Anime & Manga > Tokyo Revengers
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Autore: New Moon Black    23/08/2022    0 recensioni
[Tratto dal testo]
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"Quando lo vide armeggiare con una di quelle chiavi,
alzò lo sguardo e gli prese quasi un infarto quando vide, davanti a se',
l'insegna bianca a motivi a scacchi neri della S.S Motors, le porte vetrate e file e file di motociclette di vari modelli, colori e accessori.
Solo in quel momento, Manjiro fu più che sveglio e cosciente.
Una sola domanda gli palesò nella sua testolina bionda.
Che diamine stava succedendo?
Successivamente, la voce del maggiore lo riportò alla realtà,
facendo tintinnare un mazzo di chiavi e quella specie di portachiavi a forma di gommone bianco e rosso.
E quelle, pensò egli, da dove erano uscite?
«Prendile al volo.»
«Eh?»
«Tu fallo e basta.»"
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Storia incentrata sul rapporto di Manjiro e suo fratello maggiore, Shinichiro.
Sebbene sia un AU, un'alternative universe, presenta anche alcuni spoiler del manga... so, per il resto, buona lettura!
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Manjirou Sano, Shinichiro Sano
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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★Numero parole: 3370.
★Characters: Manjiro Sano, Shinichiro Sano.
★Rating: giallo.
★Genere: missing moments, fluff, hurt/comfort.
★Credit artist: panel manga di Tokyo Revengers, di Ken Wakui.
★N.B: AU in cui Shin riesce a dare, personalmente, il regalo di compleanno a Mikey e, ovviamente, non ci lascia le penne per colpa di Kazutora.
★Avvertenze: What if, Spoilers dei capitoli 263/264, tematiche delicate.



Faŋcʏ a ɾɩɖҽ? | Saŋɷ Bɾɷtɧҽɾى |

Happy Birthday!




«Quanto manca ancora?»

«Ci siamo quasi piccoletto, solo... un paio di minuti.»
 
«Me l'hai già detto, ben due volte!» sbraitò in protesta il piccolo Manjiro, cercando di stare al suo passo, anche se con fatica visto la sua lentezza «Davvero non puoi dirmi nulla?» domandò il ragazzino con un broncio.
 
«Fidati del tuo fratellone... Quest'attesa ne vale la pena.»
 
Lui sbuffò appena, seguito poi da un piccolo sbadiglio fuoriuscire dalle sue labbra sottili, mentre camminava, o meglio, strascicava i piedi per terra.
Poteva sentire la suola dei suoi sandali, contro il duro asfalto della strada, e il brivido di freddo sulla sua pelle chiara e ambrata.
Nonostante fosse Agosto e, spesso, le giornate di sole erano terribilmente calde ed afose, era risaputo che di mattina presto, ovvero prima che il sole si alzasse nel cielo, l'aria era umida e fredda; tanto da far venire la pelle d'oca, al minimo sbuffo di vento.
Una volta, gli disse che la parte più bella di svegliarsi presto la mattina, oltre poter vedere Shibuya alle prime luci dell'alba, era quella di poter ammirare, indisturbato, tutto il quartiere a luci spente.
 
Dove tutti erano ancora nel mondo dei sogni, così diceva Shinichiro.
 
Gli parlava di come non appena si presentava l'occasione, passeggiava per le strade di Tokyo, non curandosi che qualcuno lo vedesse, assisteva poi come uno spettatore silente al passaggio degli uccelli migratori e, in casi straordinari, sentiva in lontananza le onde del mare.
All'inizio non gli credette, pensando che, forse, suo fratello lavorava così tanto con le moto da inalare sia l'odore della nicotina che della benzina.
 
Tuttavia, anche se con un po' di riluttanza, Manjiro dovette ricredersi.
 
