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Autore: Cladzky    03/09/2022    1 recensioni
La storia la conosciamo tutti, ma vale la pena analizzarla ancora dopo quasi duemila anni dagli avvenimenti ivi descritti. Ecco in una stanza il Cristo, il sommo sacerdote e il procuratore romano in un dialogo immaginato da un ateo che ha letto da cima a fondo le sacre scritture. Ma in scena, in verità, ci sono il mondo Cristiano, Ebraico ed Ellenistico che si affrontano per rispondere a una domanda rimasta insoluta: Che cos'è la verità?
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il predicatore Yeshua fu portato in giudizio davanti a Ponzio Pilato, prefetto della Giudea. Entrò con lui, nel pretorio di Gerusalemme, il suo accusatore, il sommo sacerdote Kayafa.

Chiese Pilato “Che accusa portate contro quest'uomo? (Giovanni 18,29)

Rispose “Egli ha detto di essere il Cristo, figlio del Dio benedetto (Marco 14,62), ovvero il messia che aspettavamo, ma noi lo abbiamo indagato e scoperto un truffatore.”

Ragionò Pilato “Se il processo è già concluso prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge (Giovanni 18,31)”

Spiegò Kayafa “Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio (Giovanni 19,7), ma a noi non è lecito far morire nessuno (Giovanni 18,31) da quando Roma si è arrogata del diritto penale.”

Obiettò Pilato “Non è questa materia per cui condannare un uomo secondo il diritto romano. Noi non ci immischiamo nella vostra religione.”

Rispose Kayafa “Abbiamo trovato quest'uomo che sovvertiva la nostra nazione, istigava a non pagare i tributi a Cesare e diceva di essere lui il Cristo re.” (Luca 23, 2)

“Non senti ciò che stanno dicendo contro di te?” gli chiese Pilato. Ma Yeshua non rispose niente, con grande sorpresa del governatore (Matteo 27,13-14).

Allora Pilato prese a interrogarlo "Sei tu il re dei Giudei?"

Ed egli rispose: "Tu lo dici (Marco 15,2)."

"Non cominciare con la facezia" Lo rimproverò, credendolo uno scherno.

"Già così rispose alle domande del Sinedrio (Luca 22,70)" Intervenne Kayafa "Interrogarlo è inutile."

Ma Pilato continuò giacché non si fidava del Sinedrio "Tu sei il re dei Giudei?"

 Yeshua rispose "Dici questo da te oppure altri te l'hanno detto sul mio conto?"

Pilato rispose "Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me (Giovanni 18,33-35) Chi ti ha acclamato re? E bada a come rispondi, perché l'ultimo dei Maccabei, sovrani di Giuda, fu decapitato da Marco Antonio (Antichità Giudaiche, libro XV, 8)."

Rispose Yeshua "Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù (Giovanni 18,36)."

"Vuoi forse dire che non hai seguaci in questa terra?"

"Non nego di avere seguaci e spero di averne molti."

"E furono questi a proclamarti re della Giudea senza il consenso di Roma?"

"Mi hanno riconosciuto come Cristo, il Figlio del Dio vivente (Matteo 16,16)."

Pilato allora si rivolse a Kayafa "Continuate a parlare di questo Cristo, eppure io non so che cosa comporti questa carica per la vostra gente. Spiegami, affinché io possa giudicarlo."

Kayafa recitò "Il Cristo, in ebraico, è detto Messia e questo vuol dire "unto", perché è nostra usanza ungere con l'olio il capo dei nostri re, come è stato fatto da Saul in poi (1Samuele 10,1)."

"Era dunque Saul un Cristo?"

"No, perché divenne geloso del proprio potere, non rispettò gli olocausti al nostro dio (1Samuele 13,9), non ascoltò il profeta Samuel (1Samuele 15,9), si fece divinare dai morti (1Samuele 28,8) e combatté il suo stesso popolo per uccidere David (1Samuele 19,1). Per questo il Signore lo diede in mano ai Filistei nella battaglia di Ghilboa (1Samuele31,1) e mise al trono d'Israele un nuovo unto, David (1Samuele 16,13)."

"Ed era David un Cristo?"

"Anche lui si fece corrompere col tempo (2Samuele 11,14) e non si asservì al suo paese ma fece il suo paese servo. Chi viene unto non è detto che lo resterà tutta la vita e finora nessuno si è dimostrato all'altezza."

"Mi pare dunque di capire che il Cristo debba essere un re di Giuda, seppur non sia vero il contrario.”

“Non solo di Giuda, ma unificherà l’antico regno d’Israele, il cui popolo era stato disperso (Isaia 11,11).”

Allora Pilato tornò a Yeshua “Dunque tu sei re?”

Rispose Yeshua “Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto al mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce.”

Gli dice Pilato “Che cos'è la verità? (Giovanni 18,37-38).”

“Non la conosci, tu che amministri giustizia?” Chiese a sua volta Yeshua.

“Conosco la mia e non quella che tu porti.”

“Anche Ciro di Persia era un pagano, nondimeno seppe distinguere la verità e liberò il mio popolo da Babilonia (Esdra 1,1-4).”

“Così come io dovrei liberare te?”

Yeshua scosse la testa “Fa quanto è giusto agli occhi del Signore.”

“Io farò quanto è giusto agli occhi della Giustizia.”

Detto questo si ritirò con Kayafa per stabilire come procedere e uscirono in un giardino d’ulivi.

“Costui non è un malfattore qualunque” Meditò Pilato.

