Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Zobeyde    07/09/2022    3 recensioni
New Orleans, 1933.
In un mondo sempre più arido di magia, il Fenomenale Spettacolo Errante di Maurice O’Malley si sposta attraverso l’America colpita dalla Grande Depressione con il suo baraccone di prodigi e mostri. Tra loro c’è Jim Doherty, l’unico a possedere capacità straordinarie: è giovane, irrequieto e vorrebbe spingere i propri numeri oltre i limiti imposti dal burbero direttore.
La sua vita cambia quando incontra Solomon Blake, che gli propone di diventare suo apprendista: egli è l’Arcistregone dell’Ovest e proviene da un mondo in cui la magia non ha mai smesso di esistere, ma viene custodita gelosamente tra pochi a scapito di molti.
Ma chi è davvero Mr. Blake? Cosa nasconde dietro i modi raffinati, l’immensa cultura e la spropositata ricchezza? E soprattutto, cosa ha visto realmente in Jim?
Nell’epoca del Proibizionismo, dei gangster e del jazz, il giovane allievo dovrà imparare a sopravvivere in una nuova realtà dove tutto sembra possibile ma niente è come appare, per salvare ciò che ama da un nemico che lo osserva da anni dietro agli specchi...
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

LA NOTTE SI AVVICINA


 


 



The darkness is falling, the sky has turned gray
A hound in the distance is starting to bey
I wonder, I wonder what she's thinking of
Forsaken, forgotten without any love

