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Autore: MaryFangirl    09/09/2022    1 recensioni
Camilo non ha mai pensato di conoscere suo zio Bruno. Gli è stato insegnato che Bruno è un orco, più una leggenda che un membro della famiglia. Quando Bruno torna, Camilo scopre che non è affatto come pensava che fosse. Questo Bruno, quello vero, è gentile e serio, goffo e desideroso di compiacere, e un partner ideale per guardare telenovele.
Camilo inizia a preoccuparsi quando la sua amicizia con lo zio gli fa pensare che ci sia qualcosa di più tra loro.
[Bruno/Camilo]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Bruno Madrigal, Camilo Madrigal, Dolores Madrigal, Mirabel Madrigal
Note: Lime, Traduzione | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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Fanfiction tradotta dall’inglese, potete trovare i dettagli dell’originale qui sotto.
 
Titolo originale: Amor Prohibido
Link storia originale:
https://archiveofourown.org/works/36305104/chapters/90508219
Non ho modo di postare il link dell'autore originale come faccio solitamente in quanto è stato eliminato dalla piattaforma.

Prima di iniziare con la fanfiction, è bene lasciare qualche nota:

1. La storia è incentrata su una relazione
zio/nipote. Se la tematica non è di vostro gusto o non vi mette a vostro agio, sconsiglio la lettura.
 
2. Specifico che qualsiasi rapporto viene consumato tra personaggi in piena età del consenso, e in seguito maggiorenni, tuttavia la relazione viene affrontata più dal punto di vista sentimentale, introspettivo e conflittuale che fisico.
 
3. A livello di trama, ci sono alcune differenze con il film originale. In questa fanfiction, Bruno è il fratellastro di Pepa e Julieta e non il gemello. All’inizio della storia ha 35 anni, 15 in meno delle sorelle, ed è figlio di Alma e di un secondo marito dopo Pedro.
 
4. La coppia principale è Bruno/Camilo, di cui personalmente mi sono innamorata senza un perché, ma così è ^^’’ di nuovo, se la tematica non è di vostro gradimento, non proseguite con la lettura. In caso contrario, enjoy :-)
 

 
 
“Quindi, ora parliamo di Bruno?”
 
Camilo era cresciuto pensando a Bruno come a un tabù. Era diventato più una leggenda metropolitana che un membro scomparso della famiglia Madrigal nel corso degli anni, trasformandosi in una caricatura grottesca di un personaggio malvagio e manipolatore. Camilo non ricordava neanche il vero Bruno, quello che se n’era andato quando lui aveva cinque anni. Dopo tanto tempo in cui gli era stato ribadito di non parlare di Bruno, l’uomo nella sua mente era diventato una figura gigantesca e imponente con occhi luminosi e un ghigno malvagio, una sinistra esagerazione della forma che avrebbe assunto quando era impegnato nelle sue visioni.
Era diventato materia di incubi negli ultimi dieci anni. Camilo a volte andava in giro dai bambini del villaggio, spaventandoli con le leggende delle famigerate visioni di Bruno. I suoi familiari non gli avevano mai detto di smettere, incoraggiando persino la caricatura, purché impedisse alla gente di parlare di Bruno.
 
Quindi ora che il vero Bruno era qui, Camilo era confuso. Prima di tutto, Bruno non era affatto come ricordava, o pensava di ricordare. Invece di un enorme creatura di più di due metri, il vero Bruno era mite, più basso di Camilo, e pareva ancora più minuto mentre si curvava goffamente su se stesso. I suoi occhi, Camilo notò, non erano perennemente luminosi: erano piuttosto di un verde scuro, perfettamente normale. La sua pelle era leggermente pallida, i suoi occhi incavati e i capelli più grigi di quanto ci si potesse aspettare da un uomo tra i trenta e i quarant’anni. Sembrava stanco, perfino piccolo. Insomma, Bruno sembrava umano. Bruno era normale. E, cosa più sorprendente, era qui adesso, a ricevere un abbraccio da Abuela come se gli ultimi dieci anni non ci fossero stati. Era scomparso, ora era improvvisamente tornato e nessuno faceva alcuna domanda! Veniva inondato di affetto come se si trattasse di un giorno ordinario e lui un regolare membro della famiglia Madrigal.
 
