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Autore: Nitrotori    07/09/2022    0 recensioni
Annualmente due regni un tempo in perenne guerra, si radunano per ingaggiare in uno scambio culturale per mantenere la ormai duratura pace. Nove talentuosi rappresentanti scelti da entrambi i regni salpano a bordo della nave Fraternity, tuttavia durante il viaggio le loro vite vengono messe in pericolo da un misterioso incidente.
ATTO 1 - Terminato
ATTO 2 - In corso...
Genere: Horror, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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“Cerca di calmarti, spiegaci cos’è successo. Perché sei così spaventato?”.

Aoki era in piedi davanti ad un tremante Alic, pallido e scosso.

“Perché sono così spaventato?! Come faccio a non esserlo!” Esclamò esasperato “Ogni cosa su quest’isola è completamente fuori di testa! Ogni singolo maledetto rumore che sento sembra vuoto, ogni cosa che vedo sembra ignorare ogni logica! Non posso essere il solo ad averlo notato! Non ne posso più di questo posto!”.

Leah riusciva a comprendere quello che il bardo stava dicendo. L'innaturalità della flora locale, l’assenza totale di fauna, il silenzio onnipresente. Mentre esplorava aveva indubbiamente provato la stessa angoscia condivisa ora a gran voce da Alic.

“Capisco come ti senti” Gli disse Leah “Ma non può essere solo questo ad averti spaventato. Cos’hai visto?”.

Alic deglutì e cercò di calmarsi.

“Io l’ho visto… ho visto Orin allontanarsi verso la foresta” Ammise lui abbassando il capo e scuotendolo “Ho provato a chiamarlo, più volte, ma mi ha ignorato. C’era qualcuno con lui, non l’ho visto in modo perfetto per via dell’ombra della foresta, ma ho visto delle vesti bianche”.

Leah e Aoki si guardarono, la descrizione combaciava: era lo stesso individuo di cui aveva parlato Harris, lo stesso aggressore.

“Volevo seguirlo, ma mi sono spaventato” Disse Alic con le lacrime agli occhi e la voce rotta “Sono un codardo lo so! Ma in quel momento ho sentito che c’era qualcosa di sbagliato nell’aria. Da quando sono arrivato al relitto, ho iniziato a sentirlo continuamente, all’inizio in modo debole poi sempre più forte. C’era come un costante riverbero, era monotono e vuoto, e proveniva nei dintorni della zona. Orin sembrava quasi ipnotizzato, non si è mai voltato quando l’ho chiamato”.

“Quindi dopo che hai perso contatto visivo con Orin, sei scappato giusto?” Confermò Aoki.

“Sì… sono scappato” Ammise lui, tenendo la testa bassa.

Aoki sospirò “Non mi piace per niente” Disse infine “Se Orin è assieme a quella persona, la sua incolumità potrebbe essere in pericolo”.

Leah strinse i pugni sul petto, l’idea che potesse succedere qualcosa ad Orin la terrorizzò.

C’era anche da chiarire perché aveva deciso di seguire quella figura incappucciata. Alic diceva che era come ipnotizzato, come se fosse sotto l’effetto di qualche incantesimo.

“E se fosse una magia?” Disse lei realizzando “Orin potrebbe essere stato controllato da una magia!”.

“Sì, l’ho pensato anche io” Ammise Aoki “Ma non possiamo averne la certezza, tuttavia mi preoccupa anche quello che ha detto riguardo il riverbero”.

Alic sembrò molto scosso a riguardo “Quel suono sembrava volesse entrarmi nell’anima”.

“Mentre tornavi al Santuario, è lì che l’hai sentito?”.

Il menestrello scosse il capo “No, solo nella prossimità del Relitto”.

Quindi questo confermava che l’origine di quel suono da lui percepito fosse causato da qualcuno o qualcosa nelle vicinanze. Molte idee attraversarono la mente di Aoki, come ad esempio che la magia usata dalla figura incappucciata non avesse preso di mira Orin, ma tutti coloro che erano in zona. L’unico motivo per cui Alic non era stato sottomesso era per via del suo talento nel riconoscere i suoni, unito alla sua rocambolesca fuga dopo aver visto Orin svanire nella foresta. Ma era davvero così? Senza prove effettive tutto ciò che si poteva fare era speculare.

“E ora che si fa?” Chiese Alic portandosi di nuovo le mani sulla testa “Cosa posso fare?”.

“Niente” rispose Aoki incrociando le braccia “Uscire è fuori discussione, ed è anche inutile. L’unica cosa che possiamo fare è aspettare. Una volta che la nebbia si sarà diradata, inizieremo le ricerche”.

