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Autore: dragun95    27/08/2022    2 recensioni
Le Terre dimenticate, sono un luogo ostile e molto pericoloso. Tanto che anche la Chiesa se ne serve per esiliare
chi ritiene un eretico o le creature troppo pericoloso.
Ma in questo luogo vive anche una delle razze Ancestrali. Giran è un membro dei Brashak che da tempi antichi vivono
in quelle terre, per lui la vita è un semplice tiro di dadi. Ma quando la sua tranquilla routine viene interrotta, sarà costretto
a scendere a patti con i suoi rimpiatti e affrontare il suo passato.
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Thorn Cronicles'
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CAPITOLO 11
 
 
-Abbiamo perso troppo tempo con questi Eretici!- esordì Dario voltandosi verso i suoi uomini. Quando erano partiti all’inseguimento della spia erano più di una trentina, mentre ora si erano ridotti a meno della metà.
Aveva decisamente sottovalutato l’ambiente ostile in cui si erano ritrovati. Anche per questo avrebbe torturato personalmente quella maledetta spia quando l’avrebbe avuta tra le mani.
 
-Rimettiamoci in marcia- si avvicinò a Zeus un grosso e possente Leone alato di colore bianco con le ali e la criniera color oro. Questi fungeva da calcatura personale del Templare. Accarezzò delicatamente la criniera, prima di montarvisi in sella scostando il mantello.
 
-Signore, forse dovremmo ritirarci- tirò di scatto le redini bloccando l’avanzata.
 
-Come hai detto?- chiese voltando la testa sul soldato che aveva aperto bocca. Questo deglutì visibilmente spaventato, ma deciso a dire la sua.
 
-Metà di noi è morta a causa del caldo e per la fauna di questo posto maledetto. Così non siamo in condizioni di continuare. Dobbiamo tornare indietro e riorganizzarci!- Il Templare scese dalla sella avvicinandosi al soldato, che deglutì ancora guardando la spada che portava al fianco.
 
-Come ti chiami soldato?-
 
-Finn- rispose il cavaliere. Dario allungò la mano posandola sulla sua spalla in maniera tranquilla.
 
-Il tuo è decisamente un consiglio molto saggio Finn. Ti ringrazio- il giovane cavaliere lo guardò sconcertato che l’avesse ascoltato. Ma tirò un sospiro di sollievo vedendo il suo capitano allontanarsi da lui.
Questi alzò la mano schioccando le dita. Rispondendo a quell’ordine Zeus aprì le ali e fletté le zampe saltando addosso al soldato sotto lo sguardo dei suoi compagni.
 
-Ma io non sopporto che mi si diano, brutte notizie- rispose incuranti delle grida del cavaliere che veniva sbranato vivo.
Se fosse tornato e il resto della Chiesa avesse scoperto che si era fatto scappare una spia con possibili informazioni su di loro. E per giunto che avesse perso dei cavalieri per riuscire a catturarlo senza riuscirci.
Sicuramente ci avrebbe perso la faccia e il suo grado, se non peggio. Ed era qualcosa che non poteva permettersi.
 
-Qualcun’altro ha qualcosa da dire? sono tutto orecchie- a quella domanda nessuno parlò. Dario richiamò Zeus con un fischio, che tornò da lui col muso insanguinato.
 
-Pacificatrice Isla. A rapporto!-
 
-Eccomi comandante Dario- l’unica donna del gruppo si avvicinò inginocchiandosi come se fosse stata in preghiera. Le Pacificatrici erano in precedenza delle suore che si erano unite al braccio armato della Chiesa.
 
Come si poteva intuire dalla sua armatura che ricordava un vestito da suora corazzato in nero con una cotta di maglio a coprirle la testa. Il quale ricordava il loro precedente vestiario delle serve devote a Dio.
Ma erano state addestrate nell’arte della battaglia e degli incantesimi.
 
-Dalle tue perlustrazioni è emerso altro?-
 
-Poco, soprattutto molta sabbia, vista la vastità di queste terre. Tuttavia ho individuato quello che sembra un villaggio di Goblin- disse con una nota di disgusto nella voce pensando a quelle empie creature. Anche il Templare sembrò disturbato, forse perché per la Chiesa i Goblin erano paragonati a creature barbare e malefiche.
 
-Cosa facciamo comandante?- Dario sembrò pensarci per poi avvicinarsi a Zeus prendendo la lunga catena che aveva attaccata al collo e strattonarla con forza fino a far cadere sulla sabbia la donna che vi era legata.
 
La prigioniera era una Imp. Una discendente degli antichi Daemon.
Aveva fisico formoso e attraente dalla carnagione viola bluastro con sfumature rosse segnato da molti tagli e lividi. Era bella anche se i suoi capelli neri che erano stati tagliati in maniera disordinata e da cui spuntavano i moncherini di quattro corna rosse che erano state spezzate e levigate.
Come privazione della libertà gli era stato fatto indossare un abito lungo e logoro come quello che davano agli esiliati, la bocca tappata con una museruola ed era legata con delle catene per impedirle di scappare.
 
