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Autore: Nina Ninetta    29/08/2022    1 recensioni
Quando Andrea e Noёl vengono convocati in caserma poiché i rispettivi fratelli sono stati ricoverati a causa di problemi di alcolismo e fumo, i due decideranno di collaborare per chiedere l'affido della nipotina Giorgia. Tuttavia, la legge prevede che solo coppie sposate, o conviventi da almeno 5 anni, possono adottare un minore. I due non hanno scelta: dovranno vivere insieme e fingere di essere una vera coppia per il bene della piccola Giorgia.
[Questo racconto partecipa alla Challenge "To Be Writing 2022" indetta da Bellaluna sul forum Ferisce più la penna].
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6
L’Albero di Natale


 
 
L’ex maggiore Giorgio De Angelis fu di parola. Una volta a settimana, che di solito coincideva con il weekend, si recava a casa di suo figlio Noёl per prendere la piccola Giorgia e portarla a far visita ai genitori.
Andrea gliela faceva trovare preparata a festa, con i capelli castani legati in due codine e il vestito buono. Ogni volta, le comprava un regalino da portare a Gianni e Claudia, con la speranza che prima o poi la sorella chiedesse di lei.
Giorgio e Noёl non si salutavano neanche. Quelle poche cose che l’uomo lasciava intendere, lo faceva più che altro per rispondere alle domande di Andrea: stanno bene? Cosa dicono? Claudia vuole vedermi?
Durante l’ultimo incontro, quando l’ex militare aveva riaccompagnato la bambina a casa, si era sbottonato un po’ di più e le aveva confidato che né Claudia né Gianni ce l’avevano con lei, erano incolleriti nei confronti di Noёl, convinti che lui l’avesse manipolata a proprio piacimento.
Quando l’uomo era andato via, Andrea era stata di cattivo umore per tutta la sera. Il capitano De Angelis le aveva allora chiesto cosa fosse accaduto e lei aveva risposto stizzita:
«Gianni e Claudia mi ritengono proprio una senza palle! Pensano che sia tu l’artefice di tutto, che io mi stia facendo manipolare come una bambolina. Una senza palle, appunto!»
«Bella considerazione hanno di te!» Aveva aggiunto lui, girando il coltello nella piaga per il semplice piacere di vederla arrabbiarsi ancora di più. La trovava divertente quando si adirava per cose come quelle, futili dal suo punto di vista.
Erano entrambi seduti sul divano a guardare la televisione, Giorgia giocava con le sue bambole sul tappeto di gomma, e Andrea tenne il broncio per tutta la sera.
Noёl la trovava adorabile, sul serio.
Le cose tra loro andavano meglio. Avevano trovato una specie di tacito compromesso, lasciando che le loro vite e abitudini si incastrassero simili ai pezzi di un puzzle. Certo, capitava ancora di litigare, in fondo tutti e due avevano un carattere forte e diametralmente opposto. Una volta, Noёl aveva origliato una conversazione tra zia e nipote, quando quest’ultima aveva chiesto ad Andrea se lei e zio Noé fossero una vera coppia.
«Diciamo di sì» aveva risposto la giovane, quasi distrattamente.
«Allora perché non dormite insieme?»
Andrea era scoppiata a ridere:
«Giorgi, ma cosa dici?!»
«Sì, come fanno mamma e papà.»
C’era stato un attimo di silenzio, forse la zia le aveva sorriso o scompigliato i capelli, poi la bambina aveva aggiunto:
«E i bacini ve li date?»
«Oh, Gesù!» Aveva esclamato Andrea, poi aveva aperto la porta e tornata in cucina Noёl le aveva sorriso, appoggiato ai mobili, con fare indifferente. Lei era arrossita.
 
A un mese dal giorno di Natale, Noёl – il quale doveva il suo nome proprio a quella festa – rientrò nel suo appartamento e lo trovò cambiato.
Nell’angolo in alto, fra la portafinestra e la parete attrezzata, si ergeva un abete addobbato con palline e luci colorate. Rimase interdetto.
Giorgia stava appendendo le ultime decorazioni e quando vide lo zio gli corse incontro, afferrandolo per una mano e trascinandolo con sé. Il divano era occupato da suo padre e la sua matrigna. Della giovane barista neanche l’ombra.
«Dov’è Andrea?» Chiese.
«Al pub, no?» Gli rispose Giorgio, con il consueto tono infastidito quando era costretto a rispondere a domande ovvie. Quindi si alzò e Anna lo imitò. «Bello, no? È stata un’idea di Andrea…» girò intorno al sofà e quasi sfiorò la divisa da capitano del figlio oltrepassandolo per andare via. «Non te la meriti quella ragazza, neanche come finta compagna di vita.»
Senza neanche spogliarsi, aveva atteso che Giorgio e Anna fossero andati via, allora aveva preso Giorgia con sé e si era diretto in centro a Milano.
«Dove stiamo andando, zio Noè?» Gli aveva chiesto la piccola, seduta nei sedili posteriori e trattenuta contro di questi dalla cintura di sicurezza.
«A fare una sorpresa a zia Andy, ti va?»
«Sììì!» Aveva urlato Giorgia, alzando un pugnetto al soffitto dell’auto.
 
