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Autore: DanzaNelFuoco    27/08/2022    1 recensioni
L/Light
- - - Forse muore nell’istante in cui le dita toccano la copertina del Death Note, forse muore la prima volta che scrive un nome.
Forse muore un po’ ogni volta che prende in mano una penna e sorride.
Ma alla fine, Light è morto comunque.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: L, Light/Raito | Coppie: L/Light
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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COW-T# 10 (week7, mission5)
Prompt: Dead! - My chemical romance
Traduzione di Omnes feriunt, ultima necat (or, the five deaths of Light Yagami) 

 

Omnes feriunt, ultima necat 
o, le cinque morti di Light Yagami  

 
And if your heart stops beating
I'll be here wondering
Did you get what you deserve?
The ending of your life

 

La prima volta che Light muore c’è il sole. Altrimenti non avrebbe mai visto un quaderno nero cadere dal cielo, la pioggia sarebbe stata troppo fitta o avrebbe pensato che si fosse rovinato con l’acqua e non lo avrebbe mai raccolto. 

Quindi, se qualcuno dovesse mai dare la colpa della sua prima morte a qualcosa, quel qualcosa potrebbe benissimo essere il sole. 

Light è condannato dal momento stesso in cui vede il quaderno e quello stuzzica la sua curiosità. Non lo sa ancora, ma è un seme piantato che lentamente si fa strada nel suo cervello e germoglia. Non riesce a smettere di pensarci, non riesce a non domandarsi perché mai qualcuno abbia buttato un quaderno dalla finestra, non riesce a non ossessionarsi al pensiero di andare in cortile a prenderlo - ed è stupido, lo sa benissimo, perché sicuramente il proprietario sarà già andato a recuperarlo. 

Ma quando la campanella suona, Light va a controllare comunque e, incredibilmente, il quaderno è ancora lì. 

Forse muore nell’istante in cui le dita toccano la copertina del Death Note, forse muore la prima volta che scrive un nome. 

Forse muore un po’ ogni volta che prende in mano una penna e sorride. 

Ma alla fine, Light è morto comunque. 

 

- - - 

 

La seconda volta che Light muore non è dignitosa come la prima. 

La prima volta era stato sacrificato sull’altare della giustizia - per quanto quella giustizia fosse distorta e perversa - in una tunica bianca adatta ad un agnello sacrificale. 

Questa volta Light nemmeno si ricorda cosa sia la giustizia - nemmeno si ricorda il suo nome, per quel che vale. 

Light è troppo distratto al momento, geme e si aggrappa alle spalle di L con tanta forza da lasciare mezzelune rossastre sulla pelle candida del detective. 

La catena ai loro polsi tintinna ad ogni spinta. 

L gli bacia il collo e Light geme ancora - no, non è affatto dignitosa, ma le morti raramente lo sono. Anche le morti di questa natura. 

L lecca e morde la sua pelle, il sapore salato del sudore sulla sua lingua - ah, la sua fissazione orale - e sente il polso di Light accelerare sotto la sua bocca ogni volta che si spinge dentro di lui e Light muove le anche di rimando. 

Un movimento sincronizzato che fa domandare a L cosa sarebbe potuto succedere in un’altra vita - una dove il ragazzo incredibilmente intelligente sotto di lui potrebbe essere il suo partner di vita, invece che un serial killer. 

Un esercizio mentale futile, ovviamente, ma L si concede comunque un momento per cullarsi in quella fantasia. 

Light, i ricordi di Kira completamente cancellati, non pensa affatto. 

La petite mort, la piccola morte, o almeno così la chiamano. 

E Light muore parecchie volte in quei giorni. 

 

- - - 

 

La terza volta si sarebbe potuta evitare. 

L non è forse la persona più intelligente del mondo? 

Forse no, perché dà il Death Note a Light e gli serve una frazione di secondo prima di rimpiangere il suo gesto, ma è una frazione di secondo troppo tardi. 

Il grido di Light riempie l’abitacolo dell’elicottero.

È un grido pieno di orrore, certo, lo shinigami, la bestia sovrannaturale davanti a loro, è mostruoso e distrugge le fondamenta della realtà per come la conoscono, rovesciando e scardinando e rispondendo ad ogni quesito filosofico e dogma scientifico che avrebbero mai potuto avere. 

Ma L percepisce che c’è qualcosa di più. L’orrore è personale, troppo personale. 

E per di più, l’orrore non è l’unica cosa presente in quel grido. 

C’è del dolore. 

L’ululato di un animale morente. 

Dolore e perdita.

Perdita 

In qualche modo, persino in assenza di prove, affidandosi soltanto al suo istinto, L si rende conto che ha perso qualcosa anche lui. 

