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Autore: Nina Ninetta    30/08/2022    1 recensioni
Quando Andrea e Noёl vengono convocati in caserma poiché i rispettivi fratelli sono stati ricoverati a causa di problemi di alcolismo e fumo, i due decideranno di collaborare per chiedere l'affido della nipotina Giorgia. Tuttavia, la legge prevede che solo coppie sposate, o conviventi da almeno 5 anni, possono adottare un minore. I due non hanno scelta: dovranno vivere insieme e fingere di essere una vera coppia per il bene della piccola Giorgia.
[Questo racconto partecipa alla Challenge "To Be Writing 2022" indetta da Bellaluna sul forum Ferisce più la penna].
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7
La Caserma Teulié
 


La giovane Andra Moretti si specchiò ancora una volta, scrutando l’immagine riflessa con attenzione minuziosa.
Marta, seduta sul letto alle sue spalle sbadigliò platealmente.
«Sei sicura che non mi faccia sembrare una prostituta?» Andrea si voltò indietro, verso l’amica, la quale la rimproverò con lo sguardo.
«È il tuo modo gentile di dirmi che ho degli abiti da troia?»
«Non è l’abito, forse sono le scarpe… se mettessi un paio di stivali?»
Marta si alzò, alzando gli occhi al soffitto in un moto di stizza, quindi adagiò le mani sulle spalle della collega più giovane e la girò di nuovo verso lo specchio, osservandola con lei.
Andrea le aveva telefonato disperata qualche giorno dopo l’imboscata del capitano De Angelis al pub, raccontandole tutto. Allora era tornata nel proprio appartamento, per cercare qualcosa di consono da indossare per l’occasione e non aveva trovato nulla che potesse andare. In fondo, erano anni che non veniva invitata a una cerimonia di prima classe, senza dimenticare che non aveva mai partecipato a un ballo di beneficenza, al quale avrebbero preso parte – molto probabilmente – la crème de la crème della borghesia milanese. Marta aveva accettato al volo la sua tacita richiesta di soccorso e si era presentata a casa sua con qualche abito e un paio di scarpe alla moda.
Alla fine, aveva scelto di indossare un tubino di velluto, di un blu notte, corto sopra al ginocchio e con una scollatura quadrata, senza maniche. Ai piedi aveva calzato décolleté lucide, di una sfumatura di beige molto delicata. Le treccine erano state raccolte sul capo in uno chignon e il viso truccato in maniera naturale.
Quando il citofono trillò, Andrea ebbe un sussulto. Non era possibile che fosse già arrivato, secondo la sua percezione del tempo mancavano almeno 60 minuti all’ora prestabilita. Marta le strinse le spalle, sussurrandole di fare un respiro profondo, era bellissima e ingambissima, non c’era alcun motivo per cui essere nervosi. Si allontanò per rispondere al citofono, Andrea la sentì ridacchiare, poi tornò indietro e con le braccia incrociate si poggiò allo stipite della porta, sorridendole con dolcezza.
«Te lo meriti» disse.
Andrea stava indossando la giacca di pelliccia ecologica color panna che aveva comprato per l’occasione quella mattina stessa da Zara.
«Cosa? Un infarto? No, perché è quello che sento mi verrà tra poco!»
Marta ampliò il suo sorriso, infilandole la pochette a tracolla, poi la baciò sulla tempia, accompagnandola alla porta.
«Sai cosa intendo» aggiunse.
Andrea l’abbracciò ringraziandola, quindi le indicò le chiavi di casa sul mobile all’ingresso, pregandola di non dimenticare le luci accese. La collega la rassicurò e la spinse con garbo oltre lo zerbino, chiudendole l’uscio in faccia dopo averle fatto ciao ciao con la mano libera.
 
Noёl De Angelis si acconciò una ciocca di capelli che era ricaduta in avanti, sperando stesse ferma, poi diede anche un’aggiustatina alla giaccia della divisa, sebbene non ne avesse alcun bisogno.
Non aveva compreso il motivo per cui Andrea gli avesse chiesto di passarla a prendere sotto casa quella sera, non si sarebbe potuta preparare nel suo appartamento come ormai faceva da mesi? Che bisogno c’era di tornare in quei pochi metri quadri? Poi aveva riconosciuto la voce di Marta al citofono e aveva capito, almeno in parte, il perché di quella richiesta. Ma, quando la vide varcare la soglia del portone e dirigersi verso la sua auto, ebbe la risposta definitiva.
Andrea era Andrea, eppure non era lei.