“Se non fosse un malfattore, non te l'avremmo consegnato (Giovanni 18:30).”

“Ripetimi perché mi hai portato quest’uomo.”

“Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea fino a qui (Luca 23,5).”

“Egli è dunque Galileo?”

“Invero egli è un Nazareno (Matteo 2,23).”

“Pazzo, volevi creare uno scandalo? La giurisdizione del caso appartiene a Erode Antipa, in quanto si tratta di un suo cittadino e io non oso stendere la mano su un'autorità riconosciuta da Roma (Antichità Giudaiche, libro XIV, 385).”

“Non credere che ti abbiamo teso un tranello. Abbiamo portato la questione al sovrano di Galilea, ma egli non ne trova interesse (Luca 23,8-12), reputando ogni profeta un divertimento e ignorando i reali poteri che posseggono.”

“È vero, questo predicatore afferma di non avere regno su questa terra, ma dice anche di essere ascoltato dalla gente e cosa lo rende diverso da noi? Anche il nostro Cesare non avrebbe potere alcuno se la gente non lo ascoltasse, perché non è nei possedimenti terreni ma nella volontà del popolo il potere.”

“Ecco, ora capisci. Egli si sostenta con le donazioni dei suoi seguaci (Luca 8,1-3) e ovunque va lo accolgono in casa anche i tuoi pubblicani (Luca 19,1-10). Ha formato un movimento che ci preoccupa: già non obbedisce alle nostre leggi e presto si ribelleranno anche alle vostre, perché non riconoscono autorità fuorché la sua.”

“Ancora non capisco invece. Perché vi preoccupa che egli predichi tanto? Non adorate ambedue Jahvé, il dio di Abraham?”

“Vero, ma egli storce gli insegnamenti che ci furono dati da Mosè e la legge Mosaica c’impone di dargli morte per apostasia (Deuteronomio 13,6).”

“Se egli meriti la morte lo verificheremo adesso. Vieni con me, intendo interrogarlo in consulenza di un sacerdote per avere una più chiara visione d’insieme.”

Tornarono dunque da Yeshua che li aspettava mesto nel pretorio e si sedettero per poter discutere meglio tutti e tre. Prese parola per primo Pilato.

“Da dove vieni?”

Ma Yeshua non gli diede alcuna risposta.

Allora Pilato gli disse “Non mi parli? Non sai che ho il potere di liberarti e il potere di crocifiggerti?”

Yeshua gli rispose “Tu non avresti alcuna autorità su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto; perciò chi mi ha dato nelle tue mani ha maggior colpa (Giovanni 19,9-11).”

“Ma non è nel tuo interesse dimostrarti innocente?”

“Sta a voi dimostrarmi che sono colpevole.”

“Sta bene, ma ti prego di rispondere sinceramente per poterlo fare.”

Yeshua prese un momento per respirare e infine rispose: “Così sia.”

“Di chi sei figlio tu?”

“Sono figlio di Miryam, figlia di Joakim (Protovangelo di Giacomo 5,2), della tribù di Levi.”

Osservò Kayafa “Di norma si riferisce il nome del proprio padre e la sua tribù.”

“Non posseggo padre su questa terra. Mi ha cresciuto Yosef, figlio di Eli, della tribù di Giuda (Luca 3,31).”

Lo interpellò Pilato "Qual era il suo mestiere?"

"Egli era un carpentiere (Matteo 13,55) e io pure lo fui con lui prima di iniziare la mia opera."

Rise il governatore "Un re falegname!"

"Non sai che David era pastore prima di amministrare gli uomini come le pecore? (Samuele 16,11)"

"Nominando re simili non c'è da sorprendersi che siate servi da generazioni."

Kayafa cedette allo sdegno per il suo popolo e disse in sua difesa "Governatore, anche Romolo fu un pastore e prima di allora crebbe figlio di lupa (Vite Parallele, Romolo, 4-6)."

Replicò il romano, insultato "Ma discendette da un dio! (Vite parallele, Romolo, 3)"

Concluse Yeshua "Eccomi appunto."

Pilato non rispose. Continuò Kayafa "Cosicché Yosef non fu tuo padre?"

"Ma si comportò come tale e lo trattai come tale (Storia di Giuseppe il falegname 11,1-2)."

“Era tua madre rimasta vedova allorché prese in sposa il tuo patrigno?”

Alla domanda del sommo sacerdote Yeshua si adirò tanto da alzarsi dalla sedia.

“Come osi chiedere questo, sapendo che parliamo entrambi del dio vivente? Tu vuoi provocarmi.”

“Speravo non perseverassi nella tua dottrina. Siamo tutti figli di dio, perché lui creò i nostri progenitori (Genesi 1,27) gli stessi miei, tuoi, anche del prefetto romano e di Cesare stesso. Pretendi forse di non essere solo un profeta, di parlare con Adonai, ma anche di essere suo figlio diretto, senza passare d’Adamo?”

“Tu lo dici perché è così. Mia madre fu cresciuta nel tempio di Gerusalemme sino a dodici anni, quando fu data in sposa a Yosef per non contaminare il tempio con la sua pubertà (Protovangelo di Giacomo 8,3), ma egli non la conobbe neppure perché si allontanò per dei lavori e la lasciò ai suoi figli (Protovangelo di Giacomo 9,3). Durante la sua assenza ella fu visitata dallo Spirito Santo che la ingravidò, preservandone la sua verginità (Matteo 1,18-25). Se tu non mi credi studia i registri del tempio e domanda a chiunque mi conosca dall'infanzia."

