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Autore: Parmandil    05/09/2022    0 recensioni
Per secoli la Federazione ha esplorato il cosmo, nelle sue vastità di spazio e tempo. Resta un’ultima soglia da oltrepassare: quella che conduce ad altre realtà. La missione dell’USS Destiny è esplorare il Multiverso, arrivando coraggiosamente là dove nessuno è mai giunto prima. Ma qualcosa va storto e la Destiny sparisce nel suo viaggio inaugurale.
Cinque anni dopo, è una sgangherata banda di contrabbandieri a trovare la nave alla deriva in una nebulosa. Lo spettrale vascello è deserto, a eccezione della dottoressa Giely, misteriosamente priva di memoria. Dov’è stata la Destiny in quegli anni e cos’è successo all’equipaggio? La risposta giace in un altro cosmo, dove si annida la specie più pericolosa mai incontrata dalla Flotta Stellare. È l’inizio di una caccia spietata, scandita da un’unica regola: «Il più debole dovrà perire».
Non resta che unire le forze. Un rinnegato della Flotta Stellare, un gruppo d’avventurieri senza scrupoli, persino alcuni ex nemici della Federazione: tutti dovranno coalizzarsi per sopravvivere. Riuniti sulla Destiny, dovranno riscoprire in loro quello spirito di fratellanza che creò la Federazione, mentre esplorano il Multiverso in cerca della via di casa...
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Star Trek Destiny Vol. I:
Oltre la soglia
 
 
PER SECOLI LA FEDERAZIONE
HA ESPLORATO IL COSMO,
NELLE SUE VASTITÁ DI SPAZIO E TEMPO.
RESTA UN’ULTIMA SOGLIA DA OLTREPASSARE:
QUELLA CHE CONDUCE AD ALTRE REALTÁ.
E SEBBENE IL MULTIVERSO SIA UN CONCETTO
DI CUI SAPPIAMO SPAVENTOSAMENTE POCO,
LA MISSIONE DELL’USS DESTINY È ESPLORARLO,
ARRIVANDO CORAGGIOSAMENTE LÁ DOVE
NESSUNO È MAI GIUNTO PRIMA!
 
 
-Prologo:
Data Stellare 2605.44
Luogo: Stazione Jupiter (Sol 5)
 