 

- - -

 

La quarta volta Light non pensava sarebbe accaduto. 

La quarta volta Light non pensava che ci fosse rimasto qualcosa da uccidere. 

C’è un sorriso che cerca di farsi strada sulle sue labbra, mentre guarda il corpo della sua nemesi, dell’uomo che ha osato opporsi a lui. Ed eccolo lì, adesso, nient’altro che membra pallide e scheletriche, occhiaie scure sotto i suoi occhi - la prova di quanto di sé stesso stesse mettendo nel caso, di quanto sforzo abbia dovuto fare solo per finire morto comunque, perché Kira è un Dio. Kira è inarrestabile. 

Light si china a prendere tra le braccia il corpo senza vita di L. 

Ha vinto.

Si morde il labbro inferiore e chiude gli occhi per mantenere la sua impassibilità - non sarebbe furbo essere catturato per aver gioito sul cadavere di L proprio adesso che è riuscito a farlo ammazzare. 

“Mi - mi dispiace,” Matsuda gli posa una mano sulla spalle, e perché mai dovrebbe fare una cosa del genere? 

Light solleva la testa per incontrare il suo sguardo e quasi sobbalza sotto il suo tocco. 

Lo sa. 

Light non sa come faccia a saperlo, ma in qualche modo Matsuda l’idiota, Matsuda la cui intelligenza è solitamente utile come il ghiaccio al Polo Nord, quel Matsuda ha capito che Light ed L erano… nemmeno Light sa cosa fossero esattamente, sicuramente non qualcosa che potesse essere descritto soltanto con una parola - amici o nemici, conoscenti e sconosciuti, amanti, nemesi, partners. Niente è mai stato davvero adeguato. 

Eppure, nella usa semplicità, nel suo assumere che due menti come le loro potessero essere ricondotte alle stesse etichette che gli uomini comuni e ordinari usano, in quella riduzione, Matsuda ha capito meglio di quanto Light o L avrebbero potuto mai capire. 

Matsuda chiude gli occhi e sospira, spinge in profondità il dolore di una perdita che non può rivaleggiare con quella dell’altro, e gli porge un fazzoletto. 

Light lo osserva perso, almeno per un istante, ed è allora che la percepisce. Una sensazione di bagnato sulle guance. 

Lacrime. 

Light si domanda da quanto siano lì. 

 

- - - 

 

La quinta volta è l’ultima, perché c’è un limite alle volte in cui un uomo può morire e continuare a vivere. 

È un giorno come un altro, dopo la morte di L non c’è poi molto da fare, nessuna sfida, nessun nemico. 

Soltanto Kira e la sua giustizia - nome dopo nome, inchiostro nero sulle pagine bianche - e la blanda messinscena di stare facendo qualcosa per catturarsi da solo, una recita nemmeno troppo impegnata visto che non c’è nessuno a diffidare di lui e ad analizzare ogni sua singola azione o parola. 

La task force, alla fine, non è nient’altro che uno scherzo. E nemmeno uno così divertente, se deve essere onesto. 

Ha portato una pagina bianca dal Death Note di Ryuk al quartier generale, l’ha infilata in uno dei suoi numerosi block notes e ha scritto i nomi di svariati criminali proprio sotto il naso di suo padre e di quei pochi rimasti della task force. Nessuno l’ha nemmeno degnato di uno sguardo. 

Schiocchi, non sono nient’altro che sciocchi. 

Dopo il picco di adrenalina, scomparso troppo in fretta e con troppa poca gratificazione, Light è andato avanti con la sua vita. 

Giorno dopo giorno, una noia. 

“Mi sono divertito con te, lo sai?” Ryuk alza le spalle, mangiando una mela, “ma tutto questo sta diventando parecchio ripetitivo.” 

“Il lavoro d’ufficio di solito lo è.” 

“Magari dovrei solo ucciderti e dare il quaderno ad un altro essere umano.” 

“Magari,” Kira concede, “ma non vuoi vedere il disegno finale? Non sei disposto a sopportare un po’ più di noia per vedere il risultato?” 

“Forse,” Ryuk ingoia l’ultimo boccone del torsolo, “dopotutto, al contrario della mia pazienza, la mia vita è infinita.” 

Così Kira continua a scrivere e Ryuk continua ad aspettare ed entrambi continuano ad annoiarsi mentre i giorni passano, ognuno identico al precedente. 

Con l’eccezione del giorno in cui Light muore per la quinta volta, perché Ryuk scoppia improvvisamente a ridere. 