"È sufficiente un'ora per inseminare una donna. Anche se tutti i suoi parenti giurassero la sua verginità ci dev'essere stato un momento della sua vita che non fosse sotto il loro scrupolo. Si fa più fatica a crederti che a dubitare."

"Sarah, moglie di Abraham, aveva novant'anni quando diede alla luce Isacco e pure lei rise quando dio gli promise questo (Genesi 21,6). Agli uomini è impossibile, ma non a Dio; perché ogni cosa è possibile a Dio (Marco 10,27)."

"Sarebbe possibile esaminare tua madre, di modo d'appurare che sia vergine davvero?"

"Mia madre non ha fatto voto di castità. Ella ha dato altri figli a suo marito, come è d'uso (Marco 3,31-32)."

"È conveniente che l'abbia persa subito dopo la tua nascita."

Intervenne Pilato “Questa non è una faccenda nuova per noi.”

Il Nazareno gli prestò attenzione "Parla e dimostra che la mia non è una buona novella."

“Molti dèi ebbero figli con donne mortali e alcune rimasero vergini pur partorendo una progenie. Ecco, lascia che ti narri di Danaë: essa era principessa di Argo, figlia del re Acrisio e quest'ultimo non aveva discendenti maschi. Chiese dunque agli oracoli se mai ne avrebbe ottenuto uno ma questi gli risposero che sarebbe stato possibile solo per sua figlia e che il seme di lei lo avrebbe ucciso. Ancora vergine, lui la chiuse dentro una torre di bronzo per mai farle conoscere uomo che potesse darle discendenza, ma il più alto dei maschi, Giove, per cui nessuna torre è troppo alta, scese dall'Olimpo come nuvola d'oro e le piovve in grembo. Senza che fosse violata, il suo ventre crebbe e diede alla luce Perseo, che il re dichiarò suo nemico (Fabulae, 63). Ora dimmi, non siete forse uguali, tu e Perseo?"

"Era questo tuo Perseo un dio?"

"Solo a metà, un semidio, in quanto seme divino, ma nato da donna, come te."

"Non come me. In principio ero il Verbo, il Verbo era presso dio e il Verbo era dio (Giovanni 1,1). La storia che tu narri è appunto una bella storia e chi l'ha scritta sperava che qualcuno sarebbe giunto a compierla per davvero. Ecco, mia madre, dalla sua torre di bronzo, mi ha partorito e io sono ora osteggiato dalla mia patria che vuole mettermi a morte."

"Non credi dunque che la storia di Perseo sia avvenuta?"

 "La legge di mio padre è chiara: Io sono il Signore, e non ce n'è alcun altro; fuori di me non c'è altro dio! Io ti ho preparato, sebbene non mi conoscessi (Isaia 45,5)."

Detto questo si sedette di nuovo.

Pilato ammise "Mi dispiace che tu sia ateo al mio credo, ma lascia che mi complimenti. Da quando sei entrato in casa mia tu parli invero come un dio."

Kayafa, meravigliato dalla sua conoscenza delle Scritture, alzò la voce.

"Tu scegli i tuoi versetti con astuzia, devi aver studiato molto i testi sacri."

"Quando ebbi dodici anni frequentai il tempio di Gerusalemme in giorni di Pasqua, dialogando coi sacerdoti (Luca 3,46). Non eri tu già in mezzo ad essi, Kayafa?"

"Ho memoria di te dalla mia giovinezza. Ti udì da ragazzo parlare con sapienza e me ne stupì molto perché la tua conoscenza era eguale alla mia, pur non essendo tu della dinastia di Aronne se non per parte di madre. Ma all'epoca tu parlavi la mia stessa lingua e ora invece la storci."

"Come posso storcerla?"

"Tu giungi a conclusioni senza prendere il testo insieme. Hai detto che esiste un solo dio."

"Speravo che su questo fossimo d'accordo."

"Tu hai citato il profeta Isaia, ora lascia che io ti citi dal libro dei Giudici. Al tempo di Jefte, della tribù di Manasse, i Moabiti ci mossero guerra per occupare la regione di Galaad, a oriente del Giordano. Dunque, per evitare la guerra, Jefte inviò un messo al re di Moab, dicendo: Non possiedi tu quello che Kemosh, il tuo dio, ti ha dato di possedere? Così anche noi possederemo il paese di quelli che l'Eterno ha scacciato davanti a noi (Giudici 11,24). Jefte riconosceva l'autorità di Kemosh sul suo popolo così come Adonai ha sul proprio. Ecco dunque il significato del nostro comandamento: Non avrai altro dio all'infuori di me (Esodo 20,2) e non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso (Esodo 20,5). Non ci fu mai rivelato che esiste un solo dio e a noi non è concesso saperlo dato che non possiamo indagare le faccende del cielo. Tutto ciò che ci è stato detto è di venerare il dio d'Israele e di non calcolare gli altri. Perché dunque manchi di rispetto alla religione del prefetto con la tua superbia, quando egli rispetta il tuo credo?"

Yeshua alzò il dito.

"Hai commesso grave infamia davanti al padrone che hai promesso di servire, perché ti sei asservito a un altro. Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non puoi servire Dio e la ricchezza (Matteo 6,24)."

"Di che mi accusi?"

"Sei un ipocrita, perché mi accusasti di selezionare con astuzia i miei versetti per giustificare i miei fini, quando tu fai lo stesso per ingraziarti il prefetto."