Alone and Forsaken - Hank Williams

https://www.youtube.com/watch?v=TDBsss3DYZ0&ab_channel=TheWizard




La Torre Nera continuava a macinare chilometri, e stando a quanto appreso alla radio, nel giro di una settimana sarebbe entrata in rotta di collisione con Topeka, lasciandosi dietro una scia di morti sconcertante.
Jim, Alycia e Valdar viaggiarono in treno fino a Memphis e da lì fino a Saint Louis, ma da quel punto in poi avrebbero dovuto proseguire in altro modo, visto che le linee ferroviarie erano state tutte soppresse e avevano sentito di posti di blocco presidiati da soldati lungo le arterie principali.
Durante il viaggio, i due maghi adottarono delle precauzioni per attirare il meno possibile l'attenzione sul loro piccolo gruppo, sia quella dei Mancanti che di eventuali stregoni; un incantesimo di trasmutazione lasciava tracce fin troppo riconoscibili, ma secondo Solomon Blake la discrezione era una delle prime lezioni che un mago doveva imparare e spesso aveva poco a che fare con la magia in sé: a conti fatti, si avvicinava più all'illusionismo.
Nelle lunghe ore trascorse in treno, mentre Wiglaf controllava la situazione dall'alto, Jim e Alycia studiarono una strategia che permettesse loro di venire risucchiati dalla Torre senza farsi scoprire. E soprattutto, senza rimanerne uccisi:
«Se sei riuscito a percepire le aure della compagnia, significa che con molte probabilità anche i Mancanti che la Torre ha inglobato sono ancora vivi» ragionò Alycia. «Deve essere possibile sopravvivere nel Vuoto, giusto?»
«Per quanto ne so le emanazioni del Vuoto sono tossiche per chiunque non sia un Plasmavuoto» rispose Jim, rabbrividendo al pensiero del suo maestro che tossiva sangue nero, indebolendosi giorno dopo giorno; l'ultima cosa che voleva era che anche Alycia contraesse lo stesso male. «Il solo modo per sopravvivere è l'assuefazione alla Materia Vuota, ma anche quella a lungo andare ha effetti collaterali...»
L'espressione di lei si annuvolò, mentre tornava a esaminare ancora una volta la mappa, tamburellandovi sopra l'indice; era strano vederla in quello stato, nei panni di una contadina con un foulard annodato in testa e le guance scottate dal sole. Ma, osservandola, Jim non poté non riconoscere in lei gli stessi atteggiamenti di suo padre.
«Purtroppo non c'è modo di sapere cosa ci aspetterà laggiù» appurò infine, lasciando andare un sospiro stanco. «L'ideale sarebbe trovare un'alternativa alla Materia Vuota che permetta a me e Valdar di entrare nella Torre senza subirne gli effetti. Ma senza un laboratorio a disposizione la vedo dura.»
Seduto di fianco a loro, l’orco occupava due sedili e da sotto la visiera della coppola squadrava truce chiunque passasse vicino al loro scompartimento, per scoraggiarlo a entrare. Se con loro due Alycia aveva fatto un buon lavoro, adottando un mix di trucco scenico e alchimia per alterarne i connotati, con Valdar aveva compiuto un piccolo miracolo: a parte per l'altezza notevole, appariva un massiccio, scorbutico, vecchio agricoltore dalla folta barba rossa in viaggio coi due figli adolescenti.
«Abbiamo ancora qualche giorno» replicò Jim, sforzandosi di rimanere ottimista. «E i libri di tuo padre da consultare...»
«Continuo a pensare che sia stata una mossa stupida» mormorò Alycia, riprendendo a rosicchiandosi ossessivamente le unghie. «Chi vogliamo prendere in giro? Non riusciremo mai a entrare nella Torre senza farci ammazzare! Dovevo capirlo subito che era un piano suicida!»
Lui mise una mano, avvolta in un guanto di pelle, sul suo braccio. «Troveremo una soluzione» disse, cercando di imporre in quelle parole tutta la sua determinazione. «Io sono lo stregone oscuro più pericoloso in circolazione, il Flagello di Arcanta...»