Quando stava borbottando un po' assonnato, rimase con le orecchie tese e ascoltò attentamente, cosa aveva udito precedentemente; riuscì ad identificare la fonte del rumore non appena si ripresentò.
Aveva giurato di aver sentito il battito d'ali di qualche uccello, forse una gazza ladra, se non addirittura un corvo.
Finché non alzò le spalle e continuò a seguire suo fratello che camminava, a passo svelto, verso una meta a lui sconosciuta.
 
Forse se lo era immaginato.
 
Sbatte' un paio di volte gli occhi e, anche se provava ancora sonno, si sforzò a guardarsi attorno.
Vedeva le palazzine, qualche parco, alcuni vicoli stretti e vari negozi alimentari e, sorprendentemente, erano colorati da una leggera sfumatura di blu.
In aggiunta con i giochi di luci e ombre, gli era sembrato di vedere lo stesso colore, ovvero il blu, però scurirsi man mano fino a diventare nero.
A tale visione, il biondino era rimasto senza parole.
 
E lui riusciva a vedere, tutto questo, prima di andare a lavorare?
 
Non disse nulla al maggiore e fece finta di brontolare e lamentarsi per il troppo sonno, mentre osservava con fare curioso le varie stradine e scorciatoie, colorarsi appena tra le sfumature blu e verdi.
Chi l'avrebbe mai detto che, suo fratello, Shinichiro Sano, avesse gli occhi di un'artista?
Non appena percepì un brivido di freddo penetrargli fin sotto la pelle, vide di sfuggita una nuvola di condensa fuoriuscire tra le sue labbra.
Fortunatamente, aveva avuto il tempo di indossare una felpa e proteggersi così le braccia dalla corrente d'aria fredda, ovviamente, l'avrebbe poi tolta nell'eventualità di percepire troppo calore.
Per quanti sforzi stesse facendo per rimanere sveglio, ritornava costantemente il senso di stanchezza, la voglia di chiudere gli occhi e svegliarsi, direttamente, per mezzogiorno.
Riusciva a stento a guardare la schiena di Shinichiro, che l'aveva trascinato di peso fuori dal suo amato letto, e la parte peggiore di tutto ciò era che non erano, nemmeno, le sette del mattino.
 
Maledetto bastardo, pensò lui, giuro che ti farò sparire le tue "amate" sigarette.
 
Chiudeva di tanto in tanto qualche palpebra dei suoi occhi scuri, giusto per farli riposare un attimo e, sotto le ciglia, aveva delle occhiaie da far paura.
Capitava che dondolasse all'impiedi, perdendo ogni tanto l'equilibrio, e quasi sempre ignorava la risata leggera ed allegra del maggiore, che sghignazzava alle sue spalle.
Senza farsi notare, gli fece una linguaccia, seguita poi da un imprecazione decisamente colorita, per un ragazzino della sua età.
 
Mikey odiava svegliarsi presto.
Specialmente, se qualcuno lo costringeva a farlo.
 
Strofinò appena le palpebre semichiuse sia con il dorso della mano che la manica della felpa, e cercando di mettere a fuoco l'immagine di suo fratello, alcune ciocche dei suoi capelli biondi gli finirono davanti, pizzicandogli le ciglia.
Lui mugugnò qualcosa, qualcosa come prendere in considerazione di farsi tagliare i capelli da qualcuno, magari da Emma, e non dal nonno.
Gli voleva un gran bene, per carità, ma l'ultima volta aveva rischiato di rimanere senza capelli.
La parte peggiore fu raccontarlo ai suoi amici e sia Draken, Baji e il resto della sua banda, lo presero in giro per due intere settimane.
 
A ripensare quel trauma, rabbrividì appena.
 
