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Autore: Nina Ninetta    24/08/2022    1 recensioni
Quando Andrea e Noёl vengono convocati in caserma poiché i rispettivi fratelli sono stati ricoverati a causa di problemi di alcolismo e fumo, i due decideranno di collaborare per chiedere l'affido della nipotina Giorgia. Tuttavia, la legge prevede che solo coppie sposate, o conviventi da almeno 5 anni, possono adottare un minore. I due non hanno scelta: dovranno vivere insieme e fingere di essere una vera coppia per il bene della piccola Giorgia.
[Questo racconto partecipa alla Challenge "To Be Writing 2022" indetta da Bellaluna sul forum Ferisce più la penna].
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3
Si aprano le danze


 
 
Alle otto in punto Andrea salì sul SUV di Noёl De Angelis, destinazione ospedale San Carlo Borromeo. La ragazza aveva adagiato un borsone da palestra sui sedili posteriori. Non era molto grande, aveva preferito riempirla con le cose essenziali, non pensava di fermarsi per troppo tempo. Una volta che gli assistenti sociali avessero appurato che erano effettivamente una coppia convivente, non intendeva restare a casa di Noёl per tutto il tempo necessario. Avrebbero potuto fare una settimana a ciascuno, come facevano le coppie divorziate, o magari lei avrebbe potuto occuparsi di Giorgia durante il giorno, mentre lui era al lavoro, e viceversa lo zio se ne sarebbe potuto prendere cura nelle ore serali, intanto che al lavoro c’era lei.
Il capitano le allungò un foglio.
«Che cos’è?» Chiese, cominciando a leggerlo.
«Il certificato che attesta la nostra convivenza quinquennale. Avrei preferito che fosse da più tempo, ma facendo due conti tu poi saresti risultata troppo piccola d’età.» Otto anni di differenza non erano pochi in effetti.
«Hanno fatto presto.»
«È la fortuna di avere un nome noto.»
Andrea Moretti non rispose. Lei non era figlia d’arte, ciò che possedeva aveva dovuto guadagnarselo con il sudore, i suoi genitori non le avevano mai regalato nulla. Niente. E lo stesso valeva per sua sorella, la quale si era lasciata abbindolare dal buon nome di Gianni – secondogenito del noto maggiore De Angelis –, preferendo la strada apparentemente più semplice da percorrere. Almeno, questo era il suo parere.
Andrea Moretti guardò oltre il finestrino, tenendo l’attestato del Comune di Milano stretto in grembo. Noёl non poté fare a meno di osservarla e di constatare quanto fosse diversa rispetto alla notte appena trascorsa. Le treccine castane erano raccolte in uno chignon, gli occhi erano appena truccati e soprattutto indossava un jeans stretto alla caviglia, un maglioncino rosa pallido e un lungo caban grigio. A tracolla teneva una borsa di pelle scura e morbida, di quelle così grandi da sembrare piccole valigie.
Quando la macchina imboccò la corsia che li avrebbe condotti al parcheggio sotterraneo dell’ospedale, De Angelis parlò:
«Puoi restare in sala d’attesa se preferisci non incontrare Claudia.»
«No, va bene così.»
«Come vuoi.»
Andrea depose il certificato nella borsa, quello sarebbe servito dopo, adesso avrebbero dovuto occuparsi della questione clinica. Insieme salirono nell’ascensore che li condusse direttamente alla reception, dove il capitano chiese informazioni. Gli vennero date e di nuovo presero l’ascensore per raggiungere il secondo piano: medicina generale.
Erano le 8:20 del mattino, le visite erano ovviamente bandite, perciò un’infermiera li arrestò sulla soglia del reparto, quando un giovane medico si accostò: aveva l’aria stanca di chi ha fatto la notte e non vede l’ora di tornare a casa propria.
«Noёl?»
