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Autore: New Moon Black    02/09/2022    0 recensioni
[Tratto dal testo]
"Credeva di aver perso la capacità di sorridere, come faceva allora da giovane,
eppure in presenza del corvino gli uscì spontaneo farlo, proprio come respirare.
Era ricoperto di lividi su, quasi, tutto il lato sinistro del viso e, una buona parte, anche all'addome e alle gambe,
con alcuni segni color rosso vermiglio.
Molti direbbero che era un brutto anatroccolo, tutto storpio e privo di bellezza, ma ai suoi occhi, lui era un bellissimo e maestoso cigno,
che spiegava le sue ali in tutta la sua fierezza.
Doveva ammettere che, con quei capelli scuri e ricci, gli donavano molto, sembrava davvero un angelo.
Osservandolo meglio, poteva vedere le ciglia scure, leggermente lunghe, solleticare appena la pelle rosea,
il naso piccolo e delineato, le labbra sottili e morbide,
le orecchie imporporate appena alla punta e l'immancabile luccichio delle lacrime che, imperlavano, il suo volto.
Ai suoi occhi, Takemichi era decisamente carino ed adorabile.
Già, fottutamente adorabile."
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Storia partecipante al "Writeptember H/C Edition" a cura del gruppo Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction su facebook.
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Manjirou Sano, Takemichi Hanagaki
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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•Questa storia partecipa al "Writeptember H/C Edition" Fanart and Fanfiction a cura del gruppo
Hurt/Comfort Italia  - Fanart and Fancfiction su facebook.

•Fandom: Tokyo Revengers.
•Numero Parole: 3105.
•Personaggi: Manjiro Sano, Takemichi Hanagaki.
•Prompts: 3. X seguirà Y ovunque + 5. Bonus: A tiene in braccio B.
•Genere: Hurt/Comfort, Fluff, Romantico.
•Note: What If?, Missing Moments.
•Avvertenze: Spoilers riguardo l'arco della Bonten e Tematiche delicate!
#Writeptember
#FuoriChallenge #GiornoX
•Credits: fanart mikeyxtakemichi pescata su Pinterest.


 

 


 
Alongside You

 
 
 
«M-Mikey-kun, non c'era bisogno... d-di q-quello, davvero.
P-posso farcela a camminare.»

«Fai fatica a reggerti in piedi da solo, quindi no, non ti lascio.»

Camminò lungo il corridoio buio del rifugio e, alzando distrattamente lo sguardo dal suo interlocutore,
ferito, vide in lontananza le luci soffuse delle lanterne, che lo avrebbero guidato man mano nella sua stanza.
O meglio nella loro stanza.
Sospirò sollevato.
Finalmente, pensò lui, anche questa giornata di merda è finita.

Strinse saldamente il ragazzo che aveva tra le braccia e proseguì verso la sua tanto agognata meta.
Doveva ringraziare che, una buona parte della grande villa, fosse lontana dalle camere degli altri membri della gang,
così che non potesse sentire i vari schiamazzi e i battibecchi infantili dei fratelli Haitani, oppure le urla poco amichevoli di Takeomi.
Essendo il Boss, nessuno poteva disturbarlo nelle sue ore di pace e tranquillità,
se non per "questioni urgenti"; ma dopo l'arrivo del suo angioletto, nel rifugio, aveva notato vari comportamenti strani, se non addirittura molesti, nei confronti dei suoi colleghi.
Tenevano d'occhio sia lui che il ragazzo dagli occhi azzurri, con quest'ultimo con fare più lascivo, come se avessero "un conto in sospeso" con lui.

Stavano invadendo un po' troppo la sua vita privata, a tal punto da far scoppiare vari episodi spiacevoli, di cui lo stesso Manjiro Sano era presente.
Prima che gli "impulsi oscuri" prendessero nuovamente controllo della sua psiche,
intervenne e con l'aiuto di Kakucho, programmò una sorta di coprifuoco a tutti i membri, per stabilire l'ordine ed evitare altri conflitti interni.
Ma molti sapevano, fin troppo bene, che la vera ragione per cui egli ha voluto stabilire altre regole rigide,
era per proteggere quel ragazzo, quel Takemichi, dalle grinfie di quei delinquenti con metodi, decisamente, poco legali.
Allo scoccare delle undici di sera, proprio come ora, nessuno doveva "osare" uscire dalle camere,
se non per motivi lavorativi legati, appunto, all'organizzazione.

