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Autore: MollyTheMole    27/08/2022    1 recensioni
Londra, 1934: il crimine di Londra ha un nuovo James Moriarty. Quest'uomo, però, ha una nemesi: il nuovo ispettore capo di Scotland Yard, per il quale ha in serbo una triste ed amara sorpresa.
Londra, 1936: il rinnovato castello sul lago Loch Awe, in Scozia, apre i battenti ai turisti. Il passato, però, è come la ruggine: incrosta ed imprigiona. Gli ospiti del castello si troveranno, loro malgrado, a fare i conti con esso, con l'oscuro futuro ormai alle porte e con lo spettro di un criminale che infesta i loro ricordi.
Genere: Mistero, Noir, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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PARTE I

 

 

 

Mi nutristi, mia terra,

perché luce io fossi all’Ellade 

e di morire ora non ricuso.

[…]

Fiamma del giorno,

bagliore di Zeus,

altra esistenza altra sorte

vivremo.

Addio, luce amata!

 

Euripide, Ifigenia in Aulide. 

 

 

1.

 

Londra, 1936

 

Danielle. 

 

Si passò una mano sugli occhi con un sospiro. 

Per quale motivo dovevano scrivere gli annunci con caratteri così minuscoli?

Rinunciando a contare sulla propria vista e con gli occhi che bruciavano come se ci fosse colata dentro l’acqua di mare, afferrò la lente di ingrandimento da tavolo e la lasciò cadere senza troppi complimenti sulla pagina delle offerte di lavoro.

Le sue finanze non avevano di certo bisogno di qualcuno che se ne occupasse a tempo pieno, e lei non poteva restare ad ammuffire in casa per l’eternità, anche se, tutto sommato, il pensiero la allettava. 

Avvicinò la lampada al giornale, come se ciò servisse ad ingrandire i caratteri, o a vederci meglio, ma il risultato non fu dei migliori. Si sentiva la testa pesante e le palpebre arrossate le bruciavano per averle sfregate troppo. 

Si lasciò cadere con la schiena sulla poltrona, ad occhi chiusi, cercando di distendere i muscoli tesi del viso.

Maledetta insonnia.

Due anni. Erano già passati due anni. Sulle prime non se ne era accorta. Aveva avuto troppe cose a cui pensare. Il funerale, innanzitutto. Poi, annullare tutti gli inviti, avvisare il parroco che il matrimonio non si sarebbe celebrato, cancellare le convocazioni, e soprattutto rispondere ad una marea di telegrammi. 

E’ incredibile quanti ipocriti ci siano in circolazione. Aveva ricevuto le condoglianze da persone che non vedeva da una vita, alcune di esse non erano di conseguenza state invitate al matrimonio e non avevano nemmeno avuto la decenza di esentarsi dal manifestarle il proprio risentimento per tale mancanza, seppur tra le righe. 

Nessuno tra questi, nemmeno a dirlo, si era presentato al funerale. 

Grazie al cielo sua madre e suo padre si erano assunti l’arduo incarico di rispedire altrettanto educati telegrammi, dove per lo meno l’invito ad andarsene a quel paese seguiva il registro dei mittenti, e non quello più diretto e forse volgare di Danielle.

Insomma, era di certo più educato rispondere con un allusivo spero di rivederVi presto. Del resto è così tanto che non ci incontriamo che con un più diretto Grazie e a mai più rivederci

Quando era stato tutto finito, poi, era calata la notte. 

Non aveva più avuto un motivo per alzarsi dal letto, per mangiare, per dormire, neppure per lavarsi. La sua carriera era finita esattamente come la sua vita privata. Lei era finita. I primi due mesi li aveva passati chiusa al buio dentro la sua casa, mangiando quando aveva fame, bevendo quando aveva sete, senza soluzione di continuità. La spesa, gliela consegnava l’ortolano sulla porta, a cui lei lasciava una piccola busta con gli spiccioli sotto lo zerbino. Dopo mesi di assoluto silenzio, i suoi genitori erano venuti a trovarla, preoccupati, e lo stato in cui l’avevano trovata di certo non aveva contribuito ad alleviare le loro pene. 

Due anni d’inferno, ed era dire poco. 

Adesso, Danielle era seduta alla sua scrivania, nel suo studiolo nel piccolo appartamento di Queen Victoria Street, nuovamente spolverato ed apparentemente in ordine, alla ricerca di un annuncio che potesse soddisfare le sue esigenze.

