numero.»
Atsushi serrò le labbra. Guardò oltre lei. «E tu, Akutagawa?»
Akutagawa era prossimo al sudare freddo. «No. Nessuno chiama Chuuya-san, non si suppone abbia screentime.» Anche questo era vero.
Eppure ne andava della loro già provata sanità mentale, dovevano chiamare il diretto interessato per bloccare quella valanga di out of character e fantasie perverse!
«Aspetta.» Kyouka si avvicinò ad Atsushi. «Ricordo il numero di mamma Koyou. Lei avrà sicuramente il numero di Chuuya-san!»
Una luce in fondo al tunnel. «Presto, dimmelo!»

«Affronterò questo pericolo da solo. Come ho sempre fatto.»
«Principessa Osamu!»
«Principe Chiocciola!»
«Oh, principessa Osamu, se tu non ci fossi più il mondo perderebbe la mente più brillante e il volto più splendente che-»


«Nakahara-san? Sono Atsushi. Koyou-san mi ha dato il suo numero. Cioè, ci ha parlato Kyouka-chan, ma- Sì, in effetti c'entra Dazai-san, come l'ha capito? No, non siamo in pericolo.» Alzò lo sguardo su Kyouka e Akutagawa. «Siamo in pericolo?»
«Io voglio sapere come continua la storia.» Kyouka mise un broncio adorabile.
Akutagawa fece un solo commento, secco. «È il mio stomaco ad essere in pericolo.»
«Dai, Akutagawa...» Atsushi cercò di essere conciliante. «Lo sai che Dazai-san si lascia sempre un po' andare... Ah, Nakahara-san? Sì, Dazai sta fantasticando e- Sì. Sì. Sì, c'entra anche lei. Oh. No, Nakahara-san, non-»
Dazai parve tornare al loro piano dimensionale. «Ha chiamato qualcuno?»
Atsushi s'impedì di sobbalzare. «Ehm. Creditori.»
«Assassini travestiti da venditori di aspirapolvere.»
«Assassini travestiti da truffatori.»
Atsushi, Kyouka e Akutagawa si scambiarono uno sguardo indecifrabile. Non era stata esattamente una grande prova di sincronia.
«Oh.» Un sorriso un po' strano. Dazai parlò dopo qualche secondo. «No, è che mi era sembrato di sentire la voce celestiale di una oujo-sama molto piccola.» Alzò le spalle. «L'avrò immaginato. Anche se non saprei perché, dato che non si sta parlando di questa persona.»
Atsushi non disse nulla. Nakahara, finito di urlare così tanto che probabilmente Dazai l'aveva sentito dalla finestra più che dal cellulare, gli disse invece qualcosa e riattaccò. Atsushi chiuse la chiamata. Quando Dazai riprese la sua bellissima fiaba, si accostò ai suoi compagni di sventure. «Nakahara-san ha detto che, al momento, non può fare niente. Ha una quota di screentime da rispettare, quindi potrà agire solo quando Dazai-san sarà off-screen
«Mh.» Nonostante tutto, Kyouka e Akutagawa riuscivano ad essere in sincrono e, per qualche motivo, ad Atsushi non piacque per niente.

Ma sarete curiosi di sapere cosa successe alla principessa Osamu, dopo tanti, lunghi e intensi incontri appassionati con il principe Chiocciola. Ebbene, finalmente, il perfido re Fedoro fece la sua mossa. Ci mise un po' perché temeva di incorrere nelle ire del principe Chiocciola, che era molto piccolo ma era anche un dio sceso in terra, e caso aveva voluto che fosse il dio della gravità e delle calamità.

Forse era così, ma Atsushi sospettava che il perfido re Fedoro fosse semplicemente inorridito dall'idea di trovare la principessa e il principe in pieno incontro appassionato.

