Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: Nina Ninetta    25/08/2022    1 recensioni
Quando Andrea e Noёl vengono convocati in caserma poiché i rispettivi fratelli sono stati ricoverati a causa di problemi di alcolismo e fumo, i due decideranno di collaborare per chiedere l'affido della nipotina Giorgia. Tuttavia, la legge prevede che solo coppie sposate, o conviventi da almeno 5 anni, possono adottare un minore. I due non hanno scelta: dovranno vivere insieme e fingere di essere una vera coppia per il bene della piccola Giorgia.
[Questo racconto partecipa alla Challenge "To Be Writing 2022" indetta da Bellaluna sul forum Ferisce più la penna].
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 4
Giorgia De Angelis


 
 
Giorgia De Angelis era una bambina di cinque anni, magrolina e con grandi occhi color nocciola che tendevano al verde scuro nelle belle giornate. Suo zio Noёl non ci aveva mai fatto caso, ma erano identici a quelli della zia materna Andrea. In realtà, le due si somigliavano molto, decisamente più di quanto la piccola ricordasse la mamma. Anche il loro rapporto era speciale, viscerale quasi, parevano capirsi al volo e riuscivano anche a scherzare insieme. Più di una volta, durante i quasi tre mesi di convivenza, il capitano si chiese come fosse possibile che una bambina di cinque anni e una donna di ventotto riuscissero a essere così complici in tutto ciò che facevano. Dallo scegliere cosa vedere in TV, al cibo, fino addirittura alle battute di Andrea che Giorgia sembrava comprendere benissimo. E ridevano. Ridevano tanto.
Andrea Moretti era stata molto brava a spiegare alla piccola la situazione, senza spaventarla più del dovuto, trovando le parole giuste da dire ed evitando quelle troppo complicate per lei. Noёl avrebbe messo su una scusa qualunque e via, se Giorgia gli avesse creduto bene, altrimenti pazienza.
Invece, la sua quinquennale convivente (almeno sulla carta), si era seduta sui sedili posteriori della BMW, tenendo stretta a sé la piccola Giorgi – come era solita chiamarla – e raccontandole quello che era successo e ciò che sarebbe accaduto nei giorni a venire. La bambina l’aveva ascoltata, senza piangere neanche una volta, porgendo domande giuste per la sua età, la sua unica preoccupazione per il momento sembrava essere quella di non poter vedere la mamma e il papà.
La zia, però, le aveva promesso che li avrebbero telefonati tutti i giorni e che, se i medici lo ritenevano opportuno, sarebbero potuti andare trovarli nel fine settimana.
«Ma tu devi lavorare, zia Andy» le aveva fatto notare Giorgia.
«Chiederò un giorno di riposo» su quello la giovane aveva mentito. Si era già presa una settimana di pausa per stare al fianco della nipotina. Infatti, nonostante fosse con persone che conosceva bene, il cambiamento era radicale e non le andava di lasciarla da sola, soprattutto la sera, quando i demoni si animavano nelle ombre lungo i muri.
 
Giorgia De Angelis, che doveva il suo nome al nonno Giorgio, fissò gli occhietti vispi sulla strada che si dipanava davanti a sé e ad Andrea si strinse il cuore: così piccola, così indifesa, eppure già pronta ad affrontare le difficoltà della vita. Quando la coordinatrice del centro sociale si era ripresentata nell’ufficio con le carte da firmare, aveva portato con sé la bambina, tenendola per mano. Andrea aveva trattenuto le lacrime per miracolo: Giorgia sembrava già deperita, con addosso un pantaloncino di velluto a costine e un maglioncino verde. Quegli abiti non le appartenevano, non erano i suoi. Abiti usati che evidentemente le avevano dovuto mettere per pulirla.
Adesso, osservandola dall’alto, l’emozione tornò prepotente. Sentendola fisicamente fra le sue braccia si sentì invadere da un sentimento che non aveva mai provato prima, era un miscuglio di paura per quello che sarebbe potuto accadere e il sollievo di tenerla lì, al sicuro. E al sicuro si sentiva anche lei: non era sola. Non questa volta. Calde lacrime bruciarono agli angoli degli occhi, adagiò il mento sul capo della bimba e guardò dritto davanti a sé. Le strade di Milano erano un viavai di macchine, di pedoni indaffarati, di lavavetri ai semafori. Intercettò lo sguardo di Noёl che le osservava entrambe attraverso lo specchietto retrovisore. Si sorrisero in maniera quasi impercettibile, sussurrandosi tacitamente un “ce l’abbiamo fatta”.
