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Autore: _Atlas_    30/08/2022    1 recensioni
1997.
Axel, Jake e Jenna vivono i loro vent’anni nella periferia di Mismar, ubriacandosi di concerti, risate e notti al sapore di Lucky Strikes. Ma la loro felicità è destinata a sgretolarsi il giorno in cui Jake viene trovato morto, spingendo gli altri nell’abisso di un’età adulta che non avrebbero mai voluto vivere.
Diciotto anni dopo, Axel è un affermato scrittore di graphic novel che fa ancora i conti col passato e con una storia di cui non riesce a scrivere la fine.
Ma come Dark Sirio ha bisogno del suo epilogo, così anche il passato richiede di essere risolto.
Genere: Generale, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo XVI
 







Quando Axel uscì dal locale intercettò Lion seduto sulle scale che portavano allo scantinato e riuscì a scorgere la sua espressione risentita anche sotto la luce fioca e intermittente dei lampioni. Si sedette al suo fianco e per qualche momento rimasero in silenzio osservando un punto indefinito lungo la strada.
«Riavrai il tuo skate,» gli disse poco dopo «ma il quando dipende da te» aggiunse con tono morbido.
«Jenna ha ragione, qua dentro faccio solo casini» replicò il ragazzo.
«Non mi pare che abbia detto questo.»
Quell’osservazione riuscì ad ammutolirlo solo per qualche secondo.
«Pensa se sapesse delle sigarette. Inizierebbe a urlare come una matta. È troppo dura, a volte non la sopporto.»
«Credo sia solo il suo modo di proteggerti» rispose d’impeto Axel, ignorando volutamente l’origine di quel pensiero.
«Come fai a dirlo?» domandò Lion.
«Se non le importasse niente di te a quest’ora avresti il tuo skateboard.»
Si chiese se non stesse peggiorando la situazione con quella chiacchierata, ma il modo in cui il ragazzo lo aveva tirato in ballo in quella faccenda gli impediva di voltargli le spalle.
«È solo incazzata perché ho rotto i bicchieri. Mike ha pensato bene di non farsi più vedere, io invece sono rimasto fregato.»
«Hai provato a chiederle scusa?»
Lion lo guardò perplesso, rigirandosi tra le dita il colletto della maglietta.
«Questo mi farà riavere lo skate?»
«Potrebbe accorciare i tempi.»
Axel lo sentì sospirare con pesantezza e chiudersi di nuovo in un silenzio che, per quel poco che aveva intuito di lui, immaginava non sarebbe durato più di trenta secondi.
«Prima hai detto che avrei riavuto lo skate se a Jenna non fosse importato di me» gli ricordò infatti.
«Sì.»
«E Darryl, allora?»
«Che vuoi dire?»
«Lui mi ha ridato indietro le sigarette. Vuol dire che di me non gliene frega niente?»
Lo sguardo che gli rivolse lo fece sentire con le spalle al muro, obbligandolo a trovare in fretta una risposta prima che fosse lui a farlo al suo posto, rischiando così di trovarne una sbagliata.
«No…no, Lion» negò «È solo che ognuno ha il proprio modo di proteggere chi ama.»
Giusto? Era una riflessione a cui era arrivato anni prima, ma non era sicuro che potesse considerarsi una verità inconfutabile e universale. Quello di cui era certo è che in passato si era sentito amato e protetto, più o meno consapevolmente, da persone diverse e in modi diversi. In quanto all’amore e alla protezione che aveva offerto lui, invece, era certo di aver fallito sotto ogni aspetto.
«Spero che tu abbia ragione» mormorò Lion, questa volta con un cipiglio appena più allegro.
In quel momento la porta del locale si aprì e poco più tardi Richie iniziò a trafficare per chiudere la saracinesca.
«Forza, si va a casa. Lion?» lo chiamò Jenna, e un attimo dopo Axel lo vide scattare in direzione di un’auto parcheggiata lungo la strada.
«Io mi siedo d’avanti» esclamò prima che Darryl gli bloccasse l’accesso col suo bastone da passeggio.
«Proprio per niente, ragazzino. Tu vai dietro.»
Axel li sentì battibeccare sulla questione in cui alla fine si unì anche Richie, dopodiché venne distratto da Jenna che gli si avvicinò di qualche passo.
«Vuoi un passaggio?» gli chiese con tono appena distaccato.
Si trovò di nuovo con le spalle al muro, col cuore che batteva un po’ più forte.
«…no, grazie. Pensavo di andare a piedi.»
«Axel, piantala di fare lo stoccafisso e sali in macchina» gli urlò Darryl agitando il bastone dal finestrino dell’auto, finalmente seduto sul sedile anteriore.
«Credo che tu non abbia scelta» commentò Jenna con un lieve sorriso.
Malgrado il respiro di nuovo corto, Axel accettò il passaggio.


