Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: _helianthus    09/09/2022    2 recensioni
[ CaeJose | Caesar è vivissimo :) e anche un simp | 2164 parole ]
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Nel frattempo, infatti, aveva conosciuto Joseph. Esasperante, irritante, senza dubbio uno dei peggiori esponenti del sesso maschile che la Terra potesse dare in frutto: la sua irruenza (americano, dopotutto, com’era ovvio) poteva rivaleggiare soltanto con la sua crudezza (inglese e quindi barbaro, com’era chiaro), e Caesar l’aveva disprezzato nell’esatto momento in cui l’aveva visto.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Caesar Anthonio Zeppeli, Joseph Joestar
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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cosa sono le nuvole




Non è vero che, se glielo avessero chiesto prima di conoscere Joseph, Caesar avrebbe avuto una risposta tanto chiara. È vero, la donna lo affascina, gli piace: Caesar ha amato molte ragazze con tutto l’impeto dei suoi vent’anni, e dei suoi diciannove, e prima ancora, e non è mai tornato sui suoi passi, non ha mai ricalpestato l’umore del suo sangue in ebollizione, strabordante oltre il suo cuore. Joseph lo riempie di scherno, geloso di attenzioni (da parte di chi?), dice che è di una frivolezza detestabile. Che gli piace sedurre per il gusto di farlo, di conquistare.


Sedurre! Come se non fosse lui, a rimanere irretito dalle mani sapienti che tessono trame a suo danno. Non può evitare di ballare, quando viene trascinato nella frenesia di quel particolare tipo di danza, ed è più forte di lui, poiché fermamente crede che la donna vada amata, e venerata quanto possibile. I gioielli che regala non sono doni per raggirare, doni di vanagloria, ma offerte, come un sacrificio a un dio, con tutta l’umiltà di celebrare, di ringraziare.

A differenza di molti uomini del suo tempo, tra cui in tutta franchezza figura anche lo stesso Joseph, Caesar ammira le donne, ne ammira le qualità intrinseche come anche quelle che possono derivare dall’ambiente in cui sono state cresciute. Ammira la visione peculiare delle cose che le donne sembrano avere, anche riguardo le questioni degli uomini, ammira la freddezza con cui demoliscono certe situazioni rissose nate soltanto per la stupidità e testardaggine di certi maschi  entro cui lui si include, senz'altro.

È assoluto: Caesar ama le donne, in tutti i modi, con ampia accezione. Arriva persino a invidiarle, nel loro obbligo e nella loro libertà di essere portatrici di grazia e bellezza. Dopotutto, è tutto ciò che Caesar stesso vorrebbe essere, una perla per l’occhio, una foglia d’oro impalpabile, la sfumatura più bella dell’affresco che mozza il fiato quando vi cade lo sguardo. Una seduzione del tutto estetica e artistica e per nulla sessuale, in qualche modo, qualcosa che dia lo stesso groppo in gola della Cappella Sistina. Pavone, vanesio, glielo ripeteva sua madre, ridendo. Non lo può negare, e a spingerlo tanto a curarsi nell’aspetto e nei modi è anche l’idea di sfigurare di fianco alla bellezza delle donne che lo accompagnano.

Eppure. Eppure. Ricorda del sogno di una scrittrice (perché qualcuno gliene ha parlato, ovviamente, non per sua cultura), un sogno che parlava di metamorfosi: la Fortuna compie una trasformazione sulla donna, nel sogno, una metamorfosi che rende il suo corpo forte e snello, ma soprattutto leggero.

Il corpo di un uomo.

Caesar aveva riso, ascoltando questo racconto, incapace di apprezzarne il vero significato – l’uomo, snello, leggero? La sua signora in quell’occasione aveva scosso la testa, chiaro segno che per l’ennesima volta stava avendo a che fare con un rozzo esemplare incapace di andare veramente al di là di quanto la sua natura gli imponeva, ma Caesar l’aveva ignorata. Il vino era troppo profumato, la sua arroganza e la sua belligeranza già sopite; gli veniva poi un prurito, a pensare di dover pensare al corpo di un uomo in termini che non fossero debolezze fisiche, punti deboli, la durezza di un addome appena inspessito a cui sferrare un calcio o un pugno.

Ora, avrebbe voluto ritrovare quella donna, per riprendere la conversazione, per addentrarsi in quei meandri che prima aveva evitato, più o meno inconsciamente.