Quest’ultimo alzò lo sguardo oltre la donna in camice verde e il suo volto si illuminò in un sorriso:
«Pierpaolo? Non ci posso credere! Sei proprio tu?»
I due si abbracciarono, davanti agli sguardi sgomenti delle due donne.
«Dottor Masucci, i signori chiedevano di poter entrare per parlare con un medico. Ho detto loro che l’orario delle visite è dalle 13:30 in poi.»
L’uomo in questione adagiò una mano sulla spalla della sua infermiera, rassicurandola che andava tutto bene, quello era un suo vecchio amico, quindi la congedò.
«Che ti serve, Noёl?»
«Mio fratello e sua moglie sono stati ricoverati qui ieri sera.»
Il dottor Pierpaolo Masucci annuì con il capo, pensieroso.
«Non ne ero sicuro che fosse lui, accidenti. È passato troppo tempo dall’ultima volta che ho incontrato Gianni, è cambiato molto.» Spiegò il medico, guardando poi la ragazza qualche centimetro dietro alle spalle del capitano.
«Ah, scusami, lei è Andrea.» De Angelis le passò un braccio intorno alla spalla per spingerla in avanti. «È la sorella di mia cognata, nonché la mia compagna.»
Il dottor Masucci alzò lo sguardo da lei a lui, distendendo le labbra in un sorriso.
«Scommetto che vi siete innamorati il giorno del loro matrimonio. Entrambi testimoni di nozze, i preparativi, la noia, eh?! Gesù, ma da quanto tempo è che non ci vediamo io e te?!»
«In effetti, è da un bel po'…»
Andrea rimase in perfetto silenzio, arrossendo appena. Sentiva tutto il peso del braccio del capitano sulle sue spalle, ma avrebbe dovuto abituarsi, giusto?
La farsa era appena cominciata.
Il dottor Masucci annuì ancora una volta con il capo, mentre il sorriso andava scemando, quindi li invitò ad entrare nel reparto e a seguirlo nell’ufficio del medico di turno, di cui chiuse la porta.
«Pierpaolo, ho bisogno di parlare con Gianni e Claudia per la questione della bambina. Adesso è in un centro sociale ma non intendo lasciarla un giorno di più. Inoltre, vorrei che iniziassero un programma di recupero prima possibile.»
«Capisco, capisco. Ti dirò come la penso, in memoria della nostra vecchia amicizia. Tuo fratello e sua moglie hanno effettivamente bisogno di aiuto, se lasciati soli ricadranno nella tentazione e passare dall’alcol al fumo alla droga, quella vera, è un attimo!» Lo sguardo del medico si era indurito, non era più l’amico con cui stavano ciarlando fino a qualche secondo prima. «Io li avrei mandati a casa oggi stesso, paradossalmente stanno bene, i valori sono nella norma e abbiamo carenza di letti. Tuttavia, se a te fanno comodo un paio di giorni per organizzare il trasferimento alla clinica di cura, ti verrò incontro. A che servono gli amici, sennò?!» Masucci sorrise e Noёl rispose che gliene sarebbe stato grato. Poi gli mostro la brochure che gli aveva dato Danielle Greco la sera precedente, per chiedergli consiglio. «È un’ottima soluzione, forse la migliore della regione. Hanno un buon programma di recupero, sono molto ligi nelle regole, ma anche seri. Se si rendono conto che un caso è irrecuperabile, non perdono tempo e non amano lo spreco di soldi. Lo rimandano a casa in poche parole. Puntano sul buon nome, il loro obiettivo è recuperare quanti più pazienti possibili per tenere sempre alta la considerazione e la notorietà della struttura.»
«Ho un ultimo piacere da chiederti, Pier» Noёl attese che l’amico gli desse l’OK per proseguire. «Avremmo bisogno di parlare con loro. Entrambi, insieme.»
Pierpaolo Masucci fece cenno di sì con la testa, guardando Andrea e poi di nuovo il capitano.
«Sarò debitore alle infermiere per un mese, sai questo cosa significa?!»