 
Andrea Moretti non era mai stata a casa del capitano Noёl De Angelis, ovviamente, e perché avrebbe dovuto? Non sapeva bene cosa aspettarsi, come immaginarla, perciò non si meravigliò di ritrovarsi in un moderno appartamento alle porte della città milanese.
Il bilocale era sito all’ultimo piano di un complesso costruito appena otto anni prima, vi si accedeva direttamente dai garage sotterranei e poteva contare su un’ampia balconata che abbracciava l’intero stabile. Il giardino interno era curato e scoperto, al centro del quale troneggiava una fontana in stile giapponese, sul cui fondo azzurro vi erano disegnati dei pesci rossi così perfetti da sembrare reali.
Il cuore della giovane barista aveva accelerato i battiti nel momento in cui lui le aveva annunciato che erano arrivati. Era stata così presa dalla presenza di Giorgia, dal sollievo di tenerla al suo fianco, che aveva quasi dimenticato il particolare che da quel momento avrebbe vissuto a casa di Noёl.
L’appartamento era in penombra, le tende scure erano state chiuse e aprirle per far entrare la luce del giorno fu la prima cosa che il padrone di casa fece, rivelando un open space spazioso e in stile industrial: cucina grigio scuro, una penisola corredata di sgabelli e sulla parete di fronte un divano di pelle marroncina, posizionato proprio dinnanzi una televisione grossa quanto lo schermo di un cinema.
Una decina di scale, in legno e ferro battuto, conducevano al piano superiore.
Notando che la ragazza guardava proprio quest’ultime, Noёl cominciò da lì:
«Di sopra c’è la mia camera da letto e un bagno. Questa è la cucina, lì c’è il mio studio e dall’altra parte il secondo bagno.»
«Quella è anche la mia cameretta!» Esclamò Giorgia, indicando la stanza che lo zio aveva presentato come il suo studio.
«Vero!» Annuì quest’ultimo prendendo la bambina in braccio.
Andrea rimase immobile, aveva di nuovo la sensazione di sentirsi piccola e ingombrante in contemporanea, la borsa con i suoi abiti stretti in una mano, senza sapere cosa fare o dire. Non avrebbe mai potuto funzionare, quella non era casa sua e non l’avrebbe mai avvertita come tale. Era fredda. Lo stile in cui era arredata era senza calore, senza emozioni, proprio come il suo padrone, come lo aveva sempre avvertito. Sentito.
«Andrea?»
«Eh?»
La ragazza parve svegliarsi da un sonno a occhi aperti, Noёl si era avvicinato allo studio, ne aveva aperto la porta e acceso la luce.
«Zia Andy?» Giorgia la stava tirando per una mano. «Vieni a vedere la mia stanza!» La incitò e la ragazza si sforzò di sorridere seguendola.
La stanza era effettivamente uno studio, con una scrivania occupata da un pc portatile, un portapenne e un calendario dell’esercito italiano appeso alle spalle. Ma ciò che risaltava agli occhi era l’ampia biblioteca che raccoglieva decine e decine di libri, dai classici ai romanzi più moderni. Andrea lesse alcuni titoli, accarezzandone il dorso con occhi sognanti, manco fossero l’addome di un amante. Noёl lo notò, ma preferì non dire nulla per il momento.
Giorgia si sdraiò sul lettino contro la parete, a sinistra della porta, lindo e pinto con il copriletto di Frozen.
«Zia Andy, ti piace il mio letto?»
«Bellissimo!» Si sforzò di sorridere la ragazza.
«Potreste dormire insieme, poi se la cosa dovesse prolungarsi, potrei comprare un letto a castello» Disse il capitano.
«Andrà benissimo. Noi dormiamo sempre insieme quando si ferma a casa mia, vero Giorgi?» Aggiunse Andrea, sedendosi sul letto con la bambina che afferrò un libro dallo scaffale: Il Piccolo Principe.
«Me lo leggi stasera? Con zio sono arrivata qui!» La piccola aprì il piccolo volume dove aveva lasciato il segno l’ultima volta.