Socchiudendo le palpebre, vide il maggiore di spalle: la sua figura slanciata, la pelle nivea, gli abiti chiari e la sua postura elegante, che erano in forte contrasto sia con la sua chioma corvina quasi, sempre, disordinata, il taglio a mandorla dei suoi occhi, anch'essi neri, le ciglia lunghe e la linea affilata del suo viso.
Lui si vantava di essere un ragazzo "attraente" e di avere, una marea, di ammiratrici segrete, peccato che fosse completamente imbranato con il gentil sesso.
Non solo: a differenza sua, lui era abbastanza debole di costituzione, a stento riusciva a metterlo a tappeto durante gli allenamenti al Dojo e aveva una notevole dipendenza per le sigarette.
Al solo pensiero, Mikey arcuò le labbra all'insù, in un sorriso divertito.
 
Eppure, provava per lui una certa ammirazione quando lo guardava negli occhi.
In lui, vedeva un'eroe.
Testardo.
Altruista.
Caparbio.
 
Magari non era forte nei scontri corpo a corpo, tuttavia, i suoi punti di forza erano la sua mente e il suo spirito.
Infatti, non mentiva sul fatto di possedere una forza di volontà ineluttabile e uno spirito combattivo.
Lui era anche gentile, disponibile e umile con il prossimo, tanto da guadagnarsi il rispetto di tutti, anche dai delinquenti più forti e ostinati che brulicavano tra i quartieri nella capitale nipponica.
Non a caso, Shinichiro è stato il comandante dei Black Dragons, una gang di motociclisti che aveva conquistato in parte la regione del Kantō, che operava proprio qui, a Shibuya, dando inizio così all'epoca d'oro dei delinquenti.
 
Rispetto ad adesso, Shinichiro Sano aveva un aspetto diverso.
 
Il biondino ricordava dalle vecchie foto che gli faceva vedere di tanto in tanto, ove ritraeva lui quando aveva quindici anni: assieme agli altri fondatori, come Takeomi, Wakasa e Benkei. Aveva un sorriso smagliante sul volto, quella buffa acconciatura faceva storcere il naso la sua reputazione da "finto" duro e la divisa della gang era nera, con alcune decorazioni bianche sul tessuto.
 
Chissà, si chiese Manjiro, se un giorno anche lui avrebbe formato una gang tutta sua.
 
Lui sarebbe stato in grado di guidare gli altri, con la stessa forza e carisma, che aveva Shinichiro quando era un delinquente?
Però, se voleva davvero farlo, doveva trovare assolutamente un nome.
Non si preoccupò molto di trovare i membri del suo team, perché, in realtà aveva già in mente qualcuno.
Ma, tornando al nome, era evidente che doveva scegliere qualcosa di importante, abbastanza incisivo, da far pensare, qualcosa come:"Hey, questa è la mia gang, problemi?".
 
Eppure era indeciso.
Troppo indeciso.
 
Manjiro&Company?
White Dragons?
Tokyo Manjiro Gang?
Karate Manji Kids?
 
Era così preso dai suoi stessi pensieri da non vedere il corvino fermarsi, così di punto in bianco, e sbatterci poi contro con la sua faccia.
Gemette dolorante, sfiorandosi piano il naso ed era quasi tentato di dargli un bel pugno in faccia, non appena lo vide ridere sotto i baffi.
 
«Scusami Mikey, avevi un'espressione davvero buffa.» provò a trattenersi con tutte le sue forze, ma ammirare un esemplare di Manjiro Sano, appena tredicenne, fulminarlo con lo sguardo nonostante le guance rosse e gonfie, come quelle di un criceto, gli fu difficile.
Molto, considerando fosse, poi, uno spettacolo davvero niente male.
 
«Non sei divertente!» sbraitò lui, incrociando le braccia e gonfiando ancora di più le guance in un'espressione imbrocianta, rendendolo però agli occhi di suo fratello, ancora più adorabile e infantile, come solo lui sapeva fare.
«Hey... seriamente, dove mi stai portando?»
 
Di tutta risposta, il corvino invece di rispondere alla sua domanda, gli sorrise calorosamente e agguantò qualcosa nella tasca dei suoi pantaloni, finché non lo estrasse.
Erano le chiavi del suo negozio di moto.
Sbatte' un paio di volte le palpebre, abbastanza confuso.
Quando lo vide armeggiare con una di quelle chiavi, alzò lo sguardo e gli prese quasi un infarto quando vide, davanti a se', l'insegna bianca a motivi a scacchi neri della S.S Motors, le porte vetrate e file e file di motociclette di vari modelli, colori e accessori.
 