   Uscita dal tunnel di cavitazione, la slanciata navetta federale sfrecciò verso la grande stazione spaziale di forma fungina, che spiccava contro l’atmosfera striata e turbolenta di Giove. Il copilota aprì un canale con i passeggeri che affollavano il comparto posteriore, seduti lungo le due file di poltroncine, per la comunicazione di servizio.
   «Attenzione, stiamo per giungere a destinazione. Tutto il personale è pregato di prepararsi al teletrasporto. Una volta a bordo, convalidate la vostra identità e recatevi agli alloggi per lasciare gli effetti personali. Dopo la visita medica prenderete servizio, in base ai ruolini assegnati. Si raccomanda la puntualità. Arrivederci e buona fortuna, ufficiali della Flotta Stellare!».
   «Ufficiali della Flotta Stellare!» si disse Giely, sentendo il cuore palpitarle. Era un titolo altisonante, persino per chi come lei era l’ultima ruota del carro. Ed era un’immensa soddisfazione, dopo tutta la fatica fatta per arrivare a quel punto. Sentì un formicolio crescerle nello stomaco: quel giorno si apriva un nuovo capitolo della sua vita. Niente di ciò che aveva passato poteva paragonarsi a ciò che l’attendeva, in termini di sfide... e di pericoli. Sarebbe stata all’altezza? In tutta sincerità, non lo sapeva; ma confidava che il Capitano e gli ufficiali superiori sapessero il fatto loro, e tenessero la nave tutta d’un pezzo.
   «Guardate, eccola lì!» esclamò un collega, indicando fuori dall’oblò alla sua destra. Tutti coloro che si trovavano su quel lato della navetta si girarono a osservare dai finestrini. Lo fece anche Giely, e con un tuffo al cuore la vide, attraccata alla stazione.
   L’USS Destiny era più bella di quanto avesse sognato. Il suo design avveniristico si discostava dalla tradizione della Flotta Stellare, proseguendo la tendenza sperimentale dell’ultimo secolo. Lo scafo principale era lungo e squadrato, come nella classe Juggernaut, ma attorno ad esso correva una sezione ad anello, perfettamente circolare e aperta al suo interno, tanto che Giely vide le calde tinte di Giove attraverso il foro. La giovane non conosceva le specifiche della Destiny, che erano top secret; sperò di capirci qualcosa una volta a bordo. Comunque notò che quasi tutte le finestre erano disposte lungo lo scafo centrale, mentre nell’anello si aprivano grandi hangar. Sempre lungo l’anello brillavano i collettori Bussard, segno che le gondole quantiche vi erano completamente integrate. Un ultimo dettaglio la colpì mentre si avvicinavano: sulla prua dello scafo principale, che si protendeva oltre la sezione anulare, vi erano due deflettori di navigazione. Uno era ovale, l’altro a forma di triangolo dai lati smussati. Evidentemente uno degli apparati serviva alla navigazione vera e propria, mentre l’altro permetteva alla Destiny di aprire i portali verso altre realtà. Il Multiverso non era mai stato così a portata di mano...
   Persa nella contemplazione, Giely non si accorse che i colleghi si erano alzati in piedi, preparandosi al trasferimento. Capì il suo errore solo quanto la nebbia puntiforme del teletrasporto l’avvolse, togliendole la visuale. Tre secondi dopo, il bagliore si estinse e la giovane si materializzò sulla pedana... ancora in posizione seduta. Fu così che ruzzolò giù, fra gli sguardi divertiti e le risatine dei colleghi. Le argentee paratie della saletta parvero ruotarle attorno, come in una giostra. Quando si fermò, in posizione supina, vide l’imponente sagoma di un ufficiale della Sicurezza incombere su di lei.
   «S’identifichi, Guardiamarina!» disse l’ufficiale con voce aspra. Era uno Xindi Rettile, dalla grossa testa scagliosa su cui spiccavano gli occhietti gialli.
   «Dottoressa Giely, specialista medica di seconda classe!» rispose la giovane, scattando in piedi come una molla. Si mise sull’attenti, mentre il superiore le passava un d-pad sul comunicatore, convalidando la sua identità.
   «Uhm, vedo» borbottò il Rettile, scorrendo i dati. «È il suo primo incarico?».
   «Nossignore. Ho fatto due anni alla nuova Deep Space Nine, per specializzarmi in tossine e veleni» rispose l’interpellata, col cuore in gola. Le dispiaceva che il suo primo impatto con un ufficiale fosse così negativo.
   «Tossine e veleni! Che scelta curiosa» commentò il Rettile, scrutandola attentamente. «E se gli occhi non m’ingannano, lei è Vorta».
   «Sono una Vorta, sì. Credo d’essere la prima nella Flotta Stellare» mormorò Giely, fissandosi nervosamente la punta delle scarpe. Il suo aspetto la tradiva sempre, ovunque andasse. La carnagione cerea, quasi cadaverica; le spropositate orecchie zigrinate; la combinazione di lisci capelli corvini e occhioni violetti; tutto in lei gridava: «Vorta!». E i Vorta non erano apprezzati, trattandosi di una casta del Dominio, la potenza del Quadrante Gamma. In effetti erano la casta più alta, dopo i Fondatori posti al vertice. Fungevano da burocrati e scienziati; talvolta anche da spie o comandanti delle legioni Jem’Hadar. Tutti li conoscevano come esseri infidi, untuosi e fanaticamente devoti ai Fondatori, che adoravano come dèi. Del resto erano i Fondatori a crearli, con tecniche di manipolazione genetica e clonazione, per assicurarsene la totale lealtà. Vedere un Vorta che agiva per proprio conto era più unico che raro.
   «Beh, sembra tutto in regola» disse lo Xindi, finendo di scorrere i dati sul d-pad. «Benvenuta a bordo, dottoressa. Io sono il Tenente Comandante Skelos, capo della sicurezza» si presentò.
   «Onorata, signore» disse Giely, ancora sull’attenti.
   «Può lasciare la borsa al suo alloggio, prima di andare in infermeria» aggiunse il Rettile, accennando al borsone che era stato trasferito con lei. La Vorta si affrettò a raccoglierlo, per liberare la pedana, e se lo mise a tracolla.
   «Questo vale per tutti» disse l’Ufficiale Tattico, passando in rassegna i nuovi arrivati. «Inoltre v’informo che alle 18 in punto dovrete essere nell’hangar 1, per accogliere il Capitano. Vedete di presentarvi per tempo, e con l’uniforme in ordine. Potete andare» li congedò.
   I nuovi arrivati sciamarono nel corridoio, dopo aver dato un’occhiata al pannello su cui scorrevano i loro nomi, per conoscere gli alloggi assegnati. Piccolina com’era, Giely dovette alzarsi in punta di piedi per vedere tra la selva di teste in prima fila. Visto l’alloggio, lasciò la saletta e si mise in marcia col borsone a tracolla. Attorno a lei i colleghi chiacchieravano eccitati, scambiandosi le prime impressioni sulla nave. La Vorta però non conosceva nessuno, e intimidita com’era non trovò nessuno con cui attaccar bottone. Si limitò a osservare i corridoi, ancora percorsi dagli ingegneri che ultimavano i preparativi per il varo.
   In quei lavori i tecnici erano aiutati da robottini svolazzanti, simili ad angurie per forma e dimensioni. Giely ne aveva già visti alcuni su Deep Space Nine, anche se non così sofisticati. Si chiamavano Exocomp e coadiuvavano gli ingegneri, anche grazie alle loro dimensioni ridotte, che permettevano d’infilarsi un po’ ovunque. Erano equipaggiati con una miriade di strumenti, che uscivano da numerosi sportellini. Ma il loro asso nella manica era il replicatore anteriore, che permetteva di creare lo strumento più adatto per ogni lavoro, riconvertendolo poi in energia. Perché ciò fosse possibile, gli Exocomp avevano una rozza Intelligenza Artificiale, che gli permetteva di selezionare lo strumento più indicato per ogni compito; ma la loro parlantina si limitava a poche frasi pre-impostate. Era dai tempi della Guerra Civile federale – quindici anni prima – che gli Exocomp si erano diffusi sulle astronavi, per sopperire alla cronica carenza di personale tecnico. E sebbene la guerra fosse finita e le navi non fossero più a corto d’ingegneri, i robottini erano ormai irrinunciabili. Il loro ronzio accompagnò Giely per tutto il tragitto. Un paio di volte la giovane dovette persino scansarli, anche se poi pensò che l’avrebbero certamente scansata loro, con quelle rapide correzioni d’assetto che li facevano somigliare a grossi calabroni.
   Giunta nel suo alloggio, piccolo ma accogliente, Giely gettò il borsone sul letto senza nemmeno disfarlo. Si mise subito al computer, decisa a capirci qualcosa di quella strana nave. Osservò una planimetria della Destiny. Come sospettava, quasi tutti i settori abitativi si trovavano nello scafo principale: plancia e sala macchine, infermeria, armerie, laboratori scientifici, mensa e aree ricreative (come la palestra e il ponte ologrammi), nonché gli alloggi dell’equipaggio. Nell’anello si trovavano invece grandi hangar, stive di carico e, come aveva notato, le gondole quantiche. La curiosità la spinse a informarsi sulle capacità belliche della Destiny, ma scoprì che queste informazioni erano classificate. Del resto un medico come lei non ci avrebbe capito molto. Allora verificò quali erano gli ufficiali superiori, così da riconoscerli a prima vista, evitando altre figuracce. Il Capitano Dualla, una Deltana dal cranio liscio come un uovo, era una figura notevole: aveva partecipato agli scontri più duri della Guerra Civile. Anche gli altri ufficiali superiori erano veterani del conflitto. Essendo un medico, la Vorta si concentrò sui colleghi della sua sezione. Quando si sentì abbastanza sicura, si dette una rapida rassettata all’uniforme e corse in infermeria per la visita: l’ultima formalità prima di prendere servizio.
 