Ovviamente, non dovevano cercare nè l'uno nè l'altro, per nessun motivo.

All'inizio, ci fu un piccolo dibattito sulla questione, chi in disaccordo e chi non,
ma poco dopo accettarono tutti quanti, con la testa china verso il basso.
Non nascose di aver provato ansia, se non timore, che forse qualche testa bacata  avesse infranto il coprifuoco,
ma subito dopo, si ricordò che in quel covo di criminali, lui era il Leader, e nessuno ha mai effettivamente osato contraddirlo.
Fu un sollievo, poi, che intorno le undici  di sera c‘erano solo lui e Takemitchy, da soli.

C’era il silenzio assoluto, se non l'eco dei suoi stessi passi.
Poteva, finalmente, restare tranquillo e non provare più quell'ansia costante di temere la vita del suo partner.
Se non fosse stato per la pazienza e la mano ferma di Kakucho Hitto, un tempo braccio destro
e migliore amico di Izana, molto probabilmente avrebbe dato di matto.

Specialmente nei confronti di Sanzu, quel bastardo drogato dalla faccia di clown.

Una volta egli provò qualcuna delle sue "caramelle" per mera curiosità,
lasciandosi convincere dal suo sottoposto dai capelli rosa confetto, raccontandogli che andasse forte tra America e Cina, persino più forte della cocaina e dell’ecstasy.
Era da sballo, sue testuali parole.
Ma si pentì, quasi subito, non appena rimase per un paio di giorni a letto, dolorante e privo di forze come non mai.
Da quel giorno, evitò come la peste le proposte indecenti di Haruchiyo Sanzu,
spacciatore nonché il numero due nella "Bonten" in quanto a forza, agilità e destrezza.
Capitava che trovasse i suoi regali in camera sua, e lui di conseguenza li buttava direttamente nel WC, senza battere ciglio.

Come faceva a sopportare gli effetti collaterali di quella robaccia, per Manjiro, era davvero un gran mistero.

Si ricordò ancora le notti passate in bianco con la nausea, che gli tolsero l'appetito fino a dimagrire, spaventosamente.
Poi, per non dimenticare, quelle emicranie da capogiro, portandolo quasi sempre a dormire;
e svegliarsi, il giorno dopo, con la voglia di uccidere qualcuno.
E, addirittura, ritrovarsi in difficoltà a parlare, non avendo momentaneamente il controllo della sua voce e della sua mente.
Non poteva negare che, sì, per un attimo è stato piacevole avere la testa leggera, priva di brutti pensieri,
e sentirsi allegro e spensierato come ai vecchi tempi.
Quando lui era, solo, Manjiro Sano alias Mikey l'Invincibile, comandante della Toman, diminutivo della Tokyo Manji Gang,
con l'unico obbiettivo di conquistare il Giappone.
Quando lui voleva continuare "l'epoca d'oro dei delinquenti", sogno che condivideva con il suo caro e defunto fratello,
Shinichiro, ex comandante della Black Dragons che, nonostante fosse debole fisicicamente, aveva un cuore grande e gentile.
Quando la sua famiglia, sia quella di sangue e non, era tanto incasinata che nonostante tutto loro erano sempre lì, per lui, pronti per accoglierlo calorosamente.
Tuttavia, lui dovette fare i conti con la realtà ed accettare che, quei giorni sereni e pieni di felicità, erano ormai andati.
Eppure, mai avrebbe pensato di rivedere, dopo dodici anni, una vecchia conoscenza che, per Manjiro,
rappresentava qualcosa di più di una semplice "amicizia".
Non voleva ammetterlo apertamente, ma fu estremamente felice e grato di rivedere ancora una volta Takemichi Hanagaki,
 il suo vecchio amico, e per un frangente pensò che, questo, fosse un segno del Destino.
Che avesse una piccola possibilità di colmare, finalmente, la sua solitudine.

Al solo pensiero che potesse sparire, ancora una volta, rabbrividì  lungo tutta la schiena.

