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Autore: Neamh Moonstar    08/09/2022    2 recensioni
«Sapete, la gente tende a cacciare i demoni per vedere esaudito qualsivoglia desiderio. Credono che confinarli sia abbastanza da poter chiedere loro ciò che desiderano ed ottenerlo, ma non c'è niente di più sbagliato. Un po' di gesso per terra e qualche parola ben pronunciata non sono abbastanza; inoltre, i demoni sanno sempre come fregarti una volta che hai deciso di fare patti con loro. Gli angeli, invece? Oh, loro sono così difficili da trovare ma così facili da intrappolare. Non possono mentire ad un essere umano, sono fatti per proteggerci e consigliarci, feriscono solo i demoni e i loro stessi simili se Dio glielo chiede. Ma quando sono dentro quegli stessi cerchi è come se sparissero: i ponti con l'Altissima vengono tagliati, e per chiedere loro qualcosa basta strappargli una sola, candida piuma.»
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Gabriele, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se non la si conosceva, Lily Queen sembrava la ragazza più anonima che si potesse immaginare. Non camminava, piuttosto vagava tra la gente come un fantasma, senza incrociare sguardi né scambiare saluti. Era come se non conoscesse nessuno e fosse lì solo di passaggio: una giovane donna come tante altre che si faceva strada tra le vie per andare chissà dove a fare chissà cosa. Era silenziosa come un'ombra e un'ombra sembrava con i lunghi capelli corvini che si ritrovava, e con le giacche eleganti su toni freddi e cupi che indossava per affrontare il freddo. Per tutto il resto, aveva dei normalissimi occhi scuri, non era né troppo alta né troppo bassa, né troppo magra né troppo robusta, né troppo elegante né troppo casual. Insomma, la perfetta rappresentazione del profilo basso: una figurina capace di confondersi come un camaleonte con l'ambiente.

Se solo gli occhi di tutti non le fossero scivolati addosso come mani sul sapone, qualcuno si sarebbe probabilmente accorto di quanto fosse carina seppur pallida come una bambola di porcellana. La sua pelle era troppo chiara e sensibile per i ritmi frenetici della città, ed era sempre leggermente arrossata e puntellata da una miriade di lentiggini, nei e macchiette che rendevano il suo volto simile ad un quadro di Pollock. 

Qualcuno, quand'era piccola, le aveva detto che le lentiggini sono ciò che resta dei baci degli angeli. Lily, però, era più che certa che gli angeli avrebbero preferito baciare chiunque tranne lei - e come biasimarli.


Mentre saliva sulla metro, andando ad accaparrarsi il primo posto libero, tirò fuori il cellulare e rilesse l'ultimo sms che le era arrivato. Ne aveva avuti di incontri del genere, ma di solito erano subdole chiacchierate in fondo ai bar o veloci scambi sotto un portico. Nei casi più seri si ritrovava a casa dei suoi clienti davanti ad una fumante tazza di tè, o erano direttamente loro a venire nel suo appartamento. Stavolta no: stavolta si stava per dirigere proprio in mezzo a Trafalgar Square, laddove la folla era perenne tra gente di fretta, scolaresche e turisti - indipendentemente dal periodo dell'anno. Lo strano tizio che l'aveva contattata non aveva detto molto, ma alla fine nessuno lo faceva mai in quel campo. La cosa veramente strana era stato il: "Lo capirai quando ci vedremo" in risposta ai suoi ovvi dubbi su come avrebbe fatto a capire da chi si stava dirigendo esattamente. Misterioso, sì, ma anche troppo.

Quando arrivò a destinazione, iniziò a destreggiarsi come suo solito tra il tipico imbottigliamento che si faceva man mano più pressante verso il centro. Ma se la folla era un'onda di gente, Lily era il surfista che sapeva come cavalcarla e arrivò in piazza senza troppa fatica.