«Bisogna andare a prendere abiti puliti a casa di Gianni» le interruppe il capitano e Andrea lo guardò, rendendosi conto solo in quel momento che effettivamente la bambina non aveva ricambi.
«Vado io, ho le chiavi. Voi mettetevi comode. Giorgia, fai vedere tu il resto della casa alla zia Andy?»
«Sììì!» Urlò la bambina saltando giù dal letto con un pugno alzato al cielo, in segno di vittoria.
 
*
 
Come era prevedibile, la piccola Giorgia si era addormentata subito dopo aver cenato.
Andrea le posò un bacio sulla testa, lasciandole accesa la lampada da pavimento ritta nell’angolo più in alto della stanza, vicino alla finestra. Una dolce luce soffusa le illuminò il dolce visino e la tennero al riparo dai sogni cattivi.
Le previsioni meteo avevano avuto ragione riguardo quella giornata: il maltempo era arrivato e adesso Milano era sepolto sotto una fitta pioggia.
Quando la ragazza tornò in cucina la trovò vuota. Noёl non c’era più, e neanche i piatti e i bicchieri sporchi che aveva lasciato sul lavandino prima di mettere a letto Giorgia. Si chiese se fosse salito al piano superiore, poi uno spiffero di aria fredda la fece rabbrividire e notò la portafinestra socchiusa, la tenda che ondeggiava piano pareva chiamarla, dirle di avvicinarsi. Lo fece, uscì sul terrazzo e lo trovò seduto sul dondolo a fumare un sigaro, mentre nell’altra mano teneva un bicchiere di liquore. A giudicare dal colore ambrato doveva essere whisky. In fondo, pensò Andrea, il capitano Noёl De Angelis era un tipo da whisky, di quello più pregiato, di quello solitario. Si era rasato e alcune ciocche dei capelli umidi gli ricadevano in avanti, alla luce della notte parevano più scuri, quasi dello stesso colore del liquore che stava sorseggiando. Aveva indossato un comodo maglioncino marrone e un pantalone della tuta mimetico, probabilmente dell’esercito. Lo osservò spegnere il sigaro nel posacenere e giocherellare con il bicchiere di vetro con entrambe le mani, il ghiaccio tintinnò.
Andrea si rese conto di sentirsi terribilmente a disagio, quasi non fosse all’altezza di trovarsi lì, ad assistere a quello spettacolo, come se avesse violato la sua privacy. Gettò il pollice all’indietro e fece per parlare, balbettando:
«Vo-volevo solo dirti che vado a dormire anche io.»
«Domani mattina Gianni e Claudia verranno trasferiti.» Annunciò lui, nel suo classico modo di parlare atono, eppure la ragazza lesse un velo di tristezza nei suoi occhi chiari. Che fosse rimpianto il suo? Semplice stanchezza?
Un lampo illuminò di viola il cielo scuro, seguito dal rimbombo di un tuono. La pioggia aumentò la sua portata, ma il terrazzo coperto li tenne all’asciutto, sebbene il freddo si facesse sentire senza troppi complimenti e la ragazza stava letteralmente gelando. Ripensò al calduccio dentro casa, a una doccia bollente che non vedeva l’ora di farsi per sciogliere i nervi e lo sporco che si portava dietro dalla giornata appena trascorsa, invece non riusciva a muoversi dal suo posto.
Noёl De Angelis non le era mai piaciuto, ma non in senso negativo.
Caratterialmente Andrea non riusciva a legare con chi la metteva a disagio, nel bene e nel male, e il capitano era uno di questi.
 
L’aveva conosciuto per la prima volta in Versilia, durante la cena per ufficializzare il
fidanzamento tra Claudia e Gianni, il secondogenito dell’illustre maggiore De Angelis. Erano stati invitati nella villa di quest’ultimo, una delle più belle dell’Alta Versilia, di quelle che per una vita intera i suoi umili genitori avevano solo potuto ammirare da lontano, neanche sognare di poterne un giorno varcare la soglia da invitati e non da domestici. Le avevano fatto il lavaggio del cervello, letteralmente, sul comportarsi bene ed essere educata, senza uscirsene con una delle sue solite battute inadatte alla situazione. Soprattutto, Andrea aveva sentito nominare così tante volte il nome di Noёl che era diventato quasi una figura astratta, una specie di idolo che non avrebbe mai conosciuto di persona. Invece, proprio quella sera, Gianni glielo aveva presentato, e lei ne era rimasta affascinata, più per le storie che le avevano raccontato che per la sua sola presenza – che pure meritava!