«Nicola, Nicola, tra i pochi che ascolta la mia parola, chi è il più intelligente, Grimilde o Cenerentola?»
Nicola, dall'altra parte dello specchio, alzò le spalle e le mani e sorrise. «Non ne ho idea, né me ne frega granché, Dos! Tra l'altro, l'accento di "Cenerentola" è diverso da quello di "Nicola" e "parola", quindi non fa davvero rima.»
Il malvagio re Fedoro gli diede una lunga, lunghissima occhiata. Alla fine, dovette decidere che Nicola era troppo bello per spaccarlo a metà. «La principessa Osamu è potenzialmente immortale, ed è troppo astuto per cadere in un tranello. Soprattutto, l'intero regno lo teme e nessuno avrebbe il coraggio di arrestarlo o fargli un processo, neppure uno farlocco.»
«Dunque cosa vuoi fare?»
«Fargli avere un tragico incidente che lo levi di torno.» Davanti al perfido re stavano svariate campanelle. Era con esse che egli richiamava i componenti del suo harem. Ne prese una e la suonò. «Ma non sarò io a macchiarmi del suo sangue.»
«Non hai detto che è potenzialmente immortale?»
«Sì, e temo sopravvivrà, ma spero perda almeno qualche litro di sangue.»


Al di là del chiedersi cosa c'entrasse Cenerentola, Atsushi sperò che Dazai non si lanciasse in descrizioni dell'harem o qualcosa del genere, perché erano solo all'inizio della storia e gli sembrava di starla ascoltando da settantadue ore.
Con sua somma sorpresa, Dazai non proseguì. Fece una faccia pensosa e, dopo qualche secondo, disse: «Scusate un attimo.». Prese il cellulare, il dito si muoveva come a scorrere una ricerca, poi battè sullo schermo. Portò il cellulare all'orecchio. Chi stava chiamando?
«Ma ciaaaaaaao, contento di sentirmi?» Chiunque fosse, Dazai era pericolosamente in sollucchero. «Seeenti, mi serve una cosa. Niente di grave, sto solo raccontando una fiaba, non devo vendere informazioni a nessuno - E no, non è un messaggio in codice. Sì, sto raccontando una fiaba, ti interessa? È una rivisitazione di Biancaneve. Ecco, dicevo, com'è che si chiamava il tizio che ti veniva dietro?» Orribile presentimento. «Mh, sì, devo ammettere che è un po' poco. Dunque, vediamo un po'...» Dazai si battè l'indice sulla guancia. «Lunghi capelli bianchi, che pendeva dalle tue labbra... Oh, giusto, ancora troppo poco. Uhm... Dai, quello del Cannibalismo!»
Atsushi si schiaffò una mano sulla faccia.
«No~o!» Dazai cantilenò, un po' indispettito. «Quello era l'altro! Non dico quello col virus, l'altro! Sì, sì, ti assicuro che 'sto tizio che hai appena nominato è quello del virus. Dai, l'altro, quello che Atsushi-kun e Akutagawa-kun hanno fatto scoppiare con una trottola gay.»
Akutagawa schiumò e cadde all'indietro. Rashomon fu coinvolto nella caduta e rimase schiacciato sotto la sua schiena. Atsushi era troppo impegnato ad andare a fuoco per soccorrerlo - se Akutagawa o Rashomon, difficile a dirsi. Kyouka, invece, aveva assottigliato lo sguardo e aveva preso a mangiare i pop corn con lentezza ridicola, lo sguardo gelido piantato sul corpo esanime di Akutagawa.
«Sì, però non arrivare con questi nomi strani, eh.» Dazai non sembrava essersi accorto di nulla. «"Goncio", lì, è troppo difficile. Non ce l'aveva un nome? Ah, "Ivano"! Okay, perfetto.» Sorrise. «Grazie grazie, ciao ciao, Dostoevskij!» Riagganciò. Guardò lo sterminio davanti a sé. Tempo qualche secondo, Akutagawa recuperò i sensi, Rashomon tornò alla vita e Atsushi placò la lava sulle guance. Kyouka continuava a masticare lentamente.

Il perfido re Fedoro aveva convocato Goncio Ivano, detto semplicemente Ivano. Gli dette un ordine ben preciso e sapeva che Ivano avrebbe fatto di tutto per portarlo a termine. Ivano, infatti, non era il più bell'esemplare dell'harem del malvagio re, ma era senz'altro quello più appassionato.