Nonostante la situazione critica, Alic aveva sempre mostrato un lato vivace e a tratti fastidioso. Questa volta però avevano di fronte un uomo spaventato, vittima di emozioni difficili da esternare. Leah non poté far a meno di provare tenerezza per la sua fragilità, dopotutto anche lei era molto simile.

“Stai bene?” Aoki si rivolse a lei, notando che era sovrappensiero.

“Sì… sto bene”.

Aoki annuì poi portò lo sguardo verso il corridoio e rimase sorpreso. Qualcuno si era svegliato: Harris.

Leah immediatamente si precipitò verso di lui, mentre Aoki aggiornò Alic su quello che era successo ad Alphonse e tutti gli altri.

“Leah…” Harris era ancora pallido, ma abbastanza in forze da sollevarsi con i gomiti.

“No, Sua Altezza resti sdraiato, ha bisogno di riposo”.

Lui obbedì e girò lo sguardo vedendo Simon e Alphonse al loro fianco. Il giovane minatore aveva i pugni stretti e lo sguardo dolorante, nonostante avesse perso i sensi sembrava perso in un incubo senza fine.

“Cosa gli è successo? Cosa sta succedendo dannazione!” Frustrato, il principe si lasciò andare ad un attacco di emozioni, ma Leah gli prese la mano.

“Non si agiti la prego. Andrà tutto bene, ho preso le necessarie precauzioni”.

Harris spalancò gli occhi turbato e fissò il polso della ragazza, notando la macchia di sangue sulle bende.

“Non si preoccupi” Sorrise lei un po’ indebolita “Io sto bene. E’ solo un taglietto e il mio sangue ha fatto effetto. E’ abbastanza nostalgico non trova? Dopotutto è così che ci siamo conosciuti”.

Harris sospirò e sorrise appena. “Già… mi hai salvato allo stesso modo”.

Leah annuì contraccambiando il sorriso. Fu proprio in quel periodo che Leah diventò così famosa nel regno. Tutti parlavano della miracolosa ragazza che aveva salvato il primogenito erede al trono, da una brutta forma di meningite.

“Mi ricordo che ci fu un gran trambusto” Disse lei, cercando di distrarlo un po’ “Tutti parlavano di avvelenamento, ma in realtà il problema era ben più grave. Io a quel tempo non sapevo nemmeno cosa stavo facendo. Avevo solo recentemente scoperto le proprietà curative del mio sangue, ma non sapevo con certezza che avrebbe funzionato”.

Harris strinse la mano della giovane farmacista.

“Devi promettermi una cosa” Disse lui serio in volto “Non farlo, non importa le circostanze, non usare il tuo sangue”.

Leah fu sorpresa dalla cosa.

“Puoi nasconderlo quando vuoi, ma so molto bene che la cosa ha un enorme peso sulle tue forze fisiche e mentali. Riesco a sentirlo solo tenendo stretta la tua mano”.

Leah abbassò il capo e sorrise “Sono sorpresa che si sia reso conto di una cosa così. Ma se non avessi agito, non so cosa sarebbe successo ad Alphonse”.

Harris girò lo sguardo verso di lui. Qualunque cosa lo avesse ridotto in quello stato, aveva sconvolto in modo grave la sua psiche.

“Si riprenderà?” Chiese Harris.

Leah si alzò e si avvicinò ad Alphonse prendendogli la mano. Era molto fredda e non era un buon segno.

“Ha bisogno di tempo. Le ferite non sono fuori, ma dentro. Non so cosa lo abbia ridotto in queste condizioni e temo che anche se si risveglierà, si porterà i postumi di questo trauma per sempre”.

“Cosa te lo fa dire?”.

Leah ricordò con chiarezza il modo in cui Alphonse stava agonizzando al suolo e le ricordò in modo fin troppo vivido il giorno in cui aveva ingerito l’estratto di fungo di Abestos. 

Il dolore e l’agonia provata quel giorno l’aveva scossa nel profondo dell’animo in un modo inimmaginabile. Un dolore del genere portava con sé un enorme peso e si sarebbe manifestato periodicamente in tanti modi diversi, forse per tutta la durata della sua vita.

“Non lo so” rispose infine lei, poggiando una mano sulla fronte del ragazzo “E’ solo un’impressione che ho. Spero con tutto il cuore di sbagliarmi”.

 

La situazione era critica. Il cibo era ormai quasi del tutto finito, c’erano ben due dispersi e tre feriti, tra cui uno in pessime condizioni.

Simon riuscì ad riaprire gli occhi, sfortunatamente però essere stato aggredito durante il periodo di convalescenza lo aveva indebolito ulteriormente, tanto che non riuscì a dire una singola parola.