"La mia tesi era fallace? Dimostralo se puoi."

"Tu mi hai portato Jefte come esempio affidabile, ma egli era un grave peccatore."

"Non salvò forse Israele con il benestare di Elohim? Egli fece voto al Signore di sconfiggere i Moabiti e lui glieli mise nelle mani (Giudici 11,30-32)."

"In verità io ti dico che il Signore avrebbe liberato Israele anche senza Jefte, come ha promesso. Disse il signore: Israele, mio servo, Non temere, perché io sono con te, non smarrirti, perché io sono il tuo dio. Io ti fortifico e ti aiuto e ti sostengo con la destra della mia giustizia. Ecco, tutti quelli che si sono infuriati contro di te saranno svergognati e confusi; quelli che combattono contro di te saranno ridotti a nulla e periranno (Isaia 41,8-11). Vedi quindi che, anche senza il voto di Jefte, l'Altissimo avrebbe liberato gli Israeliti. Dimentichi poi il pegno che Jefte pagò, nella sua stupidità. Egli giurò di immolare la prima persona che fosse venutagli incontro dall'uscio della sua casa se avesse vinto e, quando tornò, sua figlia corse a salutarlo e lui si sentì di doverla offrire in olocausto al Signore e così fece (Giudici 11,31-40). Tu ben sai che è abominio per Adonai il sacrificio umano. Sta scritto: Tu non farai così con l'Eterno, il tuo dio, perché con i loro dèi esse hanno fatto tutto ciò che è abominevole per l'Eterno e che egli detesta; hanno persino bruciato nel fuoco i loro figli e le loro figlie, in onore dei loro dèi (Deuteronomio 12,31). Infatti, l’olocausto umano è pratica dei Moabiti, come fecero durante l’assedio di Kir Careset (2Re 3,26-27) e dunque ritengo che non fosse un vero seguace dell’unico dio. Aggiungi a questo che Jefte fu un bandito che depredava in maniera non dissimile dalla gente di Moab (Giudici 11,3). Perché allora ti fidi della sua parola sopra quella di Isaia?"

Kayafa credette per un momento di essere in errore, mentre Pilato seguiva il dibattito con crescente interesse. Infine, al sommo sacerdote, tornò la parola.

“Torno a dire che sei molto abile, come ti lasciai ventuno anni fa, ma predicare la legge è la missione della mia vita e ora ti spiegherò dove hai errato. Hai detto che non esistono dèi all’infuori del nostro ma, citando l’assedio di Kir Careset, alludi al contrario. Ecco, avvenne infatti che Mesha, re di Moab, prese sulle mura il suo primogenito, o quello del re di Edom, e, quando lo immolò in onore di Kemosh sopra le mura, avvenne questo: Si scatenò una grande ira contro gli Israeliti, che si allontanarono da lui e tornarono nella loro regione (2Re 3,27). Bene dunque, di chi era questa grande ira che mette in fuga gli eserciti, se egli non credeva nel dio d’Israele? Hai detto che Jefte fu poi un gran peccatore, è vero, ma così fu il nostro sovrano Manàsse, che adorava Ba'al (2Cronache 33,3) e non ascoltava Adonai (2Cronache 33,10). Per castigarlo, Elohim l'eccelso, lo fece schiavo degli Assiri che lo imprigionarono. Ridotto in miseria si pentì e chiese perdono, che gli venne concesso dal nostro dio, insieme al suo titolo (2Cronache 33,11-13) e fu un re di Giuda migliore di molti altri (2Cronache 33,14-16). Ecco, fra i vari attributi del nostro dio vi è anche la misericordia. È dunque illogico credere che egli fece la medesima cosa con Jefte? Hai poi detto che i sacrifici umani sono immondi agli occhi dell'Altissimo, ma è una tua interpretazione. Il passo che hai citato dal Deuteronomio non condanna l'olocausto in sè, ma l'olocausto in onore degli dèi di Canaan. Diceva il passaggio precedente, infatti: Guàrdati bene dal cadere nel laccio seguendo il loro esempio, dopo che saranno state distrutte davanti a te, e dall'informarti sui loro dèi, dicendo: «Come servivano i loro dèi queste nazioni? Anch'io voglio fare lo stesso» (Deuteronoio 12,30). Ti porto anche questo: «Dirai agli Israeliti: Chiunque tra gli Israeliti o tra i forestieri che soggiornano in Israele darà qualcuno dei suoi figli a Moloch, dovrà essere messo a morte; il popolo del paese lo lapiderà (Levitico 20,2). Vedi ora che solo quando questo atto viene commesso in onore di altri all’infuori del Signore questo è abominio e non è peccato in sé."

“Avrebbe dunque fatto bene Abraham nell’uccidere Isacco (Genesi 22,1-2)?”

“Dio non disse mai che quanto aveva chiesto era abominevole, disse solo che non era necessario procedere quando vide la sua fedeltà, dunque risparmiò suo figlio, ma non annullò del tutto un sacrificio, perché del sangue doveva essere versato per forza in onore di El e questi gli portò un montone da offrire al suo posto (Genesi 22,12-13). Il sangue ci è sempre stato richiesto e questo lo vedi nel modo in cui noi Israeliti siamo entrati nella terra promessa, che era abitata dai Cananei. Giosuè votò allo sterminio ogni abitante di Gerico come richiesto dal Signore (Giosuè 6,21) e lo stesso fecero per Ai (Giosuè 8,26). Il sacrificio umano è molto grave e non sta a noi eseguirlo se non su richiesta dell'Altissimo, ma non è abominio."