Lo shinigami sogghigna e singhiozza e si tiene la pancia mentre praticamente ulula la sua risata e Light non lo ha mai visto tanto divertito, nemmeno quando Naomi Misora gli ha dato un nome falso. 

Sono al quartier generale perciò Light non può esattamente chiedergli cosa ci sia che non va - la polizia è stupida, ma non così stupida, e se si mette a parlare da solo persino loro si renderebbero conto di cosa stia accadendo - così Ryuk continua a ridere e a ridere, il corpo scosso dai singhiozzi, ed è strano, perché non c’è niente di divertente nella stanza, niente di significativo è avvenuto, non ci sono nuove piste, nessun imitatore, nessun nuovo detective spuntato da chissà dove. Niente.
Niente che Light possa vedere, almeno. 

“Hyuk, hyuk!” Ryuk cerca di contenere la sua risata, “dai, faglielo sapere! Oh, sarà così divertente! 

Light si umetta le labbra, cercando di nascondere il brivido che gli corre lungo la schiena. 

C’è qualcosa di sbagliato, qualcosa che non riesce a capire, e non può nemmeno chiedere direttamente a Ryuk. Se solo il bastardo la smettesse di ridere e gli spiegasse. 

Poi lo sente. 

È un colpetto leggero contro la sua fronte, la sensazione dell’angolo di un quaderno premuto contro la sua pelle. 

Light scatta in piedi, facendo rovesciare la sedia. 

I suoi colleghi lo guardano stupiti, è così poco da lui fare tutte quella scena, e sembrano anche preoccupati. Suo padre ha già una mano sul calcio della pistola, come se potesse sparare ad uno shinigami. 

Light li ignora, gli occhi fissi davanti a sé. “L…” 

Lo shinigamu gli prende il mento, le dita scheletriche glaciali contro la sua pelle, e gli solleva la testa abbastanza perché possa guardarlo negli occhi vuoti. 

“Puoi chiamarmi Law adesso.” 

Light chiude gli occhi, sopraffatto. 

“Chiamami Law, Light Yagami. E dimmi che sei Kira.”

“Non hai bisogno di sentirmelo dire. Lo sai già.” 

“Voglio che lo sappiano anche loro. Fallo o ti costringerò io.” 

“No. Non lo farò.” 

“Stai abiurando?” lo shinigami sorride, divertito. 

“Mai.”

“Allora dillo, Light.” 

Light tenta di scuotere la testa, ma il suo mento è ancora intrappolato tra le cadaveriche dita dell’altro. “Tutto quello che ho fatto, è stato in nome della giustizia, Law. Scrivi il mio nome nel tuo Death Note se devi e fammi fare quello che vuoi prima che io muoia.” 

“Light!” Suo padre è il primo a rendersi conto di cosa stia accadendo - e davvero di che altro hanno bisogno, di un invito scritto? 

“Che sta -?” 

Light li ferma con una mano, senza distogliere lo sguardo da… beh, dal niente, almeno per loro. 

“Ryuk?” L - Law - ridacchia. “Ti dispiace?” 

Light si rende conto che Ryuk ha un pezzetto di carta tra le mani e non può nemmeno dire niente per fermarlo, perché sarebbe semplicemente un altro modo per tradirsi. Così Ryuk preme il foglietto contro la guancia di Soichiro Yagami, poi di Mogi e Matsuda e di tutti gli altri uomini nella stanza. 

Light però non riesce a staccare gli occhi da Law, così non vede la realizzazione e lo shock nelle loro espressioni. 

È come se loro due fossero gli unici esseri nella stanza. 

Il volto di Law è così vicino al suo, può notare ogni dettaglio, il rischio sotto la pallida pelle cinerea del suo viso, le sue orbite vuote, profonde e imperscrutabili come buchi neri, il suo respiro dolciastro, dall’odore di cheesecake alla fragola e decomposizione. 

“Dimmi, Light, se alla fine non ti prendi la responsabilità di ciò che hai fatto, di ciò di cui dici di essere orgoglioso… nei sei davvero così orgoglioso? 

Light preme le labbra fino a farle scomparire in una linea sottile. 

“Ryuzaki…” Matsuda lo prega, quasi in un gemito, perché sono tutti dalla stessa parte, stanno tutti cercando di catturare Kira. 

“Ma sei scemo?” Light quasi gli ringhia contro, “Cos’è che non capisci? Questa è una faccenda tra me e lui.” 

Matsuda fa un passo indietro, come se avesse ricevuto uno schiaffo. 

“Davvero credi che questo possa finire con qualcosa di diverso dalla tua morte?” Law chiede, inclinando la testa.

“No. No, penso di aver già fatto pace con l’idea.”

