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Autore: New Moon Black    10/09/2022    1 recensioni
Emma, Anna e Gilda fanno una chiacchierata notturna, fuori dal rifugio,
dopo una lunga giornata di caccia, faccende domestiche e fare da babysitter
a un certo "Signore" con il PTSD impresso nel fuoco.
Una semplice confessione, intima e personale, tra amiche.
Un innocuo scambio, di opinioni ed idee, tra confidenti.
Una solenne promessa, autentica e sincera, tra "sorelle".
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Storia partecipante al "Writeptember H/C Edition" a cura del gruppo
Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction su Facebook.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anna, Emma, Gilda
Note: Kidfic, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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•Questa storia partecipa al "Writeptember H/C Edition" a cura del gruppo
Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction su Facebook.
•Fandom: The Promised Neverland.
•Rating: giallo.
•Numero Parole: 2896.
•Personaggi: Emma, Gilda, Anna.
•Prompts: 1. Sorelle + 5. Immagine Bonus: poesia di Giuseppe Ungaretti, intitolata "Stelle".
•Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Slice of Life.
•Note: Kid-fic, Missing Moments e What if?
•Avvertenze: Tematiche delicate.
#Writeptember
#FuoriChallenge #GiornoX
•Credits: 大介/ @yala1453 dalla piattaforma Twitter!
 
 




 
Sisterhood
A Deal in the Moonlight
 
 
 
 
Era notte inoltrata, la luna era alta nel cielo, alcuni raggi eterei fecero brillare quel mare nero
e le miriadi di stelle bianche, dando inizio a uno spettacolo di luci e ombre.
Si udì il canto di un gufo, che volava indisturbato tra i meandri della Foresta Promessa,
magari a caccia di una preda succulenta e sostanziosa.
Poco lontano dal rifugio segreto, il punto B06-32, due giovani ragazze chiacchieravano
allegramente sotto il chiaro di luna, sedute all'estremità dell'entrata principale.
 
«No, non ci credo, l'hanno fatto davvero?»
 
«Già, ho visto Thoma e Lannion con due enormi bernoccoli sulla testa.» rispose Anna,
che tentando invano di trattenere una risata cristallina, indicò con l'indice un punto preciso della testa,
proprio alla nuca «Gilda era su tutte le furie quando ha saputo che, quei due combina guai,
avevano frugato nella stanza del Signore.»
 
«Ah, che coraggio entrare nella tana del lupo cattivo!» esclamò poi Emma,
tenendosi la pancia con entrambe le braccia e lasciarsi andare in una risata allegra e contagiosa,
tanto da far ridere anche la sua amica.
 
Sapevano bene come, quei due bambini, avessero un gran senso dell'umorismo e spirito d'iniziativa,
non a caso, Thoma e Lannion avevano talento anche nel costruire oggetti utili nel quotidiano,
uno più innovativo dell'altro.
Ma l'unico difetto che condividevano, entrambi, era che fossero predisposti
ad attirare guai, di ogni tipo.
Non che Emma fosse da meno, ma a differenza loro,
lei trovava sempre un modo per raggirare le regole.
Quando voleva, anche lei aveva un'indole a combinare marachelle a dir poco geniali.
 
«Piuttosto, come va la ferita al polso?
Ti sei trovata meglio con quella fasciatura?» domandò la ragazzina dai capelli biondi,
mentre si stringeva nel suo cardigan color beige, per avere un minimo di calore «Hai rischiato di fratturarla
del tutto, rimanendo incastrata tra gli alberi.» nonostante il tono calmo e composto,
gli occhi azzurri di Anna guizzarono in un'espressione più torva, quasi con fare accusatorio.
 