Nel frattempo, infatti, aveva conosciuto Joseph. Esasperante, irritante, senza dubbio uno dei peggiori esponenti del sesso maschile che la Terra potesse dare in frutto: la sua irruenza (americano, dopotutto, com’era ovvio) poteva rivaleggiare soltanto con la sua crudezza (inglese e quindi barbaro, com’era chiaro), e Caesar l’aveva disprezzato nell’esatto momento in cui l’aveva visto.

“Dormi?”

Le lenzuola fanno un fruscio rumoroso, che lo strappa dal suo dormiveglia. Caesar inspira aria in maniera tagliente, sente il calore depositarsi in petto, la familiarità delle onde, e apre gli occhi. A specchio, due occhi blu lo scrutano con la curiosità di un ragazzo.

“Non più,” Caesar si lamenta, ma il sonno trasforma l’irritazione in segreto, quasi in confidenza, e l’altro sorride, gli si increspa la pelle vicino agli occhi, che è un dettaglio minuscolo nella sua importanza e insostenibile nel suo peso. Caesar richiude gli occhi, incapace di sopportare l’immagine: “cosa vuoi? Dovresti dormire anche tu.”

“Non ho sonno,” afferma, con insistenza, Joseph. La sua mano va a coprire quella di Caesar, la solleva a peso morto e la porta sul suo viso.

Di istinto, senza aprire gli occhi, Caesar fa scorrere il pollice sul profilo del naso dell’altro, preme al centro del suo labbro superiore, sente la resistenza che Joseph oppone. Socchiude gli occhi mentre si sposta sul letto senza fatica: si sporge, lo bacia. Come tutte le altre volte, Joseph inspira con un pizzico di foga appena prima che Caesar sia , su di lui, e come tutte le altre volte è una cosa che lo disarma.

Si baciano piano, respirando di tanto in tanto, spartendosi a turno l’aria che poi è la più fondamentale base di quello che condividono. Caesar gli accarezza i capelli, gli cammina sul braccio nudo, lo sente sussultare al passaggio del suo palmo caldo. Il gesto è lo stesso che riserverebbe alle donne che tanto ama, seppure la sensazione che ne risulta sia completamente diversa, e alla fine decide di stringerlo per la canotta, facendo un pugno nel tessuto e tirandolo a sé, qualcosa che forse gli è concesso fare solo con un uomo. Joseph lo vuole baciare con foga, ma Caesar più di ogni altra cosa ha sonno, per cui gli dà un pizzicotto poco convinto. Poi si limita a distendere le dita sul suo petto, per coprirne il più possibile. Un’impresa ridicola.

Forse questo voleva dire, la leggerezza del corpo dell’uomo. Joseph si muove sempre rapido, non è mai fermo, e l’aria stessa freme a contatto con lui, si energizza, come in attesa di uno prossimo scatto. Nonostante il suo aspetto, più che una possente statua greca Joseph rassomiglia di più a una musica frenetica, quasi una tarantella, dove nessuna nota è mai stonata nonostante la fretta dell’esecuzione. Joseph è fresco, un sospiro di sollievo, è la pienezza data dal primo respiro preso una volta usciti dall’acqua dopo un’immersione.

Caesar sente che potrebbe passare non poco tempo a osservare e a magnificare questo corpo – non che Joseph abbia bisogno di altra aria per il suo orgoglio a mongolfiera, ma è più forte di lui: amore mio bellissimo, sei splendido, sei incomprensibile, gli cantilena in certi momenti, impudico, ma soprattutto forte del fatto che l’altro continuerà a fare muro contro la sua lingua, il suo bell'italiano, continuerà a non capire la sua stessa incapacità di capire, e il suo affetto rimarrà protetto dallo scherno dell’altro, per sempre sommesso nell’orecchio di Joseph.

Caesar, in realtà, non si vergogna. Non si è mai vergognato con alcuna delle sue donne, e sa che un amore tanto forte non può essere abominio, non quando ha lo stesso sapore che ha sempre avuto, per lui, prima che arrivasse Joseph.

Dunque Caesar non si confessa a Dio, perché non c’è nulla da confessare, e allo stesso modo neanche si pente. Il suo essere restio a esprimersi chiaramente è, semmai, orgoglio, è la seccatura di sentirsi scherniti da Joseph; non esplicita quindi nessuno dei suoi pensieri, non li comunica all’altro, e si limita a osservarlo e accarezzarlo mentre respira profondamente, il sudore a imperlargli la schiena e il petto, quando capita.