   Quand’era in Accademia, e poi a Deep Space Nine, Giely pensava di aver familiarizzato con gli strumenti e le procedure più moderni; ma dovette ricredersi. L’infermeria della Destiny era avveniristica: il meglio della scienza medica federale in quel primo scorcio di XXVII secolo. C’erano camere per la rigenerazione degli organi, capsule crono-statiche per tenere in stasi i pazienti più gravi, oltre all’immancabile Medico Olografico d’Emergenza. Una cabina di teletrasporto assicurava il pronto trasferimento dei pazienti. Il Medico Capo era un Illyriano un po’ burbero, che salutò Giely con un grugnito quando lei gli si presentò. La giovane Vorta sperò che non avesse sempre quell’atteggiamento. Il suo primo incarico fu inventariare le attrezzature della sua sotto-sezione, per accertarsi che ci fosse tutto. Tuttavia il turno fu breve, perché di lì a poco l’equipaggio dovette recarsi all’hangar 1, per accogliere il Capitano.
   Era un hangar vasto, ma in quel momento era gremito, perché quasi tutto l’equipaggio – settecento persone – si era radunato per ricevere il Capitano Dualla. Dal fondo del salone, in cui si trovava con gli altri colleghi di grado inferiore, Giely poté giusto vedere la navetta del Capitano che atterrava; ma non riuscì a scorgere la Deltana che ne usciva per salutare gli ufficiali superiori. In compenso udì la sua voce, amplificata dai microfoni.
   «Benvenuti a tutti voi» esordì il Capitano. «È con grande onore che assumo il comando di questa nave, la prima della sua classe. Alla Destiny è stato affidato un incarico d’eccezionale importanza. Per secoli la Federazione ha esplorato il cosmo, nelle sue vastità di spazio e tempo. Abbiamo fatto scoperte straordinarie, che hanno rivoluzionato la nostra comprensione dell’universo. Ora resta un’ultima soglia da oltrepassare: quella che conduce ad altre realtà. E sebbene il Multiverso sia un concetto di cui sappiamo ancora poco, la nostra missione è esplorarlo, ampliando sempre più le frontiere della conoscenza. Nella migliore tradizione della Flotta Stellare, arriveremo là dove nessuno è mai giunto prima!».
   Gli applausi scrosciarono, anche se Giely notò una certa insoddisfazione tra i colleghi più vicini. «Non ha detto dove andremo come prima missione» borbottò uno dei medici. «Sarà un Universo già noto o faremo un salto nel buio?».
   «Ha importanza?» chiese un collega, più ottimista.
   «Quando ci saranno le prime emergenze mediche sì, potrebbe averne» mugugnò il primo.
   «Scusate, ma... il Capitano e gli altri sapranno pure ciò che fanno, no?» interloquì Giely. «In fondo sono veterani; quelli come loro non lasciano niente al caso».
   «Sarà» disse il collega pessimista. «Però il Capitano stesso ha ammesso che il Multiverso è un concetto di cui sappiamo ancora poco».
   La discussione finì lì, perché la folla aveva già preso a defluire nel corridoio. Tutti tornavano rapidamente alle loro sezioni, alle loro postazioni, per l’ultimo controllo prima del varo. Anche Giely si trovò imbottigliata nel flusso e ricevette parecchie gomitate, prima che la folla si diradasse. Per il resto del turno cercò di concentrarsi sull’inventario, ma quando a fine giornata tornò nell’alloggio, per disfare il suo bagaglio e concedersi un po’ di riposo, quelle parole tornarono a roderla come un tarlo.
   «Il Multiverso è un concetto di cui sappiamo ancora poco».
   Tutto il personale della Destiny era composto da volontari, che sapevano d’imbarcarsi sulla prima nave multi-dimensionale della Flotta Stellare. Eppure, ora che erano al dunque, anche tra loro serpeggiava una certa tensione, acuita dal fatto che il Capitano non avesse annunciato la destinazione.
   «Beh, è tardi per cambiare idea» si disse la giovane, rimboccandosi le coperte. Era sempre stata tormentata da quesiti esistenziali che non toccavano gli altri Vorta: domande sul senso ultimo della vita, della sofferenza, della morte stessa. Vi era in lei una tensione spirituale che il culto dei Fondatori non riusciva in alcun modo ad appagare. Forse era per questo che aveva accettato un ingaggio così estremo, si disse. Era mai possibile trovare risposta ai suoi quesiti oltre il velo di questa realtà, nelle inconcepibili estensioni del Multiverso? O questo tentativo non era piuttosto un segno d’arroganza, d’ingenuità, di disperazione? Solo il tempo e le esperienze potevano risponderle.
 