Allora Yeshua alzò il viso al cielo e disse: “Egli vedrà il frutto del tormento dell'anima sua, e ne sarà saziato; per la sua conoscenza, il mio servo, il giusto, renderà giusti i molti, e si caricherà egli stesso delle loro iniquità (Isaia 53,11). Attraverso di me queste pratiche smetteranno.”

Sentendolo dire queste parole, Pilato dovette intervenire, dicendo “Come può qualcuno di tanto pacifico sovvertire la nazione? Egli è più pacifico di me e voi. Anche il nostro principe Ottaviano consacrò, per le Idi di Marzo, la vita di trecento Perugini (Vite dei Cesari, Libro II, 15). Non trovo alcuna colpa in quest'uomo (Luca 23,4).”

Insistè Kayafa “Spesso il male si nasconde dietro parole gentili.”

Pilato continuò dunque l’interrogatorio, chiedendo: “Cosa fai tu per vivere?”

Rispose il predicatore “Io rendo testimonianza della verità, te l’ho detto e mi nutro del cibo che mi è offerto.”

“Ti viene offerto anche del denaro?”

“Certo.”

“Cosa ci fate?”

“Comperiamo ciò di cui abbiamo bisogno io e i miei fedeli. Vestiamo i nudi fra noi e le medicine ai malati.”

“E pagate i giusti tributi a Roma?”

“Di ogni offerta tiene conto il tesoriere del nostro movimento, Giuda da Kerioth, figlio di Shim'on, della tribù di Giuda (Giovanni 12,6). Io non tocco denaro, domandate a lui.”

“Dove si trova?”

“Lo incontrai l’ultima volta nel Getsemani, dove mi diede un bacio, prima che le guardie del tempio mi portassero al cospetto del Sinedrio (Marco 14,45).”

“Deve amarti molto.”

“Invero, egli si è molto disperato del mio destino (Matteo 27,3-10).”

“Non possiedi nulla?”

“È così. Non ho casa, né bestia, né schiavo."

Obiettò Kayafa “Non entrasti tu a Gerusalemme in sella ad un asino (Marco 11,7)?”

“Pure quello io presi in prestito e lo restituì al suo proprietario (Marco 11,1-6).”

Pilato tornò a parlare “Rigetti tu ogni proprietà?”

Rispose Yeshua “Un ricco mi chiese: «Maestro buono, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Ed io gli risposi: «Una cosa ti manca! Va', vendi tutto ciò che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Ma egli, rattristato da quella parola, se ne andò dolente, perché aveva molti beni (Marco 10,17,22). I beni terreni rischiano di ancorarci a questa terra, sta a noi resistere in tentazione.”

“È forse un crimine vivere bene? La vita è già dura per tutti, è forse più saggio l’uomo che non cerca la felicità?”

“Non è male godere di ciò che ci serve. Ecco, io ero molto teso sei giorni fa, a Betania, perché sapevo quanto avevate preparato in serbo per me, e cenavo rattristato insieme ai miei parenti e i miei discepoli in casa di Eleazaro, un mio amico. All’improvviso entrò sua sorella, Miryam, nella sala e mi unse i piedi con del nardo puro, per poi asciugarli con i suoi capelli. Io fui molto sollevato da questo gesto di affetto (Giovanni 12,1-8).”

Kayafa si adirò “Tu, che predichi di donare ai poveri tutto quello che si possiede, hai una bella faccia tosta a dire queste cose. Tu godesti non di affetto ma di servitù e per di più fosti egoista. Quell’olio sarebbe potuto essere stato venduto e, con il ricavato, aiutare i poveri.”

“Non trattare i poveri come una classe diversa da noi. Ognuno di noi è povero in un determinato modo e ha bisogno di qualcosa. Ecco, io ero povero e Miryam mi ha dato ciò di cui mancavo.”

“Hai forse bisogno anche di questa così bella tunica?  Essa è senza cuciture, tessuta d'un sol pezzo da cima a fondo (Giovanni 19,23), così come la mia che indosso ora, che è prerogativa dei sommi sacerdoti (Antichità Giudaiche, Libro III, 161). Cosa intendi dire con questo?”

“Questa tunica mi fu donata da chi mi volle bene e io non ho cuore di rifiutarla. Ora io la ottenni per questo, ma per un altro motivo la indosso. Kayafa, poco tempo fa, nei pressi del tempio, tu mi chiedesti: «Con quale autorità fai questo? Chi ti ha dato questa autorità?» Ma io non ti risposi (Matteo 21,23-27), perché non era il momento di capire. Adesso, invece, tu capisci cosa voglio dire, indossando questa tunica riservata per i mediatori fra Dio e gli uomini?”

“Gozzoviglia ai banchetti il mediatore fra Dio e gli uomini? Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?"

“Yeshua rispose: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi (Luca 5,30-32).”

“Fa parte della tua missione anche ingozzarti a loro spese?”

Yeshua non rispose. Pilato si espresse incuriosito: “Tu vaghi ramingo, senza casa, filosofo osteggiato dai filosofi, banchetti nelle case dei potenti che tu stesso osteggi e trovi compagnia nella fascia più bassa del popolo. Sei tu forse Diogene il cinico reincarnato?”

Chiese Yeshua “Anche questo Diogene è un vostro semidio?"

