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Autore: Nina Ninetta    26/08/2022    1 recensioni
Quando Andrea e Noёl vengono convocati in caserma poiché i rispettivi fratelli sono stati ricoverati a causa di problemi di alcolismo e fumo, i due decideranno di collaborare per chiedere l'affido della nipotina Giorgia. Tuttavia, la legge prevede che solo coppie sposate, o conviventi da almeno 5 anni, possono adottare un minore. I due non hanno scelta: dovranno vivere insieme e fingere di essere una vera coppia per il bene della piccola Giorgia.
[Questo racconto partecipa alla Challenge "To Be Writing 2022" indetta da Bellaluna sul forum Ferisce più la penna].
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5
I nonni paterni
 
 
Il capitano della “Scuola Militare Caserma di Teuliè”, Noёl De Angelis, imparò presto una cosa riguardo la sua nuova coinquilina: amava il tè al limone. Se ne preparava una tazza tutte le sere, aggiungendovi un cucchiaino raso di zucchero e uno spicchio di limone. Di solito attendeva che lui andasse a dormire, per poi sgattaiolare fuori dalla camera che condivideva con Giorgia e dava inizio al suo rito serale. La prima notte, dopo quella mezza discussione che si era esaurita senza una vera conclusione, Andrea aveva rimesso a letto Giorgia, la quale si era svegliata proprio a causa del litigio fra i suoi zii, ed era tornata in cucina. Non dormiva di notte da anni oramai, sua madre le diceva che aveva fatto la fine dei neonati e scambiato la notte con il giorno, ciò significava che di solito rientrava a casa quando il sole stava sorgendo, faceva una doccia veloce, si preparava la sua buona tazza di tè che consumava tiepida sul divano e poi si metteva a dormire, svegliandosi a pomeriggio inoltrato.
Nella cucina industrial di Noёl, si era preparata il primo di una lunga sfilza di tè, addormentandosi sul divano in pelle marrone – color cammello avrebbe specificato sua mamma – e risvegliandosi diverse ore dopo, quando il tintinnare di piatti e posate le aveva fatto riaprire piano le palpebre.
Fuori era giorno, ma il sole non si era mai affacciato oltre la coltre di nubi grigie. Noёl la osservava con il bacino pigiato contro i mobili della cucina e una ciotola di muesli e latte nella mano sinistra, mentre con la destra si portava ampie cucchiaiate alla bocca. Andrea lo guardò, inizialmente senza capire perché lui fosse lì, poi ricordò tutto e saltò in piedi, una coperta di pile cadde ai suoi piedi, la tazza da tè era adagiata sul tavolino in vetro davanti al divano. Si chinò a raccogliere il plaid a quadri rossi e blu, chiedendosi da dove saltasse fuori, non ricordava di averla con sé la sera precedente.
Il capitano adagiò la scodella di ceramica bianca nel lavabo e si pulì le labbra con un tovagliolo di carta.
«Non pensavo di dovermi occupare di due bambine» disse.
Andrea a volte non riusciva a capire quando scherzava e quando invece parlava seriamente. Era snervante. E umiliante. Lei abbassò la testa, notando che indossava ancora i jeans e il maglioncino del giorno precedente. Si era addormentata senza neanche farsi una doccia. Provò una vergogna profonda: come poteva prendersi cura di una bambina di cinque anni se non riusciva neanche a prendersi cura di se stessa. Ma era stanca, tanto stanca.
«Mi dispiace, di solito faccio una doccia prima di andare a letto» si giustificò la ragazza, sentendosi immediatamente stupida per quelle parole. Magari non era a quello a cui lui si riferiva. Noёl non rispose, si ostinava a fissarla con quei suoi occhi azzurri, socchiusi, con le braccia conserte e le gambe incrociate. Indossava la divisa da capitano, tirata a lucido, i capelli chiari acconciati all’indietro e il viso pulito.
«Tornerò per le sei. Il frigo è vuoto, devi andare a fare la spesa. C’è un supermarket a qualche metro da qui. Ti lascio la carta per pagare e la password.»