   Il mattino dopo, ora di bordo, tutto era pronto per il varo. Dall’infermeria, dove prestava servizio, Giely assistette alla scena da un piccolo oloschermo. Secondo l’antica tradizione terrestre, una bottiglia d’autentico liquore fu rilasciata nello spazio, andando a infrangersi sullo scuro scafo di yiterium. Quando videro il vino disperdersi nello spazio sotto forma di bollicine, i colleghi applaudirono. Giely li imitò, sebbene il senso della cerimonia le sfuggisse: perché sprecare una buona bottiglia? Doveva esserci un significato simbolico; qualcosa di cui la cultura Vorta era tristemente povera.
   Rifornita di tutto punto, la Destiny si sganciò dalle morse d’attracco e lasciò la stazione Jupiter, in un tripudio di fuochi d’artificio spaziali. Spinta dai motori a impulso, si allontanò rapidamente. La stazione spaziale rimpicciolì fino a diventare un puntino sull’atmosfera striata di Giove. Il pianeta stesso divenne una falce sempre più piccola, circondata dalla moltitudine di satelliti. La Destiny sorvolò Europa, la luna ghiacciata la cui superficie era una ragnatela di crepe, che le davano un aspetto graffiato. Infine anche quel piccolo mondo congelato scomparve in lontananza: l’astronave stava lasciando il sistema gioviano. Ma non sarebbe entrata in cavitazione quantica, come i vascelli normali.
   «Allarme Nero: stiamo per aprire il varco interdimensionale» disse una voce all’altoparlante, forse il Primo Ufficiale. «A tutto il personale, reggetevi forte. Al termine della procedura i capi-sezione faranno rapporto, segnalando eventuali danni. Signori, ci vediamo dall’altra parte!».
   «Ci siamo» si disse Giely, sedendo su una poltroncina e reggendosi forte ai braccioli. Chiuse gli occhi, mentre la Destiny vibrava sempre più forte attorno a lei. Tutte le energie della nave erano convogliate al deflettore inferiore, quello triangolare. Giunto al massimo potenziale, l’impulso fu rilasciato: i gravitoni colpirono lo spazio poco più avanti, squarciando il velo tra le realtà. Si spalancò una fenditura, visibile come un vortice dorato. Era la soglia per un altro Universo. E la Destiny vi entrò, procedendo a minimo impulso: lo scafo superò l’orizzonte degli eventi, svanendo alla vista. Ancora un minuto e anche il vortice svanì. Il velo tra le realtà si era richiuso... per ora.
 