«Sarebbe il tuo nuovo nome d'arte?»
«... E tu sei la più geniale alchimista che conosca.»
«E quanti altri alchimisti conosci?»
«Nessuno a parte te che abbia cavalcato un drago.»
«I velodraghi non contano, sono docili come passerotti.»
«Passerotti di sei tonnellate, con le zanne e che sputano fuoco.»
«Tecnicamente non hanno neanche le ghiandole focaie...»
«Un modo c'è di sicuro» concluse lui. Ripensò al suo breve incontro con Isabel Ascanor, che in qualche maniera era riuscita a sopravvivere nel Vuoto per diciassette anni; dentro di sé si sentiva ancora vincolato alla promessa fatta a Solomon di non fare parola con Alycia della sua missione di salvarla, ma prima o poi avrebbe dovuto affrontare la questione. «E se c'è una maga in grado di trovarlo quella sei tu.»
Con riluttanza, lei cedette a un piccolo sorriso e rivolse l'attenzione fuori dal finestrino.
 

Lasciata Saint Louis alle spalle, li aspettava una camminata di almeno duecento miglia fino in Kansas, attraverso le Grandi Pianure. Usarono il denaro di Solomon per comprare vestiti pesanti e un furgoncino, dopodiché Valdar si mise alla guida, mentre Wiglaf li seguiva in volo, oppure si tramutava in un piccolo cane bianco che scorrazzava loro attorno nelle zone più affollate. Ma per la maggior parte del tempo preferivano percorrere strade secondarie e evitare i grossi centri finché potevano; sostavano dove capitava, motel e stalle abbandonate per via del tornado, talvolta in mezzo al nulla più assoluto. Era dura senza usare la magia, soprattutto dal momento che le temperature iniziavano a scendere: era dicembre inoltrato e fra non molto sarebbero iniziate le prime nevicate.
Man mano che si avvicinavano alla Torre, il paesaggio che si presentava loro di fronte si faceva sempre più tetro e desolato: lungo le strade circolavano poche auto e quasi tutte viaggiavano in direzione opposta a quella dove erano diretti. S’imbattettero in interi villaggi evacuati, fattorie e fabbriche sprangate. Sempre più di frequente, incrociavano lunghissime carovane in fuga e la gente cercava in tutti i modi di convincerli a fare dietro front. Ma non era solo il paesaggio antropico a essere stato profondamente cambiato: un vento gelido spirava da Nord-Ovest e l’aria era satura di elettricità, tanto che Jim poteva vedere delle scintille sprizzare tra i capelli di Alycia. I campi erano tutti inariditi, gli alberi spogliati dalle loro foglie e nel cielo plumbeo non volava neppure un uccello. Il sole li aveva abbandonati da giorni.
«Il Tutto diventa più debole man mano che la Torre acquista potenza» aveva commentato Alycia. «Riesci a percepirlo?»
Sì, Jim lo percepiva. Nell’aria, sotto la pelle: il richiamo del Vuoto. Se ne sentiva attratto come l'ago col magnete, tanto che ormai non aveva più bisogno di consultare la mappa o affidarsi all'orientamento di Valdar per sapere in che direzione andare. Le voci nella sua testa erano un tormento incessante, diventavano sempre più forti e arrabbiate e solo la vicinanza di Alycia sembrava in grado di tenerle a bada; di giorno, si tenevano compagnia punzecchiandosi a vicenda, di notte si coricavano vicini, raccontandosi storie in attesa che la stanchezza portasse via ogni pensiero. Jim non si era ancora abituato all'idea di loro due insieme e di certo la presenza di Valdar e il pericolo costante di essere catturati non lasciava molto spazio al romanticismo. Ma anche in quella strana routine, fatta di battute, baci rubati e piccole premure, Alycia lo aiutava a tenere lontana dal suo cuore l'oscurità.
 