Vide l'espressione sorpresa della rossa e constatò che, alla flebile luce purpurea e argentea,
gli occhi di Emma sembravano più scuri e penetranti.
E come sobbalzò sul posto, vista la sua velata minaccia di fargliela pagare cara
per la sua innata sfrontatezza, si scusò con tono apologetico sperando, nel profondo,
che la sua amica non si arrabbiasse eccessivamente.
Alzò leggermente il braccio sinistro, ove s'intravvedevano le bende lungo tutto il polso,
scoperto appena dalla manica del pigiama.
Dietro di esse, nascondevano sia una lunga striscia color rosso vermiglio e una chiazza scura,
dalle sfumature viola, nonché il risultato di un vano tentativo nel catturare, tra gli alberi,
un uccello selvatico.
Stavolta ho rischiato grosso, pensò lei, devo stare più attenta.
 
«Mhm, ora che me lo chiedi... Sì, sono riuscita a muoverla nonostante tutto.» esclamò Emma e,
sistemando nuovamente la manica del pigiama, strinse un paio di volte la mano a mo' di pugno,
facendo attenzione a non tenere i muscoli troppo tesi.
«Mi partono alcune fitte quando provo a sollevare oggetti più pesanti, ma rispetto a prima,
non mi fa male... almeno non adesso.»
 
Aveva la vaga sensazione che, la sua amica, non stesse dicendo tutta la verità e Anna non sapeva
se usare un approccio più delicato o chiederglielo direttamente, senza peli sulla lingua,
come farebbe Ray.
Ma non fu necessario, perché ebbe la conferma solo quando la rossa provò a prendere un sasso,
più grande della sua mano, ma aveva trattenuto a stento un gemito di dolore e, di conseguenza,
l'aveva fatto scivolare tra le dita.
 
«Sicura? A me sembra il contrario.»
 
All'inizio, cercò di spiegarle che non l'aveva presa bene,
magari stringendo un po' troppo la presa su quel sasso, ma sapeva, fin troppo bene,
di essere lei stessa nel torto.
Che si stava arrampicando sugli specchi e non avrebbe retto, a lungo, quella menzogna,
sapendo quanto si sentisse in colpa a nascondere la verità.
Biascicò a stento un “posso spiegare”, ma ella non riuscì a formulare una frase di senso compiuto,
nemmeno un “è stato un incidente”.
Anna emise un lungo sospiro stanco, scrollandosi poi le spalle
in un breve cipiglio di disappunto, facendo oscillare appena le codine bionde.
 
«Le bugie hanno le gambe corte, Emma... dovresti saperlo, più di chiunque altro.»
 
Dopo un paio di minuti, passati nel più totale silenzio,
l'interpellata si lasciò scappare un grugnito affranto, seguito poi da una sfilza
infinita di scuse di pentimento e dal fatto che doveva, seriamente,
smetterla di lanciarsi in imprese pericolose se, appunto, rischiava di rompersi un braccio o una gamba.
Ormai, Anna aveva imparato a leggere da sé ogni sfumatura delle sue emozioni,
guardandola semplicemente negli occhi.
Ma non solo, persino i suoi gesti e le sue azioni la tradivano,
a tal punto da diventare prevedibile.
Riusciva a comprendere se stava mentendo, o meno, riguardo la sua salute fisica,
emotiva e psicologica, anche se provava a negare con tutte le sue forze l'evidenza.
Comprendeva il perché, non la biasimava affatto,
era la Leader del loro gruppo e con ciò, si era assunta una grossa responsabilità sulle sue spalle.
Non poteva farsi vedere nè impreparata nè sotto pressione agli occhi degli altri,
se per questo, nemmeno preda dai suoi stessi rimorsi del passato.
Tuttavia, proprio perchè aveva scelto di essere la loro guida,
per creare una nuova era per gli umani, non poteva assolutamente trascurarsi,
ferirsi e rimanere costantemente da sola.
Non voleva, in alcun modo, che Emma scendesse a patti con Dio e, arrivare,
a rinunciare se stessa per il bene superiore.
Questo no, non riusciva ad accettarlo e mai l'avrebbe fatto.
Prima di essere sua amica e Leader, lei era, prima di ogni altra cosa, sua sorella.
Spericolata, temeraria ed altruista.
Ma anche fragile, sensibile ed instabile.
Quando scoprì la verità che si celava dietro all'orfanotrofio, la loro amata casa,
Emma ha avuto un cambiamento radicale nella sua psiche, portandola a soffrire, in silenzio.
 