Noёl rimase a osservarla per qualche secondo ancora, mentre lei si sfregava le mani per il freddo e fingeva interesse per il cielo grigio sopra le loro teste. Stando alle previsioni meteo, quella notte sarebbe arrivata la prima nevicata dell’anno.
«Che c’è?» Chiese Andrea, a disagio.
«Stai molto bene» rispose lui, mettendo finalmente in moto la macchina.
Andrea arrossì, improvvisamente il freddo era evaporato dal suo corpo.
«Anche tu» affermò e lo pensava davvero. Quella non era la divisa che gli vedeva addosso ogni mattina, era diversa.
«Alta uniforme» spiegò sbrigativo lui. «La indossiamo solo per le grandi occasioni.»
Per un po’ il silenzio aleggiò nell’abitacolo della BMW, poi lei gli chiese di Giorgia.
«È a casa con i nonni.»
«Tutto bene con tuo padre?»
Noёl fece spallucce.
«I nonni sono sempre contenti quando possono trascorrere del tempo con la nipotina senza essere disturbati.»
Rimasero di nuovo a corto di argomenti, ciò nonostante il silenzio non pesava affatto, era quasi distensivo, meditativo.
Dopo poco giunsero alla meta e Andrea non poté trattenere un moto di ammirazione per la costruzione che si ergeva dinnanzi a lei, si era aspettata un complesso grande quanto un istituto scolastico, ma non quanto un ospedale intero. De Angelis spense l’auto e non si mosse, sorridendo di fronte alla meraviglia di lei.
«Ricordati che siamo una coppia vera.» Disse a brucia pelo e lei si voltò a guardarlo, dimentica della maestosità della costruzione della caserma.
«I tuoi colleghi lo sanno?»
«Conoscono la versione ufficiale, certo.»
«Cioè, sanno che io e te…?» Andrea fece oscillare l’indice da lei a lui e viceversa.
«Siamo fidanzati, sì. Andiamo.»
Lasciarono entrambi l’abitacolo e s’incamminarono verso l’ingresso, addobbato a festa per l’occasione con un lungo e rigido tappeto rosso che si srotolava dai primi scalini fino a perdita d’occhio. Già da lontano si potevano notare due guardie a fare da sentinella, con un lungo mantello scuro a coprirgli la divisa e un cappello calato sul capo.
Noёl le porse il braccio e lei lo accettò volentieri, non si sentiva molto sicura a camminare su quei tacchi.
«Ricordati che sei la compagna del capitano De Angelis, non salutare se prima non lo fanno gli altri, a meno che non lo faccia io per primo. Intesi?» Le sussurrò lui chinandosi in avanti.
«Perché?» Chiese lei in un bisbiglio.
«Perché significa che sono miei superiori.»
«Agli ordini, capitano!» Scherzò Andrea e Noёl sorrise. A volte, aveva la sensazione che quella ragazza fosse una boccata d’aria fresca nella sua grigia vita. Andrea Moretti continuava a far scorrere lo sguardo colmo di curiosità su ciò che la circondava, aggrappata al braccio di Noёl per usarlo come supporto ed evitare che inciampasse.
«È molto grande, e bella. Non me l’aspettavo.» Disse poi.
«L’edificio nacque nel Medioevo come ospedale. Poi, nel corso del Diciottesimo secolo, divenne un monastero e un ospedale militare. Infine, il generale Pietro Teulié lo trasformò in un orfanotrofio. Oggi, ospita uno dei licei più abbienti di Milano.»
La giovane ascoltò in silenzio, annuendo con il capo a ogni nozione appresa. La storia l’aveva sempre affascinata.
Un addetto al guardaroba li invitò a lasciare i loro soprabiti e la borsa della signora, quindi percorsero l’ultimo tratto di corridoio prima di entrare nella sala principale che quella sera avrebbe ospitato il ballo. Ghirlande verdi e rosse pendevano distanziate in maniera regolare l’una dall’altra alle pareti dell’enorme stanza. C’erano tavoli ricolmi di pietanze di ogni genere e uno riservato solo a vino di ottima annata, come lo definirono gli alti ufficiali dell’Accademia.
Andrea si sentì immediatamente fuori luogo osservando le altre donne: signore in tailleur scuri e tacchi alti, con i capelli setosi raccolti in pompose acconciature e le labbra tinte di rosso. Si conoscevano quasi tutti, lei era la novità di quell’anno a quanto sembrava e Andrea non aveva mai amato essere al centro dell’attenzione. Si sentiva osservata, squadrata da capo a piedi. studiata. Ecco perché alla prima occasione utile, si scusò con gli astanti e si allontanò su gambe non proprio ferme.