-Allora direi di andare a fargli una visita nel nome del signore- tirò la catena per portare a se la Imp afferrandola saldamente sotto al mento per far in modo che lo guardasse. Poteva leggere l’odio che ardeva nei suoi occhi, così come la coda con la punta a freccia che agitava per simboleggiare le sue emozioni.
 
E di ciò Dario non poteva che sorridere sotto al suo elmo.
 
 
 
 
Ogni volta che andava al Picco fossilizzato, si stupiva delle dimensioni di ciò che rimaneva di Yggdrasil. E allo stesso tempo provava una grande tristezza nel suo petto, come se vedere quel luogo ridotto in quello stato gli causasse dolore.
 
-Wow…è gigantesco!- fischiò Pacifica guardando le radici carbonizzate dell’albero. Maya ridacchiò al suo fianco per la reazione della rossa, che poi era perfettamente normale per chi lo vedeva per la prima volta.
 
-Ricardami perché vi ho portate con me?- non gli dispiaceva averle intorno. Ma quel luogo era importante per lui e non gli andava che la Timoniera ficcanasasse in giro.
 
-Perché volevo far vedere questo luogo a Pacifica e non fare l’asociale-
 
-Ha ragione Maya. Dovresti essere grato che due donne da schianto vogliono la tua compagnia- lo provocò Pacifica con voce suadente passandosi una mano sul petto e successivamente sul collo della Fiers.
Non era realmente interessato al Brashak, voleva solo vedere la sua reazione.
 
-Mi spiace per te, ma non mi provocate alcuna “Scintilla”- gli rispose facendo il segno delle virgolette con le dita, prima di incamminarsi verso l’interno delle radici.
La rossa gonfiò le guance sentendosi offesa e presa in giro. Maya rise lievemente, visto che il Brashak non era una persona che si lasciava sedurre facilmente.
 
 
L’interno tra le radici era cavo e molto ampio come quelle di una mangrovia. C’era così tanto spazio che anche se l’intera Cittadella ci sarebbe stata per intero, sarebbe avanzato ancora la maggior parte dello spazio.
 
La rossa rimase a bocca aperto guardando il posto fino a sopra la sua testa, dove le radici si univano formando il tronco. Giran non fece molto caso alla sua reazione, ormai ne aveva viste così tante di espressione sorprese delle persone che arrivavano fin dentro le radici.
 
-Questo posto è immenso. Perché la gente non si traferisce qui?- chiese, alludendo alla grande quantità di spazio a disposizione e che avessero un tetto sopra alla testa del tutto naturale.
 
-Riusciresti a stare qui dentro ventiquattr’ore su ventiquattro?- gli domandò Maya. L’altra ci pensò un po’ e infine scosse la testa.
 
L’aria lì dentro gli sembrava malsana e decadente, come se fosse morta insieme l’albero. E vista la quasi totale oscurità del luogo, gli sembrava di essere entrata in una grotta.
 
-Perché siamo venuti qui?- aveva voluto seguire i due, forse perché era più preoccupata che lui provasse a toccare Maya. Piuttosto che scoprire di più sul popolo della terra.
 
-Lo vedrai, ma tu stacci molto vicina- la Fiers allungando la mano verso di lei. La rossa sorrise stringendo quella della figlia delle fiamme, stando mano nella mano.
Nel vedere il loro legame il Brashak si sentì un po’ invidioso delle due, ma ricacciò quel pensiero nella sua mente.
 
-Un momento. Secondo la leggenda non dovrebbe esserci un grosso mostro tra le radici di Yggdrasill?- Subito la sua mano scattò vicino al manico della spada che portava.
 
-Ah, si quello…è laggiù- gli rispose Giran indicando una direzione con la mano. Ma quando portò lo sguardò pronta a respingere un eventuale attacco, capì del perché gli altri due non fossero preoccupati.
 
Davanti agli occhi c’era un grande teschio di quello che sembrava un serpente con delle corna ramificate sul capo e vicino, quello che restava del suo corpo, solo delle ossa. Evidentemente doveva essere morto da molto tempo.
 
-È morto quando l’albero è iniziato a marcire- Non sapeva molto della creatura che viveva lì prima della Decadenza. Secondo le leggende tramandate dai suoi antenati, doveva essere una specie di regina dei primi draghi e che si nutrisse della linfa prodotta dall’albero per sostentarsi.
 
-Che sollievo- viste le dimensioni del teschio, di certo non sarebbe stata in grado di fare niente contro una creatura di quelle dimensioni.
 