Le speranze di riuscire a sopravvivere si affievolivano con il passare del tempo. Leah fece del suo meglio per nasconderlo, ma privarsi del sangue, seppur in poca quantità, l’aveva atterrita.

Per fortuna Aoki riuscì a darle man forte, grazie anche alla sua esperienza nelle terre pericolose di Kurayami. Ma anche lui iniziava a esibire i primi segni di cedimento. Era da molto che non riposava correttamente, e la mancanza di cibo non fece che peggiorare la cosa.

Leah rimase al fianco di Alphonse e si asciugò le lacrime. Aveva promesso di non piangere, ma non voleva morire in un posto del genere. I rimpianti della sua vita, il peso dei suoi errori, la speranza che pian piano moriva, si stringeva attorno al suo collo come un collare bloccando ogni pensiero positivo.

Le ore passavano. Il silenzio era assoluto. Alphonse di tanto in tanto muoveva il capo e faceva dei versi. Simon riposava, anche lui era piuttosto pallido. Harris invece era riuscito a mettersi in piedi, ma aveva uno sguardo atterrito.

Aoki sedeva a terra con i pugni stretti, facendo tesoro delle poche energie rimaste per mantenersi pronto ad agire, mentre Alic non aveva detto una parola. Era rimasto tutto il tempo seduto, con la testa china. Qualche volta sogghignava, forse stava perdendo la ragione, o forse stava cercando di pensare a qualcosa di allegro per tirarsi su.

Passò altro tempo, nulla cambiò, se non una sensazione. Aoki alzò la testa verso l’alto e vide dagli interstizi sulla soffitta della caverna che la nebbia si era ritirata.

Si alzò dunque in piedi e nello stesso istante, Leah arrivò al centro del Santuario.

“Dovremmo cercare quei due, ma non possiamo lasciare tutti da soli” Disse lui.

“Vai pure…” Leah aveva ancora gli occhi irritati dal pianto “Qui resto io”.

“No, è troppo pericoloso”.

“Aoki” La ragazza lo chiamò per nome e abbassò il capo “Stiamo morendo e tu sei l’unico che ancora può fare qualcosa. Vai, riporta qui Anglia e Orin”.

Il vigilante dell’Est non ebbe altra scelta che concordare, bisognava fare qualcosa. L’unico indizio che aveva era il luogo in cui Orin era sparito.

“Fa attenzione ok?” Aoki poggiò una mano sulla spalla di lei.

Leah sorrise debolmente “Non preoccuparti per me, posso ancora fare qualcosa qui”.

Alic, sentendo i due parlare, si rese conto che Aoki stava per andarsene. Di scatto si posizionò davanti a lui. “Se hai intenzione di andare, vengo con te”.

“No, mi rallenteresti è basta. Resta qui…” Disse schietto lui.

“Io posso aiutarti!” Esclamò insistente Alic indicandosi con l’indice “Posso identificare quel suono, forse possiamo capirci qualcosa assieme. Non ti rallenterò, te lo giuro…”.

Aoki doveva ammettere che la questione del suono poteva essere utile per trovare indizi utili, quindi alla fine decise di accettare la proposta di Alic.

“Va bene, ma stammi dietro. Non abbiamo bisogno di altri problemi” Gli disse duro.

Alic annuì una sola volta deciso, qualcosa nei suoi occhi sembrava cambiato, mostrando una maturità innaturale rispetto al suo solito atteggiamento “Hai la mia parola, andiamo…”.

 

Arrivati al relitto, Alic iniziò a guardarsi attorno, come se stesse cercando qualcosa.

“Cosa c’è?” Gli chiese Aoki.

“Il rumore è sparito” Rispose il bardo indicando il relitto. “Era vivido, molto molto forte soprattutto in quella zona lì. Ma ora è scomparso”.

Aoki esaminò la zona e nulla gli sembrò diverso dal solito. Quella zona della foresta era stata completamente abbattuta dalla prua della Fraternity, quasi fosse piovuta giù dal cielo neanche fosse una meteora.

Aoki esaminò poi la zona in cui Orin si era addentrato.

“Era qui, ne sono sicuro” Disse Alic indicando il terreno.

Il giovane vigilante dell’Est si chinò e tastò la terra. Non c’erano tracce, era praticamente impossibile determinare la presenza di qualcuno in quella fitta boscaglia.

Se la teoria di Simon era corretta, allora quell’isola era soggetta ad una specie di preservazione o rigenerazione infinita, quasi come se il tempo si riavvolgesse e si ripristinasse ad una versione precedente. 

