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Autore: Lady_Crow    31/08/2022    1 recensioni
Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni. Ma di cosa sono fatti i sogni? Cosa significa: “Vissero per sempre felici e contenti”?
 Isabeau e Navarre sono finalmente insieme, ma i loro guai non sono finiti. Marquet, il Capitano della Guardia al servizio del Vescovo, è ormai stato sconfitto; tuttavia, a Roma, suo fratello Leroy preme perché gli vengano assegnati degli uomini, in modo da poter riconquistare Aguillon e vendicarsi.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Etienne Navarre, Imperius, Nuovo personaggio, Philippe Gaston
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“A che punto ci si può considerare davvero spacciati?”

Questo continuava a domandarsi Gérard, il Gatto, mentre i soldati inviati dal Vaticano lo forzavano alla marcia. Era molto più bravo di suo fratello a dissimulare la paura; così era stato sin da quando erano bambini, ma allora aveva pensato che fosse a causa dei suoi anni in più. Adesso che con l’età la differenza cominciava a parere irrisoria, vedeva bene come invece lui e Philippe fossero diversi per natura. Differenza poi sicuramente accresciuta dal modo in cui avevano trascorso gli ultimi anni. Aveva seguito a distanza, per quanto possibile, le mirabolanti avventure del Topo. Aveva nascosto con maestria il moto d’orgoglio quando gli era giunta voce dalle altre guardie di come fosse miracolosamente evaso dalle prigioni di Aguillon e di come anche dopo, quando era stato riconosciuto, fosse riuscito a svignarsela. Certo, era stato aiutato dal capitan Navarre, ma quel ragazzo aveva del talento; soprattutto aveva imparato a trarre vantaggio dalla propria natura sommessa, a far udire la propria voce molto più come uno squittio che come un ruggito. In breve aveva fatto delle sue debolezze una forza e questo probabilmente gli era valso la pelle. Lui, d’altro canto, fra i soldati aveva imparato a dissimulare e a scattare al momento più adatto ad afferrare ciò che voleva, e questo faceva adesso: dissimulava. Quanto allo scatto però, visto l’andazzo, cominciava davvero a temere che l’occasione non arrivasse mai.

All’inizio, appena dopo la fuga di Philippe, i due militari avevano considerato l’idea di andare a cercarlo, ma ben presto si erano resi conto del fatto che l’impresa fosse impossibile, e che per giunta rischiasse di costare loro anche “il traditore” che sicuramente, seppur ferito, avrebbe trovato il modo di darsela a gambe; dopo tutto era pur sempre un uomo d’armi.

Quella conversazione l’aveva fatto rabbrividire per due motivi: da un lato si rendeva conto solo adesso per la prima volta che, pur avendo il Vaticano chiuso gli occhi davanti alla crudeltà del Vescovo decidendo di allontanarlo, egli rimaneva la guida da esso preposta per Aguillon, e che dunque spodestarla o aiutare chi l’aveva spodestata fosse considerato un tradimento a tutti gli effetti; dall’altro – pur ammettendo le sue probabili abilità – gli uomini inviati dal papa parlavano di lui come se non fosse presente, e questo in qualche modo gli dava la sensazione di essere già morto, di star già penzolando dalla forca.

Adesso camminava con una guardia davanti a lui e l’altra dietro, lungo un tratto polveroso e scosceso. La vegetazione era parsa ritrarsi dal loro cammino, e la terra sollevata dai suoi passi gli sembrava appiccicarsi alla ferita al polpaccio, provocandogli un immenso dolore. Sempre parlando fra loro come se lui non fosse stato presente, i suoi carcerieri avevano infatti deciso – dopo aver inizialmente tamponato la ferita per non farlo morire dissanguato e avendola poi fasciata alla bell’e meglio – di non curarsi troppo della sua condizione, né di rallentare eccessivamente, proprio perché il dolore facesse da terzo guardiano e gl’impedisse di fuggire. Come se tutto il resto non bastasse, le zanzare avevano preso ad avventarsi su di lui, attratte dal sangue. A breve comunque si sarebbero necessariamente dovuti fermare, poiché il sole stava ormai tramontando. Non era ben certo di dove però, visto che il territorio intorno a loro non pareva offrire altro che terra, polvere, rocce e insetti molesti. Forse i soldati erano a conoscenza di una qualche caverna o insenatura nella roccia dove potersi riparare; se non per amor suo prima o poi si sarebbero dovuti fermare a riposare perlomeno per amor proprio.

Non osò fiatare per timore che s’inasprissero ulteriormente nei suoi confronti, magari smettendo di limitarsi ad ignorare le sue necessità di ferito e cominciando ad andarvi contro di proposito, ma col trascorrere del tempo, oltre ad essere sempre più sofferente e stanco (era piuttosto certo di avere la febbre, pessimo segno) andava crescendo la sua perplessità riguardo al fatto che non si stessero fermando. Ormai la luna era ben visibile in cielo pur non essendosi le ultime luci del tramonto ancora spente. Poi una svolta brusca oltre un masso gigantesco fu sufficiente a spiegargli tutto. Lo vide in lontananza come un dragone dormiente: l’accampamento nemico, con le tende che in quella luce parevano tendere ad un viola scuro, e le torce che andavano accendendosi, come se persino nel sonno si preparasse a sputar fuoco.

   
 
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