Lei aveva già fatto abbastanza, per loro.
Ora, spettava alla biondina proteggerla, guardarle le spalle e cercare di sostenerla nei momenti peggiori.
E, perché no, era disposta pure a spingersi fino al suo limite, pur di raggiungere i suoi obbiettivi.
 
Se c'è una cosa che ha sempre odiato in lei, era la sua cocciutaggine a non farsi aiutare da nessuno,
nemmeno da lei o Gilda, che anch'ella condivideva quella sensazione costante di disagio,
mista ad impotenza.
E avevano, tutti e due, la stessa visione: vedevano la rossa,
affrontare da sola i propri demoni interiori, la sentivano urlare sia per il dolore
che per la rabbia che provava nel corpo; mentre lei e gli altri rimanevano fermi, impotenti.
Non la vedeva in quelle condizioni pietose e preoccupanti da quando 
Norman, un loro fratello e grande amico nei confronti di Emma e Ray,
era stato spedito, senza lasciare più traccia.
Voleva evitare, a tutti i costi, di perdere altri membri della sua famiglia.
Della loro famiglia.
Era sul punto di dirglielo, così a brucia pelo, ma trattenne il fiato
non appena udì un sonoro sbadiglio, provenire proprio dall'entrata del rifugio.
 
«Che fate, spettegolate senza di me?»
 
I capelli corti e scuri, color selva, oscillarono appena al fruscio del vento,
alcune ciocche finirono a pizzicarle le ciglia lunghe, la montatura chiara e rotonda
delle sue lenti catturarono, per una frazione di secondi, gli occhi neri, vispi e curiosi,
proprio come quelli di una salamandra.
Uscì allo scoperto, frapponendosi tra la bionda e la rossa,
e dopo essersi sistemata a dovere, cercò di scacciare via un granello di sabbia
che le era finito sul naso.
 
«Gilda, ma che ci fai qui, ancora in piedi?»
 
«Non dovresti essere stanca dopo che hai corso dietro a Thoma e Lani,
visto che...» la biondina si fermò di colpo e usò un tono più basso,
mimando con le mani un “boom” «Sì, insomma... che non combinassero altri danni irreparabili,
tipo mettersi a rubare i biscotti del Signore?
O ancora, le pistole dall'armeria?»
 
Di tutta risposta, la loro interlocutrice raddrizzò la schiena, sistemandosi meglio gli occhiali.
 
«Potrei fare la stessa domanda a voi due, ragazze.» esclamò Gilda e, facendo saettare le iridi scure
da una testa e dell'altra, inarcò le sopracciglia e assottigliò le palpebre in un'espressione severa,
quasi truce «Prima di pranzo, siete rimaste dentro all'infermeria per molto tempo... e siete tornate tardi.
Cosa mi nascondete?»
 