«Qual era il piano del perfido re Fedoro?» Atsushi prese la parola, prima che la situazione degenerasse di nuovo.
«Ora ve lo dico, che impazienza.» Dazai parve rifletterci. «Questa è una frase che la principessa dice spesso anche al principe-»
«Il piano!»
«Sì, sì, il piano.»

«Principessa Osamu.»
«E tu chi diavolo saresti?» La principessa Osamu squadrò lo strano individuo dall'alto in basso. Era palesemente uno psicopatico, aveva i capelli lunghi e aveva i capelli bianchi, quindi era ovvio si trattasse di un accolito del perfido re Fedoro. La mente superiore della principessa gli fece comprendere fosse lì per ucciderlo, e ne fu un po' deluso - Il re non voleva ucciderlo di persona? Che insulto!
Ivano si presentò, ma il suo nome era impronunciabile, quindi alla principessa non importò. «Sono qui perché mi è stato riferito che è vostro desiderio andare a cogliere cicuta e aconito.»
«Non ho mai detto di voler- Aspetta, hai detto cicuta e aconito?»
«Sì, maestà.»
«Interessante. Portami al campo di cicuta e aconito, losco giovane dai gusti discutibili!»
«Con piacere, principessa.»
«E porta anche tutto il necessario per fare una bella tisana!»
«Che sarebbe...?»
«Cielo, non ti sei mai fatto una tisana? Beh, vista la faccia, avrei dovuto sospettarlo. Allora, devi prendere un fornelletto da campo, dell'acqua, un bollitore- Ah, ovviamente dovrai portare tutto tu, perché io sono una principessa, e ti dirò come si fanno le tisane - E ne proverò altre prima di farne una alla cicuta e all'aconito, non mi va di morire con una tisana fatta male, e- Ma mi stai ascoltando?»
«Guardate, principessa!» Ivano indicò una nuvola. «Una stella cadente che urla il vostro nome!»
«Oh!» La principessa guardò in alto. «Che sia il principe Chiocciola?»
Parlando e parlando, Ivano e la principessa si erano incamminati. L'assenza di un bollitore avrebbe dovuto insospettire la principessa, ma lui era così su di giri per i preparativi e così colmo d'amore che non si accorse di essere finito sul ciglio di un burrone. Così, Ivano lo spinse di sotto.


Era crudele da pensare, ma Atsushi non se la sentì troppo di biasimare Ivano.

La principessa precipitò ma, sfortunatamente, al di sotto c'era un lago profondissimo con le acque mosse, quindi atterrò e non si fece niente. In fondo, forse, era meglio così: morire a causa di un tirapiedi qualunque? Non era certo una morte degna di una principessa!
Nuota nuota, la principessa uscì dalle acque come la Venere di Botticelli, ma non ci fu nessuno a rimirare la sua fulgida bellezza. Così, Osamu s'incamminò nel bosco popolato dalle creature più selvagge. Alla sua vista, le bestie feroci lo lasciavano passare, gli insetti si spostavano al suo cammino e gli alberi sembravano quasi inchinarsi a lui.


«Perché hanno riconosciuto la sua bontà?» La domanda di Kyouka era colma di tenera ingenuità.
Anche Dazai sorrise, nel sentirla. «No, perché ne avevano paura.»
Ma perché chiedeva. Anche Kyouka doveva essere giunta alla stessa conclusione.

Finalmente, la principessa Osamu uscì dal bosco infestato. Era stato grazie al suo eloquio e alla sua capacità di convincimento che aveva estratto le indicazioni per l'uscita dalle bocche rantolanti di chi aveva commesso l'errore di avvicinarglisi.

Meno male che il re Odasaku gli aveva insegnato cose belle!

Fu così che la principessa arrivò ad una graziosa casetta. Era palesemente una casetta abusiva e tirata su alla bell'e meglio con materiali di scarto, quindi la trovò molto accogliente. Al suo interno, c'era un tavolino con tre sedioline, e una stanzetta con tre lettini, e una dispensa con tre bicchierini.