Richie fu il primo ad essere riaccompagnato, durante il viaggio aveva espresso il suo dispiacere per la teglia di dolci che aveva perso, ma Darryl aveva lasciato intendere che aveva comunque fatto una bella fine. Jenna gli aveva rivolto uno sguardo allarmato, ma poi Lion aveva distratto tutti facendo partire un brano rap dal suo telefono e la discussione era morta ancor prima di nascere per lasciare il posto a una lunga serie di lamentele. Quella tortura per le orecchie terminò dopo un paio di isolati, portandosi via con sé la camminata scanzonata di Lion. 
«Niente più broncio, visto? Gli è passata» commentò Jenna rivolgendosi a Darryl.
«Mmm, se lo dici tu» rispose quello, rincorrendo chissà quali pensieri.
In quel chiacchiericcio confuso, Axel riuscì a provare una sensazione che si avvicinava molto a quella provata quando rincasava tardi insieme a Jake, tanti anni prima. Spesso Jenna si intrufolava in macchina con loro occupando i sedili posteriori, sproloquiando sui suoi progetti universitari o sui film che desiderava andare a vedere e che puntualmente Jake si divertiva a criticare.
«Batman&Robin farà schifo, ne sono sicuro» le aveva detto una volta.
«E io voglio andare a vederlo lo stesso, d’accordo?» gli aveva risposto lei piccata.
«Come vuoi, poi non dire che non ti ho avvisato.»
Quella sera, mentre guidava, Axel l’aveva osservata dallo specchietto retrovisore e nei suoi pensieri aveva improvvisamente deciso che l’avrebbe portata lui al cinema. 
Il pensiero che Jake sarebbe venuto a saperlo non aveva messo in dubbio quella decisione, ma l’idea – insieme al terrore che Jenna potesse rifiutarlo -  lo aveva reso comunque nervoso, arrivando persino a ignorare la giovane quando era lei ad avvicinarsi a lui. 
Ricordava di averci messo diverse settimane per passare dalla teoria ai fatti e aveva persino rischiato che al cinema cancellassero gli spettacoli prima del previsto proprio perché, come aveva detto Jake, quel film si era rivelato davvero un fiasco. Alla fine però era riuscito nel suo intento, realizzando che lo squallore del film era l’ultimo dei suoi problemi, impegnato com’era a memorizzare ogni dettaglio della mano di Jenna, che per tutto il tempo era rimasta intrecciata alla sua. Lei, con suo stupore, non aveva parlato molto quella sera, ma aveva ricambiato i suoi baci e le sue carezze come se le aspettasse da una vita intera.
Axel ripensò a quei momenti con nostalgia, riuscendo comunque a non lasciarsi trasportare da altre emozioni negative. Era stata una giornata particolarmente impegnativa quella, e in fin dei conti poteva ritenersi soddisfatto di come l’avesse affrontata.
Una frenata un po’ brusca lo destò dai suoi pensieri mentre riconosceva il profilo buio della casa di Darryl.
«Eccoci, grazie Jenna» disse l’uomo faticando un po’ a scendere dall’auto.
Jenna si affrettò a seguirlo e a porgergli il braccio mentre saliva le scale della veranda che affacciava sull’ingresso della casa. Axel si sentì impacciato mentre osservava la scena ancora seduto in macchina, e alla fine li raggiunse.
«Serve una mano?»
«No, ma Jenna non è contenta se non mi scorta ogni sera fino in camera da letto. Giusto?» la schernì.
Axel la vide sbuffare e scrutare con attenzione il tavolino in un angolo della veranda.
«Queste sono rimaste qui per tutto il giorno?» gli chiese afferrando un flaconcino di medicinali.
«Cappero! Colpa mia, le ho lasciate qui ieri sera» si giustificò togliendogliele di mano. «Senza di te sarei finito» disse guardandola con un sorriso colpevole.
«Sì, lo penso anch’io.»
Axel restò in disparte senza interferire in quello scambio, prendendo di nuovo atto di quante cose fossero cambiate in quegli anni. La complicità tra Darryl e Jenna lo metteva in un certo senso a disagio, non perché ne fosse geloso, ma perché forse avrebbe potuto ottenerla anche lui se solo le cose fossero andate diversamente. 
Vide Jenna accompagnarlo fino in camera, controllare un paio di documenti sul piano della cucina e infine chiudersi alle spalle la porta di casa.
«Possiamo andare» disse trattenendo a stento uno sbadiglio.
Axel annuì e la seguì in macchina.