“Affatto. Egli era un uomo di Sinope, durante il regno di Filippo il Macedone, e si narra che, dopo aver gestito una banca insieme al padre, trovò pace mentale nella vita parsimoniosa. Egli dormiva in una giara, mendicava il suo cibo, vestiva solo di una mantella che era anche il suo lenzuolo, si rotolava nella sabbia d'estate e abbracciava le statue d'inverno, s'irrobustì nella natura e visse una vita da cane. Si pose la missione di mettere in discussione la realtà del suo tempo e così fece: Quando faceva colazione nella piazza del mercato, coloro che gli stavano intorno ripetevano in continuazione “Cane!”. Al che lui diceva: “Cani siete voi che mi state intorno mentre faccio colazione!" (Vite dei filosofi, libro VI, 61). A chi gli rinfacciava di entrare in luoghi sudici, soleva rispondere: “Anche il sole illumina gli escrementi e non per questo si contamina” (Vite dei filosofi, libro VI, 63). E quando si masturbava sotto gli occhi di tutti, diceva di frequente: “Magari fosse possibile far cessare la fame semplicemente sfregandosi il ventre!” (Vite dei filosofi, libro VI, 69). Egli rinunciò a ogni proprietà che non gli servisse e dichiarò l'avidità di denaro fonte di ogni male dell'uomo, preferendo la vita degli animali, che vivevano secondo le loro vere inclinazioni e non gli riuscì di trovare un uomo che facesse altrettanto."

Yeshua si meravigliò: "Invero era saggio questo Diogene per dare contro a leggi ingiuste, ma non abbastanza da capire che le leggi sono necessarie per l’uomo."

Concluse Pilato "Diogene non sarebbe d'accordo."

Yeshua guardò fuori dalla finestra e disse "Ormai si fa tardi. Vi prego di fare in fretta quanto dovete."

"Non posso giudicarti senza trovare una colpa. Ecco, lascia che ti chieda questo: Tu chiedi a tutti di abbandonare i loro beni. Ora, Roma mi chiede di porre una tassa sulla provincia che amministro, ovvero la Tributum Capitis, un'imposta che ogni abitante sotto la mia giurisdizione deve pagare per la sua persona, e anche la Tributum Soli, che è regolata in base al suolo che si possiede. Tu che scoraggi la ricchezza impedisci ai miei pubblicani di raccogliere tributi dai tuoi seguaci perché essi non lavorano, non hanno proprietà e dunque non sono membri utili alla società. Tu impedisci davvero, allora, di pagare i tributi a Cesare."

"Io ho già detto ai farisei: "Rendete a Cesare ciò che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio (Marco 12,17). Non vi ho mai negato quanto vi è dovuto."

"Ma all'atto pratico tu mi crei un crescente gruppo che evade il fisco perché vive al di fuori della società civile."

"È forse un crimine essere poveri?"

"Forse non inciti la gente a non pagare i tributi, ma certo è una conseguenza del tuo predicare."

"Io stesso pago le tasse che devo (Matteo 17,24-27).”

"Tu puoi perché sei oggetto di donazioni e tutti ti invitano nella loro casa perché sei il capo del movimento, non manchi di nulla. Ma gli ultimi fra voi non ne hanno modo e i ricchi che vi finanziano saranno sempre meno dei poveri che vi seguono e non possono badare a tutti."

Allora Yeshua lo guardò negli occhi: "Così sia. Dichiarami colpevole di questo delitto e la verità ti assista."

Pilato pensò a lungo, poi disse: "Io esito a condannarti perché ti sei detto figlio di Jahvé, dio d'Israele e che potere ha un uomo sopra un dio?"

Yeshua abbassò lo sguardo e lamentò: "Chiunque mi vede si fa beffe di me; allunga il labbro, scuote il capo, dicendo: «Egli si affida al Signore; lo liberi dunque; lo salvi, poiché lo gradisce!» (Salmi 22,8-9)."

"Non commiserarti tanto, perché sono sincero e vorrei crederti. Ascolta: Ercole era un altro figlio di Giove, ma molti non gli credevano e dubitavano della sua forza. Per convincere gli scettici egli prese una sbarra di ferro e la piantò nella terra a mani nude, così forte che nessuno riuscì più a smuoverla se non lui stesso e, quando lo fece, dal foro sgorgò una sorgente che formò il lago Cimino, vicino Viterbo, rendendo la zona fertile (Commento di Servio all'Eneide, libro VII, nota 697)."

“Egli operava giustizia presso la sua gente se Dio gli ha concesso tanta potenza, come la concesse a Ciro il Persiano, Nàaman degli Aramei (2Re 5,1) e Alessandro il Macedone (Daniele 8,21-22).”

“Spero ne abbia concessa un po’ anche a te allora.”

“Se egli onora così chi non lo conosce come credi tratterà suo figlio?”

“Non mi sembra tu abbia il suo favore o non saresti trascinato in pretorio in giorni di festa per tutti gli altri Ebrei. Cosa hai commesso contro di lui per meritare ciò?”

“Pilato, lascia che ti narri una storia che mi avvenne tempo addietro. Camminavamo per le strade, io e i miei fratelli, quando incontrammo un uomo, cieco dalla nascita. Allora i miei discepoli mi chiesero «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?». Risposi loro: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio (Giovanni 9,1-3)».”