Andrea lo vide scribacchiare qualcosa su un post-it che incollò poi a una carta prepagata.
«Non ce n’è bisogno, davvero! Posso fare la spesa e pagare con i miei soldi» avanzò fino a raggiungere la penisola, l’unica superficie che li separava.
«Nessun problema, prendi pure quello che vuoi o che desidera Giorgia.»
«Noёl, per piacere, per me è già abbastanza difficile accettare il fatto che sia tu a pagare la clinica a Claudia.» La giovane abbassò la testa, era così degradante. Aveva sempre saputo che a dividere la sua famiglia e quella del maggiore De Angelis c’era un abisso, ma sentirlo, viverlo sulla propria pelle era un’altra cosa.  Lui per fortuna sembrò capirlo e annuì con il capo, posando la carta magnetica e la rispettiva password nello svuota tasche di cristallo sul ripiano della cucina.
«La lascio qui, per qualsiasi evenienza.»
«Grazie» Andrea si commosse, non tanto per il gesto di lasciare a portata di mano la prepagata, quanto il comprendere il suo disagio e non infierire oltre.
Noёl sospirò, adagiando entrambi i palmi sulla penisola dalla superficie in marmo si sporse in avanti, verso la ragazza.
«A che ora comincia il tuo turno?»
Andrea lo guardò sgranando gli occhi, una nuova fiamma vitale le divampò nel petto.
«A-alle diciannove di solito sono lì per preparare la sala. Ma il locale apre al pubblico alle venti e trenta.»
«Sai come arrivarci da qui?»
«Sì, ho notato la fermata della metro quando siamo arrivati ieri.»
«Hai bisogno che ti accompagni?»
«No» la giovane scosse la testa con eccessiva enfasi, giurando dentro di sé che non gli avrebbe recato fastidio.
«Bene.» Lui tornò in posizione eretta. «Un’ultima cosa. Se dovessi incontrare altri condomini e dovessero farti qualche domanda, di’ semplicemente che sei la mia compagna di ritorno da un lungo viaggio. Non è gente che ama sparlare, ma non sappiamo se gli assistenti sociali verranno a fare domande in giro. Meglio essere prevenuti.»
«Se vuoi ingannare il tuo nemico, inganna prima il tuo amico, giusto?» Sorrise Andrea, lui assentì con il capo, poi la salutò e lasciò la casa.
Lei tornò a respirare.
 
Prendersi cura di una bambina non era semplice.
Quando quella sera Noёl De Angelis tornò a casa gli fece strano trovare una sconosciuta seduta al suo tavolo, mentre imboccava la nipotina di cinque anni e un buon profumo di ragù che permeava l’aria.
«Zio Noè!» La piccola lasciò la sua sedia e gli corse incontro, aggrappandosi alle gambe del capitano.
«Ehi, bambolina!» Lui la prese in braccio e gli lasciò un lungo bacio sulle guance, poi la riadagiò al tavolo, vicino ad Andrea, la quale sorrideva a sua volta. Noёl la osservò: il trucco marcato le appesantiva gli occhi e lo sguardo, erano tornate le calze velate e gli shorts, mentre indossava una T-Shirt scura annodata sul ventre e con una scritta rock sul seno. In un certo senso, anche lei indossava una divisa per il suo lavoro. L’uomo si accostò al frigorifero e spalancò un’anta per prendere qualcosa da bere e lo trovò pieno di ogni cosa. Lo richiuse.
«Sei sicura di poterti permettere una spesa del genere?» Le chiese.
Andrea stava pulendo il musino sporco di Giorgia, pronta a rispondergli a tono, quando il campanello trillò un paio di volte, seguito da un pugno sulla porta.
«Noёl! Apri!»
La voce dell’ex maggiore De Angelis tuonò dall’altra parte del portone blindato.
«Nonno Giorgio!» Esclamò la bambina, saltando giù dalla sedia e correndo nella direzione da cui era provenuta la voce.
Andrea si mosse nervosa sulla sedia, non sapeva cosa aspettarsi, sapeva che tra padre e figlio non c’era un buon rapporto, che il suo prediletto era Gianni e che sembrava adirato ancor prima di presentarsi.