Erano i primi di settembre, le temperature ancora miti e piacevoli, il mare calmo espandeva in tutta la casa un buon odore di estate, di felicità. Il capitano teneva allora i capelli più corti e una barbetta curata, era un trentenne consapevole dalla sua avvenenza, del ruolo che ricopriva, uno di quegli uomini che quando entrava in una stanza la riempiva completamente. Aveva un che di fiero, come un felino, un giovane leone.
Era diverso da Gianni, un ragazzo quest’ultimo più semplice, anonimo nel volto e nei colori del bruno, la fotocopia perfetta della madre. Claudia le aveva rivelato che il maggiore De Angelis aveva tradito la moglie con la domestica, di quasi quindici anni più giovane. La moglie, una francese, aveva preso con sé il loro bambino ed era andata a vivere a casa di una cugina, ma si era poi ammalata di cancro ed era morta.
Nessuno, tuttavia, sospettava che tra Giorgio De Angelis e il suo primogenito non corresse buon sangue. Lo avrebbero scoperto a proprie spese.
Noёl era irriverente, impertinente, con la battuta sarcastica sempre pronta e quell’aria da eterno infastidito dalla presenza altrui. Si era presentato scherzando sul fatto che Andrea avesse un nome maschile, senza preoccuparsi di offenderla o di sembrare scortese. La stessa cosa era accaduta durante la cena, quando Gianni e Claudia non solo avevano annunciato che presto si sarebbero sposati, ma che lei era anche incinta. Il primo figlio del capitano era scoppiato a ridere, rischiando di rovesciarsi addosso il calice di champagne che teneva in alto e con il quale stavano brindando alla nuova coppia, prima della loro ulteriore rivelazione.
«Noёl!» Lo aveva rimproverato suo padre, impassibile seduto a capotavola, ma suo figlio aveva continuato a ridere, allontanandosi dalla tavolata. «Torna qui! Noёl!» Il ragazzo aveva quasi raggiunto il terrazzo che dava sul mare. «Noёl, non abbiamo ancora finito di cenare e ci sono degli ospiti!»
«Ospiti? Quali ospiti? Siamo tutti una grande famiglia ora!» Aveva esclamato lui voltandosi indietro e spalancando le braccia come a voler abbracciare i presenti.
«Noёl, torna qui! È un ordine!»
Qualcosa improvvisamente era scattato, mutato, simile al vento che cambia rotta. Il riso, seppur sardonico, era scomparso dal viso del giovane capitano.
«Non sei al cospetto dei tuoi soldatini. Non hai il potere di darmi ordini! Non qui! Non in questa casa!»
Il maggiore De Angelis era scattato in piedi e dato un pugno sul tavolo, rovesciando bicchieri e facendo volare le forchette sul pavimento. Sua moglie, la giovane cameriera che aveva sposato dopo essere rimasto vedevo, lo invitò a calmarsi, mentre gli altri commensali chinavano la testa imbarazzati.
Andrea Moretti, seduta al fianco di Gianni, lo sentì blaterare qualcosa fra i denti, mentre fissava la figura di spalle del suo fratellastro:
«Pezzo di merda!»
Lei tacque.
Diversi minuti dopo che la cena era giunta al termine, la ragazza era uscita sul terrazzo per prendere una boccata d’aria, trovandovi Noёl appartato in un angolo in penombra. Era convinta che fosse andato via, o al massimo rinchiuso in una stanza al piano di sopra, poiché era passata quasi un’ora dalla litigata. Invece, lui era ancora lì, con il nasò all’insù e le mani nascoste nelle tasche dei bermuda chiari.
«Oh, scu-scusami. Vado via» Aveva balbettato Andrea, pronta a fare dietrofront, poi lui le aveva detto di rimanere, quindi si era mosso verso di lei, osservandola – scrutandola – con quel suo fare superficiale, annoiato, avvilito. Le era passato accanto, senza smettere di fissarla, fino a sparire all’interno della casa.
Andrea aveva tirato un lungo sospiro, non si era neanche resa conto che stava trattenendo il fiato. Da allora si erano incontrati per altre cerimonie di famiglia, a volte lei era accompagnata, al contrario di lui che si era presentato sempre da solo.