Camilo non poteva fare a meno di sentirsi arrabbiato. Nessuno si chiedeva dove fosse andato, cosa avesse fatto? Perché se n’era andato, poi? La casa era crollata e all’improvviso tutti avevano cambiato idea su Bruno. Camilo non riusciva a unire gli eventi. Sbuffò mentre guardava sua madre e sua zia accettare facilmente le scuse del fratellastro e abbracciarlo. Dissero che erano molto felici di essere riuniti e Bruno sembrò illuminarsi, sciogliendosi facilmente tra le braccia delle sorelle.
 
Uno dopo l’altro, il resto della famiglia fece la stessa cosa, lasciando Camilo a osservare la sfilata di abbracci. Anche Antonio partecipò, nonostante non fosse ancora nato quando Bruno era sparito. Tutto appariva così falso e Camilo si sentiva adirato, in parte per conto di Bruno.
 
Anche prima che Bruno scomparisse, non era mai stato del tutto trattato come uno di famiglia. A parte il fatto che le persone pensavano che il suo dono portasse sfortuna, Bruno era visto come Madrigal solo per metà. Abuela custodiva l’origine del miracolo di famiglia, dopo essere fuggita insieme al defunto marito Pedro dalla persecuzione, con le gemelle appena nate. Ad ogni bambino Madrigal veniva raccontata la storia della morte del loro Abuelo e del miracolo che ne era derivato. Ma Bruno non era imparentato con Abuelo Pedro: era arrivato dopo, quando Abuela aveva incontrato un uomo che pensava potesse condividere il miracolo della famiglia, ma si era rivelato un errore. Il matrimonio era durato poco, ma aveva lasciato Bruno.
 
Molto prima della regola del ‘Non si nomina Bruno’, ce n’era stata un’altra, silenziosa, secondo cui Bruno doveva essere trattato con distante cortesia invece che con lo stesso amore e affetto che ricevevano gli altri Madrigal. E quando era divenuto chiaro che Bruno non aveva intenzione di sposarsi, Abuela era diventata ancora meno interessata a coinvolgere Bruno nelle questioni familiari. Se non voleva nemmeno aiutare a produrre altri Madrigal, perché preoccuparsi di includerlo? Anche la struttura di Casita sembrava rispecchiare tale atteggiamento, perché la torre di Bruno si ergeva alta sopra le altre stanze, separandosene ancora di più con un’immensa distesa di scale.
 
Camilo ricordava di aver sentito qualche anno prima sua madre giustificare la partenza di Bruno dicendo che non era mai stato fatto per appartenere ai Madrigal. Era solo il fratellastro, dopotutto, mentre lei e Julieta erano gemelle. E poiché aveva quindici anni in meno delle sorelle, Bruno era più come un animale domestico che un familiare di sangue. Bello averlo intorno, divertente per giocarci insieme, ma da scartare facilmente qualora diventasse un peso. Era quello che Pepa diceva, e né Abuela né Julieta avevano mai fatto alcuno sforzo per correggerla.
 
Quindi osservare tutta la famiglia che ora abbracciava Bruno appariva come una grande menzogna. Bruno doveva soltanto integrarsi perfettamente e assumere il ruolo di zio e fratello senza alcuna domanda od esitazione. A nessuno era mai importato davvero di lui, quindi perché fingevano adesso?
 
Anche se la verità era stata rivelata, sulla visione di Bruno su Mirabel, su Casita e il suo periodo trascorso dietro le mura, Camilo faticava comunque ad allinearsi con la famiglia. Non diceva nulla, ma osservava con scetticismo i parenti che si preoccupavano di trascorrere del tempo con Bruno, gli offrivano di partecipare alle attività o si sedevano con lui in sala da pranzo. L’unica che poteva davvero capire era sua cugina Mirabel, che poteva comprendere l’esclusione di Bruno.
 
Nessuno provò mai a spingere Camilo ad essere più caloroso con suo zio, ma Camilo capiva che sua madre avrebbe voluto che mostrasse maggiore affetto. Ma Bruno non cercò mai di innescare nulla e Camilo di sicuro non l’avrebbe fatto, quindi rimaneva bloccato a guardare la sua famiglia che accoglieva un semi-sconosciuto in casa senza alcuna titubanza né spiegazione sul loro cambio di prospettiva.
 