Noёl le poggiò una mano sulla spalla e gliela strinse, come a volerle dare coraggio, quindi si chinò in avanti e le sussurrò all’orecchio:
«Ricordati che stiamo insieme o rischiamo che si porti via Giorgia.»
Andrea annuì. No, quello non l’avrebbe permesso. Avevano fatto tanto per prendersi cura della bambina, carte false, avevano stravolto le loro vite, erano scesi a compromessi e non gli avrebbe concesso quell’onore.
«Noёl!» Di nuovo l’uomo urlò il nome del primogenito. Quest’ultimo aprì la porta e si ritrovò di fronte suo padre e la sua matrigna.
Erano quasi alti uguali, solo l’età aveva tolto qualche centimetro all’ex maggiore. Chiunque l’avesse conosciuto da giovane, diceva che lui e Noёl erano due gocce d’acqua: stessi colori, stessa stazza, stessa prestanza e portamento regale. In effetti, sembravano usciti da uno di quei romanzi storici sulle guerre del ‘900.
«Nonno!»
Giorgio si chinò per prendere la sua nipotina fra le braccia, coccolandosela come fosse un peluche, poi passò la piccola alla moglie che fece altrettanto. L’anziano uomo fissò i suoi occhi chiari su Andrea, ancora seduta e con la tavola apparecchiata.
«Allora è vero! Cristo Santo, Noёl!»
La ragazza scattò in piedi, salutando con un filo di voce e un cenno del capo. Nessuno le rispose.
«Possiamo parlare da soli nel tuo studio.» Giorgio si mosse verso la camera del figlio, la sua non era stata una richiesta, ma un’affermazione, ma Noёl non si mosse.
«No. Tutto quello che hai da dire, puoi farlo tranquillamente qui.»
L’ex maggiore dell’esercitò lo fulminò con lo sguardo. Se c’era una cosa che odiava più di tutto era l’insubordinazione. E quel figlio lo faceva spesso.
«Mi ha chiamato Gianni, in lacrime. Mi ha riferito tutto! Tutto! Come ti è saltato in mente di prendere iniziative senza consultarmi? Come hai potuto rinchiudere tuo fratello in una clinica per tossici? Era disperato! Disperato
«Quindi il tuo problema è che io non ti abbia consultato. Tutto qui.» Il capitano possedeva una calma che avrebbe fatto invidia a chiunque.
«Noёl, Cristo Santissimo!» Imprecò Giorgio e la bambina scoppiò in lacrime. La nonna, la quale la teneva ancora in braccio, la cullò, sussurrandole di stare tranquilla, adesso tutto si sarebbe sistemato. «Anna, per favore, puoi portarla via!» Aggiunse l’uomo, infastidito dal fare superficiale di suo figlio e dalle strilla della nipote. Sua moglie Anna si mosse verso lo studio di Noёl, Andrea fece per raggiungerla, ma Giorgio la fermò con un cenno dalla mano. «No» disse. «Tu resti, nuora…» Lasciò morire l’ultima parola, il suo tono era sarcastico e incredulo insieme.
Andrea alzò lo sguardo su Noёl e quest’ultimo ricambiò.
«Mi sono informato: affinché un minore venga dato in affido a un parente, questo deve essere sposato o al massimo convivente da almeno cinque anni. E così, come per magia, scopro che mio figlio convive con – guarda caso – la sorella della moglie del mio secondogenito da cinque anni. Giusti giusti. E io – noi – non se sapevamo niente. Niente!» Accompagnò la parola con un gesto ampio delle braccia. «Quante volte vi siete visti negli ultimi cinque anni? Eravate amanti e ce lo avete tenuto nascosto? E dov’è quel tuo fidanzato? Come si chiamava? Marco? Mauro? Maurizio?» Giorgio si voltò verso Andrea, la quale non poté che chinare il capo, le treccine caddero in avanti. «Immagino che neanche lui sapesse di voi due.»