La flora attorno alla nave suggeriva che qualsiasi cosa, fatta eccezione per gli alberi, sembrava essere stata rigenerata dopo l’impatto.

“Potrebbe essere ovunque…” Disse Aoki tirando fuori il Kunai, marchiando con un taglio la corteccia di un albero “Ma tanto vale cercarli, fino a domani non c’è pericolo che arrivi la nebbia. Ovviamente, sarà meglio fare ritorno prima che faccia buio”.

“Sei tu il capo” Rispose Alic alzando un pollice.

I due si addentrarono dunque nella foresta. Alic cercò di urlare il nome di Orin, ma senza alcuna risposta. Avanzarono a lungo e non trovarono altro che alberi su alberi che si spaziavano quasi tutti allo stesso modo in una precisione inquietante. Sembrava quasi che quel mondo fosse frutto dell’immaginazione metodica e matematica di una mente precisa e maniacalmente ordinata. La perfezione con la quale la flora era distribuita destabilizzò il giovane vigilante, abituato alle caotiche conformazioni rocciose, alla natura disordinata, ribelle e imprevedibile. Più si guardava attorno, più i suoi occhi non riuscivano a credere a quanto aliena gli sembrasse quella realtà.

Proseguirono per un tratto che sembrò quasi finito e Alic iniziò a sentirsi soffocato dalla onnipresente vegetazione.

“Non è che ci siamo persi?” Si chiese terrorizzato dall’idea.

“Rilassati, ho tracciato il percorso” Rispose freddamente Aoki.

Poi finalmente notò qualcosa. Il Vigilante si bloccò e si chinò toccando il terreno, c’era una traccia di un piede, era piuttosto recente.

“Cos’è?” Chiese Alic.

“Qualcosa ha calpestato quest’erba. Un piede, sicuramente non molto grande dalla forma irregolare”.

“Non molto grande eh? Allora non è Orin”.

Ma fu proprio quella affermazione a far rendere conto il menestrello le implicazioni dietro quella scoperta.

“Se non è Orin allora…” Non voleva completare la frase, c’era solo ansia e paura dipinta sul suo volto, tanto che lo fece sbiancare.

“Già, potrebbe essere una traccia dell’aggressore in bianco. Proseguiamo”.

“Sei impazzito?! Se lo incontriamo cosa facciamo?!” Esclamò lui.

“Non ho paura di affrontarlo. Se la cosa dovesse essere un problema per te, allora puoi tornare indietro” Gli disse schietto e severo.

Alic frustrato sbuffò “Ok, ho capito…ti seguo”.

Aoki seguì attentamente le tracce che si propagavano in modo irregolare nella vegetazione, finché non arrivarono ad una parete rocciosa che si sollevava molto in alto.

Lì fecero una scoperta inaspettata: una grotta molto buia e spoglia, e al suo interno un corpo seduto.

“Ma quella è…!” Alic indicò la figura.

Era indubbiamente Anglia, ma sembrava ferita. Aoki accorse immediatamente al suo fianco e la osservò da vicino.

“Tu…” Disse lei affaticata dalla perdita di sangue.

“Chi ti ha fatto questo?” Le chiese lui, osservando la brutta ferita da taglio sul suo fianco.

“Una figura in bianco. Ha aggredito sua Altezza e Simon ed è fuggito” Rispose stringendo i denti “Ho cercato di inseguirlo, ma mi ha teso un’imboscata. Sono fuggita qui dentro e ho cercato di chiudere la ferita, ma devo aver perso i sensi”.

Alic era scosso e pallido in volto “Oddio, sangue…” e corse via con le mani sulla bocca per vomitare.

Aoki scosse il capo esasperato e tornò ad Anglia “Hai perso molto sangue, ma sembra che tu sia riuscita a cicatrizzarla. Resta immobile, andrò a chiamare aiuto”.

Anglia però afferrò il suo braccio.

“Sua Altezza, sta bene?”.

“Sì è risvegliato. Ha subito un brutto colpo, ma è vivo”.

“Devi trovare quella figura… è fuggita verso nord”.

Aoki si alzò in piedi e annuì “D’accordo, andrò a vedere. Manderò Alic a cercare aiuto, ma tu non devi muoverti di qui, se ci tieni alla vita”.

Lei abbassò il capo e annuì.

Aoki uscì all’esterno e vide Alic chino a sputare bile.

“Quando hai finito di vomitare, torna indietro al Santuario”.

“Eh? Io?” L’uomo si alzò in piedi un po’ spaesato.

“Ha chiuso la ferita, non è in immediato pericolo, ma potrebbe infettarsi. Devi muoverti, vai al Santuario e porta Leah qui”.