Seguirono diversi minuti di silenzio, durante i quali Axel ebbe la sensazione di essere l’unico tra i due a percepirli carichi di imbarazzo.
«Lo trovi invecchiato? Darryl, intendo» gli chiese dopo un po’ lei.
Axel ripensò allo sguardo stanco che l’uomo cercava di camuffare, al bastone che di tanto in tanto lo sorreggeva e alla docilità con cui si lasciava aiutare da lei.
«…sì» confessò con una punta di amarezza.
«La sua salute è peggiorata parecchio negli ultimi anni.»
«Ma il carattere è sempre lo stesso» provò a smorzare.
«Non saprei, io trovo peggiorato anche quello» ammise Jenna «Soffre di diabete,» aggiunse poi «non se la passa bene.»
Axel, che per un momento si era sentito alleggerito, tornò ad incupirsi.
«Che ne pensi di Richie, invece?» gli chiese poi lei, sviando l’argomento in maniera un po’ brusca.
«Ottimo pasticcere, ma pericoloso per Darryl, da quel che ho capito.»
«Già, molto. Però è in gamba, a volte penso che il locale vada avanti grazie ai suoi dolci.»
«E Lion?»
Questa volta fu Jenna a incupirsi. Axel trattenne il fiato finché non riprese a parlare.
«Diciamo che è un cliente affezionato.» gli rispose. «I suoi genitori sono spesso in viaggio per lavoro e nel frangente ci assicuriamo che non si cacci nei guai, lo sai com’è Darryl in queste cose. Quest’anno rischia di essere bocciato a scuola, ma la cosa non sembra toccarlo più di tanto.»
«Sembra un ragazzo sveglio» commentò Axel, ignorando la sfilza di pensieri che era tornata a far capolino nella mente.
«Sveglio e testardo. La storia dello skateboard non gli è andata giù.»
«Non volevo mettermi in mezzo, a proposito.»
«Non è colpa tua, non lo conosci. Lion sa come farsi piacere,» spiegò «ma a volte esagera e si approfitta di chi ha davanti. Deve crescere.»
Sul parabrezza iniziò a cadere una pioggia fine, riempiendo l’abitacolo dell’odore di asfalto bagnato. Le strade di Mismar erano poco illuminate e in quel panorama cupo e solitario Axel rivide vecchie scene di Dark Sirio, coi passi felpati di Damon Rivera che si aggirava nella notte inseguendo nemici a volte inafferrabili come i pensieri, altre volte in carne ed ossa.
«A me non chiedi niente?» spezzò il silenzio Jenna, rivolgendogli un’occhiata incuriosita.
«Che vuoi dire?» domandò a sua volta lui, irrigidendosi sul sedile.
«Non vuoi sapere che cos’ho fatto in tutti questi anni?»
Axel, che lottava contro il desiderio e la paura di prenderne atto, si lasciò scappare un sospiro appesantito.
«Non pensavo che ti avrei rivisto, né che lavorassi al Lenox Blues» ammise.
«Dove pensavi che fossi? Non ho avuto la possibilità di andarmene» spiegò lei «E poi Darryl ha bisogno di aiuto per il locale. Lo hai visto, no?»
«Sì, me l’ha detto. Ti è molto riconoscente.»
«Già. Cos’altro ti ha detto?»
«Niente.»
Axel sentì il suo sguardò su di sé, prima che tornasse a guardare la strada.
«Non sei mai stato bravo a mentire» gli disse, senza però dargli modo di ribattere. «Anch’io non pensavo di rivederti, comunque. Le cose vanno bene?»
«Credo di sì» rispose incerto e senza aggiungere altro.
Rimase con lo sguardo fisso sul parabrezza, seguendo la scia delle gocce d’acqua che si rincorrevano tra loro. La pioggia era appena più fitta, ma non ci sarebbe voluto ancora molto per arrivare a casa.
«Ci siamo» disse poco dopo Jenna fermando l’auto davanti al negozio di smartphone. Axel rivolse un’occhiata all’insegna luminosa.
«Che fine ha fatto Earl?» domandò incuriosito, ricordando i pomeriggi passati insieme a sistemare gli scaffali del minimarket.
«Si è trasferito in California, una decina di anni fa. Non so cosa faccia di preciso, ma credo abbia una moglie e una figlia adesso.»
Tutto sommato la cosa lo rallegrò; da quando era tornato quella era ufficialmente la prima notizia positiva che sentiva.
Una lieve vibrazione nella tasca del giubbotto gli ricordò che si era fatto tardi e che probabilmente c’era qualcuno, a New York, che desiderava avere un aggiornamento sulla sua trasferta a Mismar. 
Non aveva alcuna voglia di parlare con Loraine e sarebbe stato fantastico se dopo quella interminabile giornata fosse crollato a letto appena varcata la soglia di casa. Ma non sarebbe andata in quel modo, parlare con Jenna gli aveva messo addosso più agitazione di quel che aveva immaginato.
«Grazie per il passaggio» le disse quindi scendendo dall’auto. Sentì il suo sguardo su di sé, ma si costrinse a ignorarlo.
«Di niente. Buonanotte.»
«Notte.»
 

__________

 


NdA
Booomba!
Mi piacerebbe potervi dire che questo aggiornamento rapido sia stato fatto per non spezzare troppo la narrazione con quello precedente, vista la vicinanza degli eventi, ma la verità è che l’ispirazione mi è piombata addosso in maniera molto brutale e ne ho approfittato fino allo sfinimento. E in effetti ho finito, quindi il prossimo aggiornamento se tutto va bene sarà tra quattro o cinque decadi :P 

Ma ciancio alle bande, spero che il capitolo sia piaciuto e che anche il seguito potrà essere di gradimento. Ho visto che ultimamente qualcuno di voi ha aggiunto la storia nelle seguite/preferite, vi lascio quindi un innocuo invito a darmi un vostro parere qualora ne aveste voglia, mi farebbe molto piacere :)

Un caro saluto come sempre a Benni, instancabile commentatrice e dispensatrice di sostegno morale <3

A presssssto,

_Atlas_
   
 
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