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Autore: denn_nanni    26/08/2022    0 recensioni
Alice è una ragazza solare e schietta, fortemente legata ai suoi amici e alla sua casa; le piace la sua vita così com'è ed è difficile per lei abbandonare la sua zona comfort. Un giorno però le viene imposto di trasferirsi lontano, oltreoceano, da un padre che non conosce, in una città che non è la sua e abbandonando i suoi amici proprio per l'ultimo anno di scuola. Verrà inghiottita dal risentimento e dalla rabbia o riuscirà a trarre beneficio da questa esperienza? Rimarrà attaccata disperatamente alla sua vecchia vita e alle sue vecchie conoscenze o accetterà di ricominciare? Riuscirà a trovare quelle persone per cui sarà valsa tutta la sofferenza per il cambiamento?
H. S.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO UNO
Una "vacanza" inaspettata

Alice.

È fine agosto, qui a Washington si comincia a percepire un po' di freddo, ma l'atmostera è tutt'altro che quella invernale. È una giornata fresca, il cielo è coperto per lo più da nuvole fitte e scure, come se anticipassero la pioggia, ma dietro di esse si intravede il sole che riesce a far filtrare solo pochi raggi. Sto seduta su una panchina, nel parco a pochi passi da casa mia, la musica rimbomba attraverso le cuffie creando un mondo diverso, guardo il cielo, sperando che cominci a piovere. Sono un persona strana e talvolta incoerente: amo la pioggia, ma allo stesso tempo correrei in spiaggia ogni volta che mi è possibile; amo il silenzio, ma ad ogni festa io sono presente.
Non sono mai stata una di quelle ragazze che si sentono sempre sole, ho tanti amici, se sono sola è perché ho voglia di starci. Sono felice del modo in cui mi sono inserita a scuola, del modo in cui ho creato il mio gruppo di amici, ma specialmente del modo in cui ho affrontato una delle esperienze peggiori della mia vita, la separazione dei miei genitori. Avevo 7 anni, troppo piccola per capire ma troppo grande per ignorare la questione; ho sempre pensato che fosse questa la causa dei miei problemi con l'amore.

Mi piace il periodo della frequentazione, quella voglia di scoprirsi e di viversi, i pochi vincoli e il piacere puro dello stare insieme perché lo si vuole; mi destabilizza invece la relazione in sé e spesso mi è capitato di scappare da persone che mi piacevano solo perché loro avevano dato segno di volere qualcosa di più. Dalle mie esperienze ho capito che legarmi in quel modo a qualcuno non fa per me.