Pilato si sentì dapprima offeso a sentirsi appellare con il suo nome dall’accusato, ma soprassedette perché intrigato e continuò: “Dunque non ti trovi in questo stato in remissione dei tuoi peccati?”

Yeshua sospirò e riprese “Sta scritto: Onora tuo padre e tua madre (Esodo 20,12) e io li onoro asservendomi alla loro volontà. Ero un invitato a delle nozze svoltesi a Cana, in Galilea, ed eravamo tutti a tavola, quando mia madre mi prese da parte, dicendomi che era terminato il vino. Ecco, tu hai chiesto quale potenza mi ha trasmesso il padre mio e ora te ne narro. Mi feci portare dell’acqua, che era atta alla purificazione e la mutai in vino buono (Giovanni 2,1-11). La mia opera pubblica cominciò per volere di mia madre. Oggi si conclude per volere di mio padre”

“Questa sembra proprio la storia di un dio. Giacché me ne hai raccontata una lascia che io faccia lo stesso. Nel nostro pantheon, che è il corredo dei nostri dèi, è venerato Bacco, ma più di noi lo venerano gli abitanti di Elis, nel Peloponneso. Questi narrano che il Nume venga spesso presso loro e lo dimostrarono in tal modo: Presero tre cisterne vuote e le sigillarono sotto gli occhi di tutti, chiudendole dentro la cella del dio. Il mattino dopo le tirarono fuori, ruppero i sigilli inviolati e le trovarono piene di vino buono (Periegesi della Grecia, libro VI, 26).”

“È una favola allegra.”

"Io credo che sia avvenuta."

"Eri tu presente quando questo avvenne?"

"No, ma ho fede che sia successo, perché è confortante sapere di avere sempre un amico a cui rivolgersi, da qualche parte."

Chiese Kayafa a Yeshua "Forse eri presente tu quando Iddio creò l'universo, annegò il mondo e trasse il nostro popolo dalla terra d'Egitto?"

"E tu Kayafa?"

"No, ma ho fede che sia successo."

Allora Yeshua si rallegrò molto e disse: "Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto (Giovanni 20,29)."

E in quel momento ci fu molta intesa fra loro.

 

Così si conclude, nel miglior modo possibile, la prima metà di un dialogo destinato a finire con una condanna a morte: Ovvero Gesù, Caifa e Pilato che si rendono conto di essere tutti e tre sulla stessa barca.

La genesi di questo testo nacque, probabilmente, quando i miei genitori mi portavano alla messa di Pasqua e io, nonostante la voglia di passare le vacanze in pace dalla scuola, ascoltavo sempre con piacere il racconto di questo processo. Mi sono dato diversi motivi: Era uno dei passaggi più narrativi della Bibbia, che spesso trattava gli eventi quasi con disinteresse nella sua prosa riassuntiva ed era rinfrescante sentire invece una narrazione più emotiva, con un Gesù piangente nel giardino degli ulivi e un sommo sacerdote che si straccia le vesti dallo sdegno, soffermandosi a raccontare ora per ora cosa avvenisse. Ero poi contento di vedere i Romani, l’impero preferito di qualunque bambino, giocare un ruolo così importante anche dentro le mura di una chiesa. Le beghe penali poi, di giurisdizione del territorio, lesa maestà e falsi testimoni, interessava grandemente qualcuno che era cresciuto guardando con i propri genitori Law & Order. Inevitabilmente però rimanevo confuso. D’accordo, Gesù l’hanno ammazzato appendendolo ad una croce, ma perché? Come mai ce l’avevano tutti con lui?

E io non riuscivo a darmi una risposta precisa. Inizialmente credevo di essere un deficiente, ma poi ho cominciato a leggere i testi per conto mio e rimasi confuso uguale. Infatti, quando portano Gesù a Pilato, solo Luca, dei quattro vangeli canonici, riporta di cosa fosse accusato, mentre gli altri se la sbrigano dicendo che i sacerdoti lo accusavano e basta e dei quattro solo Giovanni ci accenna l’interrogatorio che fece il governatore all’accusato in un paio di scambi di battute, mentre gli altri lo saltano bellamente, arrivando tutti quanti all’affrettata conclusione che Gesù è innocente. Ecco la parte che mi mancava da bambino dunque, quando credevo ancora che tutti e quattro i vangeli fossero interscambiabili fra loro.

E mi chiedevo anche perché i sacerdoti ce l’avessero tanto con lui. Non predicavano dallo stesso libro? E mi rispondevano, i catechisti “Perché i sacerdoti erano corrotti e Gesù li denunciava”. Dal primo all’ultimo? Invece di lapidarlo per strada lo portarono davanti il Sinedrio e, unanimamente, lo condannavano senza opposizione dai settantuno membri? Oppure mi dissero “Perché non lo riconoscevano come Messia” e io conclusi che dovessero essere proprio stupidi questi Ebrei per non riconoscere in Gesù il compimento delle profezie che il loro stesso popolo aveva scritto. Crescendo, mi resi conto che queste affermazioni erano velato antisemitismo. Ecco quindi che, leggendo davvero queste profezie di Isaia, Daniele ed Ezechiele, ci si rende conto che non è difficile essere scettici, perché bisogna fare certe volte dei bei voli pindarici per ricollegarsi a quanto fece il Nazareno, come ritrovare le dieci tribù perdute d'Israele, portare la pace mondiale e rendere tutti asserviti al vero dio. I Cristiani se la cavano dicendo che Gesù compirà tutto questo con la sua seconda venuta, ma onestamente le profezie parlavano del pacchetto completo, non della versione di prova.