In mezzo al freddo pungente del primo inverno, percepì subito qualcosa che le rimescolò lo stomaco in modo particolare: il modo, come lo chiamava lei; la sensazione che la faceva scattare sull'attenti e la aiutava ad isolare la frenesia circostante per concentrarsi unicamente sul suo obbiettivo. Fu come avere una pista ben delineata davanti agli occhi che la guidò proprio sotto la scalinata che portava alla National Gallery.

    «Dicono che il modo migliore per nascondere qualcosa sia metterla sotto gli occhi di tutti» commentò, affiancando l'uomo ben vestito che stava facendo finta di osservare la folla.

    Lui, in tutta risposta, fece una mezza smorfia e si allontanò appena. Poi, dopo essersi sistemato la giacca grigio chiaro e la cravatta lilla, disse: «Te ne vai in giro con quella roba addosso?»

    Lily sorrise appena, picchiettandosi il fianco dove, ben attaccato alla cintura, se ne stava il suo pugnale preferito. «Non si sa mai. E dire che credevo vi foste sbagliato.»

    L'altro la fissò duramente. «Non sono stupido. So chi sei e so cosa sei capace di fare. È proprio per questo che ti ho contattata.»

Il tutto si stava facendo incredibilmente interessante.

    Lily osservò il suo interlocutore, studiandone il volto ben definito, i ben acconciati capelli castani, l'abbigliamento ben stirato... Poi si soffermò sulle iridi violacee e alzò gli occhi al cielo. «Anche io so chi siete» rispose, iniziando ad accendersi una sigaretta. «Avete un'aura così pomposa da disturbare tutta la piazza, arcangelo. Ho visto molti vostri sottoposti confondersi decisamente meglio tra i mortali.»

    L'altro era ovviamente infastidito sia dall'atteggiamento che dal fumo che cercò invano di allontanare con la mano. «Diciamo che non amo sforzarmi per avere colloqui con gente come te.»

    «Il che mi porta a chiedervi il motivo del nostro incontro. Come mi avete trovata? Avete per caso qualche contatto con l'Inferno, potente messaggero?»

Un angelo, anzi, un arcangelo che va alla ricerca di una Cacciatrice del suo calibro era decisamente un controsenso - oltre che un suicidio. Se poi si parlava di Gabriel, allora lì le cose si facevano anche sospette oltre che intriganti.

    Quest'ultimo si fece duro ed indignato: «I contatti non sono affar tuo, umana. L'unica cosa che deve interessarti è il tuo compito.»

    Lasciando aleggiare un po' di fumo nell'aria, Lily alzò un sopracciglio: «Essia. Cosa vuole quindi da me questa rispettabile creatura di Dio?»

Fece rotolare l'epiteto nella sua bocca come fosse una caramella particolarmente buona. La reazione dell'arcangelo fu quella di mettersi sulla difesa, ovviamente incapace di capire se fosse ironica o meno. Era tipico di coloro che non scendevano mai sulla Terra il non sapere come approcciarsi ai mortali, finendo quindi per essere o troppo esposti o troppo imperiosi. Gabriel stava ovviamente cercando di apparire stoico, ma la sua bella aura color lavanda lo stava tradendo e Lily poteva vederla chiaramente mentre ballava incerta attorno a quel corpo perfetto. In realtà, era una situazione a limite per entrambi: lei non aveva mai avuto a che fare con un arcangelo prima - poiché erano solo in quattro e non si palesavano mai se non per eventi eccezionali - perciò stava decisamente giocando col fuoco; mentre lui si trovava d'innanzi ad uno dei pochi umani capaci di ferire fisicamente una creatura immortale.

Tra loro, ben mescolata tra il freddo, la frenesia e il rumore della città, se ne stava una compatta bolla di tensione.

    «Ho bisogno che ti occupi di qualcuno» rispose Gabriel, vago e persino un po' incerto.

    Lily lo guardò sorpresa: «E chi è che sfugge al controllo del grande messaggero, di grazia?»

    «Non sfugge a me. Sfugge a tutto il Paradiso!» Esclamò l'altro, allargando le braccia per enfatizzare il concetto. Nessuno dei passanti si voltò a guardarlo.