 
   Rapporto confidenziale dell’Ammiraglio Hod per il Consiglio di Difesa Federale
   Oggetto: incidente della USS Destiny NCC-204.610
 
   In Data Stellare 2605.45 l’USS Destiny, prototipo sperimentale per l’esplorazione inter-dimensionale, ha compiuto il suo viaggio inaugurale al comando del Capitano Dualla. Il vascello è partito dalla stazione Jupiter, dov’era stato costruito, segnalando la piena operatività dei sistemi e dell’equipaggio. Nessuna segnalazione di guasti o sabotaggi è giunta per tutto il tempo in cui le comunicazioni sono rimaste aperte. Giunta a 3 milioni di km, la Destiny ha attivato il deflettore secondario, aprendo il varco per lo [XXX]. I sensori della stazione Jupiter e le boe perimetrali non hanno rilevato vascelli intrusi, né degli [XXX], né di altre fazioni.
   Alle 9:15 ora di bordo la Destiny ha superato l’orizzonte degli eventi, traslandosi nello [XXX]. La fessura interdimensionale è collassata settanta secondi dopo. Non ci sono stati picchi di radiazioni, interferenze subspaziali o altri fenomeni fuori dalla norma.
   Il rientro della Destiny nella nostra realtà era previsto per la Data Stellare 2605.60, come misura cautelare, indipendentemente dai progressi svolti nella missione. Il suo eventuale ritorno nello [XXX] sarebbe dipeso dal rapporto del Capitano Dualla e da un’accurata valutazione dei rischi […].
   In Data Stellare 2605.70 non si segnala ancora alcuna traccia dell’USS Destiny. Il vascello non è riapparso nel sistema solare, né altrove nello spazio federale. Anche i rapporti dai nostri alleati, al di fuori dei confini, danno esito negativo. Non c’è alcun segno di trasmissione subspaziale riconducibile alla Destiny; nemmeno messaggi automatici di SOS. Tutte le nostre postazioni restano in ascolto, ma col passare dei giorni le speranze di un ritorno dell’astronave si fanno più esigue.
   Alla luce della fondamentale importanza della Destiny in termini di sicurezza federale, nonché per ragioni umanitarie nei confronti dell’equipaggio, ritengo prioritario inviare una missione di salvataggio. Sebbene la Destiny sia l’unica nave specificamente progettata per viaggi interdimensionali, ci sono vascelli – come l’USS Keter – che con poche modifiche possono prestarsi allo stesso impiego. La nostra speranza è rintracciare la Destiny e riportarla a casa col suo equipaggio. Ma anche se scoprissimo che è stata distrutta, l’analisi dei detriti e l’eventuale ritrovamento della scatola nera ci fornirebbero informazioni vitali per ricostruire l’accaduto.
   Per queste ragioni chiedo al Consiglio di Difesa l’autorizzazione a inviare una missione di soccorso e recupero, che coinvolga la Keter ed eventualmente altre navi. Aggiungo che il tempismo è fondamentale per accrescere le probabilità di trovare dei superstiti. Le loro testimonianze ci aiuteranno ad affinare le strategie difensive in caso di confronto con gli [XXX]. Nel frattempo ho richiamato la Prima e la Terza Flotta, per potenziare le difese del sistema solare. Ho inoltre diramato un messaggio di allerta all’intera Flotta Stellare, nel caso che gli [XXX] decidano di ricambiare la visita. Confidando in una rapida risposta, vi porgo rispettosi saluti.
 