-Fossi in te, non tirerei un sospiro di sollievo- la ammonì il moro, avvicinandosi ad una radice che partiva dal centro dell’albero. Allungò gli artigli strappando via la corteccia ormai talmente marcia, che non appena la tolse questa si sgretolò nella sua mano diventando polvere.
Continuò a scavare strappando parti di corteccia, sentendo dei brividi di disgusto al solo contatto con tutta quella materia ormai morta.
 
Quando all’ennesimo strappo, dalla radice iniziò a fuoriuscire un liquido denso e nerastro che iniziò a ribollire formando delle bollicine.
Il Brashak si allontanò subito per evitare di toccarla, mentre dall’alto si udì un grido che fece ghiacciare il sangue.
 
-Che cazzo è stato?- portò la mano ad estrarre la spada, ma la mano della Fiers glielo impedì. Quando la guardò per chiedergli spiegazioni, la cinerea gli mise un dito sulle labbra per dirgli di stare zitta.
Giran indietreggiò tornando dalle due donne, mentre una figura si muoveva tra l’oscurità in alto tra le radici.
 
Pacifica e Maya restarono dietro al moro, mentre dal soffitto scese la sagoma di uno scoiattolo grande più del Brashak. Ma non era di certo carino.
 
Era completamente privo di peli con le vene in evidenza in tutto il corpo di colore nero, era molto magro e scarno con lunghi artigli affilati e i grandi incisivi che si intravedevano dalla bocca, la folta coda sembrava l’unica parte con ancora del pelo. Ma erano così rizzati da sembrare delle spine.
Il roditore annusò l’aria muovendo la testa munita di corna da cervo dirigendosi verso la spaccatura da cui fuoriusciva la sostanza nera.
 
-Cosa sarebbe quello?- la rossa era rimasta inorridita da quell’essere.
 
-Il mio popolo li chiama Hignisir, ma forse tu li conosci meglio come Budbrisk-
 
-I messaggeri della natura!- l’altro annuì guardando l’animale mettersi a succhiare il nettare nero dalle radici. Giran rivolse uno sguardo alla Fiers.
 
-Hai quello che ti ho chiesto di portare?- la figlia delle fiamme annuì, passandogli un sacco. Lui lo prese tirandone fuori una pianta in un vaso.
 
Fece qualche passo verso il Budbrisk che era troppo preso a nutrirsi per prestargli attenzione. Quando gli arrivò ad alcuni passi di distanza si piegò scavando una piccola bica nel terreno ormai arido e vi ci piantò la pianta con le radici.
Si inginocchiò davanti ad essa e dopo aver fatto qualche respiro chiuse gli occhi portando le mani in preghiera all’altezza del petto.
 
I segni ramificati sul suo corpo iniziarono a brillare di nero, mentre la pianta prendeva a crescere ad una velocità incredibile fino a far sbocciare un grande fiore a campana.
 
Il dolce profumo nettare prodotto dalla pianta fece alzare di scatto la testa del roditore che si voltò con ancora la sostanza nera che gli macchiava gli incisivi. I suoi occhi erano completamente bianchi e lattiginosi come se fosse cieco.
Eppure l’odore che sentiva era qualcosa che aveva sotterrato nella sua mente. Si mosse verso il Brashak separando la distanza che c’era tra di loro. Pacifica alzò la pistola per provare a fermarlo, ma ancora una volta l’altra la fermò facendogli segno di rimanere a guardare.
 
-Così lo ucciderà!-
 
-No…guarda- il Budbrisk si messo ad annusare il grosso fiore aprendo le mandibole facendo uscire una lingua insolitamente lunga per uno scoiattolo. La mosse infilandola all’interno del fiore così da succhiarne il nettare e dopo qualche istante, l’animale iniziarono a versare lacrime bianche come i suoi occhi, come se fosse stato in uno stato di fecilità.
Giran sorrise a quella scena sentendo vicino a se una presenza familiare, quella di Gaia.
 
-Visto…non c’era niente da temere. Ma immagino che ora tu voglia delle spiegazioni- constatò la Fiers guardando l’altra che aveva la bocca completamente aperta dallo stupore.
Allungò la mano portandola sotto al mento della rossa per fargli chiudere la bocca.
 
-Così ti entreranno le mosche cara- Pacifica divenne rossa quanto i suoi capelli distogliendo lo sguardo.
 
-Si gradirei delle risposte!-
 
-Considerando che starà così per molto. Direi che ho tutto il tempo per spiegarti- le passò un braccio sulle spalle per condurla fuori da li. Lasciando Giran inginocchiato a pregare, con il Budbrisk ancora intento a nutrirsi.
 