    La Cacciatrice rimase genuinamente di sasso. Buttò la sigaretta e la schiacciò con il tacco dello stivale, rivolgendosi anima e corpo all'arcangelo: «In che senso?»

    «È una specie di intoccabile. Storia lunga: diciamo solo che non ho alcun potere su di lui, non più.»

Un sottoposto alquanto inusuale quindi, qualcuno che l'aveva fatta sotto il naso a nientemeno che uno dei grandi quattro. Situazione particolare, anzi: ai limiti del possibile.

    «E il soggetto in particolare non è Caduto dopo la qualsivoglia bravata che vi ha portato a chiamare me?»

Così era sempre stato, così era e così sarebbe stato sempre: gli angeli disobbedienti Cadevano, senza se e senza ma. Erano le regole, giusto?

    Gabriel spostò il peso da una gamba all'altra, irrequieto: «Le cose sono diverse adesso. Da quando l'Apocalisse é stata sventata e abbiamo cercato di eliminarlo con il fuoco dell'Inferno, le intenzioni di Dio si sono fatte, beh-» rivolse uno sguardo verso l'alto poi, abbassando il tono di voce, sussurrò: «-più indecifrabili del solito.»

Lily sbatté gli occhi un paio di volte, confusa ed incuriosita. Apocalisse? Fuoco dell'Inferno? L'Altissima impossibile da leggere come sempre e uno dei suoi arcangeli più potenti così confuso da abbassarsi a lei tra tutti i mortali? Il puzzle si stava facendo sempre più sbrindellato, perciò dovevano ricominciare dall'inizio e mettere apposto i pezzi. Aveva bisogno di capire esattamente con che cosa aveva a che fare.

    Così, cacciandosi le mani in tasca, fece una cosa che mai avrebbe pensato di fare con una di quelle creature che normalmente considerava prede. «Vi piace il caffè?» Chiese con nonchalance.


**


Ovviamente a Gabriel non piaceva il caffè, anzi: non gli piaceva niente. Aveva blaterato qualcosa riguardo all'inzozzare il tempio del suo corpo, ma Lily lo aveva prontamente ignorato e costretto ad infilarsi in una caffetteria se voleva continuare il discorso. I motivi erano due: uno, gli angeli non sentono il freddo ma Lily sì e aveva già la punta del naso intorpidita; due, gli angeli non dormono ma Lily sì, e ultimamente tra lei e le otto ore di sonno consigliate non c'era un buon rapporto. Per questo motivo aveva bisogno di caffeina per andare avanti, che il suo "cliente" lo volesse o meno.

Così si ritrovarono seduti l'uno davanti all'altra, lui che spiegava e lei che sorseggiava da una larga tazza fumante. Durante la sua carriera, Lily ne aveva sentite di cose assurde e spesso si era ritrovata a dover inseguire soggetti difficili. Il suo era un lavoro complicato e che inglobava una cerchia di persone tra le più disparate; ciò perché inseguire i demoni era facile: alle volte erano loro stessi a stuzzicare, spaventare, uccidere e interferire da bravi mitomani quali erano. Ma inseguire gli angeli era come dare la caccia ai fantasmi: raramente si palesavano - e allora dovevi imparare a scovarli - ma se lo facevano, dovevi essere bravo ad agire di conseguenza e trarne beneficio.

Mai e poi mai, però, si sarebbe aspettata di ritrovarsi davanti ad un arcangelo che le raccontava di come il mondo fosse pronto a finire e di come tutto fosse andato a rotoli all'ultimo secondo. Mai avrebbe pensato che potesse esistere una creatura divina capace di ridacchiare mentre il fuoco dell'Inferno cerca di mangiarsela. E infatti:

    «Con tutto il rispetto» disse, finendo di bere, «ma temo che io questo suo ex-sottoposto lo debba ringraziare per non avervi fatto ridurre il mio pianeta in poltiglia» ridacchiò. «Per tutto il resto, se Dio gli ha dato le capacità che ha - e potete dubitare quanto volete, ma qui non ci sono dubbi che sia così - fatti suoi. Non caccio chi mi dà una mano e voi non dovreste sputare nel piatto in cui mangiate... a meno che non vi piaccia la dannazione eterna.»