«Spero non sia un lavoro troppo faticoso per te» scherzò De Angelis e tutti e due risero, poi il medico disse loro di aspettare lì qualche minuto. Sarebbe passato a chiamarli personalmente, quindi uscì dalla stanza e si richiuse la porta alle spalle.
Andrea Moretti teneva lo sguardo all’insù, puntato sul volto ancora divertito di Noёl.
«Che c’è?»
«Che battuta squallida: “Spero non sia un lavoro troppo faticoso”» Fece lei.
«Manchi di umorismo, lo sai?!»
«O forse non è così squallido come il tuo.» Andrea si adagiò con il bacino contro la scrivania, non voleva pensare al momento in cui avrebbe incontrato Claudia. «Avresti anche potuto evitare di dirgli che siamo una coppia. Secondo me, non ci ha creduto neanche per un momento.»
«Se vuoi convincere i tuoi nemici, devi prima convincere i tuoi amici.»
«Bella questa. Ve la insegnano all’Accademia?»
Noёl De Angelis fece per controbattere, ma proprio in quel momento la porta si spalancò e Pierpaolo Masucci fece segno di seguirlo. Li precedette lungo il corridoio del reparto, informandoli sullo stato di salute di Claudia e Gianni: stavano bene, erano collaborativi, ma anche nervosi poiché non avevano avuto notizie della propria bambina dalla sera precedente. Ovviamente, negavano di essersi ubriacati e di aver perso i sensi per diverse ore, quindi non poteva essere certo di come avrebbero reagito vedendoli. Finalmente si fermò davanti una porta chiusa, era l’ultima della fila e non aveva nessun numero sopra.
«Questa è la camera che usiamo per i deceduti che aspettano di essere trasferiti all’obitorio.» Il dottore dovette notare il volto di Andrea che impallidiva. «Mi dispiace, non sono riuscito a fare di meglio.»
Noёl gli strinse una spalla e gli allungò la mano.
«Hai fatto più del dovuto. Grazie amico, a buon rendere.»
Pierpaolo Masucci afferrò il palmo che De Angelis gli aveva teso e lo tenne stretto a lungo nel suo:
«L’invito al vostro matrimonio è il minimo che possiate fare per sdebitarvi» scherzò, congedandosi con una grossa risata.
Noёl e Andrea si scambiarono uno sguardo indecifrabile, forse alla fine il dottore aveva creduto alla loro storia d’amore, poi lui adagiò una mano sulla maniglia della porta e insieme entrarono.
 
La stanza dalla pianta quadrata era completamente spoglia, fredda, con le pareti dipinte di un verdino spento, il tutto corredato da un forte odore di disinfettante. La piccola finestra affacciava sul lato interno dell’ospedale, quello nascosto ai visitatori, il più recondito. I due letti erano stati adagiati alle pareti laterali, uno di fronte all’altro. Entrambi i pazienti vi erano seduti sopra, con le gambe allungate sotto le coperte e un lavaggio a ciascuno che terminava direttamente nella vena del braccio destro.
Claudia sgranò gli occhi quando vide sua sorella, sollevò le braccia in attesa che Andrea corresse ad abbracciarla. Le due ragazze si strinsero forte, piangendo silenziose. Noёl le guardò baciare una la fronte dell’altra, prima di strofinarsi la punta dei nasi. Claudia era più giovane di Andrea di ben tre anni, alcune ciocche del caschetto biondo e liscio erano appicciate al viso bianco e dal colorito malaticcio. Occhiaie profonde e grigie le infossavano gli occhi chiari nelle orbite. Erano l’una l’opposto dell’altra, non solo nei tratti somatici, ma anche caratterialmente. Il capitano l’aveva notato la prima volta che se le era trovate sedute di fronte, durante la cena per ufficializzare il fidanzamento di suo fratello.