Il capitano Noёl De Angelis la ritrovò quindici minuti dopo, stava all’addiaccio fuori al terrazzo che dava sui giardini. Aveva anche iniziato a nevicare e lei non si era premurata di indossare la giacca. Le si avvicinò, offrendole un calice di champagne che Andrea accettò volentieri.
«Non ti piace?» Le chiese, vago.
«Questo?» La ragazza pensava si riferisse allo spumante. «Oh no, no… considerando quanto costa, credo sia ottimo» ne sorseggiò un po’. «Infatti, squisito!» Esclamò con troppo vigore. Noёl sorrise.
«Non mi riferivo a quello. Intendevo la festa. Ti stai annoiando? Beh, non piace neanche a me… resisti altri cinque minuti e andiamo via con qualche scusa, va bene?»
Andrea sospirò.
«Non è che non mi piace. È che…» prese del tempo e lui aspettò in silenzio che continuasse. «Mi sento come un pesce fuor d’acqua, non so se ho reso l’idea.»
«Perfettamente.»
«Tutte quelle donne sono davvero… donne. Indossano abiti firmati, hanno acconciature importanti e un trucco sofisticato. Io mi sento una ragazzina scappata di casa.»
Noёl bevve il suo champagne e adagiò il bicchiere sul corrimano del parapetto in cemento del terrazzo, quindi si tolse la giacca e la poggiò sulle spalle della giovane che iniziava a tremare per il freddo. Andrea rimase così di stucco che non riuscì neanche a ringraziarlo.
«Sono tutte arriviste sociali.» Affermò infine, serio. Si voltò indietro, verso la sala della cerimonia e ne indicò una. «Vedi quella con il vestito rosso di paillettes?» Andrea seguì l’indicazione e annuì.
«La moglie del Primo Capitano?»
«Esatto, lei. Hanno quindici anni di differenza e prima di convolare a nozze con lui ci ha provato con tutti qua dentro.»
«Anche con te?» Andrea alzò gli occhi nocciola su Noёl con fare meravigliato. Era una bella donna, si domandò perché l’avesse respinta.
«Sì. A volte mi sottovaluti, Andy…» Accennò un sorriso sghembo e la fece arrossire.
«Non volevo… scusa.»
Il capitano sorrise.
«Come lei te ne potrei indicare altre cinque o sei, ora mogli di pezzi grossi dell’esercito, ma sempre disponibili verso cadetti più giovani o coetanei.»
«Ho capito.» Sussurrò la ragazza, non del tutto convinta. «Considerando il fatto che io e te siamo una coppia/farsa, non mi sento del tutto sollevata. Ma grazie per averci provato.»
«No, non hai capito. Quello che voglio farti intendere è che tu sei qui per aver abbracciato una causa più nobile: aiutare Giorgia e tua sorella. Sei cento volte migliore di quelle persone lì dentro. Di me.»
Andrea Moretti tornò a guardarlo, muovendo il collo in uno scatto.
«Non ti piace la vita da militare?»
«Non avevo scelta. Non ho mai avuto troppe chance nella mia vita.»
«Ti è andata bene, comunque.»
Noёl non rispose, ma quando notò i militari più giovani che dall’interno della sala lo invitavano a rientrare con gesti plateali, le disse che era meglio andare, promettendole che al massimo mezz’ora e poi sarebbero tornati a casa. Fecero per oltrepassare l’ampia porta del terrazzo che li avrebbe riportati all’interno della sala, quando entrambi si arrestarono: ai loro piedi giaceva una vecchia scopa, di quelle tipiche da strega nel folklore comune, addobbata con rametti di pungitopo e agrifoglio, le bacche erano rosse e lucide. Le persone di fronte a loro ridevano e battevano le mani. Andrea non capiva, ma Noёl sì, sapeva. Sapeva che in quella caserma c’era una tradizione antica quasi quanto la costruzione, nata e sviluppatasi soprattutto durante gli anni della guerra, quando i militari in partenza per il campo di battaglia si congedavano dalle proprie donne con un bacio sulle labbra e un salto oltre il manico della scopa. Se fossero riusciti a cadere insieme dall’altra parte, allora significava che lui sarebbe tornato sano e salvo e avrebbero convolato a nozze, poiché quel casto bacio siglava il loro legame e la donna gli sarebbe appartenuta per sempre.
Il capitano De Angelis si girò verso la giovane, che ancora fissava l’oggetto ai suoi piedi, lo trovava molto carino, stava già pensando di confezionarne uno per metterlo accanto al suo abete, quando alzò lo sguardo su di lui, l’aria confusa. Non capiva. Lo vide solo avvicinarsi e prenderle il volto con entrambe le mani, fece per scostarsi, ma avvertì la presa farsi più salda:
«Che stai…?»