E poi vero era che non poteva fargli niente se nemmeno le fiamme del più demoniaco dei luoghi erano capaci di ferirlo. In poche parole, aveva le mani legate, e se c'era una cosa che aveva imparato in anni di carriera è che rendersi ancor più difficile un lavoro già difficile non ha senso.

    «Tu credi, eh?» rispose Gabriel, stranamente fin poco scomposto da quelle affermazioni. «Non ti ho ancora detto le cose più interessanti.»

Lily alzò un sopracciglio, ma non rispose. Da un lato era genuinamente curiosa di sapere cos'altro avesse in serbo quella storia; dall'altro stava già pianificando di usare il pugnale contro il suo interlocutore nel caso tutta quella mattinata si fosse rivelata una perdita di tempo. L'idea di avere alla sua mercé un arcangelo la fece tremare di eccitazione e interesse: sarebbe stato un evento senza precedenti, ma non era tipa da lanciarsi su una preda senza prima studiarne i movimenti e le intenzioni.

    Quest'ultimo, accolto il silenzio, continuò: «Prima di tutto, l'angelo in questione è un principato» affermò.

    Solo quell'informazione bastò a far sgranare gli occhi a Lily. «Un cosa?» Esclamò, attirando qualche occhiata stupita e indignata.

Così come con i fantasmi, in effetti, c'erano angeli più facili da cacciare di altri. I più comuni erano i custodi: Lily ne aveva catturati tanti nel corso del tempo - il suo per primo. Erano gli angeli per eccellenza: quelli che di solito si trovano dipinti sui soffitti delle chiese, docili e minuti esserini dall'aspetto più vicino a quello degli esseri umani, estremamente comuni dato che ne veniva assegnato uno ad ogni nascita. In molti erano stati coloro che le avevano chiesto di catturare il loro custode: un lavoretto semplice e rapido che non richiedeva sforzi né inseguimenti, dato che ogni custode è legato all'umano assegnatogli.

Più si saliva sulla scala gerarchica, più le cose diventavano complicate. Come già detto, gli arcangeli erano un caso a sé stante: erano in numero estremamente ridotto e avevano compiti ben specifici che non sempre li portavano sulla Terra.

Poi, tra cielo e terra, se ne stavano loro: i principati, esseri luminosi con sempre un occhio attento e vigile sull'umanità, incaricati di vegliare e guidare il corso della storia. Erano i migliori a confondersi tra la gente: il confine tra loro e l'umanità era sottile ma impenetrabile, si mimetizzavano così bene da essere il tesoro più ambito dai Cacciatori. Non erano così in alto gerarchicamente da essere intoccabili ma neanche così in basso da essere facilmente scovabili. Erano un gioco per gente come Lily: una specie di difficilissima partita a Lupus in Fabula.

    «State scherzando?» Chiese poi, incredula, scavando nelle iridi violacee di Gabriel.

    Lui la fissò serio a sua volta. «Gli angeli non mentono agli esseri umani, dovresti saperlo.»

Lo sapeva eccome, eppure... Un sorriso si fece strada sul suo volto di porcellana. Forse poteva essere interessata. Molto, molto interessata.

    «Non ho finito» riprese Gabriel. «C'è un altro motivo che rende questa faccenda complicata.»

Lily stavolta pendeva totalmente dalle sue labbra. Altro? Qualcosa ancora meglio di ciò che le era già stato detto?

    L'arcangelo avvicinò ancora di più la testa e le sue iridi si fecero di un intenso color lavanda. Sembrava ad un crocevia tra l'infastidito, l'arrabbiato e il timoroso; la sua aura aveva preso le sembianze di un cumolonembo traslucido. «Si è alleato con il nemico» sussurrò. «Ma non un nemico qualsiasi. Pare proprio che faccia comunella con colui che la tua famiglia venera da secoli.»