«Fanno sempre così quelle due» disse Gianni dal suo letto. Noёl gli si accostò e lo guardò dall’alto. Anche lui, come la moglie, aveva un incarnato grigiastro. «Abbiamo fatto un bel casino questa volta» aggiunse, passandosi una mano sul volto.
«Già, bello grosso.» Gli fece eco Noёl e sentendo la sua voce impassibile, Andrea e Claudia si voltarono a guardarlo.
«Papà lo sa, gliel’hai detto? Ti prego, non farlo…» Lo supplicò Gianni, strattonandolo per una manica del cappotto. Noёl si tirò indietro, abbozzando una smorfia, infastidito da quel tocco.
«Ti preoccupi del giudizio di quel vecchio invece di dove sia tua figlia. Sei proprio il suo degno erede…»
«Perché? Dov’è Giorgia? Non è con te?» Claudia si rivolse direttamente a sua sorella, la quale abbassò il capo e fece qualche passo indietro. Se voleva portare a termine l’obiettivo per cui era lì, doveva evitare di guardare la sua sorellina diritta in faccia, o non ci sarebbe riuscita. Aveva sempre avuto un debole per lei, fin da quando era nata, forse perché i loro genitori erano relativamente anziani e completamente assorbiti dalle proprie mansioni da non avere il tempo di occuparsi di loro. Si era sempre sentita responsabile della sua incolumità, fallendo.
«Sarò franco e diretto il più possibile, in modo che voi capiate la situazione e la sua gravità. Prima lo farete, prima potremmo andarcene da qui.» Noёl spostò lo sguardo dal fratello Gianni alla cognata Claudia. «Mi seguite?» I due pazienti annuirono. «Giorgia sta bene, adesso è in centro sociale in attesa che venga affidata a noi. Ce ne prenderemo cura mentre voi sarete ricoverati alla clinica “San Nicola” per alcolisti e tossicodipendenti.»
«Che cosa?» Gianni si agitò. «Noi non abbiamo bisogno di alcun centro di recupero! Stiamo bene! Eravamo solo stanchi!»
«Stanchi? Eravate morti! E avete permesso una cosa del genere con una bambina di cinque anni in giro per casa!» Tuonò Noёl contro il fratello.
«E chi dovrebbe prendersi cura di Giorgia? Tu? Tu, che non sai neanche cosa significa amare qualcuno? Essere parte di una famiglia?!»
«Lo so cosa stai cercando di fare, lo so benissimo. Ma non cadrò nella tua trappola, sono venuto qui solo per informarti che tra un paio di giorni verrete spostati al centro di recupero di Como.» Noёl gli lanciò il depliant della struttura in grembo.
«Voglio parlare con papà.» Disse Gianni chinando il capo, simile a un bambino capriccioso.
«Hai paura che non ti versi più gli alimenti?» Ribatté Noёl sarcastico.
«Andy, ti prego, non permettergli di rinchiuderci. Non siamo malati, è capitato una volta. Gianni ha ragione, eravamo stanchi, abbiamo bevuto un goccetto in più e Giorgia stava bene, l’avevo messa a letto. Andy, ti prego…» Claudia piangeva, tendendo le braccia verso la sorella. Andrea teneva il viso puntato sul pavimento, bagnato a sua volta dalle lacrime, sapeva che alzandolo sarebbe corsa incontro alla sua sorellina e non avrebbe permesso che fosse internata in quella casa di cura. Piuttosto si sarebbe trasferita a casa sua per tenerla d’occhio, licenziandosi se fosse stato necessario, sacrificando la sua intera esistenza solo per lei. Tuttavia, la sua parte più razionale sapeva benissimo che non sarebbe servito a nulla, che sua sorella e suo cognato avevano bisogno di un aiuto diverso e lei non poteva darglielo. Non ne aveva le competenze, né la forza d’animo. Né tantomeno i soldi.
«Mi dispiace Clà, mi dispiace tanto» riuscì solo a dire.