A volte, però, Camilo guardava Bruno e si faceva delle domande. Non si fidava esattamente di suo zio, non ancora almeno, ma lo incuriosiva. Bruno si illuminava ogni volta che qualcuno lo abbracciava o gli dava una pacca sulla spalla, attardandosi facilmente e apertamente ad ogni minimo tocco, ma allo stesso tempo era incline a intrufolarsi nella sua stanza, trascorrendo lì ore da solo. Si recava spesso anche nei boschi, fuori casa. Quando Camilo lo seguiva, rimanendo a distanza per non farsi beccare, osservava lo zio seduto per terra, a guardare il cielo con un piccolo sorriso.
Era strano, pensava Camilo, vedere ogni giorno quella versione di Bruno. Era così diverso dal mostro in cui era stato educato a credere, e faticava per accettarlo. Questo Bruno era timido e nervoso, ma desideroso di amare. Era buono. Era gentile.
 
Ciò che davvero confondeva Camilo era l’affetto che Bruno mostrava per i suoi topi. Era felice quando Julieta o Abuela gli davano un bacio sulla guancia e ricambiavano l’amore che lui provava per la sua famiglia, ma qualcosa nei suoi occhi cambiava quando era con i suoi topi. Sembrava calmo – davvero calmo, non solo per finta per accontentare Abuela o impedire a Pepa di produrre nuvole temporalesche -, il che portò Camilo a capire quanto Bruno si sentisse sempre teso. Le sue spalle si rilassavano e le rughe sugli occhi, che Camilo pensava fossero solo un segno dell’età, si attenuavano completamente. Una parte di lui era stranita dal fascino dello zio per quelle creature, ma era bello vederlo così in pace. In quei momenti Camilo vedeva la somiglianza di Bruno con Abuela.
 
Camilo spesso si trasformava in altre persone per far ridere, per offrire assistenza, ma a volte, di sera, si trasformava da solo davanti a uno specchio, giusto per sedare qualche curiosità. Che fosse un attraente sconosciuto che aveva visto di sfuggita o un corpo che desiderava avere, gli piaceva concedersi un momento privato per vedere le diverse forme in cui poteva trasformarsi così facilmente. In quel momento, stava ricreando Bruno. Per tanti anni, la sua versione di Bruno era stata enorme, pallida e minacciosa. Amava assumere quelle sembianze per spaventare i bambini del villaggio o far venire un infarto a sua madre, ma ora che sapeva che quello non era il vero Bruno, voleva vedere la nuova versione, la vera versione.
 
Questo Bruno, ora che Camilo poteva scrutarlo da vicino, era normale in maniera quasi allarmante. Era anche più magro di quanto Camilo immaginasse, il suo poncho nascondeva la maggior parte del suo corpo con uno spesso rivestimento di stoffa verde.
 
Camilo si tastò il fianco sopra la maglia, sentendo le costole sporgenti che fecero saltellare le dita lungo la pelle giallastra. Camilo osservò il volto. Aveva solo 35 anni, ma sembrava più vecchio. La sua pelle non era rugosa, ma aveva una stanchezza che lo faceva apparire come se avesse vissuto molte più vite di chiunque altro alla sua età. Era così, immaginava Camilo. Vivere tra le mura di una casa per un decennio aveva le sue conseguenze. Quando tornò in sé, Camilo indugiò sul proprio viso, cercando di trovare delle somiglianze tra lui e lo zio. C’erano, da qualche parte, ma Bruno somigliava così poco a sua madre che Camilo doveva sforzarsi per vedere una parte di sé riflessa nel volto di suo zio. Era così vicino adesso, quasi completamente riadottato dai Madrigal, ma anche la forma del suo viso sembrava suggerire una distanza tra loro.
 
Camilo iniziò a sentirsi più curioso su Bruno che arrabbiato per la sua improvvisa apparenza e la reazione della sua famiglia. In un certo senso, era divertito dagli atteggiamenti goffi di Bruno. Poteva essere silenzioso, in allusione alla cautela di cui aveva avuto bisogno per vagare dietro i muri, ma era anche incredibilmente impacciato.
 
Camilo cominciò a chiedersi che tipo di vita era quella dietro alle mura. Provava compassione per lo zio, e a volte si rattristava a pensare a quanto doveva essersi sentito solo. Camilo prosperava grazie all’attenzione degli altri, quindi l’idea di affrontare qualcosa di lontanamente simile gli sembrava una condanna a morte.
 
Una parte di lui era un po’ intimorita dal fatto che lo zio fosse stato così vicino per tutto il tempo. Li aveva visti? Li aveva mai osservati? Aveva visto Camilo crescere, desiderando di poter essere presente?
 