Questo dettaglio non sfuggì al minore e stringendogli appena la maglietta scura, cercò di attirare la sua attenzione.
Sussurrò il suo nome, cauto, e sentì una leggera pressione dalle sue mani caldi sul suo corpo.
Con il fascio di luce delle lanterne, le iridi azzurre riuscirono a catturare la faccia del suo redentore,
in un'espressione decisamente poco allegra, anzi pensierosa.
Notò le ciocche albine, decolorate, il viso chiaro e affilato e l'ombra di due sottili occhiaie sotto le palpebre,
che evidenziavano le iridi scure e penetranti, quasi feline.
A vederlo così, Manjiro sembrava la copia sputata del fratello adottivo, Izana, solo che era più basso di qualche centimetro e più magro.
Più lo guardava negli occhi, maggiore era la fitta che provava nel profondo del suo cuore.
Chissà, pensò Takemichi, cosa ha dovuto passare per soffrire per così tanto tempo, da solo, e ridursi in quello stato.

«Mikey-kun... stai bene?»

Il diretto interessato lo guardò di sottecchi, dedicandogli un piccolo sorriso alla vista dei suoi occhioni azzurri,
stupendosi ancora una volta quanto fossero brillanti e luminosi anche con la flebile luce delle lanterne.
Credeva di aver perso la capacità di sorridere, come faceva allora da giovane,
eppure in presenza del corvino gli uscì spontaneo farlo, proprio come respirare.
Era ricoperto di lividi su, quasi, tutto il lato sinistro del viso e, una buona parte,
anche all'addome e alle gambe, con alcuni segni color rosso vermiglio.
Molti direbbero che era un brutto anatroccolo, tutto storpio e privo di bellezza, ma ai suoi occhi,
lui era un bellissimo e maestoso cigno, che spiegava le sue ali in tutta la sua fierezza.
Doveva ammettere che, con quei capelli scuri e ricci, gli donavano molto, sembrava davvero un angelo.
Osservandolo meglio, poteva vedere le ciglia scure, leggermente lunghe, solleticare appena la pelle rosea,
il naso piccolo e delineato, le labbra sottili e morbide, le orecchie imporporate appena alla punta e l'immancabile luccichio delle lacrime che, imperlavano, il suo volto.
Ai suoi occhi, Takemichi era decisamente carino ed adorabile.

Già, fottutamente adorabile.

Si lasciò scappare un sospiro stanco, notando di sfuggita un luccichio particolare negli occhi chiari di lui.

«Vedendoti qui, con me, sono tranquillo...» parlò piano l'albino stringendolo appena sul suo petto,
mantenendo il contatto visivo nonostante l'impulso di stringerlo forte a sé con la paura di vederlo scomparire
davanti ai suoi occhi «Però, sono ancora nel parere che non avresti dovuto seguirmi.»

Di tutti risposta, il corvino ridacchiò appena, sfiorandosi la nuca con la mano sinistra, ove mostrava la vecchia cicatrice lungo tutto il dorso.
Un vecchio ricordo del famoso 3 Agosto del 2005, durante il terzo salto nel passato, dove rimase ferito per salvare Ken Ryuguji,
alias Draken l'ex vice-comandante della Toman, da Kiyomasa che era in combutta con quell'infame di Kisaki Tetta.
A pensarci bene, sono passati parecchi anni da allora, e se non fosse stato troppo concentrato con la sua “missione”, sembrava solo un lontano ricordo.

Com'è strana la vita, pensò egli.

«È vero, non dovrei essere qui.
A quest'ora, dovrei essere con gli altri, a festeggiare un addio al celibato, e poi... c'era un matrimonio... il mio.»
sussurrò il nome della ragazza che aveva amato dai tempi delle medie, con un sorriso malinconico, ma scosse appena il capo
«Eppure, non mi pento affatto di questa scelta.
Loro sono al sicuro, anche Hina lo è... voglio che anche tu lo sia, Mikey-kun!» ribatté nuovamente con un sorriso, stavolta più sicuro e fiducioso.