«Non ascoltarlo, Andy!» Intervenne Gianni, comprendendo che l’ago debole della bilancia era lei. «Mio fratello sa essere molto bravo a convincere le persone a fare ciò che vuole lui. Le manipola a suo piacimento. Tu adesso credi che l’unica soluzione possibile sia farci rinchiudere per mesi e mesi, lontano da nostra figlia, ma non è così. Non pensi a Giorgi?! Come farà senza la sua mamma?!»
Quelle ultime parole ebbero su Andrea Moretti l’effetto di un pugno. Alzò lo sguardo su De Angelis:
«Potrei occuparmene io. Potrei trasferirmi a casa loro il tempo necessario per la riabilitazione e prendermi cura di-»
«No!» Fu la risposta tassativa di Noёl che non si voltò neanche a guardarla. «Abbiamo deciso che seguiranno un programma di recupero come si deve!»
«Tu l’hai deciso!» Esclamò Andrea e questa volta lui la fissò, sembrava deluso.
«Ecco! Lo sapevo!» Intervenne Gianni, mentre i due continuavano a osservarsi in cagnesco. «Lui è geloso di me e del mio matrimonio. E adesso vuole impossessarsi anche di mia figlia! La vuole tutta per sé! Ce la toglierà, Andy, ci porterà via la piccola Giorgi!»
«Ci prenderemo cura di Giorgia entrambi. Nessuno ve la porterà via.» Spiegò infine Andrea, distogliendo finalmente gli occhi castani da quelli azzurri di Noёl. Non sarebbe mai riuscita a reggerne il confronto.
«Oh mio Dio, siete d’accordo!» Sbottò Gianni, continuando ad agitarsi nel suo letto. «Cristo Santo, Claudia! Sono d’accordo!»
«Andy, perché mi stai facendo questo? Io non ti avrei mai fatto una cosa simile!» Pianse Claudia.
«Prima accetterete le circostanze, prima uscirete da questa situazione. Essere collaborativi ora è la migliore scelta che possiate fare. Verremo a farvi visita, con Giorgia.» Concluse Noёl, sfiorando il braccio di Andrea per invitarla a seguirlo fuori dalla stanza.
Claudia scoppiò in un pianto isterico, coprendosi il volto con le mani, mentre Gianni non riusciva a dimenticare il tocco a cui aveva appena assistito tra suo fratello e sua cognata. Da quando quei due erano in confidenza tale da sfiorarsi?
«Cristo Santo, te la scopi?!» Esordì, incredulo. Claudia, dall’altra parte della stanza, alzò la testa. «Da quanto tempo va avanti questa cosa? A nostra insaputa poi? Eh, Noёl, da quanto ve la spassate insieme?!»
«Andiamo via, qui abbiamo finito» disse Noёl aprendo la porta e lasciando che Andrea fosse la prima a oltrepassare la soglia.
«Ti piace il cazzo del capitano De Angelis, eh An-dy?» Urlò ancora Gianni, scandendo le ultime sillabe.
Andrea sgranò gli occhi per la vergogna, rossa in volto fece per rientrare nella stanza, ma Noёl le ostruì il passaggio, voltandosi un’ultima volta indietro:
«Mi vergogno di essere tuo fratello.» Furono le ultime parole pronunciate, quindi richiuse la porta.
 
Nessuno dei due aprì bocca per tutto il tragitto che li condusse al SUV, neanche quando l’auto uscì dal parcheggio sotterraneo e si immise nel traffico cittadino. Sebbene ci fosse il sole, le temperature erano fredde e in ogni caso le previsioni meteo quella mattina davano una perturbazione in arrivo in serata.