Passarono gli anni, lessi più della Bibbia di quanto fosse normale per i miei coetanei e mi convinsi ateo verso la prima media. Certo, da un lato mi atterriva l’idea del niente dopo la morte, ma mi resi conto che non era motivo sufficiente, la paura, per essere legato a una religione. La ragione del mio ateismo stava nella meraviglia che trovai nelle storie del popolo eletto. Mi avevano sempre presentato la Bibbia come un testo austero, che tiene la risposta a ogni domanda nella vita e invece era un poema epico non dissimile ai miti greci, fatto di mari che si aprono, maledizioni che colpiscono chi profana l’arca dell’alleanza, diluvi universali, giganti, mostri marini, creazioni del mondo e uomini forzuti. Sansone somigliava molto a Ercole, di diluvi ne trattavano anche il Corano e l’induista Manu, le maledizioni sembravano quelle affisse alle tombe delle piramidi profanate eppure mi veniva detto “Non avrai altro dio all’infuori di me”. Ma perché reputare superstizione una religione e credere all’altra? E se l’Olimpo fosse la vera religione? Fra tutti quanti come posso scegliere il vero, senza cadere nel falso e bruciare all’inferno per non aver creduto in quello giusto? E parlando d’inferno, sin dalla prima elementare ero in classe con Musulmani, Induisti e pure un Buddhista. Erano tutti loro destinati all’inferno pur essendo brave persone? Ed è questo dio, che ha sterminato i Cananei dalla loro terra, una brava persona? Ricordo di essermelo chiesto precisamente quando, in una simpatica Bibbia a fumetti, lessi dell’assedio di Ai. Fino ad allora, la conquista degli Ebrei in Canaan aveva sempre una motivazione per la sua violenza. Il re Arad attaccò per primo e il re degli Amorrei, Sicon, rifiuta la diplomazia per permettere loro un passaggio pacifico. La presa di Gerico già mi creò confusione, perché il suo popolo non aveva mosso un dito contro gli Israeliti, ma Giosué si giustificava parlando di quanto fosse malvagia la gente della città, stando sulle rovine del stesso suo sterminio. Ma quando si parla di Ai, subito dopo, è ancora peggio. Di nuovo non c’è movente e stavolta neppure una giustificazione, solo desiderio di conquistare quella terra. Gli abitanti vengono uccisi dal primo all’ultimo e la città data alle fiamme. Allora smisi di stare dalla loro parte. Gli Ebrei hanno fatto un lungo lavoro per giustificare gli atti dei loro antenati, non dissimile da quanto hanno fatto gli esegeti cristiani per avere un credo unificato, ma da allora mi convinsi che se anche dio esistesse e si tratta proprio di Jahvè, io non potrei servirlo per questioni morali.

Tutto questo serve a spiegare perché ho scritto quanto avete letto. Ora sono ateo, ma Gesù non ha mai smesso di intrigarmi. Cominciai il testo dicendomi “Ecco, ora dimostrerò i suoi errori esaminando le sue parole e lo troverò colpevole.” Mi sentivo come Antonius Block, volevo credere, ma non potevo e ho deciso di uccidere dio dentro di me. Ho tirato fuori ogni traduzione possibile della Bibbia e mi sono messo al lavoro, ma, andando avanti negli studi, Gesù si tinse di quell’aura benevola, da chitarrista dell’oratorio con la barba, che non vedevo dalla mia infanzia. Non ho abbandonato l’intento, intendo dimostrare a me stesso che Gesù ha sbagliato come ogni essere umano e in parte ci sono riuscito, ma non è più l’antagonista, il fanatico, è un eroe tragico che forse ci crede troppo.

C’è sempre un certo rispetto quando si tratta di dipingere Gesù. In Ben-Hur quasi non appare, è sempre visto di spalle dal pubblico, creando timore, e pure in opere più scanzonate e secolari, come Brian di Nazareth, Gesù appare come l’unico sano di tutto il film. Non parliamo poi di certe pellicole italiane in costume, come Ponzio Pilato o la Spada e la Croce. Io non ho avuto difficoltà, o meglio, con la stessa difficoltà che c’è stata nel ritrarre gli altri. Caifa, anzi, potrebbe essere stato quello su cui ho avuto più dubbi: In un testo con soli tre personaggi in scena uno è l’accusato e il pubblico ha sempre dispiacere per l’accusato, un altro è il giudice imparziale ma Caifa è l’accusatore, colui che vuole un uomo messo a morte. Io non volevo renderlo, come fatto nell’aporcrifo “Gli Atti di Pilato”, uno stereotipo antisemita e quindi gli ho dato ampio spazio per dire la sua, spesso dandogli l’ultima parola, anche se non necessariamente la ragione, cosicché possiate capire la sua posizione e decidere da voi.

Il testo è abbastanza oggettivo, non da giudizi, presenta solo discussioni, ma con me ha aiutato a schiarirmi le idee sull’argomento. Per fare questo, come ho detto, ho dovuto ritirare fuori le sacre scritture e citare versetto per versetto, di modo da risultare inattaccabile. In fondo con che autorità scrivo io questo? Siete poi liberi di dirmi che avrei dovuto fare di più, che mi sarei dovuto affidare agli originali greci ed ebraici nello stilare questo testo, ma non ne ho le capacità. Certi altri passaggi sono inventati di sana pianta e lì potete dirmi quello che volete.

Pace a tutti. 

   
 
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