«Ma i nani non erano sette?» Kyouka diede voce anche al suo dubbio. Da come Akutagawa l'aveva guardata, probabilmente se lo stava chiedendo anche lui.
«Anche qui erano sette.» spiegò Dazai: «Ma quattro sono stati sacrificati ai Grandi Antichi, quindi ce ne sono solo tre.»
Perché continuavano a fare domande di cui non volevano davvero la risposta?

«Ho proprio fame!» esclamò la principessa Osamu. Dato che nessuno aveva fatto la spesa, però, non potè mangiare niente. Era proprio una fortuna che avesse sempre con sé delle scatolette di granchio - Granchio che, se guardate bene, può ricordare le sembianze del principe Chiocciola, se vi è ben chiaro dalla mia descrizione come-

«La principessa Osamu è davvero ossessionata dal principe Chiocciola.» Kyouka non riuscì a trattenersi. Atsushi la ringraziò di aver parlato perché, se l'avesse detto lui, era certo avrebbe sperimentato qualche minuto del metodo di allevamento con cui Dazai aveva tirato su Akutagawa.
«Non esattamente. È che lo odia, quindi passa molto tempo a pensare a come dargli fastidio.» Di certo, nella mente di Dazai, quella frase aveva un senso. Atsushi si rifiutò anche solo di provare a capire, soprattutto perché fino a un minuto prima si parlava di amore e innamorati.

Usando le tre forchettine sul tavolino, la principessa mangiò il suo granchio. Usò tutte e tre le forchettine perché le aveva infilzate nella scatoletta e le usò per mangiare il granchio come un gelato. Poi bevve da tutti e tre i bicchierini - Perché non gli andava di riempirsi ogni volta il bicchiere, che aveva una capacità molto scarsa - e, colta dal sonno, andò a sdraiarsi in diagonale sui tre lettini, occupandoli tutti e tre.

"La principessa è una persona orribile." Non era bello pensare male, ma Atsushi era certo che un simile pensiero avesse attraversato anche le menti degli altri due.

Qualche ora dopo, i tre proprietari della casetta tornarono. Erano tre bambini, due molto carini e uno un po' meno, piccoli piccoli, praticamente dei nani, ma comunque più grandi del principe Chiocciola. Uno era un nekomimi tenero e carino, uno non era mai uscito dalla sua fase edgy-goth e aveva i capelli bianchi e neri come Crudelia De Mon e la terza era l'unica fanciulla, una bambina molto carina vestita con un kimono rosso. I loro nomi erano Sushi, Aringa e Jocca.

«Aringa...?»
«Cos'è uno Jocca...?»
Atsushi non si fece domande. In fondo al cuore, aveva sempre saputo di essere un sushi.
«Se per Dazai-sama-san sono un'aringa» Akutagawa aveva gli occhi spalancati, la voce ridotta ad un mormorio. «possa io trasformarmi in un'aringa!»
«Sì, ma cos'è uno Jocca?»
L'aringa e il sushi erano pesci. Dazai non si smentiva mai. Un'altra frecciata al suo desiderio di vederli maritati, in barba al suo aver già chiesto a Koyou la mano di Kyouka.
«Qualcuno mi dice cos'è uno Jocca?»

Il dolce Sushi fu il primo ad accorgersi di qualcosa di diverso, nella loro casetta. «Qualcuno è entrato nella nostra casetta!»
«Qualcuno ha usato le nostre forchettine.» La voce della piccola Jocca era fredda, mentre estraeva il pugnale. «Pagherà con la vita questo affronto.»
«Qualcuno ha usato i nostri bicchierini.» Il cupo Aringa fece eco alla più piccola, mentre evocava un demone infernale divora-spazio. «Le sue interiora tingeranno le pareti di questa casa.»
«Eccolo!» Il dolce Sushi richiamò i due compagni. «L'intruso sta dormendo nei nostri lettini!»
Gli sguardi della piccola Jocca e del cupo Aringa si affilarono.