 
Era incredibile come quella scena passata, di lei che esce sul terrazzo e vi trova lui e perciò vorrebbe tornare indietro, sparire, fosse dannatamente simile alla presente. Cosa le aveva appena detto? Ah sì, Claudia e Gianni sarebbero stati trasferiti alla clinica per tossicodipendenti e alcolisti il giorno successivo. Meglio così.
«Prima cominciano, prima ne usciranno» commentò lei e lo vide abbozzare un sorriso amaro.
«Dici?»
«Lo spero. Per Giorgi, quantomeno.»
«Quella bambina non se li merita due genitori così.»
Quell’affermazione spiazzò Andrea. Non ci aveva mai pensato, ma era vero. Aveva ragione. Un nuovo tuono, questa volta più forte, la destò da quei pensieri.
«Puoi prendere quello che preferisci dallo studio» disse il capitano, prendendola alla sprovvista. Non capiva. «Ho notato come guardavi i libri. Ti piace leggere?»
«Molto» fu la risposta di Andrea, gli occhi puntati verso l’orizzonte. Cavolo, i romanzi erano la sua vita, o meglio: lo erano stati e avrebbe tanto voluto farne un impiego a tutti gli effetti. Invece, arrivata a Milano si era ritrovata a lavorare come barista in un pub notturno.
Che squallore!
Eppure, la giovane non si era mai sentita una fallita. Grazie a quell’occupazione, iniziata con l’idea di pagarsi gli studi e finita per diventare un lavoro a tempo pieno, poteva permettersi una casa, piccola ma dignitosa, e una vita decente. Essere indipendente.
«Non si direbbe» continuò lui, voltandosi a guardarla. Indossava ancora il jeans e il maglioncino rosa chiaro, ma i capelli erano sciolti e le treccine le incorniciavano il viso pallido, simili a un velo. L’orecchio sinistro era tempestato da cerchietti dorati, mentre al lobo destro c’erano due brillantini. Noёl si chiese chi fosse quella ragazza, un’estranea in casa sua, alla quale – esteticamente parlando – non avrebbe permesso di mettere piede neanche per riassettare l’appartamento. Ora, invece, avrebbe dormito nel suo studio, fatto la doccia nel suo bagno, mangiato alla sua stessa tavola.
Quando l’aveva conosciuta, ormai sei anni addietro, Andrea era una giovane donna di ventidue anni, con lunghi e lisci capelli castani da farla sembrare una madonnina, senza trucco, e indosso un lungo vestito a fiori nei toni del blu. A occhio e croce, le avrebbe dato quindici anni.
«Dovresti imparare a non giudicare dalle apparenze, capitano De Angelis» fece lei, tra l’infastidito e il risentito.
Come si permetteva? In fondo, non la conosceva neanche un po’.
«Hai ragione, questa è una delle mie pecche, lo ammetto.» Noёl si rilassò con le spalle contro lo schienale morbido del dondolo, il bicchiere di whisky ancora in mano e non finito. «Sentiamo allora, qual è la tua storia? Io ti ho raccontato la mia.»
«Non era la tua, era quella di tua mamma» Andrea incrociò le braccia sotto al seno, nonostante fosse magra portava una terza abbondante, puntellandosi contro lo stipite della portafinestra, sempre più infreddolita. Dall’aria, certo, le temperature non superavano i 10° C, ma anche dalle circostanze.
«È la stessa cosa» controbatté De Angelis. La ragazza ne dubitava, però lo tenne per sé, soppesando l’idea di aprirsi a lui, di confidargli da dove era partito il suo vivere piatto, il suo non raggiungimento dei sogni.
«Mi sono trasferita a Milano a venti anni, dopo le scuole superiori. Diploma classico.» Chiosò Andrea e sorrise quando lui fischiò a mo’ di complimento. «L’idea era quella di laurearmi in scienze della comunicazione e poi che so’: lavorare per un giornale, una rivista. Scrivere romanzi…» lasciò quell’ultima frase in sospeso. Faceva ancora male pensare a quel sogno nel cassetto che non si sarebbe mai avverato. Noёl sollevò un sopracciglio, pareva realmente meravigliato. «Ma i miei non potevano permettersi una figlia all’università, figuriamoci una figlia all’università a Milano. Così ho iniziato a lavorare come barista nel pub in cui lavoro ancora tutt’ora. All’inizio mi permetteva di pagare le tasse universitarie e una retta mensile per una piccola stanza.»