Nonostante i vari ostacoli nel tentativo di cancellare la terribile sorte della ragazza, grazie a lei,
Takemichi aveva intrapreso la sua incredibile odissea come time leaper, portando a conoscere tutti i ragazzi della vecchia gang, incluso lui, lo stesso Mikey.
Quando comprese di provare per lui un profondo legame d'affetto, lo stesso che ha sentito per Hinata Tachibana per anni, per lui fu difficile scegliere.

Da che parte doveva andare?
O meglio, chi voleva scegliere tra i due?

Da lei, che finalmente poteva vivere la sua vita assieme a Naoto, suo fratello minore, e con il resto della famiglia,
e mantenere poi la promessa di sposarla tra dodici anni?
Oppure,  da lui, che aveva imparato a conoscerlo, giorno dopo giorno, e nonostante avesse perso le persone che amava fin da bambino,
ha sempre pensato al bene degli altri che di se stesso; e pur di proteggerli, si era isolato?

Ci mise un po’ di tempo a pensare cosa fosse giusto fare e cosa voleva davvero nel profondo del suo cuore,
ed era un continuo scontrarsi tra cervello e cuore, tanto da lasciarlo insonne per un paio di giorni.
Ma prima che se ne rendesse conto, la risposta arrivò da sola e, finalmente, Takemichi capì quale strada proseguire.
Lasciò una lettera, sia a Naoto che a Hinata, salutandoli un’ultima volta raccomandandoli di prendersi cura l’uno dell’altra,
di vegliare ai ragazzi della vecchia Toman e che non li avrebbe mai dimenticati, per nessuna ragione al mondo.
Scrisse anche che non voleva farsi ritrovare, di voler loro un gran bene e di augurare, sia ai due fratelli Tachibana che al resto del gruppo,
di vivere una vita serena e soddisfacente, senza provare rimpianti o rancore per il passato.

“Perdonatemi, davvero, ma non posso lasciare indietro Mikey, non commetterò lo stesso errore un’altra volta.
Ha bisogno di aiuto… e io non posso tirarmi indietro.”

Voleva rimanere al suo fianco, nel bene e nel male.
E, stavolta, era forte abbastanza da potergli guardare le spalle.

Le labbra del ragazzo arcuarono all'insù, in un sorriso birbante, uno di quelli che faceva sempre quando voleva combinare qualcosa di folle.
Gli era proprio mancato quel sorriso malandrino.

«Mi credi se ti dico che... me l'aspettavo una delle tue solite frasi ad affetto?»

«...Sono così prevedibile?»

Risero entrambi e l'albino poté udire un imprecazione, decisamente, colorita uscire tra le labbra rosee del corvino,
nel tentativo di fare una posa da supereroe.
Sorrise ancora di più quando notò, di sfuggita, la porta della loro camera, che li avrebbe condotti al sicuro.
Da tutto e tutti.
Voleva anche approfittare di proporgli un contratto particolare, uno di quelli che avrebbe cambiato per sempre la sua vita,
e non nascose che sperava in una risposta più che positiva.

«Vacci piano, Captain America, è già un miracolo se sei sopravvissuto al manganello di Ran.»

«Ma dai, sto benissimo!
Inoltre, con le previsioni, sono diventato più forte.»

«Quindi non scherzavi quando dicevi di aver viaggiato nel tempo!» disse Mikey, con una nota di stupore nel volto
e facendo attenzione a non farlo cadere tra le sue braccia, con la mano libera tentò di scompigliargli i capelli, rendendoli più disordinati «Ti sei fatto furbo, Takemitchy!»

«Ti ho fatto una promessa quella volta, no?» rispose nuovamente lui, senza smettere di sorridere con le gote colorate di porpora,
facendo pendant con alcuni lividi, e le iridi azzurre farsi più luminose, come due grossi diamanti che incontrano la luce del sole «E io intendo mantenerla, fino alla fine.»

Lo guardò attentamente nelle sue iridi azzurre e, per un breve secondo, rivide il Takemitchy appena quindicenne, pieno di speranza, sogni e meraviglie.
Era sempre pieno di lividi in faccia, accompagnato da due o tre bernoccoli e il sangue fuoriuscire dal naso,
ma quello che non mancava mai nel suo volto era il suo sorriso, sfrontato quanto imprudente, e la sua voglia di combattere per proteggere le persone a lui care.
In quel momento, si ricordò di quella promessa, la sua promessa, di tanto tempo fa, prima che succedesse quel brutto incidente a Yokohama.
Prima che quei maledetti “impulsi oscuri” lo avevano trascinato nel profondo dell’Abisso, la sua più acerrima nemica.