«Ma» Nonostante l'incredibile ed inaspettato in character della situazione, Atsushi dovette interrompere Dazai. «il dolce Sushi non prova a fermare i suoi compagni?»
«E perché mai dovrebbe? La principessa è un intruso, e come tale va eliminato.»
«Ora smettila di fare domande stupide, jinko.» Se Akutagawa fosse intervenuto per dare man forte a Dazai o perché convinto o perché desideroso di continuare quella fiaba delirante, Atsushi non lo sapeva, ma sospettava fossero tutte e tre le cose contemporaneamente.
«Atsushi, mi dai il tuo cellulare, per favore?»
Si voltò verso Kyouka. «Uhm, certo, ma perché?»
«Devo scoprire cos'è uno Jocca.»

Quando i tre bambini arrivarono dalla principessa, rimasero senza parole.
«Com'è bella!» esclamò Aringa, incantato.
«Com'è dolce!» intuì Jocca, empatica.
«Com'è gentile!» Sushi era quasi sull'orlo delle lacrime. «Ci ha benedetto con la sua presenza!»


Atsushi ritirò immediatamente qualsiasi commento sull'in character dei personaggi. Forse giusto Aringa si salvava.
«Dunque è un formaggio...» Kyouka borbottava tra sé e sé, lo sguardo allo schermo del cellulare.

La principessa si risvegliò. Era difficile dormire, con tutta quella confusione. Così, incontrò tre piccoli sguardi incuriositi.
«Oh, dovete essere i proprietari della casetta.» La principessa lo capì subito grazie alla sua intelligenza superiore. «Bentornati, io sono la principessa Osamu.»
«La principessa Osamu?!»
«Ecco perché era così bella, dolce e gentile! È indubbiamente frutto dei saggi insegnamenti del buon re Odasaku!»
«Oh, re Odasaku, quanto ci manchi! Sia sempre maledetto il re Ango! Sia eternamente maledetto il malvagio re Fedoro!»


Un punto forte di quel racconto era senza ombra di dubbio il realismo dei dialoghi.

«E voi chi siete, piccoli nani?»
«Non siamo nani, siamo bambini!»
«Perdonatemi, non sono pratico di bambini. Quelli adottati dal re Odasaku li ho spediti in miniera e sono anni che non li vedo.»


«Cosa?»
«Beh,» Dazai piegò appena la testa. «non c'era più posto per loro a palazzo, che almeno si rendessero utili!»
Atsushi non volle sapere altro.

«Tu sei un gatto, vero, bambino?»
«Sono una tigre! Mi chiamo Sushi!»
La principessa trovò molto divertente che ci fosse un gatto di nome sushi e già gli stette simpatico. Anche gli altri due si presentarono e tutti divennero subito grandi amici.


C'era il leggero sospetto, visiblmente non sfuggito ad Akutagawa, che Dazai facesse dei favoritismi. Atsushi cercò di far finta di nulla e ignorò lo sguardo-lastra dell'altro.

«Dunque siete in fuga dal perfido re Fedoro.» riepilogò la piccola Jocca.
«Sì, e ora mi nasconderò qui.» La principessa aveva già deciso. Quella casa gli piaceva e anche i tre bambini non erano male.
«Cucinerai, pulirai e baderai alla casa, in cambio?»
La principessa Osamu guardò il piccolo e dolce Sushi. Scoppiò a ridere. «Assolutamente no!»
Fu così che iniziò la convivenza della principessa e dei tre bambini.


"Poveri bambini."

Di giorno, i tre si allontanavano per sventare il crimine da qualche parte che a noi non interessa.

«Anche Aringa?» chiese Atsushi.
Dazai annuì, con fare grave. «Sì. Anche Aringa.»
Akutagawa rimuginò su quelle parole.

E la sera tornavano a casa, distrutti nell'animo e nel fisico. Dovevano poi occuparsi del cibo e delle pulizie, perché di certo una principessa non va a fare il servo in casa sua, figurarsi in casa d'altri!

"POVERI BAMBINI."