“Vai ad aiutare tuo zio” ordinò Pepa, indicando la porta di fronte a Casita, dove Bruno stava lottando per tagliare la legna. Camilo era sul punto di sbuffare e dire una battuta sarcastica, ma in realtà era un po’ entusiasta di avere la possibilità di parlare con suo zio. Ora che erano passati alcuni mesi e Bruno si stava affermando come presenza fissa in casa Madrigal, la famiglia stava tornando alla normalità e non soffocava Bruno con più affetto rispetto agli altri, e Camilo ne era meno disorientato. Ora poteva passare del tempo con lui senza provare sentimenti di cinismo.
 
“Sì, mami” rispose, sorprendendo Pepa per la facile obbedienza, e si recò all’esterno.
 
“Ah, ciao Camilo” lo salutò Bruno, con aria leggermente agitata mentre cercava di sollevare l’ascia sopra la testa. “Posso aiutarti?”
 
“Mami mi ha chiesto di aiutare” Camilo si trasformò in uno degli uomini più robusti del villaggio, mostrando i muscoli.
 
Bruno rise mentre arrossiva per l’imbarazzo. “Ah, suppongo di aver bisogno di aiuto”
 
“Ah sì?” Camilo ridacchiò, “sembra che tu abbia qualche difficoltà”
 
Come per sottolinearlo, Bruno abbassò l’ascia e mancò il legno di diversi centimetri.
 
“Sì...” concesse. Ancora più rosso, Bruno consegnò l’ascia a Camilo e guardò il nipote tagliare più ciocchi in dieci minuti di quanto avesse fatto lui nella mezz’ora che aveva trascorso lì.
 
Terminato il lavoro, Camilo si pulì le mani tornò nel suo corpo. Rise davanti all’espressione di Bruno.
 
“Non essere imbarazzato, zio” lo prese in giro, “non ci sono molte opportunità di lavoro manuale tra le mura di Casita”
 
A quel punto, commenti del genere non sembravano invogliare Bruno a nascondersi, come in principio. Sembrava perfino incline a battute di quel tipo, come se le considerasse un segno di accettazione. Come un suggerimento per cui non avrebbe mai più avuto bisogno di nascondersi.
 
“E non posso trasformarmi in qualcuno più forte di me”
 
Questa volta fu Camilo ad arrossire. “Non prenderti troppe confidenze, zio”
 
Bruno sollevò le mani. “Lo so, lo so. Sono sicuro che sei molto forte, nipote”
 
Camilo non sapeva fino a che punto il suo rapporto con lo zio si fosse solidificato abbastanza da potersi stuzzicare a vicenda in quel modo. Era sorpreso di quanto poco lo infastidisse.
 
Nonostante Camilo non fosse ancora così in confidenza con Bruno come quasi tutti gli altri Madrigal, le cose divennero più normali. Le cene erano tranquille e Bruno contribuiva alla conversazione tanto quanto gli altri. Faceva battute, stuzzicando i nipoti proprio come facevano suo padre e zio Agustin. Ricominciò perfino ad avere visioni che, sebbene all’inizio furono accolte con un po’ di disagio, lentamente furono trattate come gli altri doni dei Madrigal, diffondendo buone notizie in tutto il villaggio.
 
Quando giunse il suo sedicesimo compleanno, Camilo cominciava a dimenticare com’era il periodo senza Bruno. In realtà iniziava ad apprezzarlo.
 
La sua festa di compleanno fu enorme e rumorosa come qualsiasi altra festa dei Madrigal, e si divertì moltissimo a ballare con i suoi fratelli e cugine mentre zio Agustin suonava un’allegra cumbia al pianoforte. Era la prima volta da quando Casita era stata ricostruita che Camilo si ritrovava a divertirsi per davvero. Si sentiva euforico di essere più grande, eccitato alla prospettiva di diventare uomo. Inoltre, amava essere al centro dell’attenzione, e tutti ridevano mentre mutava di persona in persona sulla pista da ballo, abbinando gli stili di danza di ogni paesano con perfetta precisione mentre assumeva le loro sembianze.
 
Quando giunse l’ora della cena e dei regali, Camilo era stanco. Aveva ballato tutta la sera e stava sudando. Il pasto fu un gradito sollievo dai festeggiamenti energici e si tuffò con entusiasmo nella bandeja paisa che sua zia Julieta aveva preparato.
 
Mentre mangiavano, i Madrigal e alcuni abitanti del villaggio con cui Camilo era amico gli consegnarono con entusiasmo i regali, ridendo alle sue reazioni davanti a magliette, libri e giochi che avevano preso per lui. Camilo si assicurò di abbracciare tutti in segno di apprezzamento, ringraziando per la generosità.
 