Solo in quel momento, Manjiro fu più che sveglio e cosciente.
 
Una sola domanda gli palesò nella sua testolina bionda.
Che diamine stava succedendo?
Successivamente, la voce del maggiore lo riportò alla realtà, facendo tintinnare un mazzo di chiavi e quella specie di portachiavi a forma di gommone bianco e rosso.
E quelle, pensò egli, da dove erano uscite?
 
«Prendile al volo.»
 
«Eh?»
 
«Tu fallo e basta.»
 
Annuì in risposta, anche se non capiva ancora il motivo.
Non appena alzò la mano destra, riuscì a prendere in tempo il piccolo mazzo.
Lo esaminò, incuriosito, non curandosi dell'altro che, intanto, aveva aperto le porte.
Aveva un piccolo cerchio nero, seguito da un piccolo foro per far passare il portachiavi, e una lunga linea di ferro bianco, dalla linea sinuosa ed elegante, un po' smussata.
Tuttavia, non aveva la vaga idea cosa fosse l'altra chiave che, rispetto all'altra, era leggermente più piccola e spessa.
Era sul punto di chiedergli cosa doveva farne, ma ecco che accadde un altro imprevisto.
 
Dire che fosse scioccato era, decisamente, un eufemismo.
 
Riapparve il maggiore dopo un paio di minuti, con un sorriso che gli tirava da un orecchio e un'altro, ma portandosi con se' una motocicletta, piuttosto inusuale.
La vernice nera e rossa sul cruscotto era stata lucidata a dovere, come lo erano anche il posteriore e la targa "Kamikaze", posta sul davanti, il sedile sembrava leggermente più alto del normale, aveva vari freni vicino le ruote, alte e spesse; mentre i motori erano ben visibili, dando l'idea che potesse dare più potenza e velocità durante una corsa, erano di un bel colore argento.
Osservandola meglio mentre, dietro di lui, i raggi del sole avevano iniziato ad illuminare poco a poco la città, Manjiro si rese conto di trovarsi dinnanzi a se' una CB205T.
 
Ma non una qualsiasi, bensì la vecchia CB205T di suo fratello.
 
Era linda e pulita, come non mai e, a giudicare dai pedali ben spolverati, era pronta per essere montata in sella e correre via, alla velocità della luce, proprio come una scheggia.
Gli si mozzò il respiro, stringendo forte quel piccolo mazzo di chiavi.
Incontrò subito gli occhi scuri di suo fratello maggiore, non capendo del perché fosse così di buon umore.
Erano così simili ai suoi e, anche, quelli della loro cara e amata madre, Sakurako Sano, che purtroppo è venuta a mancare quando lui era piccolo e, ogni giorno, sentiva la sua mancanza.
Come lei, il corvino lo guardava sempre con gentilezza ed affetto, e molte volte capitava che sentisse il forte impulso di piangere, ma non poteva farsi vedere debole ai suoi occhi.
 
Per lui era impensabile, anche se gli aveva intimato, non so quante volte, di non tenersi dentro tutte le sue emozioni.

Con un cenno del capo, notò lui che lo incitava ad avvicinarsi.
 
«Fratellone?» domandò egli avanzando lentamente, con la paura di fare qualche passo falso, e dopo alcuni attimi di esitazione, sfiorò cauto il cruscotto.
Buttando fuori l'aria, finalmente, poté fargli la tanto agognata domanda che gli martellava nella testa, da più di una mezz'ora che erano arrivati al negozio.
«Cosa significa... tutto questo?»
 
