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Autore: Nina Ninetta    23/08/2022    1 recensioni
Quando Andrea e Noёl vengono convocati in caserma poiché i rispettivi fratelli sono stati ricoverati a causa di problemi di alcolismo e fumo, i due decideranno di collaborare per chiedere l'affido della nipotina Giorgia. Tuttavia, la legge prevede che solo coppie sposate, o conviventi da almeno 5 anni, possono adottare un minore. I due non hanno scelta: dovranno vivere insieme e fingere di essere una vera coppia per il bene della piccola Giorgia.
[Questo racconto partecipa alla Challenge "To Be Writing 2022" indetta da Bellaluna sul forum Ferisce più la penna].
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2
Una lunga notte gelida
 


Il capitano Noёl De Angelis di tanto in tanto le lanciava occhiate di sbieco, attendendosi una risposta sostenuta che non arrivò mai.
Andrea era la sorella maggiore di sua cognata Claudia. Ricordava perfettamente il giorno che si erano conosciuti, durante una cena di famiglia per ufficializzare il fidanzamento tra Claudia e Giovanni. Era stato proprio quest’ultimo a presentargliela, mentre Andrea era di spalle sul divano di casa, ma quando i due fratelli si erano avvicinati era scattata sull’attenti (qualcuno doveva averle detto di essere al cospetto di un militare) e per poco Noёl non era scoppiato a ridere per l’eccessiva verve.
«Andrea, lui è mio fratello Noёl.»
La ragazza aveva biascicato un piacere, stringendogli la mano. Aveva una presa salda e di questo il capitano si era meravigliato: sembrava troppo minuta per una tale forza.
«Andrea, un nome da uomo» era stato il primo commento di Noёl in assoluto. Lei aveva ritirato la mano, era tornata a sedersi e non si erano più rivolti la parola, se non in rare occasioni.
Adesso, sedeva al suo fianco e continuava a fissarsi i piedi, persa nei propri pensieri. Le treccine le coprivano gran parte del viso e terminavano sulle cosce magre, fasciate dai collant scuri. Gli shorts di jeans avevano un doppio risvolto e da seduta arrivavano all’inguine. Il busto era coperto da un bomberino nero, liso in più punti, mentre le mani stringevano con forza una sciarpa bianca e un cappello di lana dello stesso colore. Era nervosa, ma non poteva preoccuparsi anche di farla sentire a suo agio. Non era compito suo e non gli importava. Anzi, se si trovavano in quella situazione forse ne era anche responsabile: lei era la sorella di Claudia, avrebbe potuto starle più vicino, comprenderne il disagio e aiutarli.
 
Finalmente lasciarono la città e svoltarono in una stradina dissestata, in fondo alla quale si ergeva un cancello automatico, il quale cominciò ad aprirsi non appena i fari dell’auto lo illuminarono. Era chiaro che qualcuno li stesse aspettando.
L’avvocato Greco si rivelò essere un’aitante cinquantenne, dai lunghi e vaporosi capelli biondi che incorniciavano un viso dai lineamenti marcati, ma non sgradevoli, labbra carnose tinte di rosa e denti perfettamente allineati e super bianchi.
Salutò il capitano con un bacio sulla guancia destra, sfiorandogli il braccio mentre si alzava sulle punte dei piedi, quindi allungò la mano alla giovane barista per presentarsi.
«Danielle, piacere.» Li invitò ad accomodarsi sui divani in bella mostra, davanti al camino, poi sparì per qualche minuto.
Andrea Moretti si sedette con un sospiro, guardandosi intorno con curiosità. Alla parete c’erano decine di attestati incorniciati, i quali portavano tutti il nome di Danielle Greco. De Angelis invece rimase in piedi qualche minuto ancora, osservando il panorama oltre l’ampia vetrata che dava direttamente sulla città di Milano. Si accomodò solo quando l’avvocato tornò, portando con sé un vassoio ricolmo di tè e pasticcini, poi prese posto sul divano libero, di fronte a quello occupato da Andrea.
«Non ce ne era bisogno, Dany» fece De Angelis, sedendosi al fianco di Andrea, la quale si spostò di qualche centimetro, a ridosso del bracciolo. Lei forse non ci fece caso, il suo era stato un gesto istintivo, ma gli altri due presenti sì, lo notarono e si lanciarono un’occhiata. L’avvocato corrugò la fronte e il suo cliente scosse il capo in maniera quasi impercettibile.