 
 
Azara strinse i denti per il dolore atroce che provava, sentiva il calore del fuoco vicino al suo volto. Alzò appena gli occhi vedendo uno dei cavalieri infilzare un membro del suo clan a terra completamente inerme e disarmato.
Quando il sole stava tramontando quelle persone pesantemente armate si era presentata al loro accampamento  distruggendolo e prendendo ad uccidere chiunque gli capitasse a tiro.
 
Dopo aver ucciso la maggior parte dei loro guerrieri avevano radunato gli altri e li avevano legati a delle croci improvvisate.
 
-Stai comoda Goblin?- gli chiese la voce di quello che doveva essere il capo. Lei ringhiò provando a muoversi, ma gli aveva bloccato mani e piedi alla croce con dei chiodi di ferro.
Sentiva un male cane agli arti e il sangue che gli macchiava il labbro. Quello che l’aveva stesa doveva avergli rotto il naso visto che gli faceva un male atroce.
 
-Voi chi diavolo siete?- ringhiò mostrando i denti.
 
-Quindi sai parlare la mia lingua, ed anche bene-
 
-Chi diavolo siete?- ripeté. Dario inclinò la testa, per poi portare le mani a togliersi l’elmo.
Era un uomo di bell’aspetto dalla carnagione bianco lattea, capelli biondo grano e occhi azzurri. Ma quando vide i lunghi canini gli sbucavano appena dal labbro capì che si trattava di un vampiro.
 
-Noi siamo i membri della chiesa. Le persone che l’altissimo ha scelto per portare la sua parola e annientare i peccatori- disse il vampiro biondo con tono solenne alzando la mano al cielo. La Goblin ringhiò continuando a guardarlo, per poi ricordare che la maggior parte delle persone delle Terre Dimenticate era stata esiliata da questa chiesa.
 
-Siete quelli che mandano le persone a morire qui. MA NOI NON VI ABBIAMO FATTO NIENTE!- non li aveva mai visti o aveva avuto a che fare con loro. Quindi quel massacro nei loro confronti non era giustificato.
 
-Il solo fatto che voi bestie del male siate qui è una ragione più che valida- si intromise la Pacificatrice con il vestito macchiato di sangue. Azara gli sputò contro.
 
-Se questa è la vostra ragione…giudicarci solo per la nostra razza. Allora siete voi stessi i mostri che etichettate- urlò di dolore quando delle lame si piantarono nelle sue braccia e gambe. Il Templare aveva fatto uscire quattro braccia metalliche da sotto il suo mantello e l’aveva pugnalata.
 
-Non la…passerete li..scia. Lui ve la…farà pagare per…questo- disse tra uno spasmo di dolore e l’altro.
 
-Non temo le tue minacce. Michele mi protegge e guida la mia mano. Dovresti iniziare anche tu a pregare visto che sto per mandarti al cospetto di chiunque tu veneri- estrasse gli arti metallici per poi fare cenno a Isla di procedere.
La donna si avvicinò con in mano un paletto in argento e un martello. E puntò il primo all’altezza del cuore della Goblin.
 
Anche se sapeva di essere finita non voleva dargli la soddisfazione di vedere il terrore sul suo volto. Anche perché aveva la consapevolezza che Giran li avrebbe vendicati tutti quanti. Anche se sapeva che quello che si sarebbe trovato davanti non gli sarebbe piaciuto.
 
Distolse lo sguardo incrociando quello della Imp che era legata vicino al leone cavalcato dal capo dei Crociati. Negli occhi della discendente delle tenebre poté leggere tristezza, dispiacere mentre versava delle lacrime. Come se in parte si sentisse in colpa per la sorte che gli era segnata.
 
Azara lo capì e le lanciò un sorriso debole come a tranquillizzarla. Quella povera donna prigioniera era chiaro che non voleva essere lì ad assistere a quello spettacolo. Ed era di certo l’ultima da incolpare per quello che gli stava succedendo.
 
“Lascio la nostra vendetta a te Possente Alpha…e non piangere per noi, alla fine non è stata colpa tua” fece quel pensiero mentre chiudeva gli occhi rigati dalle lacrime che stava.
Proprio mentre la mano della Pacificatrice colpò il paletto producendo uno schizzo di sangue.
 
 
 
 
 
Note dell’autore
 
Eccoci al nuovo capitolo proprio prima della fine dell’estate.
 
Qui vediamo la vera natura di Dario ovvero di un vampiro e di quanto sia spietato e crudele oltre che molto devoto. Anche verso i suoi stessi uomini.
Poi vediamo Giran che va a trovare quello che resta del custode dell’albero o almeno ciò che ne resta.
 
Infine abbiamo la disfatta di Azara e dei Silent sands. Chissà quale sarà la reazione del protagonista quando lo saprà. O meglio io lo so, ma per saperlo dovrete aspettare il prossimo capitolo.
Ringrazio chi segue la storia e anche solo chi la legge e ci vediamo al prossimo capitolo.
  
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