Il corvino si prese un paio di minuti in silenzio, guardando di sottecchi la moto che, un tempo, era stata la sua fidata compagna di avventure.
Ah, quando aveva più o meno l'età di Mikey, tutto era molto più semplice e cristallino.
 
Crescendo, però, aveva sperimentato con la sua stessa pelle quanto, la vita, possa mettere a dura prova.
Letteralmente.
 
Ne aveva vissute tante nei suoi ventitré anni, ed ebbe vari flashback della sua vita: quando lui era bambino e c'era ancora suo padre, Makoto, e la sua famiglia era ancora unita.
Poi, alla nascita del piccolo Jiro, lui era estremamente emozionato di conoscerlo e quando provò a stringere quel piccolo fagotto tra le sue braccia, promise a se stesso che sarebbe stato il miglior fratello maggiore del mondo. Successivamente, c'era stato l'arrivo di Emma, scoprendo che lui e Manjiro avessero una sorella più piccola, nonostante non avessero la stessa madre biologica; e nello stesso periodo, egli aveva iniziato la sua "ascesa" all'era d'oro dei delinquenti.
 
E, per finire, la disgrazia.
 
La malattia della mamma si manifestò, in maniera molto aggressiva, tanto da ricoverarsi in ospedale.
Il nonno, i due bambini, e lo stesso Shin, si preoccuparono non poco per la sua salute.
Ricordava le visite mattutine e pomeridiane all'ospedale, la risata gentile e morbida di lei mentre ascoltava i bambini che le raccontavano le loro "avventure" al Dojo, a scuola, e varie altre cose; per non parlare, poi, dei turni che facevano per portare alla donna qualche dono, per darle conforto.
Come i fiori, qualche libro, uno scialle per la notte o, addiritura, album fotografici della loro famiglia.
 
Egli aveva perso il conto di quante volte, invece, aveva udito di nascosto le voci di corridoio di varie infermiere, che commentavano impietosite, della salute di sua madre e che, presto o tardi, sarebbero diventati orfani.
 
Aveva pregato, in tutti modi, affinché lei si salvasse e sperando, nel profondo del suo cuore, nella benevolenza delle Divinità.
Non potevano essere tanto crudeli da strappare via la vita di sua madre, giusto?
Tuttavia, Shinichiro Sano avrebbe appreso, presto, una macabra lezione riguardo la Morte: ovvero che, Lei, non faceva distinzioni con i santi e i peccatori.
Prendeva chiunque sotto la sua ala.
Uomini, donne, bambini.
Nessuno escluso.
Lasciando poi dietro di se' il corpo terreno.
Quando fu il turno di Sakurako Sano, sua madre, fu un giorno triste e grigio per tutti quanti.
 
Per il nonno, Emma e Manjiro.
E, soprattutto, per Shinichiro.
 
Fu anche il momento in cui prese una decisione importante: quello di dedicarsi, con tutte le sue forze, a proteggere la sua famiglia.
Aveva paura delle conseguenze, questo non l'ha mai negato, eppure nel profondo del suo cuore, sentiva che doveva fare qualcosa per loro.
Qualunque cosa.
Mentre si ritirava dai Black Dragons, lasciando che gli altri si occupassero del resto, aveva potuto essere presente nella vita di suo fratello e vederlo, man mano, crescere.
Ogni giorno, faceva visita alla tomba di Sakurako, raccontandole come se la passavano gli altri, lui compreso, e di come hanno provato ad andare avanti, pur sentendo la sua mancanza.
Una volta, le confessò di provare nostalgia per la gang e di sfrecciare, giorno e notte, con la sua vecchia CB205T.
Anche se aveva voltato le spalle la sua vita da gangster, per la sua famiglia, non provò molti rimpianti.
E ora, a distanza di anni, si sentiva pronto a lasciare tutta la sua eredità e la sua conoscenza a lui, al piccolo Manjiro.
Sospirò, attirando così l'attenzione al fratello più giovane.
 