«Allora, cosa vi porta a casa mia nel cuore della notte?»
«Un affido di minore» rispose Noёl.
Danielle allungò una tazza di tè alla ragazza che lo accettò volentieri. La sensazione del calore della ceramica ebbe l’effetto di tranquillizzarla e donarle un po’ di coraggio.
«Vuoi adottare un bambino?» L’avvocato guardò sbalordita il capitano, lo conosceva da tempo e mai le aveva confidato un desiderio simile. Inoltre, quella ragazzina seduta al suo fianco non sembrava il tipo di donna che potesse piacergli…
«Non è un bambino qualunque, è nostra nipote» questa volta era stata Andrea a parlare. Il tè nella tazza era finito e si sentiva decisamente meglio, rinvigorita. «I nostri fratelli hanno problemi di alcolismo, questa notte sono stati ricoverati in ospedale e la bimba prelevata dagli assistenti sociali.»
«In quanto parente diretto, posso prenderla in carico?» Noёl interruppe il racconto di Andrea, rivolgendosi direttamente a Danielle.
L’avvocato annuì un paio di volte con il capo, stava riflettendo, poi si alzò e prelevò dalla biblioteca alle sue spalle un volume grosso e spesso, quindi tornò a sedersi e prese a sfogliarlo, fino a trovare ciò che cercava. Lesse velocemente, infine lo richiuse con un tonfo.
«In quanto parenti prossimi certo, nessuno si opporrà all’affido. A patto che i genitori non siano in grado di occuparsi del minore e/o siano un pericolo per la vita di questo.»
«Domani provvederò affinché vengano trasferiti in una clinica per disintossicarsi.» Il tono di Noёl era stato piatto, senza emozione. Andrea si girò di scatto a guardarlo.
«Che cosa? Vuoi farli richiudere?»
«Hai un’altra soluzione?» Il capitano voltò il capo nella sua direzione. «Io non vedo alternative. Se continuano così rischiano di farsi male seriamente e di ammazzare la piccola Giorgia.»
«Hanno solo bevuto qualche birra di troppo! Hai sentito il maresciallo, no? Giorgi sta bene…»
«È rimasta da sola in casa con due deficienti in coma etilico che fumavano hashish! Sarebbe potuta morire!» Noёl sferrò un pugno sul divano di pelle nello spazio che li divideva.
Andrea si girò dall’altro lato, prossima alle lacrime.
«Ok, calmiamoci!» intervenne Danielle, alzandosi per posare il tomo di giurisprudenza al suo posto e allungare poi un fazzoletto alla giovane, la quale lo prese per tamponarsi gli angoli degli occhi. La donna bionda lanciò un’occhiata di rimprovero al capitano, poi tornò al suo posto.
«Andrea, cara, ascoltami. Posso darti del tu?»
La barista annuì, sforzandosi di guardarla in faccia, gli occhi castani arrossati.
«Benissimo. Noёl ha ragione, i vostri fratelli vanno aiutati o rischiano seriamente di farsi male, e con loro la bambina. Se non dovessero ritenervi idonei, Giorgia rischierebbe di finire in un’altra casa o addirittura un giudice potrebbe decidere di affidarla a un centro sociale.»
«Ehi, Dany! Dany, aspetta!» De Angelis la fermò, sporgendosi in avanti con un palmo sul petto, sulle labbra un sorriso sarcastico. «Sono io quello che vuole adottarla. Solo io.»
«Perché?» Andrea teneva gli occhi bassi, fissi sulle mani che stringevano il fazzoletto usato e sgualcito. «Perché solo tu? E io? Anche io sono sua zia.»
«Davvero? E come pensi di prendertene cura? Fai la cameriera in un night, quanto guadagnerai? 700? 800 € al mese?»
«Non faccio la cameriera in un night! Lavoro come barista in un pub e con le mance riesco ad arrivare anche ai mille euro!» Andrea lo fissò con rabbia. Ma chi si credeva di essere quel bell’imbusto? Solo perché era capitano dell’Accademia Militare di Milano non significava che avesse più diritto di lei a prendersi cura di Giorgia.
Danielle fece un colpo di tosse per allentare la tensione e ci riuscì, poiché i due si voltarono a guardarla.
«Non avete capito. La legge non consente ai single di adottare un bambino, né donna né uomo che sia. Neanche se si tratta di un parente stretto.»