«Non era proprio quello che avevo in mente, quando pensavo di portarti a cena fuori.»
Avevano trovato riparo nella tavola calda vicino una pompa di benzina abbandonata sulla Route 169, a due giorni da Kansas City. Valdar aveva immediatamente preso possesso della cucina e dal loro tavolo solitario, Jim sentiva un allegro tramestio di pentole: dopo giorni di dieta a base di funghi bolliti, uova di quaglia e scoiattoli allo spiedo, tornare alla sua amata arte culinaria sembrava avergli ridato il buon umore. Presto, un delizioso profumino di stufato si diffuse nell’ambiente e con una stretta al cuore, Jim ripensò alla brodaglia cucinata da Dot, al tendone della mensa, alla tavolata con le panche di legno attorno a cui la compagnia si raccoglieva dopo ogni spettacolo. Avrebbe ceduto al Vuoto qualunque cosa per ottenere in cambio la possibilità di cenare con tutti loro ancora una volta.
Alycia gli sedeva di fronte, le braccia incrociate sul tavolo e lo sguardo assente, rivolto oltre i vetri impolverati. Fuori, il mondo era immerso in una lugubre luce grigio-violastra e sembrava malato.
«Nella mia fantasia l’atmosfera era decisamente più allegra» disse Jim, in un maldestro tentativo di sdrammatizzare. «E c’erano i nachos.»
«Ho provato a contattare mio padre in astrale, stamattina.»
Jim cominciò subito ad agitarsi, ma cercò di non darglielo a vedere. Avevano deciso di comune accordo di rivelare la loro posizione al Decanato, nella speranza che Volkov, Macon e Una sarebbero accorsi immediatamente per catturarlo. Nessuno di loro aveva dato segno di aver ricevuto il messaggio.
«Ebbene?»
«Non riesco a raggiungerlo» mormorò lei e in quel momento Jim si accorse che stringeva tra le dita l'orologio da taschino di suo padre. «È come se…se ci fosse qualcosa che mi impedisce di toccare la sua aura.»
«Probabilmente lo hanno rinchiuso in una cella speciale dove la magia non funziona…»
«Ho provato anche con Volkov, stessa cosa. Non so cosa pensare, prima di mandarmi via mio padre ha detto aveva intenzione trovare Lucindra per vendicarsi.»
Jim avvertì una contrazione allo stomaco. «Stai dicendo che non hanno mai raggiunto Arcanta? Che sono anche loro nella Torre…?»
«Non lo so! Te l’ho detto, è solo un’ipotesi!» Alycia continuò a rigirarsi tra le dita l'orologio di suo padre, sempre più turbata. «Se solo ci avesse dato un taglio con quei suoi dannati esperimenti! Se era riuscito a imprigionare Lucindra nel Vuoto, che motivo c'era di andare avanti..?»
Il nodo nello stomaco di Jim si fece più stretto. Deglutì. «Per salvare tua madre.»
Alycia sollevò di scatto la testa e puntò gli occhi nei suoi. «Cosa?»
Lui prese un respiro profondo, dopodiché le raccontò ogni cosa: di come, grazie al sacrificio di Isabel, Lucindra fosse stata reclusa per diciassette anni nel mondo oltre gli specchi insieme a lei, della ricerca ossessiva di Solomon Blake dello Scambio Equivalente che gli avrebbe permesso di liberarla. Di come avesse assunto per anni Materia Vuota per cercare di raggiungere la donna che amava, anche a costo di uccidersi lentamente, di incorrere nella punizione del Decanato, di allontanarsi da sua figlia. Solo, senza nessuno su cui poter contare eccetto la propria forza di Volontà...
Alycia ascoltò il racconto senza emettere un fiato, pallida e con gli occhi traboccanti di lacrime. Solo alla fine, quando Jim ritenne di aver vuotato il sacco fino in fondo, mosse appena le labbra per sussurrare: «É uno stupido pazzo.»
«Mi vengono in mente un mucchio di altri aggettivi per descrivere tuo padre. Ma credo che abbia fatto tutto questo principalmente per te.»
Lei tirò su col naso, scuotendo piano la testa.