Bina Hod,
Ammiraglio della Flotta Stellare
 
 
Rapporto confidenziale del Consiglio di Difesa Federale per l’Ammiraglio Hod
Oggetto: incidente della USS Destiny NCC-204.610
 
   Alla luce della perdurante scomparsa della Destiny, e dopo un’attenta valutazione del rapporto costi-benefici, questo Consiglio rigetta la proposta di una missione di soccorso e recupero. A nostro avviso, la Destiny è stata distrutta e un’eventuale operazione di salvataggio metterebbe inutilmente a repentaglio altre vite. Ufficialmente la Destiny sarà data per dispersa. Ogni informazione riguardante il suo viaggio inaugurale resterà strettamente classificata. Si decreta inoltre, con effetto immediato, l’interruzione dei lavori di costruzione per altre navi della stessa tipologia. La classe Destiny sarà considerata un fallimento da cui imparare.
   Riguardo il problema della sicurezza da Lei sollevato, il Consiglio prende molto seriamente il suo allarme. A dieci anni dal termine della Guerra Civile, la Flotta Stellare non è ancora tornata al suo potenziale prebellico. Si promulgano pertanto, sempre con effetto immediato, i seguenti progetti volti all’ammodernamento della Flotta e al potenziamento delle capacità difensive […].
   Come evidenziato, nella prossima decade la Flotta Stellare adotterà una strategia difensiva. Potenzieremo il pattugliamento dei confini e la sorveglianza dei mondi abitati, nonché di cantieri e altre infrastrutture chiave della Flotta. Per contro, l’esplorazione dello spazio al di fuori dei confini sarà ridotta allo stretto necessario, con la cancellazione dei seguenti progetti […].
   Si precisa che queste misure sono intese come temporanee e saranno ritirate al termine dell’emergenza. Una volta che la Flotta sarà tornata al suo pieno potenziale, l’esplorazione di nuovi mondi potrà riprendere. Ma per adesso è imperativo focalizzarci sul rafforzamento della difesa.
   Quanto alle sorti dell’USS Destiny, siamo desolati di non poter fare di più. Ci auguriamo tuttavia che, nel caso in cui l’astronave non sia stata distrutta, l’equipaggio riesca a trovare un modo per tornare. La Flotta Stellare ha ripetutamente dato prova di grande inventiva. La Destiny è l’astronave più moderna, con un equipaggio scelto; se mai un vascello ha avuto speranza di tornare dallo [XXX] è certamente quello. I nostri pensieri e le nostre preghiere sono con i coraggiosi ufficiali dell’USS Destiny. Ovunque essi siano in questo momento, possano avere vita lunga e prospera; e possano ritrovare la via di casa. 

 
   
 
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