«Questa moto, non vede la luce del sole da molto tempo... ma non vede l'ora di ritornare a correre.
Non per vantarmi... ma la CB205T, quella originale, ha un bel ruggito.» parlò piano mentre dava una carezza gentile al manubrio scuro.
«La prima volta in cui la vidi, avevo all'incirca la tua età...
Ricordo che l'avevo presa con i miei risparmi e dovevo, ancora, formare la Black Dragons.
Non so se te l'ho mai detto, ma prima Takeomi, Benkei e Wakasa non mi vedevano di buon occhio e... quei tre, me le suonavano di santa ragione.» rise appena al ricordo di loro quattro, da ragazzini, di come inizialmente non erano in rapporti amichevoli e si sfidavano continuamente, con la scusa di conquistare altri territori.
Finché non avevano forgiato, insieme, un forte legame che li aveva tenuti uniti, anche dopo tutto questo tempo.
Sorrise con fare malinconico.
«Mai avrei pensato che, un giorno, l'avrei ceduta a "qualcuno"... a qualcuno che ne fosse degno.»
 
Notò di sfuggita un luccichio particolare nelle iridi nere del minore e non potendo contenere il suo entusiasmo, s'indicò con l'indice destro, incerto, sporgendosi appena in avanti, con il rischio di cadere e trascinare, con se', l'altro e la moto per terra.
Inconsciamente, gli accarezzò la testa bionda facendo scombinare la sua capigliatura ancora di più, per poi guardarlo attentamente negli occhi, facendogli capire che sì, si riferiva a lui quando parlava di quel "qualcuno".
Lui era certo che, suo fratello, era destinato a fare grandi cose.
 
«Insomma, tredici anni è un traguardo davvero importante, specialmente se vuoi farti notare come delinquente, non pensi?» ridacchiò vedendolo con le guance rosse e gli occhietti vispi, osservare meravigliati sia lui che la moto, tentando invano di metabolizzare quella sorpresa, a dir poco incredibile.
«Anche se sei una piccola peste... sei davvero forte, Manjiro.
Sarei più tranquillo se tu... ecco, fosse nelle tue mani.»
 
«D-Davvero? Ne sei sicuro?
Ci tenevi tantissimo a questa moto.»
 
Il biondino non fece in tempo a replicare che ricevette un leggero pugno alla nuca e, subito dopo, sentire una stretta di mano sul suo palmo, ove teneva saldamente le chiavi della moto.
Dopo alcuni minuti, sentì la propria nuca contro sul petto del maggiore, in un abbraccio fraterno.
Sgranò gli occhi.
Aveva dimenticato com'era farsi abbracciare da Shinichiro: di norma, è sempre stato lui a buttarsi a capofitto, solo per ricevere l'affetto e la complicità che solo un fratello sapeva dare.
Era troppo per lui da elaborare.
Borbottò varie frasi sconnesse tra se' e se' e dopo un po', riuscì a capire cosa stava farfugliando di tanto interessante.
Ma, nel fare ciò, gli pizzicarono fastidiosamente le ciglia, facendogli salire un grosso magone alla gola.
 
Aveva detto:"Non quanto tengo a te e la mamma, scemo di un Jiro."
 
Il corvino sciolse delicatamente l'abbraccio e quando si guardarono negli occhi, ancora una volta, Mikey vide impercettibilmente una lacrima solcare sul suo viso niveo.
Poi un'altra ancora, fino a piangere copiosamente.
Era la prima volta, in tutta la sua vita, che vedeva Shinichiro in quel modo.
 
«Ah, dimenticavo di dirti la cosa più importante...
Buon compleanno, Mikey!» mettendo di lato la moto, raggiunse il minore e lo strinse forte, ancora una volta, ridendo nonostante le lacrime.
«Non ci posso credere, il mio fratellino è diventato un ragazzo... e pensare che da piccolo eri proprio un piagnone, accidenti.»
 
«I-Io non piango, non più!» il diretto interessato protestò, facendo tante smorfie buffe, senza però allontanarsi dall'abbraccio.
«Shin, piantala, mi stai bagnando tutto... E puzzi di fumo!»
 
