Quella conversazione l’aveva fatto rabbrividire per due motivi: da un lato si rendeva conto solo adesso per la prima volta che, pur avendo il Vaticano chiuso gli occhi davanti alla crudeltà del Vescovo decidendo di allontanarlo, egli rimaneva la guida da esso preposta per Aguillon, e che dunque spodestarla o aiutare chi l’aveva spodestata fosse considerato un tradimento a tutti gli effetti; dall’altro – pur ammettendo le sue probabili abilità – gli uomini inviati dal papa parlavano di lui come se non fosse presente, e questo in qualche modo gli dava la sensazione di essere già morto, di star già penzolando dalla forca.
Adesso camminava con una guardia davanti a lui e l’altra dietro, lungo un tratto polveroso e scosceso. La vegetazione era parsa ritrarsi dal loro cammino, e la terra sollevata dai suoi passi gli sembrava appiccicarsi alla ferita al polpaccio, provocandogli un immenso dolore. Sempre parlando fra loro come se lui non fosse stato presente, i suoi carcerieri avevano infatti deciso – dopo aver inizialmente tamponato la ferita per non farlo morire dissanguato e avendola poi fasciata alla bell’e meglio – di non curarsi troppo della sua condizione, né di rallentare eccessivamente, proprio perché il dolore facesse da terzo guardiano e gl’impedisse di fuggire. Come se tutto il resto non bastasse, le zanzare avevano preso ad avventarsi su di lui, attratte dal sangue. A breve comunque si sarebbero necessariamente dovuti fermare, poiché il sole stava ormai tramontando. Non era ben certo di dove però, visto che il territorio intorno a loro non pareva offrire altro che terra, polvere, rocce e insetti molesti. Forse i soldati erano a conoscenza di una qualche caverna o insenatura nella roccia dove potersi riparare; se non per amor suo prima o poi si sarebbero dovuti fermare a riposare perlomeno per amor proprio.
Non osò fiatare per timore che s’inasprissero ulteriormente nei suoi confronti, magari smettendo di limitarsi ad ignorare le sue necessità di ferito e cominciando ad andarvi contro di proposito, ma col trascorrere del tempo, oltre ad essere sempre più sofferente e stanco (era piuttosto certo di avere la febbre, pessimo segno) andava crescendo la sua perplessità riguardo al fatto che non si stessero fermando. Ormai la luna era ben visibile in cielo pur non essendosi le ultime luci del tramonto ancora spente. Poi una svolta brusca oltre un masso gigantesco fu sufficiente a spiegargli tutto. Lo vide in lontananza come un dragone dormiente: l’accampamento nemico, con le tende che in quella luce parevano tendere ad un viola scuro, e le torce che andavano accendendosi, come se persino nel sonno si preparasse a sputar fuoco.