Non importa quante volte ci provi, io ti seguirò ovunque tu vada… e non puoi fare proprio nulla per fermarmi.
Dovesse cascare il mondo, qui, adesso, ma io non ho alcuna intenzione di arrendermi!
Voglio rimanere al tuo fianco!

Sospirò.

«Ne sei proprio sicuro? Guarda che non potrai più ritornare indietro.»

«Assolutamente sì, non cambierò idea.»

Una scelta proprio coraggiosa, pensò Manjiro, questo ti fa onore.
Era sul punto di punzecchiarlo, ma si trattenne per dopo.
Dopotutto, avevano tutta la notte per parlare, no?

Quando arrivarono nella stanza, il maggiore fece stendere Takemichi nel letto, fresco di bucato,
e si allontanò giusto un attimo per prendere il kit del pronto soccorso.
Successivamente, provò a pulire piano il volto, evitando varie infezioni esterne e, con tanta pazienza,
medicò i vari lividi e piccoli graffi con garze, acqua ossigenata e cerotti, ignorando le smorfie buffe del suo interlocutore.
Inizialmente, si faceva aiutare da Kakucho o, in alternativa da Kokonoi, ma imparò presto a medicarsi da solo le ferite;
erano poche le volte in cui si ritrovava con qualche graffio o livido, tipo quando partecipava a qualche missione della Bonten,
oppure, quando finiva di allenarsi nella sua palestra “personalizzata”, simile al vecchio Dojo di famiglia.

Dopo un paio di minuti, finì di sistemargli l’ultima fascia intorno alla gamba sinistra e,
nel mentre aiutava il corvino a mettersi un cambio pulito composto da una felpa bianca e un pantalone di tuta grigio, poté ammirare il suo piccolo capolavoro.
Adesso, il viso di Takemichi era ben igienizzato e bendato a regola d’arte, stessa cosa valeva per il resto del corpo,
ed era fiducioso che sarebbe guarito entro poche settimane.

«Bene, ora possiamo passare alle cose serie.
Mettiti comodo, mi raccomando.»

«Mhm? In  che senso?»

Prima che formulasse qualche altra domanda, ricevette un pugno sopra la sua testa, molto forte,
e gemette sul posto con le ciglia che gli pizzicavano terribilmente, segnale che presto sarebbe scoppiato a piangere.
Mentre si tastava il punto dolente con una mano, lanciò un occhiata torva al maggiore e, sorprendentemente,
lo vide piegarsi in avanti mentre si teneva la pancia con entrambe le braccia, mentre i capelli bianchi gli coprivano la sua espressione divertita,
ma a sentire il suono della sua risata, capì da sé che stesse ridendo a crepapelle per la marachella.
Tentò di farlo smettere parlandogli con calma, anche se ogni tanto biascicava con le parole per via della brutta botta alla testa,
portandolo a perdersi nel filo del discorso.

Tuttavia, Mikey non era del suo stesso parere.

Solo allora, Takemichi Hanagaki fece un lungo respiro profondo e come alzò il dito contro,
urlò a gran voce nella speranza di farlo intimorire almeno un po’, ma più che urlare, sembrava che stesse starnazzando come un’oca in calore.

«BRUTTO NANEROTTOLO, SE NON LA SMETTI, GIURO CHE TI DO UNO SCHIAFFO!  ANCHE BELLO FORTE!»

Ci fu silenzio, solo per un paio di secondi, e quando pensò di aver avuto il suo momento di gloria,
ecco che il Boss della Bonten rovinò, in grande stile, il mood.
Rise sguaiatamente, fino a farsi male le guance, boccheggiando da una  parola e un’altra,
e mentre si era buttato nel letto al suo fianco, cercò in vari modi per rialzarsi, fallendo.

«SEMBRI IL MIO VECCHIO HAHAHAHA!
AIUTO, HAHAHAHA, NON RESPIRO!»

«Smettila 'Jiro, sono serio!» sbraitò Takemichi, incrociando le braccia, ma gemette subito dopo,
ricordandosi solo adesso di essere pieno di lividi su quasi tutto il corpo. «Non sei divertente!»