«Quindi cosa ci consigli di fare?» La voce di Andrea era smorzata dal pianto che non aveva sfogato.
«Dovete fingere di essere una coppia» l’avvocato sorrise guardando le loro espressioni spaurite. «Domani mattina vi recherete al comune per chiedere l’attestato che certifica la vostra convivenza quinquennale, con quello andrete al centro sociale dove si trova Giorgia per chiederne l’affido. Non ve lo rifiuteranno. Non possono. D’altronde, loro preferiscono sempre alleggerirsi il carico di lavoro.»
«Certificato di convivenza? Dany, come pensi possano accettare una cosa simile?»
«Suvvia, forza! Cosa vuoi che sia per il capitano De Angelis, figlio del maggiore Giorgio De Angelis, una richiesta tanto banale al comune di Milano?! Convivenza di minimo cinque anni tra voi due, o potete dire addio ai sogni di gloria.» L’avvocato Greco sorseggiò il suo tè, ormai freddo.
«Cioè, dovremmo fingere di essere una coppia? Di stare insieme?» Andrea ancora non riusciva a metabolizzare la notizia.
«Non solo dovrete fingere, ma dovrete anche essere bravi a farlo credere. Gli assistenti sociali vi faranno cento domande, si presenteranno a casa vostra negli orari più disparati per accettarsi che la bambina stia bene e che voi siate realmente una coppia di fidanzatini» allargò il sorriso. «Sono molto intransigenti quando si tratta di minori.»
«Dovremmo vivere insieme?» Andrea mosse l’indice da lei a Noёl e poi di nuovo. La donna bionda annuì energicamente con il capo.
«Questo basterà a farci avere Giorgia?» Era stato il capitano a parlare. Danielle tornò seria:
«Sì. L’unico scoglio da superare è questo. Immagino che i vostri genitori siano troppo anziani per occuparsene…»
«Preferirei non sapessero nulla, troveremo una scusa che giustifichi il fatto di tenere Giorgia con noi.»
Danielle Greco fissò per qualche secondo l’uomo seduto dinnanzi a lei, infine gli chiese se avesse già un’idea sulla clinica in cui mandare Gianni e Claudia.
«A dire il vero no. Avevo pensato di chiedere consiglio ai medici» De Angelis si passò una mano sul viso, improvvisamente sembrava tanto stanco.
La donna bionda si alzò di nuovo e aprì il primo cassetto della sua scrivania, prelevando una brochure che allungò al capitano.
«È uno dei migliori centri della regione, vicino Como, neanche tanto lontano se voleste portare la piccola Giorgia a salutare i suoi genitori ogni tanto. È un po’ costosa, ma non credo che i soldi siano un tuo problema, capitano.»
Quest’ultimo prese il cartoncino che gli veniva porto e mettendosi in piedi la ringraziò. Andrea lo imitò, sentendosi di nuovo piccola e ingombrante insieme.
L’avvocato li accompagnò fino alla porta, l’orologio svizzero all’ingresso segnava le quattro e trenta minuti. Le due donne si salutarono con una stretta di mano, poi Danielle si alzò di nuovo sulla punta dei piedi per lasciare un lungo bacio sulla guancia a Noёl.
 
Ritrovandosi nell’abitacolo dell’auto, fu ancora una volta lui a parlare per primo.
«Ti passo a prendere domani mattina alle otto. Porta con te tutto l’occorrente per trasferirti a casa mia.»
A quelle parole Andrea si sentì avvampare. Trasferirsi a casa sua? Fingere di stare insieme? Di essere una coppia? Che assurdità! Gli assistenti sociali non ci sarebbero mai cascati e Giorgia sarebbe stata affidata chissà a chi!
E Claudia? Come avrebbe reagito sua sorella quando avrebbe saputo della clinica e della sua bambina?
«Tu e Danielle stavate insieme?» La stessa giovane si stupì di quella domanda. Era inopportuna e fuori luogo, né tantomeno preventivata. La sua bocca si era mossa da sola.
«Come?» Noёl aveva appena imboccato la statale in direzione Milano est.
«Sì, insomma, scopavate?»
Il capitano le lanciò un’occhiata fugace, non riusciva a comprendere la sua domanda né dove volesse andare a parare. Andrea come al solito teneva lo sguardo basso e le mani intente a giocherellare ancora con il fazzoletto offertole da Danielle.