Di rimando, neanche Joseph è particolarmente comunicativo, e questo è strano: dopotutto è noto per la sua dialettica assurda, per un’arte oratoria che oscilla tra lo stravagante e il ridicolo. Per fortuna, Caesar non perde tempo a farsi consumare dal dubbio, sa che quello che hanno e che hanno avuto va ben oltre la necessità di dichiarazioni evidenti.

(Tra l’altro, sospetta che Joseph abbia quantomeno intuito la natura delle sue confessioni a fiato sconnesso nei loro momenti di intimità. È sempre una sorpresa, la sua intuizione, soprattutto se sovrapposta alla sua quasi imperante idiozia.)

Caesar lo guarda da due fessure, le labbra curvate all’ingiù, come i suoi occhi. A maggior ragione, indagando l’uomo davanti a sé, stringendone la carne inspessita, continua a farsi domande riguardo la presunta leggerezza, o quantomeno ancora finge di non averla capita. Forse, in effetti, anche se avesse l’occasione di riparlarne con la ragazza che lo ha introdotto alla discussione, non ne caverebbe niente di rivoluzionario; dopotutto, lei non ha mai conosciuto Joseph Joestar. Cosa può immaginare, della leggerezza del corpo di un uomo?

“Dormi,” gli ripete, piano, quando lo vede chiudere gli occhi per un secondo di troppo. A sua volta li richiude, strofinando la guancia sul cuscino. Joseph non abbocca (non gli ha mai dato retta, dopotutto, perché iniziare?) e lo scuote leggermente per la spalla.

“Ehi, pensi di potertela asciugare così? Ti ho detto che non riesco, fammi compagnia.”

Un’irritazione familiare diventa fiamma viva nel petto di Caesar. È sempre così: proprio quando si lascia andare a un pensiero particolarmente gentile, morbido, nei suoi confronti, Joseph riesce a rovinare tutto. La voce gli esce in un sibilo infastidito.

Jojo.”

È un avvertimento in tutto e per tutto ed è sicuro che l’altro l’abbia colto, la minaccia del “ti spacco il culo e finisci a dormire per terra” piuttosto chiara nel suo tono. Nel frattempo Joseph ha comunque ottenuto ciò che voleva: mosso dall’indignazione, il corpo di Caesar è più sveglio di prima. Il ragazzo sospira, pronto a esprimere il suo fastidio, ma l’altro lo precede.

“Sei bello,” beh, questa è nuova. Caesar si sente arrossire, non gli succedeva da quando aveva sedici anni. “Dormivo anche io, poi mi sono svegliato e ti ho visto. E allora, insomma, dovevo dirtelo.”

C’è dello shock negli occhi di Caesar, e può solo sperare che non sia così tanto visibile nella penombra della notte. Fortunatamente non rimane a lungo a guardarlo boccheggiando come un pesce e la sua esitazione può ancora essere imputabile al sonno; Caesar sbuffa, cerca di non fargli vedere quanto quelle due parole lo abbiano disarmato e svestito. Ovviamente, soltanto Joseph poteva mettersi in testa di fargli un complimento genuino proprio quando ha addosso un orribile pigiama sgualcito, con i capelli biondi che l’umidità ha trasformato in un nido di paglia, e mentre il sonno lo stringe per metà.

La sensazione è strana e duale. All’infuori della sua pancia, che sembra pesante e bollente come un ceppo messo a bruciare sul fondo del camino, ogni altra parte del suo corpo è pervasa da un pizzicorio sottile, né sgradevole né piacevole. Si sente fluttuare, si sente leggero.

Espira dal naso e ci passa sopra.

“Vedi che allora i complimenti li sai fare anche tu. Mesi che ci conosciamo e questo è il primo che mi fai,” Caesar si bea dello sguardo compunto che Joseph gli rivolge, “sei un pessimo romantico.”

Contrariamente a quanto previso, Joseph non si inalbera, non consente al loro solito bisticciare di prendere il sopravvento. Piuttosto, pare quasi che sia ancora più risoluto: gli mette una mano sul fianco, un punto di calore di cui Caesar avrebbe fatto volentieri a meno. Joseph sembra matto, quando parla di nuovo.

“Quindi ne vuoi ancora? Pensavo che già sapessi di essere l’uomo più bello d’Italia.” Gli dice, piano, e Caesar stringe le labbra, gli si attorciglia qualcosa nella pancia. “Non pensavo che ne avessi bisogno, Cesarino. Posso fartene quanti ne vuoi.” Bugia, bugiardo, Caesar conosce benissimo il modo in cui Joseph si irrigidisce davanti alle sue piccole malizie, al suo tocco che talvolta può essere poco appropriato. Ha molto meno fegato di quanto non stia dichiarando, ma nonostante questo. Nonostante questo. Caesar inghiotte a vuoto, sbatte le palpebre, senza ben sapere come rispondere.