«Ha anche costruito una macchina» proseguì Jim. «Nimbus, così si chiama, in modo da creare un collegamento con il Vuoto. Questo, insieme allo Scambio Equivalente e a me come catalizzatore, avrebbe permesso a tua madre di tornare nel nostro mondo.»
«E stava funzionando?»
Jim annuì cupamente. «Probabilmente, se mi fossi applicato un po' di più ci saremmo già riusciti. Ma questi nuovi poteri...mi spaventavano. Non che adesso sia molto diverso.»
«Lui mi aveva raccontato un'altra versione» disse Alycia con voce roca. «Mi aveva detto di voler usare lo Scambio Equivalente per cancellare il tuo legame col Vuoto.»
Questa volta fu Jim a guardarla a bocca aperta, colto totalmente alla sprovvista. «Lui...che cosa?»
«Si sentiva responsabile delle sofferenza provocata da Lucindra ai danni della tua famiglia e voleva rimediare, rendendoti un mago come tutti gli altri.»
«É davvero possibile?»
Alycia emise una risata spenta. «Chi può sapere cosa sia vero e cosa no a questo punto? Mio padre ci ha tessuto attorno una rete di inganni così fitta che ne è rimasto intrappolato lui stesso. É più forte di lui.»
«Però alla fine hai scelto di stare dalla sua parte.»
Lei lo fissò e poi distolse lo sguardo, spostandolo sull'orologio d'argento.
«Una parte di me non voleva, non dopo tutto il dolore che avevo provato a causa sua.»
«E cos'ha fatto per convincerti?»
«Nulla» rispose Alycia con semplicità. «Ero sicura che avrebbe tirato fuori il solito repertorio, che avrebbe cercato di persuadermi, di giustificarsi...ma non ha fatto niente di tutto questo. Ha ammesso di essere stato un pessimo padre e una persona nociva per chiunque gli orbiti attorno, di essere colpevole di ogni crimine il Decanato lo accusasse. Ha detto che la scelta migliore fosse quella di denunciarlo...ma non subito. Non prima di aver ripagato l'enorme debito verso di te.»
Jim aveva iniziato a tremare, come se il gelo innaturale all'esterno avesse trovato il modo di insinuarsi nel locale, di entrargli fin dentro alle ossa. Pensò all'ultima volta in cui lui e Solomon si erano esercitati insieme, alle parole che lui gli aveva rivolto prima di venire sopraffatto dalla stanchezza, prima che Jim provasse a derubarlo del suo grimorio...
Sono davvero riconoscente per il tuo aiuto, voglio che tu lo sappia.”
Allora non vi aveva prestato troppo peso. Covava troppa rabbia, dentro, troppi dubbi per potergli credere. Ma in quell'istante realizzò che, per la prima volta da quando lo conosceva, Solomon Blake era stato del tutto sincero con lui.
Tornò Valdar e posò sul tavolo tre ciotole di spezzatino fumante, dopodiché si sedette pesantemente in mezzo a loro, felice come una Pasqua e li scrutò con aria perplessa, come se si stesse chiedendo chi mai potesse tenere il broncio di fronte a una squisitezza del genere. Ma Jim sentiva un enorme peso sullo stomaco.
«Se solo fossi rimasto…»
«Non dirlo.»
«Avremmo affrontato Volkov insieme, forse saremmo riusciti a respingerlo o a scappare. E a quest’ora avresti tuo padre e tua madre sani e salvi.»
«Ti ho detto di smetterla, Jim.»
«Ma è solo colpa mia se…»
«Tutti hanno la propria dose di responsabilità in questa storia» disse Alycia duramente, prendendo le posate da un bicchiere di latta al centro tavola. «Lucindra, il Decanato, mio padre, Volkov, io stessa. Pensiamo di agire per fare la cosa giusta, ma alla fine ci importa solo di raggiungere i nostri scopi. È nella natura degli stregoni, o forse degli esseri umani in generale. Ma vivere di rimorsi non metterà a posto le cose. Pensiamo piuttosto a cosa possiamo fare per rimediare: liberare i tuoi amici, trovare mio padre e se ci riusciamo impedire l'estinzione dell'intera umanità.»
Sia Jim che Valdar la guardarono, ammutoliti.
«Mangiamo» tagliò corto lei, girando il cucchiaio nella ciotola. «Meglio affrontare la Fine del Mondo riposati e con la pancia piena che tormentati dai sensi di colpa.»
 