«Shh…» le soffiò a fior di labbra, poi su quelle stesse labbra adagiò le sue. Un applauso di levò dall’interno della sala, qualcuno fischiò, qualcun altro fece tintinnare una posata contro un calice di cristallo.
Il tocco fu leggero e durò qualche secondo, niente di eclatante, ma ad Andrea parve di avere la bocca di Noёl premuta contro la propria per diverse ore. Anche mentre era in treno, in viaggio verso casa.
 
«Non fare l’isterica, è stato solo un bacetto!» Stava dicendo il capitano intento a guidare verso casa, sebbene il suo tono nascondesse ilarità, Andrea non riusciva a togliergli il broncio.
«Avresti potuto avvertirmi che sarebbe potuto capitare, non avrei fatto la figura della scema.»
«Ti saresti rifiutata di accompagnarmi.»
«Non è vero!»
«Oh, certo che è vero! “Ma tu sei pazzo, Noёl” avresti detto.» Lui mimò la sua voce, beccandosi un’occhiataccia.
«Lo hanno fatto apposta!» Aggiunse Andrea.
«Sì, è stata un’imboscata bella e buona. D’altra parte è una specie di rito d’iniziazione, ci passano tutti prima o poi.»
Noёl De Angelis parcheggiò al posto assegnatogli nel condominio e insieme presero l’ascensore che li avrebbe condotti all’ultimo piano dello stabile. Il capitano stava ancora ridendo di lei quando inserì la chiave nella serratura della propria abitazione e aprì la porta, lasciando entrambi senza parole, pietrificati.
Claudia e Gianni erano seduti sul pavimento, davanti l’albero di Natale, a giocare con la propria bambina, mentre il maggiore Giorgio De Angelis e sua moglie Anna erano accomodati sul divano a guardarli divertirsi insieme. Il primo ad alzarsi per andare incontro agli ultimi arrivati fu proprio il padre di famiglia.
«Bentornati» disse.
Noёl lo fulminò con lo sguardo.
«Che ci fanno loro qua?»
«Sono stati dimessi. Il programma è andato a buon fine e sono risultati idonei al reintegro nella vita sociale» spiegò l’uomo senza remore.
«Ah, davvero? E chi lo dice?» Aggiunse il capitano, molto nervoso.
«Le carte che hanno rilasciato alla clinica.»
«Immagino che siano super affidabili.»
«Sì, proprio come il vostro certificato di convivenza quinquennale.»
A quelle parole Noёl non replicò, né Andrea aggiunse altro. Rimasero entrambi in silenzio e con la testa china mentre Claudia recuperava le cose della piccola Giorgia e con quest’ultima in braccio a Gianni passava davanti a loro.
«Ciao zia Andy. Ciao zio Noè.» La bambina salutò entrambi i suoi zii, accompagnando le parole con un cenno della manina. Andrea fu l’unica a rispondere al saluto, provando a scambiare qualche parola con la sorella quando le passò accanto, ma Claudia chinò la testa e seguì a ruota il resto della compagnia.
Improvvisamente un grande mutismo calò nella stanza. Noёl raggiunse il divano e vi sprofondò dentro, gli occhi chiusi e una mano a sorreggere la fronte.
«Ehm… io…» fece Andrea, la voce rotta dalle lacrime.
«Te ne puoi andare quando vuoi» disse lui con freddezza.
«Co-come?»
«La sceneggiata è finita. Sei libera.»
Noёl De Angelis non attese alcuna risposta, scattò in piedi e raggiunse la sua camera al piano di sopra, sbattendo la porta.
Andrea si mosse al rallentatore, trattenendo le lacrime e quel pianto che sentiva provenire dal centro del petto. Arrabattò le sue cose, scorse con lo sguardo la libreria dello studio in cui aveva dormito per qualche mese, lanciò un’ultima occhiata all’abete che aveva comprato e addobbato a sue spese, poi andò via, accompagnando con delicatezza la porta d’ingresso.
Una volta in strada chiamò un taxi e attese per diversi minuti. In fondo era passata la mezzanotte del 23 dicembre, ciò significava che era la vigilia di Natale, non c’erano molti tassisti in quel periodo dell’anno.
Quando giunse la macchina, una vecchia Fiat Punto bianca, si sedette nei sedili posteriori e disse all’uomo di accompagnarla alla stazione di Milano Centrale.
«Torna a casa per Natale, signorina?»
«Già.» Rispose Andrea Moretti, osservando le strade di Milano che a poco a poco si stavano imbiancando a causa della neve. Abbassò le palpebre e pianse.


 
  
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