Guardo l'orario, è pomeriggio inoltrato, mi ricordo che per la sera non c'è nulla in programma, quindi suppongo mi limiterò a fare un giro sui social, guardare un po' di TV e andare a letto, aspettando il giorno dopo.
Mi alzo incamminandomi in direzione casa, rispondendo ad alcuni messaggi arrivati poco fa. Mi dispiace un po' passare la serata in casa, dato il fine di stagione e l'imminente ripresa della scuola, il mio senior year.
«Gray!» Mi giro notando Thomas sventolare la mano in aria e mi avvicino.
«Come mai ti trovi qui, Thomas?» Comincia a spiegarmi che aveva intenzione di venire a casa mia per farmi un po' di compagnia, dato che non avevano organizzato nulla. Gli sorrido, lui mi affianca e mi avvolge la vita con un braccio, strappandomi una risata. «Thomas Rise, ci stai provando con me?» chiedo suscitandone una sua di rimando. Io e lui siamo sempre stati così, ci conosciamo dalla nascita perché le nostre madri erano amiche e siamo così amici da che mi ricordo.
Arriviamo davanti a casa, non faccio in tempo ad estrarre le chiavi che la porta viene aperta da Zayn, il mio fratellastro. Mi saluta e mi invita ad entrare, ha un'aria strana, quasi triste e la sua espressione preoccupata mi sta mettendo una certa ansia. Varco la soglia e vedo mia madre, i suoi lunghi capelli neri sono raccolti in una crocchia ordinata, lasciando totalmente scoperto il viso su cui domina un'espressione simile a quella di Zayn. Tiene le mani unite, strette in grembo, cosa che fa solo quando è terribilmente agitata.
«Cosa sta succedendo?» sposto lo sguardo da mia madre al mio fratellastro più volte. Più loro mantengono il silenzio, più io mi agito: in questi momenti il silenzio è la cosa che più odio.
«Tuo padre...» mormora mia madre con voce instabile, come se stesse per piangere. Al solo sentir nominare mio padre, mi vengono i brividi e capisco che il motivo per cui sono così strani è più che valido nonostante non sappia ancora di cosa si tratti.
«Vedi, Alice, lui è andato dal giudice questa volta, sapeva che avremmo risposto di no.» sposta il peso da una gamba all'altra, tipico di quando deve dare una brutta notizia. A volte odio riuscire a capire così bene mia madre dai gesti, perché riesco a prevedere ciò che mi dirà, mi fa venire più ansia ed è terribile.
«Ha detto che vuole... che tu vada a finire gli studi a Londra, sostiene che vivi troppo lontana da lui e un po' di tempo nella sua città non possa farti male. Perciò vuole che tu faccia anche l'università là.» Sento la mano di Thomas stringersi attorno al mio polso e tirarmi leggermente ma sono troppo sconcertata dalle parole di mia madre, che è scoppiata in lacrime, per dare qualche segno di vita al mio migliore amico. Il naso comincia a pizzicare, ma non permetto alle lacrime di scendere sulle mie guance. Mi avvicino a mia madre che sta singhiozzando e la stringo tra le braccia, la sento sussurrare «Non ho potuto fare niente...» e la stringo più forte, lasciando che si sfoghi sulla mia spalla.
«Tra quanto partirà, signora Malik?» mi stupisco della domanda di Thomas, pensavo mia madre non rispondesse invece lo fa, ho due settimane per salutare la mia vita, la mia famiglia, la mia casa, la mia scuola, tutti i miei ricordi e i miei amici, quegli amici che mi hanno fatto diventare la persona che sono ora. Il mio migliore amico estrae il telefono dalla tasca dei jeans e comincia a scrivere a qualcuno, gli chiederò dopo.
«Mi toccherà razionare il guardaroba» affermo mantenendo la voce ferma, come se non mi importasse; la realtà è che mi importa eccome, ma non voglio dimostrarmi debole, ora non ho tempo di piangere. Lei accenna un sorriso triste per poi liberarmi dalla sua stretta. Salgo in camera seguita da Thomas e Zayn. Mi volto verso il mio fratellastro, osservandolo come per imprimerlo nella mia memoria: è stato mio nemico, complice e infine amico. È arrivato insieme al nuovo compagno di mamma qualche anno dopo la separazione, avere a che fare con lui mi ricordava ciò che era successo, era un bambino altezzoso e a tratti viziato, detestavo quando lui e suo padre venivano a casa. Dopo il matrimonio, si trasferirono qui, nei primi anni dell'adolescenza, entrambi capimmo che ci eravamo più utili da complici più che da nemici, perciò il rapporto cominciò ad evolversi fino a quello che è oggi, una vera e propria fratellanza.