«Ho notato che chiamava Giorgia con il suo nome, come se la conoscesse bene. La stessa cosa è successa quando ha parlato di Gianni e Claudia.»
«Scusami.»
Andrea alzò lo sguardo, confusa. Noёl si stava scusando con lei? Così, dal nulla? E perché mai?
«Se prima ho alzato la voce e mi sono adirato con te. Mi dispiace, davvero. Questa situazione mi ha reso nervoso. Non volevo farti piangere.»
Andrea lo fissò con gli occhi spalancati, mentre lui teneva i suoi saldi sulla strada deserta. La luce calda dei lampioni gli illuminava il viso a intermittenza e, doveva ammetterlo, aveva un suo fascino. Il volto squadrato, la barbetta castana, i capelli più chiari tirati all’indietro con qualche ciocca che gli era scivolata sulle tempie. Si chiese come dovesse essere in divisa, l’aveva incontrato sempre e solo con abiti civili, nel suo stile casual ed elegante. Noёl aveva trentacinque anni, otto più di lei, ma portati davvero molto bene.
Non ricevendo risposta, lui si voltò a guardarla il tempo necessario per beccarla a fissarlo con l’espressione di un pesce lesso.
«Stai bene?»
«Ah sì, sì. Tutto bene» Andrea si girò di scatto, adagiando la fronte al finestrino. Noёl increspò le labbra in un sorriso, ma lei non lo vide.
«E comunque non hai risposto alla mia domanda» aggiunse Andrea, prendendolo alla sprovvista. Quella ragazza sapeva essere cocciuta quando voleva.
«Sei gelosa?»
«Eh?»
«Ti stai già calando nella parte della fidanzata ossessiva, possessiva, compulsiva?»
«Lo trovi divertente? Stai per mandare tuo fratello in una clinica per tossici e lo trovi divertente? No, perché io non oso neanche immaginare la reazione di Claudia quando le dovrò dire che per mesi non potrà vedere la sua bambina!»
Noёl De Angelis sterzò di colpo e si fermò lungo la corsia d’emergenza, sul bordo della strada.
«Perché, pensi che invece per me sia semplice?! Mi sono presentato in piena notte a casa del mio avvocato per una questione che le persone normali risolverebbero nel giro di qualche settimana. Io invece domani mattina mi recherò al comune, mi farò fare una carta falsa – falsa! – sfruttando il buon nome della mia famiglia e il ruolo che ricopro. Sai come si chiama questo? Eh, lo sai?»
Andrea scosse il capo, di nuovo teneva gli occhi bassi e di nuovo aveva una gran voglia di piangere.
«Abuso di potere! Si rischia il carcere, lo capisci? Io rischio il carcere! E tu mi vieni a dire che non me ne frega niente di mandare quei due drogati, squinternati, strafatti in clinica? Io li manderei ai lavori forzati quei due, altro che clinica di cura! E indovina chi dovrà pagare? Esatto, io! Brava! Vieni a dirmi di nuovo che lo trovo divertente, vieni! Ah, giusto, vuoi sapere se io e l’avvocato scopavamo? Oh, sì! Ci davamo dentro come conigli! Ma fino a ieri proprio, stasera ci siamo trattenuti perché c’eri tu e non ci sembrava il caso! Contenta adesso?»
Le spalle di Andrea erano scosse da singulti, il viso rigato di lacrime silenziose che le avevano sciolto il mascara e sporcato di nero le guance. Noёl la osservò dall’alto, l’aveva fatto di nuovo, se l’era presa di nuovo con lei, con la più debole. Batté entrambi i palmi sul volante dell’auto e imprecò.
«Ti-ti darò la quota di Claudia per la clinica.»
Al capitano si strinse il cuore.
«Sai quanto costa un mese in quella struttura?» Le chiese con toni decisamente più pacati, quasi compassionevoli. Andrea scosse il capo, non ne aveva idea. «Due volte tanto il tuo stipendio. Mance incluse.»
«Mi farò fare un prestito…»
Noёl sospirò, immettendosi di nuovo nella carreggiata.
«Dovresti dirmi dove abiti.»
«Puoi lasciarmi alla prima fermata della metro.»
«Non essere stupida, quale uomo lascia la propria fidanzata sulla strada?!»
Andrea finse di non recepire la battuta, sebbene le fosse arrivata tutta, ma non la trovava divertente, per lo meno non in quel momento.