Anche lei sembrava perfettamente in ordine. Aveva da tempo rinunciato alla veste da camera per un più comodo e composto abbigliamento domestico. Si pettinava tutte le mattine. Faceva colazione ed in generale attendeva i pasti come tutte le persone normali. 

Se l’apparenza, però, poteva essere normale, dentro di lei la ferita era tutt’altro che richiusa. 

Con i polpastrelli poggiati sulle tempie, osservò la pagina di annunci, parole piccole come tante formiche. 

Un posto da cameriera sull’Embankment. Non che la cosa la facesse impazzire di gioia, ma almeno sarebbe uscita di casa e avrebbe guadagnato due soldi per sé. Non avrebbe potuto gravare per sempre sulle spalle dei suoi genitori.

Ecco, quella invece sembrava una buona occasione. Un posto da bibliotecaria. Niente male. Chiusa in archivio tra libri muffosi, sola e con qualche topo avido di inchiostro a cui lei avrebbe ben presto dichiarato guerra. 

Nascosta alla vista, lontano dagli occhi indagatori della gente.

Ci aveva provato, oh, sì, che ci aveva provato. In un estremo tentativo di riprendere in mano la sua vita, era uscita di casa ed aveva chiesto lavoro in una pensione come donna delle pulizie. La proprietaria l’aveva guardata perplessa, e poi era scoppiata a ridere.

- Tu? Adesso ti comporti come tutti i comuni mortali, eh? Ma guardatela, qua a chiedere un comunissimo lavoro, come tutti noi pezzenti che hai sempre criticato!-

Danielle avrebbe tanto voluto avere la forza di protestare. Non aveva mai avuto da ridire sulle occupazioni delle altre persone. Non gliene era mai importato nulla. Semplicemente, lei non si sentiva adatta a svolgerle, ed aveva preferito cercare la propria strada altrove. 

Non aveva detto nulla di tutto ciò, però. Le parole le erano morte in gola, così come la sua speranza di poter ricominciare, di poter fare una vita normale.

- Vattene.- le aveva detto invece il proprietario, togliendosi gli occhiali dalla punta del naso camuso e guardandola con gli occhi carichi di odio. - Di spostate, qua dentro, non ne vogliamo!-

Sua nonna aveva avuto ragione, ancora una volta. Ricordati, Danielle le aveva detto tanto tempo prima, mentre sferruzzava attenta sulla sua sedia a dondolo, più in alto volerai, più male ti farai quando cadrai.

Lei non era caduta, era precipitata, schiantandosi al suolo come un meteorite e bruciando tutto l’ambiente circostante.

Che cosa le faceva credere che le cose sarebbero cambiate, adesso? Poteva veramente contare sulla memoria corta della gente? Se fosse uscita di casa, sarebbe stata un’estranea agli occhi degli altri, o si sarebbero tutti ricordati di lei?

In quei due anni, era passata dall’intorpidimento alla disperazione, poi, in ultimo, aveva vissuto una fase di fluttuazioni morali poco salutari, ed era stata capace di passare dalla più sincera tranquillità alla rabbia più violenta. In quel momento, un moto di stizza le colpì la bocca dello stomaco, spingendola a chiudere con forza il giornale e a gettarlo senza troppi complimenti nel cestino della carta straccia, assieme ad altri che erano incorsi nella stessa sorte. 

Non cambierà mai niente.

Si assestò sulla sedia, convinta di esservi rimasta seduta talmente a lungo da aver scavato un solco nell’imbottitura. 

La posta. Poteva lasciare perdere il lavoro, le persone e la società, ma le casse dei contribuenti, quelle no, era un suo dovere civico riempirle. 

Sorrise. In fondo, una parte di lei credeva ancora nelle istituzioni.

Sfogliò il plico di lettere che giaceva in bell’ordine sulla scrivania. C’era la corrente elettrica da pagare. Aprì la busta con un tagliacarte e si fermò per un momento ad osservare la lama sottile con occhi vitrei. Poi, scosse la testa e conficcò il coltellino con troppa grinta dentro la busta.

Aveva tutte le ragioni per diffidare dei soggetti preposti alle istituzioni. In fondo, chi l’aveva aiutata?

E’ stata tutta colpa loro.

Era colpa loro se lei ancora si svegliava sudando e gridando a gran voce il suo nome. Era colpa loro se ancora vedeva la luce infondo ai suoi occhi spegnersi, ogni notte. 