Marta quella sera aveva indossato un abito rosso, super attillato e scollato. Ai piedi calzava decolté color panna e grossi cerchi dorati le pendevano dai lobi delle orecchie. Notando Noёl entrare nel locale, portando con sé una piccola bambina, aveva pensato di essere di fronte a un pazzo. Invece lo aveva visto prendere posto a un tavolo vicino alla finestra e liberarsi del cappotto per mettersi comodo. Immediatamente la sua divisa militare saltò agli occhi di tutti. Era quindi corsa al bancone degli alcolici e si era sporta in avanti per richiamare l’attenzione della barista. Andrea l’aveva raggiunta e avvicinato l’orecchio alle sue labbra per sentirla meglio.
«Il tuo nuovo fidanzato è uno dell’esercito?» Le aveva chiesto.
Andrea Moretti era stata costretta dalle circostanze a raccontare quella bugia alla cara collega, sia per giustificare le numerose assenze sul lavoro, sia per espandere la voce che la sua relazione con Noёl De Angelis fosse reale. Marta era una brava persona, ma le piaceva cianciare.
«Sì, perché?» Aveva continuato la barista.
«E la nipotina che avete adottato ha i capelli castani e un cappottino rosso?»
Andrea allora l’aveva guardata negli occhi, annuendo piano, cominciava a preoccuparsi, il cuore prese a batterle più forte in petto, poi la donna aveva indicato un tavolo alle sue spalle. «Perché penso siano venuti a farti visita.»
La ragazza seguì con lo sguardo il punto esatto in cui Marta le stava indicando e li vide, seduti uno di fronte all’altro, mentre sceglievano probabilmente cosa mangiare direttamente dal menu. Anche la piccola Giorgia ne teneva uno in mano, imitando lo zio che sorrideva a sua volta, manco sapesse leggere.
«Lo ammazzo» disse Andrea, uscendo dal banco per raggiungerli.
Marta sorrise di rimando:
«Io, più che ammazzarlo, me lo farei» chiosò.
Andrea la udì, ma finse di non averlo fatto. Pulendosi le mani con lo straccio – più per nervosismo che per mera necessità – si accostò al tavolo occupato da Noёl e la piccola Giorgia, quando quest’ultima le corse incontro felice la sollevò di peso per stamparle un bacio sulle guance morbide.
«Che ci fate qua?» Chiese al capitano De Angelis, senza nascondere un pizzico di intolleranza. Lui neanche la guardò, continuava a sfogliare il menu, come se fosse realmente interessato alle pietanze riportate.
«Siamo venuti a trovarti. Non ti fa piacere?» Disse poi.
«Sto lavorando, avresti almeno potuto avvertirmi» rispose lei.
Noёl De Angelis chiuse l’opuscolo e finalmente alzò gli occhi azzurri sulla giovane barista, i cui lineamenti del viso – di natura delicati ed eleganti – erano stati appesantiti e marcati dal make-up.
«Anche tu avresti dovuto avvertirmi prima di piazzare un albero nella mia casa.»
Andrea Moretti allora comprese il motivo di quella visita: lo aveva fatto di proposito, per indignarla come lui si era indignato trovando l’abete addobbato nel soggiorno. Ma lei non lo aveva fatto a posta, semplicemente Natale era alle porte e le era sembrata una bella idea quella di dare un po’ di colore a quella casa grigia e scura, soprattutto per rendere felice la sua Giorgi.
«Non pensavo ti desse così fastidio. Scusa, avrei dovuto chiederti il permesso» aggiunse la ragazza con finta mestizia. Ogni volta che credeva di fare una buona azione, Noёl riusciva sempre a smentirla. Lasciò che Giorgia tornasse al suo posto, in fondo lei stava lavorando e con la coda dell’occhio aveva già notato alcuni clienti in attesa intorno al suo bancone.
«Devo tornare...» Andrea indicò la sua postazione buttandosi il pollice dietro la spalla.
«Noi ti aspetteremo qui» sentenziò il capitano, tornando a scorrere le voci del menu. Giorgia lo imitò.
«Non andate a casa?»
«No, prenderò qualcosa da bere…»
«Zio, io voglio le patatine!»
«E patatine siano!» Esclamò con troppa enfasi Noёl, allungando un cinque alla piccola che lo batté contenta. «E poi ce ne torneremo a casa tutti e tre insieme.»
Andrea corrugò la fronte, interdetta, non le piaceva averlo lì, si sarebbe sentita osservata e giudicata per tutto il tempo. La bambina, d’altro canto non era un problema, lei era già stata al pub più volte, in compagnia di sua madre e suo padre.
 