Nel frattempo, a palazzo, Ivano aveva informato il perfido re Fedoro dell'avvenuta sparizione della principessa.
«Cos'hai, Dos?» Seppur nello specchio, Nicola aveva notato che il volto stordito del re si era incupito. «Non sei felice che la principessa si sia tolta di torno? Temi possa tornare?»
«No.» Lo sguardo confuso del re era perso oltre la finestra. «È che mi è venuta un'idea più bella. Però Osamu è in un fosso e ora non posso più metterla in atto.»
«Oh, povero Dos, come ti capisco!» Nicola sospirò, una mano alla guancia. «Non hai idea di quante volte mi venga in mente un metodo più pittoresco di ammazzare la gente! Che rabbia, poi, quando mi viene quando ho appena finito!»
«Se mi è concesso chiedere, venerabile, supremo e perfetto sovrano.» Ivano, in ginocchio da trentacinque minuti, prese la parola. «Qual è la vostra nuova, illustrissima idea?»
Il malvagio re Fedoro sospirò. «Volevo mangiare il fegato e i polmoni della principessa con sale e pepe.»
Nicola lo guardò. Ivano lo guardò.
«Di nuovo il cannibalismo, mio splendente re?»
«Non è che hai solo fame, Dos? Vuoi dei firecracker shrimps? Li faccio io, non sai che spasso quando si accorgono che ci ho messo i petardi sul serio!»
«Non è la stessa cosa...» Il perfido re era davvero affranto. «Se poi penso a quanto sia improbabile riuscire ad estrapolare gli organi alla principessa, è ancora più deprimente. L'ho detto. È potenzialmente immortale. Non si farebbe sottrarre fegato e polmoni con così tanta facilità.»
«C'è ben di peggio, Dos.» annunciò Nicola. Il malvagio re Fedoro lo guardò. Le parole dello specchio piovvero come gocce di petrolio. «Ho spiato dai riflessi in cucina. Pare sia finito il sale.»
«Quindi,» Il perfido re inorridì. «se anche avessi il fegato e i polmoni della principessa, non potrei mangiarli con sale e pepe?»
Nicola abbassò lo sguardo. «No, Dos.»
Che colpo terribile aveva subito il perfido re! Ben gli stava!


Atsushi si chiese se, in realtà, non stesse sognando. Forse tutto quello era un'allucinazione. Forse Dazai non era davvero venuto a casa loro in piena notte, forse non c'era davvero Akutagawa in pigiama frilloso ottocentesco ad un paio di metri da lui, forse niente era vero e la realtà tutta era una simulazione.
Il suo distacco dalla realtà iniziava a farsi sempre più brutale. Gli sembrava quasi di vedere i volti di Higuchi e della ninja, Gin, fuori dalla finestra, i nasi incollati al vetro. Gli sembrava che il cellulare di Dazai avesse una spia rossa intermittente, neanche fosse stato hackerato e qualcuno lo stesse spiando. Aveva anche la bizzarra sensazione che ci fosse qualcuno che camminava in cerchio fuori dalla porta, con fare seccato, e che non suonava per chissà quali motivi. Ma erano le tre di notte passate, era comprensibile fosse così stanco.