Era stata una nottataccia. Un inferno di cui non riusciva a vedere la fine, sebbene non dovesse perdere di vista l’obiettivo finale: riportare Giorgia a casa. Pensò alla piccola, sola soletta in mezzo a tanti sconosciuti, a trascorrere la notte spaventata, magari in lacrime. La immaginò da sola, nel suo appartamento e non riuscì neanche a ipotizzare il terrore che doveva aver provato. Si sarà sentita abbandonata? Avrà pensato alla sua adorata zia Andy? Chissà se avrà provato a urlare il suo nome con la speranza che la sentisse e andasse a prenderla.
«Andrea» la voce ferma di Noёl la riportò con i piedi sulla terraferma. La giovane alzò lo sguardo su di lui, serissimo, stringeva il volante dell’auto fino a farsi sbiancare le nocche. «Ti ricordi come si chiama il centro sociale che ha preso Giorgia?»
«“La Fata”.» Bisbigliò la ragazza.
«Cerca l’indirizzo su internet…» Noёl le passò il suo cellulare. Il volto di Andrea si illuminò in un grande sorriso e nuove lacrime presero a scendere, ma questa volta di gioia.
«Ce l’andiamo a prendere» disse.
«Ce l’andiamo a prendere» ripeté lui.
 
Il Centro Polifunzionale “La Fata” non distava molto dalla loro posizione e quando vi arrivarono erano appena le cinque del mattino. A quell’ora la città cominciava a svegliarsi, i primi camion della spazzatura si muovevano lenti come elefanti e qualcuno tornava a casa dopo il turno di notte in qualche fabbrica della provincia.
Noёl teneva il naso all’insù, studiando il palazzo che si ergeva imponente davanti a loro. Era una struttura datata, risalente all’800, priva di balconi ma con un ampio spazio all’ingresso. Andrea lo affiancò, era riuscita a ripulirsi il viso e gli occhi da tutto il trucco che si era sciolto a causa delle lacrime. Insieme salirono le scale fino al primo piano e bussarono alla porta con la targhetta “La Fata”. Dovettero farlo più di una volta, prima che qualcuno si prendesse la briga di andare ad aprire. Era una donna in carne, sulla sessantina, con indosso una vestaglia di ciniglia di un brutto azzurro sbiadito e i capelli raccolti sul capo con una pinza.
«Sì?»
«Buongiorno signora, sono Noёl De Angelis e lei è Andrea Moretti. Siamo qui per Giorgia De Angelis, siamo i suoi zii. Vorremmo prenderla per portarla a casa con-»
«L’ufficio apre alle 9:00. Passate più tardi per prendere un appuntamento e poter parlare con la referente. Buona notte.» La donna fece per chiudere la porta, ma Noёl la trattenne con un palmo.
«Signora, forse non ci siamo capiti. Sono il Capitano De Angelis, mia nipote Giorgia è qui da voi, probabilmente sporca e spaventata. Lo so che non è orario di visite, ma vi chiediamo solo di poter prendere la bambina per portarla a casa.»
Questa volta la donna spalancò la porta, mostrandosi in tutta la sua enorme stazza da amazzone datata. Alle sue spalle di srotolava un lungo corridoio buio e silenzioso.
«Capitano De Angelis e signora…» iniziò, studiando Andrea da capo a piedi. «Se volessimo acconsentire a tutti i parenti di prendere con sé i bambini, noi qui avremmo chiuso. C’è un iter da seguire, lei capisce che non posso andare contro la legge, sono minori, chi mi garantisce che siete davvero chi dite di essere?»
«Ma noi-»
La donna lo arrestò mostrandogli il palmo:
«Non mettetemi in condizione di allertare la vigilanza, ci sono dei bambini che dormono qui. Ci vediamo domani mattina.» Di nuovo fece per chiudere la porta, ma questa volta fu Andrea a parlare:
«Ci dica almeno se sta bene» aveva lo sguardo implorante.
L’amazzone sospirò, facendo segno di sì con la testa, ma di più non poteva dire, quindi richiuse la porta con garbo.
In macchina nessuno dei due parlò. Lei lasciò che il capitano l’accompagnasse fin sotto casa e si diedero appuntamento per il mattino seguente.

 

Ndr. La Corte di Cassazione ha predisposto solo nel 2019 che i bambini possano essere affidati anche a coppie dello stesso sesso e/o single.
  
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