“Il mio non è esattamente un regalo” disse piano Bruno mentre Camilo dava un bacio sulla guancia di Mirabel per la bandana che gli aveva ricamato, e tutti osservarono Bruno incuriositi, “è più un’esperienza visiva”
 
“Oh?” fece Abuela, alzando le sopracciglia, “cos’hai preparato, Brunito?”
 
Con un sorriso imbarazzato, Bruno si alzò e si mise davanti al tavolo, mentre tutti lo guardavano. Camilo si protese in avanti, curioso di sapere di cosa si trattasse.
 
“So che è un po’ strano” disse timidamente, “ma quando ero, uh, tra le mura, una delle cose che preferivo fare era guardare telenovele. Ovviamente dato che non avevo una tv, ho dovuto improvvisare”, fischiò e all’improvviso apparvero numerosi topi, alcuni dei quali con piccolissimi fondali.
 
Mirabel sorrise, chiaramente coinvolta. “Ah, zio! Che bello!” si chinò verso Camilo e gli sussurrò con aria cospiratoria, “stai a vedere”
 
Camilo non sapeva cosa dire, quindi obbedì, ipnotizzato dallo zio che sistemava un tavolino da gioco con alcuni fondali e vi sistemava i topi dietro. Camilo vide che c’erano dei piccoli fori da cui passavano le teste dei topi. Era decisamente intrigato.
 
“E ora” iniziò Bruno, alzando la voce, “vi presento ‘La tragedia della bellezza’! È la tragica storia di una donna innamorata, destinata a non incontrare mai il suo amato...perché è un fantasma!”
 
“Non rivelare tutto, zio!” disse Mirabel ridendo.
 
Bruno ridacchiò, arrossendo. “Sto solo riassumendo la trama. Azione, topolini!”
 
Camilo osservò affascinato mentre Bruno raccontava la sua telenovela, recitata interamente dai topi. Era incredibilmente elaborata, completa di costumi e sfondi dipinti dettagliatamente e personaggi con retroscena complessi. Quando le scene cambiavano, Bruno inseriva un altro sfondo e i topi lo seguivano, addestrati al punto in cui Camilo si chiese se Antonio c’entrasse qualcosa.
 
Camilo fu sorpreso di quanto si ritrovò coinvolto nella storia, poiché la protagonista, dall’appropriato nome Soledad, lamentava l’assenza del suo amante, fantasma di un generale che viveva nella sua soffitta. Camilo sussultò per i colpi di scena e si commosse davvero quando Soledad si tolse la vita con una fiala di veleno per unirsi finalmente con il suo amato.
 
Quando Bruno chiuse un minuscolo sipario sul palco improvvisato, tutti applaudirono ed esultarono, Camilo e Mirabel a tono più alto degli altri. Camilo si guardò intorno e vide le lacrime negli occhi di tutti. Non poteva mentire, lui stesso era toccato. Per quanto Bruno sembrasse bizzarro nella vita quotidiana, si era illuminato nel raccontare la storia. Forse il suo vero dono era la recitazione.
 
Stranamente, questa versione di Bruno, il narratore sicuro di sé e animato, era la versione più vicina a quella in cui Camilo si trasformava per spaventare i bambini. Non era affatto cattivo, ma pareva più alto, più fiducioso e più misterioso. Il Bruno normale era un libro aperto, il Bruno narratore era bravo a rivelare poco alla volta, attirando il pubblico con il tono e i gesti. Era quasi incantevole il modo in cui riusciva a gestire un gruppo così numeroso di persone.
 
“Grazie” disse Bruno, inchinandosi prima di raccogliere i topi e far inchinare anche loro, “e buon compleanno, Camilo”
 
Camilo osservò Bruno fare il giro del tavolo, attirandolo in un forte abbraccio. Rimase sorpreso, ma poi si lasciò andare, dicendo: “Grazie, zio”
 
La festa proseguì, ma Camilo continuò a pensare all’abbraccio. Bruno mostrava affetto verso tutti, ma solo quando gli veniva offerto, e Camilo doveva ancora estendere quel tipo di affetto verso suo zio. Era la prima volta in cui Bruno prendeva l’iniziativa. Camilo ci pensava ancora quando, alla porta, ringraziava tutti gli ospiti per essere venuti e augurava loro una buona notte.
 