Il maggiore lo sentì borbottare qualcosa fra le labbra rosee, del tipo, alle innumerevoli volte in cui saltando dalle varie linee temporali,
l’ex comandante della Toman abbia sempre avuto un atteggiamento infantile e lunatico.
Alla visione delle sue guance gonfie e rosse, si dimenticò per un attimo come si respirasse e nel fare ciò,
tossì un paio di volte nel tentativo di regolare il respiro.
Oh no, pensò lui, lo sta facendo di nuovo.
Il suo angioletto aveva deciso di calpestare, inconsapevolmente, la sua persona, usando il suo aspetto carino ed innocente per piegarlo al suo volere;
e ci sarebbe pure riuscito, se non si fosse buttato a peso morto su di lui, dandogli dei piccoli pugni contro il petto.

Si risvegliò quasi subito dal suo stato di trance e quando vide il minore sopra di lui,
quasi gli si mozzò il respiro alla vista dei suoi bellissimi occhi azzurri, imperlati di lacrime, e il rossore costante sulle gote, rendendolo ancora più adorabile.

In quel momento, solo un pensiero gli balenò nella mente.
Cazzo.

Senza pensarci due volte, avvolse le sue mani sul suo viso, a mo’ di coppa, così da poterlo guardare bene negli occhi e nel fare ciò, 
vide di sfuggita le labbra di lui ammutolirsi di colpo.
Rimasero per un paio di minuti così, in silenzio, l’uno di fronte all’altro, finché l’albino non si decise a parlare.

«Takemichi Hanagaki.» esclamò l’albino con fare solenne, con una lieve pressione alle mani,
lo guidò man mano verso di sé «Sarai anche un sensitivo, ma questo non ti da il diritto di giocare con il mio cuore.»

«C-c-che vorresti dire?»

«Ti propongo un accordo, angioletto: prometto che non ti manderò via e non mi opporrò...» sussurrò piano al suo orecchio e quando gli fu vicino,
era tanto così da sfiorare il suo naso con il proprio, il respiro calmo gli accarezzava la pelle del corvino
«Ma in cambio... voglio prendere tutto di te.» abbassò il tono di voce ancora di più, fino a quando gli morse delicatamente il labbro inferiore.

Alla vista del sorriso suadente di Manjiro, il povero Takemichi ebbe una violenta vampata di calore,
seguita poi da un grosso tuffò al cuore, comprendendo solo più tardi che, quello, era l’inizio della loro convivenza, come partner, compagni e, ovviamente, amanti.
 
 
 
 



 

Angolo dell'autor*:

Porcodino, stento ancora a credere di aver compiuto un'impresa eroica ma,
prima che vada subito a perdermi in chiacchere, vi devo confessare un paio di cose.

Questa è, in assoluto, il mio primo battesimo di fuoco nell'abbozzare una fanfiction shounen-ai
(o yaoi, boh, non lo so nemmeno io) ma, il punto è che ho scritto la mia prima MaiTake e io-

Non so come sentirmi in questo momento, giuro.
Penso di essere uscit* leggermente fuori dai loro caratteri, forse un pochino visto che durante l'arco della Bonten,
ho percepito comunque un'intesa tra i due, ma shhhh, facciamo che per il momento sto zitt*, ok?
 ><

Mi credete, se vi dico che pur non avendo mai scritto questo tipo di scenario, tipo yaoi, mi è salita una certa ansietta da prestazione lmao.

Poooi, sto partecipando a una nuova challenge di scrittura, chiamata "Writeptember" con ciò, significa che,
ogni giorno, dovrei uscire una nuova storia, a tema "hurt/comfort" indifferentemente dal fandom di provenienzae.

Ma la parte divertente di tutto ciò è che sono già in ritardo nella mia tabella di marcia lmao
Btw, spero che vi sia piaciuta, non esitate a lasciarmi qualche recensione/messaggio/commento carino nel feedback,
o magari qualche critica costruttiva, mi farebbe un sacco piacere fare con voi qualche chiacchierata.

Ci vediamo al prossimo aggiornamento!

Distinti saluti,
Artemìs.

   
 
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