L'indomani mattina si misero in marcia molto presto, dopo aver cancellato ogni traccia del loro passaggio. Ma prima di andare, Alycia volle bruciare delle foglie secche sul retro della tavola calda per mandare un ultimo messaggio alla Cittadella usando il Fuoco Ascetico, nella speranza che i Decani rispondessero al loro appello e mandassero qualcuno dei loro a inseguirli.
Ma mentre Jim osservava le fiamme sollevarsi in un bagliore bianco e poi tornare ad affievolirsi, sentì rafforzarsi dentro di sé la consapevolezza che nessuno sarebbe venuto in loro aiuto; che per quanto considerassero pericolosa Lucindra, gli abitanti di Arcanta non avrebbero lasciato la sicurezza delle loro mura incantate per una manciata di insignificanti esseri umani. Che erano soli contro un nemico invincibile, un nemico che con molte probabilità aveva già fatto fuori due degli stregoni più potenti di Arcanta. E la cosa peggiore di tutte, che non lo faceva dormire di notte e tormentava i suoi pensieri di giorno, era sapere di aver condannato Alycia a seguirlo in quel triste destino...
Nessuno dei due affrontò l'argomento nei giorni successivi e lunghi silenzi accompagnarono il loro tragitto attraverso lande desolate e cieli spenti.
Almeno fino a quella sera.
Stavano attraversando un frutteto alle porte di Topeka; gli alberi avrebbero dovuto essere carichi di frutti maturi, ma l'influsso mortifero della Torre lì si sentiva più forte che mai e aveva fatto marcire tutte le mele. Ne calpestarono i resti finché alla loro vista apparve un imponente edificio in mattoni, evacuato di recente.
«Un ospedale» disse Jim, leggendo la targa all'ingresso. «Lo Sherwood Sanatorium, inaugurato nel 1919. Ci curavano i malati di tubercolosi.»
Decisero di trascorrervi la notte e, mentre Valdar faceva un rapido inventario della dispensa, Jim e Alycia si misero a esplorare. Il complesso era gigantesco e metteva un po' i brividi con quei corridoi vuoti e silenziosi, lungo i quali si aprivano decine di stanze da letto tutte uguali e in cui aleggiava ancora un forte odore di disinfettante. Ma aveva anche un che di raffinato, e l'atrio era arricchito da dettagli architettonici floreali e pavimentato a maioliche. Trovarono persino un salottino che doveva fungere da zona ricreativa, provvisto di librerie, cavalletti e tele per il disegno e di un grammofono. Doveva essere stata una clinica per ricchi.
Faceva molto freddo e l'elettricità era saltata, ma in compenso trovarono acqua corrente, cuscini e coperte in abbondanza, con cui potettero allestire un dignitoso accampamento. Verso sera, Jim si dedicò all'accensione di una stufa a legna, ma a un certo punto si accorse che Alycia si era allontanata senza avvertirlo.
Illuminando i suoi passi con una torcia, vagò lungo i lugubri corridoi del piano terra e salì a esaminare le stanze al primo piano. A un certo punto, sentì un ticchettio sul vetro di una delle finestre e sobbalzò, ma era solo Wiglaf di ritorno dal volo di ricognizione.
Jim andò ad aprire e subito il corvo svolazzò per il corridoio gracchiando, poi gli si appollaiò sulla spalla, proprio come faceva sempre col suo vecchio padrone. Quel semplice gesto, così naturale, riempì Jim di tristezza.
«Manca anche a me» mormorò, accarezzandogli il piumaggio candido. «Lo riporteremo a casa, non preoccuparti.»
Proseguì la ricerca di Alycia, finché non la trovò seduta dietro un tavolo da lavoro in uno dei laboratori, alla luce di una lanterna, tra provette e sostanze chimiche. E in un certo senso se l'aspettava.
«Forse ho trovato una soluzione» esordì non appena lui comparve sull'uscio, senza un preambolo, senza un saluto e senza staccare gli occhi dalle pagine del grosso libro aperto davanti a sé. «Un modo per entrare nella Torre senza venirne uccisi. E forse, anche per guarire mio padre.»
«Sarebbe?»
Lei sollevò la testa, gli occhi accesi da una luce ardente che conosceva bene. «Il tuo sangue.»
«Ci sta» fece Jim. «Semplice, per nulla inquietante.»
«Tu sei nato da una strega e da un Mancante, ma non è il sangue di tua madre a renderti speciale per Lucindra» continuò Alycia come se non lo avesse sentito. «É il sangue di tuo padre: lui è stato riportato in vita grazie al Vuoto, è una sua diretta emanazione.»
«Perciò» completò Jim lentamente. «Stai dicendo che il Vuoto è entrato in me grazie al sangue di mio padre?»
«Corrispondenza!» disse Alycia con fervore. «Su questo si basa lo Scambio Equivalente: una vita per una vita. Il Vuoto ha restituito Tom Doherty al Tutto ma ha preteso in cambio qualcuno che avesse il suo stesso sangue. Così il cerchio si è chiuso.»
«D'accordo» disse Jim. «E in che modo pensi che il mio sangue possa risparmiarvi tutti da una morte orrenda e dolorosa?»
«Creerò un antidoto» rispose Alycia fieramente. «Grazie all'aiuto dell'Anthea Ingannatrice.»
«Cosa?»
La ragazza schiuse il palmo, mostrandogli una manciata di piccoli semi. «Non potevo mica permettere che il Cerchio d'Oro li tenesse tutti per sé. L'Anthea assorbe le proprietà di ciò di cui si nutre, per questo la sua ninfa è letteralmente una medicina per qualsiasi male: e se la nutriremo con sangue infettato dalla Materia Vuota...»
«Riusciremo a neutralizzarne gli effetti» completò Jim, emozionato e insieme spaventato all'idea. «D'accordo, è folle, ma a questo punto cosa non lo è? Ti darò una mano, di cosa hai bisogno?»
«Di un posto caldo» rispose lei, aprendosi finalmente in un vero sorriso dopo giorni. «Sole e tanta acqua. E ovviamente, avremo bisogno di musica!»

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Zobeyde