La schiena di Lily scattò come se qualcuno le avesse dato un colpo di frusta, il suo cuore batteva all'impazzata e poteva sentire la sua stessa aura ritorcersi ed infrangersi su sé stessa come la marea sugli scogli. Trattenne il respiro e iniziò a combattere con i suoi pensieri che, imperterriti, urlavano: Non può mentirti, non può mentirti, non può mentirti.

Ora il suo coinvolgimento doveva essere totale. Voleva sapere. Voleva capire quale creatura divina fosse stata capace di attrarre a sé le grazie del Tentatore, colui che aveva forgiato l'umanità e al quale lei e i suoi avi prima di lei avevano dedicato ogni singola piuma strappata dalle candide ali delle loro prede.

    Gabriel si poggiò allo schienale della sua sedia, le mani ben adagiate sul grembo e lo sguardo di chi aveva portato a termine un lavoro ben fatto. «È semplice, Queen: prendi l'angelo e avrai anche il demone. Come dite voi da queste parti? Due al prezzo di uno?»

     Sembrava di essere piombati nel Paese delle Meraviglie. «Ci sto» disse Lily tutto d'un fiato, «eccome se ci sto. Oh, portate davvero liete notizie, grande messaggero» sogghignò poi.

    L'altro fece spallucce, un leggero sorriso gli ballava sulle labbra. «Prendilo e fa' di lui ciò che vuoi. Voglio semplicemente che tagli i suoi ponti con Dio; è la tua specialità, no?»

    «Capisco» mormorò la Cacciatrice. «Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Un classico.»

    Gabriel annuì e tornò serio, alzando un dito per affermare il concetto: «Non una parola, però, intesi? Io e te non ci siamo mai visti.»

    Lily si poggiò la testa su entrambe le mani, alzando un sopracciglio e guardando l'arcangelo con lo sguardo che riservava solo alle sue prede: un misto indecifrabile di godimento e serietà. «Vedete, ho come l'impressione che Qualcuno lo sappia già» affermò, puntando con un dito verso l'alto.


**


Appena tornata a casa, Lily si tolse la giacca di dosso e si sfilò il pugnale dalla cintura, poggiandolo sulla scrivania di camera sua. Proprio come la sua proprietaria, a prima vista quell'arma sembrava un oggetto come tanti altri: una lama tozza e lucida montata su un manico nero. La Cacciatrice se lo portava in giro con la scusa dell'autodifesa, dal momento che: "Una donna in una grande città non può sapere chi si ritroverà davanti". La verità, ovviamente, si nascondeva nei dettagli cremisi e quasi invisibili che percorrevano la lama: antiche incisioni imbevute di sangue e icore dorato; un miscuglio che agli umani avrebbe procurato una ferita qualsiasi ma che avrebbe potuto spedire un angelo, beh, ovunque vadano gli angeli una volta morti.

A proposito di ciò...

Davanti al letto di Lily stava un tappeto circolare che nascondeva al di sotto un intricato disegno - circolare a sua volta, disegnato da mano ferma ed esperta sul parquet. Scoprendolo, la Cacciatrice andò a recuperare il pugnale e ve lo poggiò sopra, poco lontano dal centro della figura, attendendo.

Gli strani simboli di cui il cerchio era composto si accesero uno ad uno: prima un richiamo, poi un lucchetto e infine un nome. Come nebbia che sale dal terreno, al centro del cerchio comparve una figurina chiara e nuda, né troppo alta né troppo bassa, né troppo magra né troppo robusta, con neri occhi lucidi e lo sguardo perso. Dalle sue scapole uscivano due deboli e malandate ali bianche.

    «Buonasera, Kathatiel» salutò Lily, andando a prendere una sedia e accomodandosi davanti alla piccola prigione davanti a sé.

Il suo angelo custode, o meglio, il suo ex-angelo custode la fissò senza dire una parola. Era come essere davanti ad uno specchio: era tipico dei custodi prendere le sembianze dei loro protetti; nonostante ciò, Lily non aveva mai potuto fare a meno di notare quanto le lentiggini sull'immacolata pelle di Kathatiel sembrassero più stelle in mezzo al firmamento che macchiette sparse.