Noёl De Angelis rallentò in prossimità di un semaforo arancione e si fermò del tutto quando scattò il rosso, dietro di lui le altre macchine cominciavano già ad accodarsi. Osservò la ragazza seduta alla sua destra, non aveva detto nulla da quando avevano lasciato quella camera d’ospedale, ostinandosi a tenere gli occhi puntati sulla strada. L’uomo si chiese se la vedesse davvero, la strada e i passanti, gli alberi e le vetrine dei negozi, o se la mente vagava lontano. Si schiarì la voce, sperando di distrarla dai suoi pensieri, ma nulla, allora non gli restò che parlare.
«Ti chiedo scusa da parte di mio fratello.» Iniziò. Andrea non si voltò a guardarlo, ma perlomeno parlò, scuotendo il capo.
«Non è per quello che sono amareggiata» ammise. «Lavoro in un pub, di notte, preparo cocktail a uomini di ogni età e sono abituata a sentirmene dire di ogni, fidati. Mi sento in colpa nei confronti di Claudia. È come se l’avessi abbandonata. E se potessi aiutarla senza mandarla in una clinica? E se davvero Giorgia avesse bisogno dei suoi genitori e non di una coppia male assortita di zii?»
«Una cosa è la mancanza di rispetto da parte degli sconosciuti, un’altra da una persona cara.» Le fece notare Noёl. «In circostanze diverse, se non fosse costretto in un letto d’ospedale, gli avrei sferrato un pugno.»
Andrea alzò lo sguardo, meravigliata da quelle parole. Davvero lo avrebbe fatto? Per quale motivo? Difendere il suo onore o il proprio? Fu tentata di chiederglielo e lo fece:
«Per difendere il mio onore di fanciulla o il tuo buon nome?»
Noёl De Angelis sorrise, poi partì lentamente quando il semaforo si illuminò di verde.
«Vedi che sai essere spiritosa quando vuoi?!» Mise la freccia e svoltò a destra, prossima fermata Centro “La Fata” «Tornando al discorso della clinica, è l’unica soluzione. Le persone come loro non vedono la situazione per quella che è realmente, la sua gravità. Non si sono neanche resi conto di quanto tempo siano rimasti senza sensi. Non avresti potuto aiutare Claudia, fidati.»
Andrea tornò a chinare la testa.
Fidarsi… non aveva mai potuto fidarsi di nessuno nella sua vita, solo di se stessa. Non era abituata a fare affidamento sugli altri, ma quella volta non aveva scelta. I suoi genitori erano ultrasessantenni e vivevano a diversi chilometri di distanza da Milano, costringerli ad affrontare una situazione sgradevole e deprimente come quella di Claudia era un accanimento bello e buono. Meglio lasciarli vivere nella convinzione che le loro due figliole stavano più che bene.
«Tu e Gianni siete fratellastri, giusto?» Chiese poi, di nuovo, come la sera precedente gli aveva domandato se lui e l’avvocato erano mai stati insieme, anche ora la bocca si era mossa da sola e si stava impicciando di cose che non la riguardavano.
«Esatto. Abbiamo lo stesso padre, ma figli di madre diversa. Io sono nato dal primo matrimonio, da madre francese. È morta quando avevo diciassette anni, ma lei e mio padre, il maggiore Giorgio De Angelis, erano già divorziati. All’epoca Gianni aveva tre anni.»
«Il tuo nome è francese, allora. Noёl, significa Natale…» Disse Andrea, quasi come se stesse parlando tra sé.
«Sì. Vuoi sapere come si sono conosciuti i miei? È molto romantico…»
Andrea tornò a guardarlo, lui stava sorridendo mentre teneva gli occhi fissi sulla strada.
«Mio padre era stato mandato in missione in Congo, nel 1978 c’era la guerra civile lì. La sua era una missione umanitaria, ma contrasse una brutta febbre e venne mandato all’ospedale da campo più vicino. Qui, mia madre era capo infermiera e, indovina un po’, i due finirono per innamorarsi. Tornati in Europa, mio padre si recò in Francia e chiedere la sua mano. Si sposarono e vennero a vivere qui in Italia. Fu un matrimonio felice, fin quando il maggiore De Angelis non si invaghì di una cameriera…»
«La mamma di Gianni» terminò per lui Andrea.