I giorni passarono. La principessa Osamu si era adattato benissimo al nuovo ambiente, e viveva allegro e felice nel boschetto. Quel che non sapeva era che il perfido re Fedoro si annoiava a non averlo più intorno, quindi aveva deciso di rintracciarlo e di andare a tormentarlo.
«Mi annoio perché non ho più la principessa Osamu intorno.» annunciò il perfido re Fedoro. «Quindi ora lo rintraccerò e andrò a tormentarlo. Questo dovrebbe alleviare la mia noia.»
«Ma, Dos, perché hai ripetuto quello che ha detto la narrazione?»
«Ho aggiunto una frase. La mia spiegazione è più utile della narrazione.»
«Avrei dovuto sospettarlo. E come intendi rintracciarlo? Vuoi ricorrere all'hackeraggio? Ingaggiare degli investigatori? Usare la magia nera?»
«No. Cerca negli specchi e nei riflessi.»
«Oh.» Nicola sospirò. «Va bene, vado. Ah, a proposito.»
«Mh?»
«Dov'è Ivano?»
«L'ho messo in prigione.»
«E perché mai?»
«Per alleviare la mia noia.»
«Ricordati di dargli pane e acqua, però!» Detto ciò, Nicola si dileguò nei meandri dello specchio.
Il perfido re, rimasto solo, si perse a guardare l'orizzonte. All'improvviso, si riscosse. «Ah. Ecco cosa dovevo fare. Chissà se Ivano è ancora vivo. Potrei controllare.»
«Dos, ho trovato la principessa Osamu!»
Il malvagio re giunse alla conclusione che Ivano poteva aspettare. «Dov'è?»
«Nella casetta dei tre nani.»
«Poveri nani.»
«Allora, allora, allora!» Nicola era su di giri. «Cosa vuoi fare? Vuoi intrufolarti in casa, fare a pezzi la principessa e rimontarlo in disordine?»
Il perfido re scosse la testa. «No. Non mi sporcherò le mani.»
Nicola si sgonfiò. Per esplicare meglio il suo disappunto, sbuffò sonoramente. «Ma è più divertente se ci si sporca le mani!»
Il piano del re era molto, molto più crudele: il malvagio sovrano voleva infatti soffocare la buona principessa.
Così, inviò uno degli esemplari del suo harem. In realtà, questa persona faceva parte del suo harem solo per metà, perché i suoi capelli erano bianchi solo per metà. L'altra metà era lilla. Inoltre, non era uno psicopatico, ma un esaurito. Il suo nome era Sigma e faceva parte dell'entourage del perfido re solo perché non sapeva dove altro andare. Tutti si erano ben premurati di nascondergli il fatto che chiunque l'avrebbe volentieri accolto in casa propria, buono, gentile e adorabile com'era.
Il compito di Sigma era cercare di vendere alla principessa un nastro e, al momento opportuno, cercare di strangolarcela.
Nel frattempo, alla casetta, i tre bambini erano assenti e, prima di andare, si erano premurati di dire a tutte le bestie feroci del circondario di non avvicinarsi alla casetta.
«La principessa Osamu è tanto bello quanto spaventoso.» aveva detto Sushi, che parlava con i felini. «Non fate contatto visivo, mi raccomando!»
«E soprattutto» aveva aggiunto Jocca, serissima: «non entrate in casa, o diverrete tappeti.»
Aringa non aveva detto niente, perché gli altri due avevano già detto tutto - Soprattutto Sushi, che era tenero e carino e tutti gli davano retta, e Aringa avrebbe davvero dovuto prendere esempio da lui!


"Dazai-san, per favore, basta..." Atsushi si sforzava tanto di avere rapporti più o meno pacifici con Akutagawa, perché Dazai voleva mandare tutto a monte? Già sentiva un paio di occhi piantati nella spalla come coltelli. - Controllò la spalla, fosse mai fossero coltelli veri.

Rimasto solo in casa, la principessa sentì qualcuno bussare. Toc toc!
«Chi è?» fece la principessa.
«Sono un povero mendicante.» rispose una voce dolce, tenera e carina quasi quanto quella di Sushi. «Per favore, ho bisogno di denaro, compra un nastro, è bello!»
Impietosito, la principessa aprì la porta. Davanti a lui si stagliava un figone con i capelli metà bianchi e vestito con abiti costosissimi e appariscentissimi, con tanto di redingote foderata in trama di cielo stellato e stivaloni. Non avesse avuto quel faccino innocente - Che era davvero simile a quello di Sushi! - sarebbe sembrato un master stiloso in salsa sci-fi anticheggiante.


Che razza di descrizione era. Atsushi si mise sull'attenti. Era un po', in effetti, che Dazai non diceva nulla di troppo strano, doveva aspettarsi contenuti inopportuni da un momento all'altro.

Metà di lui faceva supporre un suo essere un sottoposto del perfido re Fedoro, ma l'altra metà era troppo innocente e troppo lilla per potersi associare ad un personaggio così moralmente basso.
«Oh, povero mendicante povero!» La principessa era in possesso di un gran senso dell'umorismo. «D'accordo, ti compro il nastro, ma solo perché mi ricordi Sushi!»
«Chi è Sushi?»
«Il mio gatto.»
Sigma non seppe come prendere quell'affermazione.


Atsushi neppure.