O forse, era solo un modo come un altro per ignorare il fatto che, invece, era stata tutta colpa sua. 

Osservò la cifra sulla bolletta, mentre si accarezzava il polso sinistro con noncuranza. Vi era ancora la cicatrice, un segno bianco largo e diseguale, come se avesse preso il sole con un orologio da polso. Forse non sarebbe mai andata via, e tutto sommato non le importava. 

Gettò la bolletta da parte e riprese a scorrere la posta. Una lettera da un suo amico del college. Quando mai aveva avuto amici, a Cambridge? Un buono del parrucchiere. Tanto non ci sarebbe mai andata comunque. Il conto dell’ortolano. Ecco, questo doveva saldarlo, anche se doveva chiedergli di aumentare il quantitativo di patate. Ultimamente era stato un po’ restio a consegnargliele.

Il Times del giorno. Un’altra pagina di annunci.

Ancora.

Cercò di farsi forza, ma non appena aprì il giornale alla ricerca della pagina giusta una striscia di carta colorata le cadde fluttuando sulle ginocchia. 

Danielle alzò un sopracciglio, pensierosa, mentre leggeva la pubblicità. 

Stando ai caratteri cubitali con cui aveva provveduto a far stampare il volantino, l’agenzia di viaggi Sanders, fresca di apertura, stava promuovendo un viaggio in Scozia, in un posto chiamato Loch Awe. Con un’ultima esortazione, il cui linguaggio sembrava a Danielle di cattivo gusto, l’agenzia invitava a partecipare e a prenotare la propria stanza in fretta, prima che i posti fossero esauriti.

Danielle osservò il biglietto alla luce della lampada, stringendolo tra le dita.

Con tutta la carta che aveva appena cestinato avrebbe potuto ripiantare la metà dei boschi dell’Essex. 

La striscia di carta colorata stava quasi per raggiungere le altre sue infelici compari nel cestino della carta straccia quando qualcuno suonò alla porta.

Scocciatori, contro i quali Danielle aveva una tecnica consolidata. 

Prima o poi, si stancheranno.

Lo scocciatore di turno, però, non sembrava avere intenzione di darsi per vinto. Dopo ripetute scampanellate senza ottenere risposta alcuna, era passato alla combinazione di campanello e leggeri colpi alla porta. Quando vennero ignorati anche quelli, i colpi si fecero più intensi e sonori e il campanello prese a trillare troppo a lungo per i gusti dell’inquilina. Infine, esasperata, una voce di donna prese a chiamare, mentre suonava e bussava a ripetizione, minacciando di mettersi ad urlare se non le avesse aperto.

Danielle sospirò e si alzò dalla sedia.

Non c’era niente da fare. Quando Ruth Marston si metteva in testa una cosa, non c’era verso di farle cambiare idea.

- Danielle cara! Finalmente! Pensavo che tu non mi avessi sentito!-

Ruth Marston era il tipo di persona con cui, di norma, Danielle non sarebbe mai andata d’accordo. Frivola, amante del lusso e delle cose belle, assidua lettrice delle peggiori riviste patinate, aveva un bel corpo e tanto fascino, e lo sapeva usare bene. Era civettuola e non brillava di certo per intelligenza, tuttavia, aveva la dignità e la decenza di saperlo. Ruth era genuina, spontanea e solare, mai falsa o doppiogiochista, non fingeva di essere qualcosa che non era per piacere alla gente. Forse parlava a sproposito, e per qualcuno poteva essere ottusa, ma era sincera, e questa era una dote che Danielle apprezzava più di tante altre qualità. 

Si sentì in dovere di farle un sorriso, e per una volta non le pesò. 

- Hai una cera pessima, lasciatelo dire.- le disse, entrando in casa e spostandola dalla soglia senza troppi complimenti.- Io però ho la cura giusta! Una bella sessione di acquisti! Mettiti qualcosa di carino ed usciamo, vuoi? Ho visto uno splendido vestito rosso ai grandi magazzini, sono convinta che ti starà benissimo!-

Danielle borbottò una piccola obiezione a proposito del fatto che il rosso non era il suo colore, ma Ruth parve non sentirla, mentre la trascinava in camera da letto per il polso sano.