«La mamma di Gianni, brava. Sei un tipo sveglio» scherzò ancora Noёl. «Mia mamma mi prese per mano, avevo circa sei anni, e raggiungemmo una sua cugina che viveva già da tempo a Rho, in una bella villa in fondo a una stradina di campagna…» Il capitano le lanciò uno sguardo, in attesa che mettesse insieme i pezzi, ma Andrea continuava a guardarlo aspettando che lui continuasse il racconto. Non c’era arrivata. «Sei un tipo sveglio, ma non troppo. La cugina di mia madre, anche lei francese, ci ospitò, sebbene avesse un marito avvocato e una figlia a cui badare, di nome Danielle…»
Questa volta la giovane spalancò gli occhi.
«Quella Danielle?»
Noёl rise e confermò, ormai mancava poco all’arrivo.
«Tu e l’avvocato siete parenti?»
«Cugini di secondo grado, credo.»
Andrea chinò il capo, era arrossita ripensando alla domanda che gli aveva fatto la sera precedente. Ecco spiegato il motivo per cui la donna conosceva così bene la famiglia De Angelis, i baci sulla guancia, la confidenza: erano imparentati.
Allora perché lui le aveva risposto in quel modo?
Si vergognava come un’adolescente al suo primo appuntamento.
«E prima che ti faccia strane idee, io e Danielle non siamo mai stati insieme. Inoltre, lei è gay…» Noёl parcheggiò nello spiazzo antistante il palazzo ottocentesco e spense il motore.
«È gay? Davvero? Ha una compagna?»
«Una moglie a dire il vero. Si sono sposate in Spagna qualche annetto fa.» Aprirono gli sportelli dell’auto all’unisono e abbandonarono l’abitacolo.
«Che cosa romantica!» Esclamò Andrea, seguendo il capitano lungo il marciapiede. «Una famiglia in cui non ci si annoia mai, la tua» aggiunse la ragazza.
«Purtroppo…» concluse lui, bussando al campanello della cooperativa sociale.
 
 
La coordinatrice del Centro Sociale “La Fata” era una donna sulla sessantina, bassina e con i capelli corti e scuri, decisamente troppo tonda per i suoi pochi centimetri di altezza. Li accolse con una gentilezza plateale, di circostanza, ascoltando le vicissitudini dei suoi interlocutori e leggendo parola per parola il certificato di convivenza che Andrea Moretti le porse.
Quando ebbe finito la lettura, chiese ad entrambi se desiderassero un caffè, ma questi rifiutarono. Ciò che desideravano, dissero, era solo prendere la piccola Giorgia con loro e andare via. Peccato che la donna sembrava volerla portare per le lunghe.
«Quindi convivete da cinque anni tondi tondi. Incredibile. Una vera coincidenza.»
«Cosa è una vera coincidenza?» Chiese Andrea sulla difensiva.
«No, dico: una vera fortuna, considerando il fatto che la legge prevede l’affido solo alle coppie che siano conviventi da un minimo di cinque anni.» Silenzio. La coordinatrice zuccherò il suo caffè e vi immerse il cucchiaino. «Quindi, siete entrambi gli zii di questa bambina i cui genitori sono rispettivamente sua sorella e suo fratello.» Continuò, indicando prima l’una poi l’altro.
«Sì, proprio così. Che coincidenza, vero?» Fece Noёl.
«Proprio una buffa coincidenza. E come vi siete conosciuti?»
«A una festa.» Rispose Andrea.
«Al mare.» Disse in contemporanea il capitano De Angelis, il quale precisò. «A una festa al mare.»
La donna mosse il capo su e giù un paio di volte, studiandoli attentamente da sopra la propria tazzina fumante.
«Al mare? Dove, precisamente?»