Era ovvio che Giorgio De Angelis non fosse la coordinatrice del centro sociale “La Fata” o l’amico medico di Noёl, Pierpaolo Masucci, né tantomeno la signora Maria del piano di sotto. Giorgio De Angelis era scaltro e intelligente, una volpe, e soprattutto li conosceva da sempre. La loro storia non se la sarebbe mai bevuta.
«Hai fatto pressioni a quelli del comune per farti rilasciare un attestato. Possibile che tu sia così deficiente? Ho un figlio cretino e un altro internato! Mi chiedo cosa abbia fatto di male per meritarmi questo!»
Noёl avrebbe potuto dargli decine di motivazioni per cui si meritava quello e altro, ma tenne le considerazioni per sé. Non era il momento di mettere altra carne a cuocere.
«Non volevo darti questo dispiacere» disse alla fine.
«Balle! Stronzate! Invece volevi proprio ferirmi! Avrei potuto prendere io Giorgia, tenerla il tempo necessario e trovare per Gianni e Claudia una soluzione migliore. Magari fuori regione, per evitare che chiunque mi conosca venisse a sapere che mio figlio e mia nuora siano rinchiusi al “San Nicola”.»
«È un’ottima struttura.» Cercò di intervenire Andrea con un filo di voce. Giorgio si voltò nella sua direzione, squadrandola da capo a piedi.
«Povera ingenua. Ti sei bevuta la storiella di Noёl: non ti preoccupare, ci penso io a loro, vedrai che tutto si aggiusterà. Mio figlio è molto bravo a convincere le persone che lui sia il personaggio buono e gli altri i cattivi.»
«Ho avuto un ottimo insegnante» controbatté il capitano dell’esercito. Padre e figlio si scambiarono un’occhiata di fuoco.
«Che figlio di…»
«Di che cosa, eh papà? Avanti, dillo!» Improvvisamente Noёl sembrava il doppio del padre. Andrea osservò soprattutto quest’ultimo: teneva la stessa acconciatura del primogenito, con l’unica differenza che i capelli erano bianchi, così come la barba curata che gli copriva il viso rugoso, segnato dal tempo.
«Ho promesso a tuo fratello di portargli a vedere Giorgia una volta a settimana.»
«Continui a dargli corda, nonostante tutto, continui ad accontentare ogni suo capriccio. Ma non lo capisci che con i tuoi soldi si comprava fumo e alcool? Che pena mi fai!»
«Non ti permetto di parlarmi in questo modo! Sono tuo padre!»
Noёl De Angelis si accostò alla porta e l’aprì, invitandolo ad uscire.
«Vattene. Fuori da casa mia.»
«Anna! Anna, ce ne andiamo!»
La donna uscì dalla stanza, Giorgia la oltrepassò di corsa e rimase interdetta, non sapeva bene cosa fare e ad Andrea parve di rivedere se stessa.
«Se hai tutto questo…» cominciò Giorgio De Angelis quando si trovò faccia a faccia con il figlio, entrambi sull’uscio della porta. «Lo devi a me e al nome che porti!» Infine, si voltò indietro e guardò un’ultima volta Andrea in piedi al centro della stanza con Giorgia fra le braccia. «Mi chiedo se il tuo vero obiettivo non sia quello di prendere il posto di Gianni.»
Noёl sbatté la porta con violenza, sferrando un pugno alla parete adiacente, quindi si voltò indietro e si avvicinò ad Andrea, prelevandole Giorgia dalle braccia e prima di rinchiudersi nel suo studio disse:
«Devi andare a lavoro. Vai, è già tardi.»
«Posso chiamare e dire che non…»
«No» aggiunse lui, serafico. «Vai.»
«Ma Giorgi è scossa, forse è meglio se per questa sera rimanga a casa» continuò la giovane.
«Volevi tornare al lavoro? Adesso qual è il problema?» Tuonò lui, facendo spaventare la bambina che scoppiò in lacrime protendendo le braccia grassocce verso la zia.
«Zia Andy!»                                            
Andrea la prese in braccio e si sedette con lei sul divano, cullandola avanti e indietro mentre la teneva a cavalcioni su di sé.
«Ecco qual è il problema…» Disse infine, guardando verso Noёl con astio. «Sei tu!».



 
  
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