«Posso fottutamente sapere perché cazzo stai continuando a mandare dei dannati messaggi? È fottutamente irritante, sai?» dico irritandomi sempre di più ogni volta che le sue dita premono invio. Perché scrive? Sono in uno stato di trance e quel coglione del mio migliore amico cosa fa? Messaggia, mi sembra logico.
«Tesoro, stai calma, posso sapere come diavolo fai a mettere così tante parolacce in una sola frase? È una specie di dono?» mi chiede ridacchiando, sto per parlare ma lui continua. «Ti sto organizzando le due settimane migliori della tua vita, continuerai a osservarmi con quel sopracciglio alzato?» Le sue parole mi fanno spuntare un sorriso e mi migliorano l'umore, per un attimo avevo dimenticato il motivo per cui avessi scelto proprio Thomas come migliore amico, ma ora lo ricordo bene il perché.
«Sei da amare, Rise.» dico ridendo, lui mi segue e ci troviamo a ridere come degli scemi per nessun motivo apparente, ma è questo il bello di me e lui.
Mi informa che da domani in poi non avrò più un momento libero, potrò godermi al cento per cento i miei amici, perdo il conto delle infinite volte che l'ho ringraziato, quando mi arriva un messaggio da parte di Charlotte.

Da Charlotte:
Amica, Tania e Richie danno una festa a casa loro stasera. Facciamo il bagno in piscina. Vieni da me tra tre ore che ci prepariamo! Xx

Sorrido al suo nomignolo, la prima cosa che faccio è dirlo a Thomas che salta in piedi prendendomi le mani, mi fa alzare e inizia a saltellare contento. Scoppiamo a ridere entrambi buttandoci sul letto, riafferro il mio cellulare e rispondo velocemente ringraziandola.

Tra chiacchere inutili, battute e risate si fanno le cinque, saluto il moro davanti a me che, dopo avermi abbracciata, scende al piano di sotto per poi abbandonare la casa. Mi infilo dentro la cabina-armadio cercando un paio di vestiti che potrei mettere stasera: prendo un vestito abbastanza sobrio ma davvero carino, ha un corpetto con lo scollo a cuore nero non aderente, una cintura di pelle nera copre la cucitura tra il sopra e la gonna di tulle grigio sotto.
Involontariamente mi trovo a pensare a mio padre. Che lavoro farà? Avrà una moglie, dei figli? Avrà una bella casa? Queste domande cercano una risposta, e la cercano da dieci anni. Mi fa strano che, dopo tutto questo tempo, mio padre voglia tenermi là per vivere le cose più importanti della vita di un adolescente. Penso che alla mia età sia una cosa orribile dover rifarsi una vita da zero, nuova città, nuova scuola, nuovi amici. Soprattutto nuovi amici. Non ho paura di rimanere sola, io sono sempre stata una di quelle ragazze che riesce a fare amicizia subito, che fin da subito viene rispettata, ma non so come funzionano le cose là, e ho paura. Non voglio lasciare i miei amici, quegli amici che hanno condiviso con me tanti di quei momenti, ho tanti ricordi meravigliosi. Sicuramente, una volta arrivata nella Gran Bretagna ne perderò tanti, se non tutti. Mi mancheranno le nostre feste, le nostre risate, le nostre cazzate, soprattutto le nostre vacanze estive. Le due settimane che andavamo a Miami o a Los Angeles per il mare, non riuscirò ad andare a Las Vegas per Natale quest'anno. Spero di riuscire a scappare da là e tornare per le vacanze, tanto lo farò anche se mio padre non lo vorrà. Quanto mi mancherà Washington e tutte le belle cose che ho vissuto in questa città.
Perdo l'equilibro e barcollo per recuperarlo, troppi pensieri. Guardo il vestito, afferro un paio di scarpe nere con un tacco più alto del solito, molto sobrie come il vestito. Esco dalla cabina, appoggio il vestito sul letto e le scarpe a terra, prendo una borsa e ci infilo l'astuccio con i trucchi. Mi guardo allo specchio, mi sistemo i capelli che avrei dovuto lavare cercando di renderli almeno un po' guardabili. Guardo l'orologio al muro, sono in ritardo perciò piego velocemente il vestito e lo infilo nella borsa seguito dalle scarpe, me la metto sulla spalla e scendo.
Saluto Zayn e mia madre, che fortunatamente ha smesso di piangere, ed esco molto tranquillamente incamminandomi verso casa di Charlotte: stasera sarà una bella serata.

   
 
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