Quando la serata stava ormai giungendo al termine, le lancette dell’orologio segnavano quasi le due e mezzo. Noёl De Angelis e sua nipote Giorgia De Angelis, erano ancora seduti al tavolo dove Andrea li aveva lasciati, con la sola differenza che la bambina dormiva con la testa poggiata sulle gambe dello zio. Quest’ultimo guardava fuori dalla finestra, aveva chiesto a Marta il permesso di accendere il sigaro e lei glielo aveva concesso, dal momento che il locale era quasi del tutto deserto. Andrea Moretti li aveva visti parlottare spesso fra loro, ridere e sorridere anche insieme e la cosa le aveva scatenato un moto interiore. Non avrebbe saputo dare un nome a quella sensazione. Inquietudine? Disagio? Gelosia?
Scacciò l’ultima ipotesi con un gesto della mano, simile a una mosca che ronza intorno alla testa. Alla fine, stanca e di cattivo umore, la ragazza aveva raggiunto il fatidico tavolo, pronta per andare via: il suo turno era finito. Almeno, per quella sera, aveva il passaggio in macchina.
«Possiamo andare» disse, accostandosi.
De Angelis alzò lo sguardo su di lei: troppi capelli – pensò – per un viso così sottile.
«Siediti, devo chiederti una cosa» con un cenno della mano la invitò a prendere posto di fronte a lui. «Se non sapessi di fare un torto a Giorgia, ti chiederei di smontare quell’abete seduta stante e tutte le pagliacciate che hai appeso per casa…» lasciò la frase in sospeso e attese qualche secondo prima di proseguire, in modo che la ragazza potesse metabolizzare ciò che aveva appena affermato. «Ma, come ho detto prima, Giorgia ne soffrirebbe.» Il capitano si sporse con le braccia sul tavolo, pareva cercare bene le parole da pronunciare, mentre Andrea lo guardava con l’aria di un cane bastonato. «Io lo so che pensavi di fare una cosa buona» cercò di risollevarla, quasi dispiaciuto per le dure parole che aveva usato. Non era sua intenzione offenderla, eppure troppo spesso gli era successo in quegli ultimi mesi di prendersela con lei. «Mi chiamo Noёl, che significa Natale in francese, perché sono nato nella nottata tra il 25 e il 26 dicembre. Mia mamma diceva di amare questa festa poiché le aveva regalato il più bel dono del mondo, ma non mi ha mai concesso di godere della sua atmosfera. Non c’erano alberi addobbati a casa mia, né regali da scartare. Scusami, sto divagando.» Il capitano si passò una mano sul viso e tirò indietro i capelli. Aveva l’aria stanca.
«Non lo sapevo. Immaginavo non fossi tipo da lucine colorate e renne di Babbo Natale, ma non credevo avessi una tale avversione» cercò di giustificarsi lei. Noёl increspò le labbra in un sorriso, curioso:
«E da cosa si capirebbe che non sono un tipo da lucine colorate e renne?»
Andrea arrossì lievemente.
«Da tutto. Sei cinico, fai battute pungenti, stai sempre solo. Da tutto, appunto.»
De Angelis rise, una risata spontanea che gli fece buttare indietro la testa e la ragazza lo osservò rapita. L’aveva mi visto ridere veramente? Qualche volta, sì, quando era in compagnia di Giorgia. E già allora lo aveva trovato molto bello, genuino, più giovane.
«Sei uno spasso, Andrea Moretti, davvero divertente.»
Lei si irrigidì.
«Possiamo andare adesso? Vorrei fare una doccia e mettermi a dormire.»
«Non ancora. Non era questo che dovevo dirti.» Noёl la guardò fissa negli occhi, lei avrebbe tanto voluto distogliere lo sguardo, ma si accorse di non esserne capace. «Vieni al ballo di beneficenza dell’Accademia con me.»
Andrea sbatté le palpebre un paio di volte. Non aveva capito bene.
«Scusami, non ho capito…»
«Ogni 23 dicembre la “Scuola Militare Teuliè” organizza un ballo di raccolta fondi per i bambini oncologici del Fatebenefrattelli. Tutti noi, ufficiali e non, siamo invitai a partecipare, con le rispettive famiglie o fidanzate.»
«Sono lusingata dell’invito, ma non penso sia una buona idea…»
«La mia non era una richiesta, Andy» scherzò lui, chiamandola con il vezzeggiativo usato dalle persone a lei più strette. «E poi tu adori il Natale. Ti piacerà.»
«E chi ti ha detto che adoro il Natale?»
«Si vede» le sorrise Noёl.




 
  
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