“Light!” Suo padre, di nuovo. Ovviamente, non vuole che suo figlio muoia. Ma non c’è comunque nulla che possa fare a riguardo, nulla per fermare uno shinigami. 

“Quando ho cominciato, sapevo che sarei potuto morire in qualsiasi momento, papà. Tu mi hai persino puntato una pistola alla fronte e hai sparato. Sapevo quello che stavo rischiando. Sapevo che una condanna a morte era una possibilità.” 

Law sorride. 

“Sì, va bene, vuoi sentirmelo dire. Lo dirò. Con Kira il tasso di criminalità è diminuito e non è mai stata così basso. Con Kira puoi camminare per strada senza temere di essere derubato, stuprato o ucciso. Sì, qualche innocente ci è andato di mezzo, ma nel quadro generale, molti più innocenti sarebbero morti se Kira non avesse ucciso i criminali. Ci sono delle statistiche a dimostrarlo.”

“E quando Kira non sarà più lì a punire i criminali? Quanto gravi saranno le ripercussioni, eh?” chiede Law. 

Light ghigna, “Ma questo, mi dispiace dirtelo, sarebbe colpa tua, non di Kira.”

“E perché mai?” 

“Quando un re muore senza lasciare eredi e c’è una guerra civile, è forse colpa del re per essere morto, o della sete di potere de pretendenti al trono per non essere riusciti a dirimere la questione senza spargimenti di sangue?” 

“Posso comprendere il tuo punto di vista,” Law annuisce, “ma chi ha deciso che tu fossi il re?” 

“La stessa cosa che decide ogni re: il potere.” 

Law lo guarda, considera le sue parole - il pollice premuto contro le labbra, un’abitudine che non ha perso nemmeno nella morte.

“Capisco. Devo ammetterlo, riesco ad apprezzare le tue macchinazioni molto di più, ora che sono morto.”

“Lo immaginavo. La morte tende a cambiare la prospettiva.” 

“Ah, certo. Sei sempre stato molto intelligente. Quasi mi dispiace doverti uccidere.”

“Ma lo farai comunque.” 

“Ho detto quasi.” 

“Sì, anche a me è quasi dispiaciuto ammazzarti.” 

“Light…” Soichiro implora. Deve esserci un malinteso, deve. Suo figlio deve essere… confuso. Non può davvero star confessando di essere Kira con così tanta noncuranza, ammettendolo come se non fosse un grosso problema, chiacchierando con uno shinigami come se fosse cosa da tutti i giorni. “Light, per favore, cosa stai -?”

“È finita,” Light scossa la testa, “Non ci arrivi, papà? È sempre stato così che doveva finire, sin dall’inizio.”

“Cosa!”

 “Io sono Kira e l’unica cosa che può fermarmi è la stessa cosa che mi ha creato. Nessun essere umano ha mai potuto, non la polizia, non l’FBI, non L.” 

“Ma dal potere degli Shinigami sei nato e dal potere degli Shinigami sarai ucciso,” Law annuisce.

“Apprezzerei se potesse essere una morte rapida.” 

“Mi dispiace informarti che stai già morendo. Non saresti stato altrettanto cooperativo e rassegnato altrimenti.” 

“Ma non mi hai costretto a confessare,” Light afferma, sicuro di sé. Tutto quell oche gli è uscito di bocca era una sua convinzione. 

“No, non l’ho fatto.” 

Law - L - gli mostra un foglio bianco, tendendolo per gli angoli superiori davanti al suo viso.

 

Light Yagami  10:40 
Muore di attacco cardiaco, dopo aver fatto pace con il mondo che sta lasciando. 

 

“No, non l’hai fatto,” Light sorride per l’assurdità della scena, per l’affetto che prova per Ryuzaki e i suoi tic, mantenuti persino nella morte, per il pulsare del cuore ancora vivo nel suo petto. “Gentile da parte tua.” 

É soltanto uno spasmo, pensava avrebbe sentito più dolore di così, ma c’è soltanto un bruciore al petto, una fitta che si irradia alle sue braccia e alla mandibola e poi non c’è più nulla. 

Law gli chiude gli occhi. “Dopotutto, sei davvero stato il mio primo vero amico”
 

 

And if you get to heaven
I'll be here waiting
 

 

“Dovrei chiamarti Kira, adesso?” 

Lo shinigami appena creato tamburella un dito - macchie rosse sangue e nere inchiostro tingono come fiamme la pelle grigio cenere delle sue mani - contro il proprio mento, pensieroso. 

“No. Non penso che sia il mio nome, Law.” 

“Quale dunque?” 

“Penso che questa volta opterò per Moon.” 

 

 
  
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