«Solo un altro po' Jiro, per favore~» ridacchiò appena sentendolo brontolare sotto di se', bofonchiando qualcosa riguardo la sua eccessiva euforia.
«Per una volta che voglio essere io il fratello affettuoso, non fare il guastafeste e fatti abbracciare!»
 
Il minore non sembrava del suo stesso parere.
Provò a sgusciare via dalle sue grinfie, per una decina di volte, ma puntualmente il corvino trovava sempre il modo per acciuffarlo e, come si vuol dire, torturarlo con il solletico.
I due ragazzi ricordarono quel giorno con grande allegria e, perché no, anche con una risata.
Quel 20 Agosto del 2003, i fratelli Sano trascorsero la mattina a festeggiare il compleanno del giovane Manjiro, al negozio di moto di cui Shinichiro era il proprietario.
Alla domanda del maggiore, ovvero "vuoi fare un giro?", insieme sfrecciarono in sella alla CB205T, veloci come il vento.
Viaggiarono lontano, con pochi soldi a disposizione, senza sapere dove stessero andando, ma con un unico pensiero in testa.
 
Alla ricerca di un avventura.
 
Ma quando arrivarono a casa, ricevettero entrambi una punizione dal vecchio Masaru Sano che, povero uomo, si era preso uno brutto spavento non vedendoli a dormire nelle loro camere.
Era vero che, sia Mikey che Shin, avevano combinato un casino ad uscire fuori, di nascosto, prima dell'alba.
 
Tuttavia, quell'uscita, ne valse davvero la pena.
 





Angolo dell'autor*:
 
Sono in un mostruoso ritardo di ben due/tre giorni, ma ci tenevo moltissimo a scrivere qualcosa riguardo a Mikey, visto che c'è stato il suo compleanno!
Rinnovo gli auguri a questo piccolo delinquente dal cuore grande e, nulla, che dire se non questo.
 
TANTI AUGURI DI BUON COMPLEANNO, BABY BOSS PASSIONE "KARATE KID"!
🎂🎉🎂🎉🎂🎉🎂🎉
 
Ero indecis* se fare un tentativo o rinunciare, e invece... ECCOMI QUA-
Giuro che doveva uscire in tempi brevi e, ovviamente, con un testo più leggero.
Ma credo che mi conoscete da un po' quando dico e faccio così, in realtà, mi ritrovo a fare l'esatto contrario di quello che pensavo di volere.
Che bello essere incoerenti(?)
Orsù, inauguro questa piccola fanfiction perché ho proclamato (si fa per dire) il mio battesimo di fuoco con Tokyo Revengers.
Volevo che aprisse il sipario il mio favorito nella serie, (credo pure che sappiate a chi mi stia riferendo) ma fa nulla, ognuno ha i suoi tempi... e giuro che gli farò giustizia, statene certi-
Ad ogni modo, è stato un bell'esercizio scrivere del rapporto fraterno che c'era tra Mikey e Shin... E ho il sentore di averli resi leggermente OOC lmao
Ma, considerando che sia la mia prima volta che tratto di questa serie e parlo della loro introspezione... almeno dalla mia prospettiva, non posso lamentarmi molto dai.
Spero di produrre altro su Tokyo Revengers, perché Ken Wakui ha sfornato dei personaggi davvero belli ed interessanti... ed è andato a colpo sicuro perché, in un modo e in un altro, sono finit* per innamorarmene-
Ah, che vecchia volpe.
In cuor mio, spero che vi sia piaciuto questo mio regalo per Mikey... e nulla, grazie per la vostra attenzione!
Non esitate a lasciarmi qualche recensione/messaggio/commento carino nel feedback, o magari qualche critica costruttiva, mi farebbe un sacco piacere fare con voi qualche chiacchierata.
 
Distinti saluti,
Artemìs.
 

   
 
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