Aoki stava per andarsene, quando il bardo lo fermò.

“Aspetta! E tu dove vai?!”.

“Non curarti di me, io devo cercare quella figura in bianco. Mi sei solo d’intralcio, quindi sbrigati e fa come ti ho detto se vuoi renderti utile”.

Detto ciò, il vigilante scattò nella vegetazione e in un battito di ciglia svanì nel nulla.

“Ok…” Nervosamente Alic si sfregò le mani “Devo tornare al Santuario, semplicissimo! Devo solo, seguire le tracce. Puoi farcela, andiamo…”.

Incitandosi, il bardo andò verso la direzione opposta pregando la Dea di non perdersi nella vegetazione.

 

Senza più avere Alic a rallentarlo, Aoki scattò da albero in albero per raggiungere più velocemente la sua destinazione. Non ci volle poi molto, poiché riuscì a vedere l’oceano dal lato opposto.

C’era però qualcosa di diverso in quel posto. La spiaggia sembrava molto più arida e grigia rispetto a quella a Sud, dove c’era la piccola Baita. Quel luogo appariva quasi spettrale, spoglio, con rocce di vario tipo e grandezza sparse ovunque, complice anche il fatto che il Sole stava lentamente tramontando, proiettando la fitta penombra della foresta sulla costa.

Aoki si avvicinò e mise i piedi sulla sabbia guardandosi attorno. Non c’erano tracce sul terreno, trovare la figura in bianco sarebbe stato difficile. L’acqua era immobile, schiumosa, non c’era vento e non c’era rumore.

Avanzò lungo la costa a passo lento per un po’, guardandosi ripetutamente attorno e alle sue spalle, poi lo vide.

Era nascosta dietro un’enorme roccia, ma ora poteva vederlo. C’era qualcosa di largo e bianco per metà spiaggiato lungo il bordo dell’oceano.

Aoki aumentò il passo tirando fuori il kunai per sicurezza. Più si avvicinava, più non riusciva a capire cosa diavolo fosse quella cosa per terra, ma subito dopo essersi avvicinato con sufficienza, gli fu lampante che non fosse qualcosa di normale.

Aoki rallentò e rimase scosso, avanzando con cautela. 

Vide enormi fauci, contorte e racchiuse di una sacca di gonfia carne rossa, formata da migliaia di denti aguzzi. Quella disgustosa e deforme bocca era chiusa a fiore al centro del suo corpo, dove spuntavano nove enormi tentacoli bianchi, simili a quelli di un gigantesco polpo.

Ma la cosa più orribile di tutte, era quello che c’era ai piedi di quella creatura. 

Un corpo umano, completamente fatto a pezzi, un corpo che Aoki conosceva bene: Orin Armstrong, il leggendario fabbro ed eroe di Steepfall, era ora un cumulo di carne senza vita.

C’era sangue ovunque, mai nella sua vita aveva visto uno spettacolo tanto orribile, così tanto orrido infatti che per la prima volta in tutta la sua vita, sentì la necessità di sputare via bile dalla sua bocca.

Soltanto vedere quella creatura immobile, abbracciare i suoi tristi resti, in quell’oceano di sangue, lo riempì di un terrore così intenso, tanto che sentì la sua sanità mentale venire a meno soltanto guardando quello scenario.

Poi qualcosa lo distrasse. La penombra della foresta si fece più fitta, l’acqua diventò grigia e il cielo si scurì. Lui si avvicinò a passo lento verso il bordo della spiaggia, mentre un udì una serie di sussurri incomprensibili provenire dall’immensità dell’oceano. 

I suoi occhi, ormai testimoni di una realtà che piano piano si stava scomponendo in una folle spirale di orrori e innaturalezze, furono testimoni di qualcosa che ignorava ogni logica possibile.

Il cielo divenne così buio e denso, che quasi gli sembrò che proiettasse gli abissi marini, mentre una melma simile al catrame iniziò a sanguinare giù dall’alto. I sussurri divennero così forti, tanto che il giovane Vigilante si portò le mani alle orecchie. I suoi timpani facevano male e iniziò ad urlare.

Ma non perse il contatto visivo, non riusciva a distogliere lo sguardo.

Dal melmoso cielo scese giù una creatura immonda, con migliaia di occhi che si muovevano in varie direzioni e tentacoli che si agitavano sinuosi nel cielo.

Aoki crollò in ginocchio e con gli occhi spalancati e le iridi tremanti, iniziò a ridere. Rideva a crepapelle mentre la pazzia lo conquistava. Non c’era più speranza di sopravvivenza in quel posto, solo la prospettiva di una morte orribile.

 
   
 
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