Passa ancora qualche secondo, poi Joseph rovina tutto, o forse lo migliora, Caesar non riesce bene a capirlo – in ogni caso, non era possibile pretendere che rimanesse serio a lungo, con quel teatrino. Fare lo spaccone è nella sua natura, ma non è nel suo stile provocare, lusingare, a quel modo. Joseph gli scoppia a ridere in faccia e si ferma solo per guardarlo in volto e ricominciare a ridere. Alla fine, si tira su a sedere, scompigliando i capelli di Caesar, nel gesto un affetto di una natura tale da spaccargli il cuore di nuovo, tutto da capo.

“Hai fatto una faccia,” gli dice, sorridendo, gli occhi pieni di entusiasmo. “È così facile imbarazzarti?”

Solo con te. Caesar non si è mai sentito così stupido. Così tanto facile, solo con te.

Caesar gli si avvicina, muovendosi pigramente sul letto, e neanche risponde. Gli dà uno schiaffo poco convinto sulla gamba e mugugna qualcosa di vago, al ché Joseph gli chiede di ripetere, e Caesar gli risponde seccamente: dormi, cretino. Joseph ride di nuovo, e scivola nuovamente disteso, curandosi di lasciargli un bacio sui capelli biondi, stringendolo tra le braccia.

La mattina dopo si saranno separati, e Caesar avrà anche dimenticato, ma in quel momento capisce la leggerezza. Joseph è leggero, e vola, portandolo con sé.
 
 





***

beh raga. che dire. vorrei spiegare un po' il processo creativo e giustificare alcune cose. sostanzialmente passeggiavo per il centro città ascoltando il ciclo di conferenze di Barbero sulle donne nel medioevo e vedendo tutti gli edifici e le chiese e ascoltando questo invasato pazzo che parlava di Christine de Pizan (che è in realtà italiana di nascita e fu a detta di barbero una delle più importanti donne del medioevo, nonché ovviamente la scrittrice di cui Caesar menziona il sogno nella storia) mi è venuta proprio la necessità di mettere tutta una serie di pensieri addosso a Caesar stesso. Non so come dire, sì nel canon è mostrato come un coglione vanesio arrogante don giovanni, MA... potrebbe anche essere veramente pieno di amore per La Donna^tm, e quindi essere un coglione vanesio arrogante simp. (poi ovviamente ha i daddy issues, motivo per cui nella mia testa vive per i complimenti, ovvero ne fa quanti ne vuoi ma non riesce a riceverli, soprattutto se provengono da un idiota sincero e diretto come jojo)


riguardo la visione delle donne per questi due, credo che possa essere appropriato per il loro tempo immaginarli così. Mentre Jojo è un po' sessista in maniera standard (??? lmaooo), del tipo "donna debole e un po' sciocca" (che poi è tutto canon), Caesar potrebbe arrivare a fare l'inverso, del tipo: donna angelo da venerare, mia dea, esempio di grazia e meraviglia, eccetera. mi piace immaginare comunque che tratta ogni sua donna con rispetto!!! in ogni caso lui e joseph dovrebbero mettersi assieme, così, per impedirsi a vicenda di fare danni

se può interessare a qualcuno, Christine de Pizan rimane vedova e in relativa povertà a gestirsi la famiglia e l'esistenza. Fa appunto questo sogno in cui si trova su un veliero alla deriva, e non c'è suo marito a guidare la nave e a salvare la situazione: ad una certa arriva la Fortuna, che trasforma il suo corpo in quello di un uomo, e finalmente Christine si mette da sé ad aggiustare la nave. Già così è interessante, ma la cosa che mi ha colpito di più è il fatto che Christine si descrive come più leggera del solito, cosa un po' bizzarra, che però quadra se si pensa al peso delle responsabilità della donna (che al tempo erano banalmente: sfornare pargoli a manetta, mentre adesso sono cambiate, ma rimangono comunque cose interessanti su cui riflettere). e niente questo è tutto!!!
Grazie se siete arrivati fin qui!! Ciaooo
Cate

ps: il titolo viene dalla canzone di Modugno perché ho la certezza che Caesar amerebbe tutta la musica italiana alla vecchia maniera
   
 
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