    Dopo un minuto abbondante e pesante di silenzio, Lily riprese: «Ho interessanti novità.»

    «E perché mai vieni a riferirmele?» Mormorò Kathatiel, tremando appena.

    «Perché ho una richiesta.»

    L'angelo sospirò, iniziando a fissare il parquet. I suoi occhi si fecero ancora più acquosi e la sua voce delicata venne fuori incrinata ed incerta: «Perché me lo chiedi se poi non posso sottrarmi?»

    Lily fece spallucce: «Perché sono educata. E poi non è nulla di infattibile: ho solo bisogno della tua protezione.»

    Kathatiel aggrottò le sopracciglia, creando onde e spaccature sulla sua fronte candida: «Ma ti ho già dato tutta la protezione possibile» lamentò.

    «Anche contro i demoni?»

    «Demoni?» Ripeté la custode, sussurrando quella parola e stringendosi nelle spalle. Sembrava una statua di ghiaccio pronta a rompersi, con l'unica differenza che le statue non gesticolano nervose. «Ma tu non ne hai bisogno... Non ne hai mai avuto bisogno. Che succede?»

    «Succede che sto per stuzzicarne uno bello grosso» annunciò Lily alzandosi e posizionandosi ai limiti del cerchio. «Ho un lavoro un po' inusuale tra le mani e necessito il tuo aiuto, Kathy

    Kathatiel sembrò ritrarsi a quel nomignolo all'apparenza dolce ma che di dolce non aveva niente. «Se giochi con il fuoco, prima o poi ti scotti» disse poi.

    «Me ne farò una ragione. Ora fa' ciò che ti ho chiesto.»

Fu rapido e indolore, null'altro che uno schiocco di dita da parte di Kathatiel. Appena finito, la custode si portò una mano sul fianco, laddove una cicatrice solcava la sua pelle perfetta. Era lì che Lily aveva affondato la stessa lama che adesso vibrava poggiata a un non nulla da lei, così vicina ma così lontana. Era lì che la Cacciatrice aveva segnato, insieme, la sua prigionia e la sua eterna lontananza dal Paradiso. Kathatiel non era che un'ombra traslucida confinata in una serie di simboli, un angelo sotto ad un tappeto, invisibile a tutti tranne che all'umana che avrebbe dovuto proteggere, sì, ma non così.

Lily la congedò non appena ebbe avuto ciò che desiderava, recuperò il pugnale e rimise tutto apposto. Ora che era di nuovo sola, poteva concentrarsi sull'indomani, andando subito a cercare l'indirizzo datogli da Gabriel.

Soho, si ripeté con un sorriso. Il modo migliore per nascondere qualcosa è metterla sotto agli occhi di tutti.

Piccola lucciola furba e scaltra, la sua preda. L'arcangelo l'aveva messa in guardia: dietro un aspetto dolce e morbido si nascondeva qualcosa che andava oltre qualsiasi comprensione. Dal punto di vista di Lily, lei e il principato avevano già una cosa in comune: nascondevano un mondo dietro alle apparenze.

Si prospettava una caccia interessante e rischiosa, a metà tra una pedina bianca difficile da mangiare e una pedina nera di troppo sulla scacchiera. Che rapporto poteva esserci tra l'angelo che aveva cacciato l'umanità dall'Eden - altra informazione che l'aveva lasciata piacevolmente colpita - e il demone che l'aveva aiutata a comprendere la differenza tra bene e male, facendola progredire? L'arcangelo non ne era certo, ma a giudicare dalla sua espressione aveva avuto più di un'ipotesi - una peggio dell'altra. La Cacciatrice, dal canto suo, sapeva che ogni legame poteva essere spezzato: lei lo faceva di mestiere.

    «Nulla che io non abbia mai fatto: è solo un'altra partita» si disse, giocherellando col pugnale. «Sono solo cambiate le regole».

   
 
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