Andrea guardava dritto davanti a sé, la pioggia si era fatta più violenta, ma la tempesta sembrava essersi allontanata, diretta a ovest.
«E poi?» La incalzò lui.
La ragazza fece spallucce, abbozzando un sorrisetto malinconico:
«E poi niente. Ho dato qualche esame, il lavoro mi portava via tanto tempo, ma il colpo di grazia me lo diede il mio fidanzato di allora. Se di sera lavoravo e di giorno seguivo i corsi o studiavo, non avevo tempo da dedicargli, così cominciai a sacrificare l’unica cosa che allora mi sembrava sacrificabile.»
«Lo studio» concluse per lei il capitano.
«Esattamente.»
«Che spreco.» Aggiunse Noёl, bevendo tutto d’un fiato il liquore nel bicchiere, lo sentì scendere fino allo stomaco e bruciargli la gola.
«Non è una storia originale. Ne esistono decine come la mia.»
«Puoi sempre ricominciare.»
Andrea lo fissò a lungo negli occhi. Quante volte, nel buio della sua piccola casa, stanca e affranta dalla giornata appena trascorsa, una vocina in fondo alla sua testa le aveva suggerito che sì, poteva riprende gli studi dove li aveva interrotti e altrettante volte l’aveva zittita.
«No, non posso. Non è vero. Il mito di poter tornare indietro, ricominciare, rimediare ai propri errori…» Andrea guardò di nuovo davanti a sé, increspando le labbra in un sorriso amaro. «Tutte cazzate
Noёl De Angelis assottigliò gli occhi, combattuto se continuare o meno quella conversazione. Doveva ammettere che era stata una sorpresa scoprire una donna diversa da ciò che aveva immaginato. Forse aveva ragione Andrea, doveva imparare a non giudicare dalle apparenze. Se solo si fosse tolta quelle treccine e tutti quegli orecchini, sarebbe potuta risultare anche carina, come lo era stata in Versilia sei anni fa. Niente di particolare, nulla per cui un uomo potesse perdere la testa, ma piacevole alla vista, una bambolina. Decise di no, di non sprecare il suo tempo a invogliare una persona – di cui non gli fregava niente – a fare qualcosa che non lo riguardava in prima persona. Lui era un solitario, era cresciuto da solo, si era fatto da solo. Quando sua madre era venuta a mancare, aveva capito che gli serviva un luogo in cui vivere e persone che gli facessero da famiglia ma che non lo fossero. Ecco perché, a soli diciotto anni, era entrato nell’Accademia Militare e aveva seguito la strada più facile, in un certo senso, ma anche la più difficile, la più morigerata. La più virtuosa.
Noёl si alzò in piedi, annunciando che sarebbe andato a dormire, domani mattina doveva alzarsi presto per andare in caserma.
«Allora io da domani posso riprendere il lavoro. Al pub hanno bisogno di-»
«No.»
«No?»
«No.» Ripeté lui, come se fosse la cosa più normale di questo mondo. «Mi sembrava che ne avessimo già parlato: non tornerai a lavoro. Almeno fino a quando Giorgia resterà con noi.»
«Ma non sappiamo per quanto tempo sarà.» Andrea lo seguì fin dentro la cucina, dove lui stava bevendo un bicchiere d’acqua riempiendolo direttamente dalla fontana.
«Mettiti in malattia, in aspettativa, parlane con il tuo commercialista. Licenziati. Fai come ti pare, non mi interessa.» Si mosse verso le scale.
Andrea strinse i pugni lungo le cosce, quando faceva così lo detestava.
«Io non posso licenziarmi! Ho bisogno di quel lavoro e riprenderò i miei turni serali con o senza la tua approvazione! Non hai il diritto di dirmi cosa fare o non fare. Non sei mio padre, il mio fidanzato o il mio datore di lavoro!»
Noёl intanto aveva raggiunto il piano superiore.
«Mi hai sentito?» Gridò lei dabbasso.
«Il caso è chiuso» affermò l’uomo chiudendole la porta in faccia, seppur con garbo.
«Ehi! Noёl!» Provò a fermarlo la ragazza, senza successo, mentre la vocina assonnata di Giorgia la chiamava dallo studio adibito a cameretta. «Accidenti!» imprecò, dando un colpo al corrimano di ferro.
 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Nina Ninetta