La principessa e il finto mendicante si accordarono sul prezzo, pari a un tozzo di pane.
«Sei un povero mendicante povero, no?» La principessa gli diede il tozzo di pane con un gran sorriso. «Il cibo puoi mangiarlo, è molto meglio del denaro!»
Sigma non seppe come controbattere a tale saggia affermazione, quindi si prese il tozzo di pane e porse il nastro alla principessa.
«Ah, ma sei tutta in disordine!» disse, memore di ciò che il perfido re gli aveva detto di dire: «Lascia che ti aiuti a legare il nastro al corpetto!»


«Al corpetto?» Atsushi quasi trasalì. «Ma com'è vestita, la principessa?»
«Ha un corpetto blu, una gonna gialla e un fiocco rosso tra i capelli.»
"È daltonica." Un pensiero che, Atsushi ne era certo, aveva unito le menti del pubblico tutto. Considerato poi chi si supponeva fosse la principessa, aveva qualche dubbio che un simile abbigliamento gli donasse.

Quando fu il momento di legare il nastro, però, con scatto felino ed agile mossa, Sigma lo avvolse attorno al collo della sventurata principessa e strinse con tutte le forze!

Atsushi si sporse in avanti. Akutagawa aveva palesemente trattenuto un singulto sorpreso. Kyouka aveva le guance piene di pop corn come un criceto.

.

Note:
* Si può facilmente intuire, la scena iniziale è ripresa da Il Re Leone.
* So che Akutagawa non dice "Dazai-sama-san", è volutamente nonsense.
* In realtà, secondo me Dazai non si farebbe problemi a parlare di sesso con i suoi figliocci adottivi, però trovo più divertente sia assolutamente incoerente nel vietar loro "certe cose" e poi raccontare cose a rating più alto.
* Kyouka ha una camicia da notte carina e Atsushi un pigiama a caso perché all'Agenzia hanno delle priorità.
* Sì, in teoria Dazai e Akutagawa si sono più o meno riappacificati, ma passatemi tutte le frasi diversamente carine di Dazai nei confronti di Akutagawa.
* Il femminile randomico in riferimento alla principessa è voluto. Non per qualche motivo di correttezza pronominale, è così e basta.
* «le G, le m, le d»: Dalla formula di calcolo della gravità.
* Alcune frasi (deliranti) della principessa e del principe al pozzo sono tratte dalle canzoni Io spero e Non ho che un canto (Altrimenti note come Canzone del pozzo e Canzone del principe), dal film Disney di Biancaneve.
* La "trottola gay" è un riferimento al fatto che la mossa che la Shin Soukoku usa nell'anime per sconfiggere Gončarov è effettivamente color arcobaleno. Considerato poi che è la Shin Shoukoku e quell'episodio era pure andato in onda durante il Pride Month-
* Sì, per Dazai è difficile dire "Gončarov" e non "Dostoevskij".
* L'arrivo della principessa nella casetta e le reazioni dei bambini sembrano più Riccioli d'oro e i tre orsi. Ma tanto la principessa è rompipalle uguale, quindi non c'è problema. (?)
* «con scatto felino ed agile mossa»: Dalla sigla di Lady Oscar dei Cavalieri del Re. Non ha nessun motivo di essere qui, ma non importa.


A quanto pare, scrivere idiozie su Stormbringer ha sfondato i portoni dell'ispirazione delirante *La cosa-*, quindi eccomi di nuovo qui - Per la gioia di grandi e piccini, ma anche no.

Credo ci siano millemila rivisitazioni di Biancaneve in chiave Soukoku, o comunque a tema BSD, soprattutto perché Dazai l'ha esplicitamente promptato nella Mela Morta - Ma non c'è limite al fillare il suo prompt, quindi eccone una versione molto caotica sotto tanti punti di vista. La parte narrata me la sono immaginata con la grafica di Wan!, però potete immaginarvela come volete.

La conclusione di questo capitolo è un po' improvvisa perché non si supponeva fosse multicapitolo. Ordunqueperciò, ho intenzione di postare la conclusione subito.
Al prossimo capitolo!
  
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