- E’ una vita che ho voglia di rinnovare il tuo guardaroba. Non fai altro che indossare abiti color pastello… No, non dirlo!- disse, alzando l’indice per aria ed interrompendola all’improvviso.- Il pastello dovrebbe essere dichiarato illegale, cara mia. Sembri mia nonna! Largo ai colori vivaci! La moda cambia e le signore con lei!- 

Ruth era invadente, ma sapeva portare il sole con sé. Danielle aveva capito che la sua amica aveva preferito entrare in casa sua come un battaglione di cavalleria piuttosto che adeguarsi alla buona educazione e vedersi respinta alla porta. Capì che le voleva bene, e che lo stava facendo per lei. Apprezzò ancora di più la sua schiettezza e la sua sincerità, ed accettò di buon grado l’abito rosa pastello che le aveva offerto. Non protestò nemmeno quando Ruth commentò con una smorfia che sembrava un confetto.

Mentre si cambiava d’abito e si sciacquava il volto, Danielle scrutò per l’ultima volta la sua immagine riflessa nello specchio. Gli occhi blu pervinca erano cerchiati da profonde occhiaie scure. I ricci rossi le cadevano scomposti lungo il volto. Le guance erano attraversate da profondi segni, indice del dimagrimento improvviso che l’aveva colpita e da cui si stava lentamente riprendendo. Persino la spruzzata di lentiggini che aveva sul naso sembrava una grossa macchia scura a confronto con il pallore della sua pelle.

Chiuse delicatamente il suo abito e si disse che quella, per lei, sarebbe stata l’ultima possibilità.

Avrebbe dato alla vita un’altra occasione, l’ultima. Si sarebbe lasciata guidare dal destino su una rotta diversa. Per una volta, avrebbe mollato il timone della sua nave e si sarebbe fatta trascinare dalla corrente.

Forse, quella pubblicità non era arrivata per caso. 

- Io non riesco proprio a capire che cosa hai contro i colori pastello. Questa sfumatura di rosa fa parte di alcuni dei tramonti più belli del mondo. Che ci sarà mai di male?-

- Semplice, cara. E’ démodé.-

- Démodé, e sia.- fece, infilandosi le scarpe senza troppa grazia ed afferrando una borsetta dall’attaccapanni. - Però io l’abito rosso non lo compro.-

- Ma ti starebbe così bene, cara! Un bel tocco di colore…-

- Sono già abbastanza rossa di capelli, grazie, Ruth.- disse, troncando l’argomento.- Ma posso prendere in considerazione un bel verde, o blu.-

Quelli non erano di certo i colori che la sua amica intendeva proporle, e poteva leggerglielo in faccia. Tuttavia, Ruth realizzò, evidentemente, di aver già compiuto un’impresa convincendola ad uscire di casa, ed annuì, persuasa.

- Benissimo.- disse, prendendo a questo punto Ruth sotto braccio ed avviandosi verso la porta. - Tuttavia, devo chiederti un favore.-

- Tutto quello che vuoi!-

- Ti scoccia tanto se facciamo una piccola deviazione in agenzia di viaggi?-

***

La Tana della Talpa
 

Salve a tutti!
Non ho intenzione di tediarvi, quindi lascio qua giusto qualche indicazione per chi tra voi avrà voglia di continuare a leggere.
Di solito, mantengo la parola data: se pubblico una volta di sabato, allora pubblicherò sempre di sabato. Tutti i sabati. Fino alla fine della storia.
La Tana della Talpa non sarà sempre presente: di solito aggiungo dei commenti ai capitoli che scrivo, ma questa volta ho una mezza idea di farne una vera e propria appendice alla fine di tutto. Considerate, quindi, questo angolino come un'anticipazione dello spiegone che arriverà alla fine.
Vi basti sapere che, in questa storia, i protagonisti sono solo uno strumento per un narratore più grande: la Storia, quella con la esse maiuscola, un contesto predefinito dove i nostri eroi si muovono, si adattano, cadono, sopravvivono e si rialzano. 
Tutti, o quasi.
E con la Storia, il vero protagonista è l'essere umano nella sua essenza. 
Siamo le scelte che facciamo.
Spero sinceramente che questa storia vi piaccia. Questa volta sono qua con una storia originale! E' la prima volta che ne pubblico una, e mi farebbe davvero piacere ricevere un vostro feedback ogni tanto. 

Ringraziandovi per la vostra cortesia ed augurandovi una buona lettura,

sempre vostra,

MollyTheMole. 
 

  
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