«In Versilia.» Rispose questa volta la giovane ragazza. «Io sono originaria di lì e lui ha una villa estiva dove di solito si reca per le vacanze.»
Era vero, ma stava praticamente descrivendo l’incontro tra Claudia e Gianni.
«E che lavoro avete detto che svolgete?» Chiese ancora la donna.
«Io sono Capitano della “Scuola Militare Caserma di Teulié” di Milano. Lei lavora come cameriera a un pub.»
«Barista.»
«Prego?» Fece la coordinatrice, immediatamente sull’attenti.
«Come barista, non cameriera. Al “London Pub of Milan”. È famoso qui in zona. Non lo conosce?» Spiegò Andrea.
«No, spiacente.» Fu la risposta della donna. «E come pensate di organizzare i vostri orari? Prendersi cura di una bambina non è cosa da poco. Le vostre vite saranno sconvolte.»
«Lei smetterà di lavorare e si occuperà di Giorgia.» Rispose Noёl beccandosi un’occhiataccia da parte di Andrea.
«Come scusa? Io non smetterò di lavorare, perché non resti tu a casa?»
«Io? Non essere ridicola!» I due si fissarono assottigliando gli occhi, la donna seduta di fronte a loro osservò in silenzio, prima di girare il coltello nella piaga:
«Come mai non avete figli?»
Andrea e Noёl si voltarono allo stesso momento verso la coordinatrice, l’espressione di chi non ha capito bene la domanda.
«Stando al certificato, convivete da cinque anni, fidanzati da… già, da quanto tempo siete fidanzati?»
«Sette» rispose prontamente Andrea, prima che potesse farlo anche il capitano De Angelis.
«Sette più cinque fa dodici. Vi conoscete da dodici anni?»
«Sette» precisò Noёl. «Sette anni in tutto che stiamo insieme» specificò poi.
«Sette anni. Quindi, due da fidanzati e cinque da conviventi. E non avete mai pensato di avere un figlio?»
I due la fissarono per qualche secondo, non sapendo bene cosa rispondere. Se avessero detto che non volevano figli, la donna avrebbe potuto pensare che non amavano i bambini e quindi come si sarebbero potuti prendere cura di Giorgia? Noёl aprì la bocca per parlare, ma Andrea lo precedette, di nuovo.
«Veda, signora coordinatrice, come tutte le coppie desideriamo tanto un figlio, semplicemente non ci sentiamo ancora pronti. Ci piace l’idea di goderci la nostra storia, di viaggiare e vedere il mondo, arriverà il giorno in cui ci fermeremo per mettere su famiglia, ma per ora stiamo bene così.» Andrea allungò la mano e la posò su quella di Noёl, il quale intrecciò le dita alle sue. «Questa però è una situazione d’emergenza. Giorgia ha bisogno dei suoi zii, che la amano e la conoscono bene. Inoltre, sappiamo che si tratta di un momento transitorio, che non durerà per sempre. Siamo qui per aiutare lei, ma non solo. Sono stati i nostri stessi fratelli a chiedercelo. Chi meglio di noi può prendersene cura?»
La coordinatrice osservò Andrea per qualche istante, senza abbassare mai lo sguardo, né lei tremò. Noёl si portò la sua mano alle labbra e ne baciò il dorso. Un bacio lungo, profondo, sentito. Andrea arrossì, sforzandosi di non dare a vedere tutto il suo imbarazzo di fronte alla donna, la quale finalmente si mise in piedi e disse loro di scusarla un attimo, sarebbe tornata a breve con la documentazione da firmare.
«Possiamo portarla a casa con noi?» Chiese il capitano.
«Sì.» Fu la risposta sbrigativa della donna che uscì dall’ufficio, lasciandoli soli.
Andrea e Noёl si sorrisero e si strinsero in un abbraccio alquanto goffo, impacciato, sciogliendo poi l’intreccio delle dita e guardando in direzioni opposte, entrambi a disagio.


 
  
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