Ci stava ancora pensando quando si preparava per andare a letto, e pensò che per quella ragione si ritrovò a bussare alla porta dello zio prima di andare a dormire, sorprendendo l’uomo, quando gli chiese di guardare una telenovela insieme prima di coricarsi.
 
“So che ora hai una tv nella tua stanza” disse Camilo, sentendosi nervoso per qualche motivo, “e la tua storia era così bella che volevo vederne una con delle persone, sai, con gli attori”
 
Camilo poteva giurare di aver sentito uno squittio di indignazione provenire da dietro Bruno, ma entrambi lo ignorarono. Bruno ridacchiò.
 
“Si sta facendo tardi, nipote. Non dovresti andare a letto?”
 
“È il mio compleanno” disse Camilo sorridendo, “solo per questa volta?”
 
Beh, non accadde solo una volta. Dopo che Bruno lo fece entrare quella sera, si innamorarono di una telenovela dal titolo ‘Il potere dell’amore’. Diventò un’abitudine per Camilo recarsi nella stanza di Bruno ogni sera intorno alle dieci, quando iniziava la telenovela, piantarsi sul letto di Bruno con alcune arepas rubate e un’enorme pila di coperte e cuscini mentre guardavano il dramma svolgersi sullo schermo.
 
Cercarono di rimanere silenziosi per non disturbare Dolores, ma Camilo non poteva fare a meno di sussultare e gridare: “Hai visto?!” quando sullo schermo succedeva qualcosa di particolarmente succoso, e Bruno rideva forte, piccoli pezzi di arepa che gli sfuggivano dalla bocca mentre cercava di tacere. Camilo era estasiato dalla storia, ma era ugualmente interessato a vedere quel lato di Bruno, quello che non si tirava indietro né evitava di esprimersi. Bruno di solito era timido, ma trascinato nel mondo delle telenovele sembrava più sicuro, entusiasta e fiducioso delle sue convinzioni. Spesso sussultava, rideva rumorosamente, afferrava Camilo per una spalla e gli diceva di fare silenzio – anche quando Camilo non diceva nulla – durante scene piene di suspense.
 
Arrivò al punto in cui la parte che Camilo preferiva della giornata era guardare Il potere dell’amore con suo zio. A volte descrivevano gli eventi dell’ultimo episodio nel dettaglio al resto della famiglia durante la colazione.
 
“Sono davvero felice che tu stia legando con tuo zio” disse un giorno Pepa a Camilo, dandogli un bacio sulla fronte. Camilo si limitò a sorridere, sorpreso per essersi avvicinato così tanto a quella persona che una volta temeva come fosse l’orco delle fiabe.
 
Dopo un po’, l’abitudine di stare sveglio fino a tardi portò Camilo ad addormentarsi prima della fine della telenovela. Quando ciò accadeva, ore dopo si risvegliava nel proprio letto. Quando interpellò Bruno a riguardo, lo zio scrollò le spalle. “Non volevo svegliarti”
 
“Sì, ma portarmi in braccio? Sono più grande di te, riesci a malapena a sollevare un’accetta”
 
Bruno sbuffò. “Ti sei visto, nipote?” fece afferrandogli il braccio, “sei magro. Non pesi niente”
 
Camilo arrossì e lasciò stare. In genere si sarebbe arrabbiato per un commento del genere, ma conosceva Bruno e sapeva che non voleva risultare antipatico. Inoltre, stranamente era bello sentirlo. Non sapeva perché, ma il pensiero di Bruno che lo portava in camera sua mentre era addormentato lo rendeva felice. Forse gli piaceva l’idea di sentirsi di nuovo bambino. Dopotutto, da piccolo aveva visto a malapena suo zio. Forse il suo cervello cercava di recuperare il tempo perso.
 
Non l’avrebbe mai ammesso, ma Camilo iniziò a fingere di addormentarsi poco prima della fine della telenovela. Sbadigliava e abbassava lentamente la testa per non far insospettire lo zio. Teneva gli occhi chiusi mentre Bruno sospirava, diceva piano “Devi iniziare a bere caffè” e lo sollevava per portarlo nel suo letto. Era un tragitto un po’ lungo, e il morbido dondolio di Bruno che strisciava lungo i corridoi era un dolce cullare, abbastanza calmante da far addormentare Camilo per davvero.
 
Sicuramente non l’avrebbe mai detto a nessuno, ma il suo cuore palpitava un po’ quando Bruno gli rimboccava le coperte, gli dava un bacio sulla fronte e gli sussurrava “Buonanotte” prima di ritirarsi tranquillamente nella sua torre.
  
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