Le due interpellate sobbalzarono sul posto, colte in flagrante.
La ragazzina non amava fare il terzo grado con le sue migliori amiche,
se non sorelle da quando ne aveva memoria, ma il costante pensiero che potesse perderle,
o peggio farsi male attirando l'attenzione dei mostri, la portava ad agire come una persona adulta e,
qualche volta, ad urlare istericamente, quasi a spaventarle.
Eppure, Gilda non poteva fare a meno di preoccuparsi per loro due,
specialmente per Emma, che ha dovuto lottare più di tutti, per proteggerli dai demoni,
per vegliarli dai piani della loro Madre e, finalmente, far scoprire a tutti loro il mondo esterno,
fuori dalle mura della “fattoria”.
E nel fare ciò, ha dovuto compiere delle scelte difficili,
portandola a rischiare la sua incolumità.
Come quella volta a sei anni, all'incirca sette, lei era caduta da un albero
e si era fratturata il braccio, solo per poter prendere un fiore e darlo a Norman,
quando non poteva uscire dall'infermeria per via di un brutto raffreddore.
Oppure quell'episodio capitato due mesi fa,
prima della spedizione a sorpresa del loro amico albino.
Stava correndo nel bosco con Don e Ray, nella speranza di raggiungere gli altri due
vicino alle mura, finché non la sentirono gridare dal dolore.
Quando raggiunsero alla fonte di quel rumore, aveva assistito, con orrore,
che Madre Isabella aveva rotto una sua gamba, a mani nude.
Poi, si aggiunse un altro ricordo importante,
ovvero una settimana all'incirca dalla fuga d'evasione.
Mentre Emma distraeva la loro allevatrice con l'incendio nella sala da pranzo,
Gilda e gli altri fecero evacuare l'intero edificio, in fiamme.
Lasciando i più piccoli indietro, affinché i bambini più grandi potessero arrivare fino alle mura,
lei cercò di guidarli fino alla meta.
Successivamente, Ray e Emma riuscirono a scappare,
ma quando era sul punto di darle il cinque, per gioire di quella piccola vittoria,
si accorse di una garza premuta all'orecchio sinistro,
una leggera macchia di sangue e quanto fosse, terribilmente, pallida e sudata.
Dire che fosse andata in escandescenza, a scoprire che ella aveva evirato l'intero padiglione sinistro,
per ingannare la loro Madre a rimanere bloccata nella struttura, era decisamente un eufemismo.
 
Gilda si promise che avrebbe tentato di tutto, l'impossibile, pur di non vederla auto infliggersi,
nuovamente, con le sue stesse mani.
 
Ed ora, eccola lì, a lanciare alla ragazzina dai capelli rossi le imprecazioni più colorite che conoscesse,
a destra e a manca, seguito poi da pizzicotti super dolorosi sulle sue guance,
con l'obiettivo di farla gridare più forte.
Ora che ci pensava, con Emma si era sempre comportata come una “mamma”,
sapendo quanto fosse iperattiva ed energica ma anche tanto, ma tanto, sfacciata e spavalda.
Quando l'atmosfera si stava facendo pesante e, a tratti, deprimente,
Anna decise che era arrivato il momento di prendere in mano le redini della situazione.
E sapeva, esattamente, cosa dovesse dire.
Inspirò a pieni polmoni l'aria fresca notturna,
facendole venire un brivido di freddo lungo tutta la schiena, e poi,
buttò tutto fuori, schioccando appena le labbra rosee.
 
«“Tornano in alto ad ardere le favole.
Cadranno colle foglie al primo vento.
Ma venga un altro soffio,
ritornerà scintillamento nuovo.”»
 
Le due ragazze si fermarono di colpo, sorprese da quel l'intervento insolito,
e si scambiarono una breve occhiata, una più confusa dell'altra.
Verde contro nero.
 
«Anna? È tutto a posto?»
 
Di tutta risposta, la biondina guardò le stelle,
con un piccolo sorriso ad animarle il volto bianco e levigato e,
questo fece stranire ancora di più le due amiche.
Lei alzò distrattamente la mano destra,
verso il cielo scuro e tempestato da quella miriade di sfere di luce cosmica,
e provò a catturarne una con un piccolo pugno.
Ricordava di aver letto, quella poesia, in un libro che raccontava
le opere di scrittura e letteratura di un famoso poeta e accademico italiano,
che aveva vissuto gli anni della guerra fino agli anni 70, morendo per broncopolmonite.
Nonostante la vita gli aveva riservato un destino difficile, quasi un’odissea,
ha dato tutta la sua vita alla poesia e a far trasmettere, ai suoi posteri,
l'attaccamento alla vita e alla natura, e l'invito a trovare la propria strada.
Un chiaro messaggio a non avere timore del buio, ma di affrontare, in pieno petto,
quella paura verso l'ignoto, con la speranza.
 
Leggendo “Stelle”, le aveva ricordato Emma, che brillava di luce propria,
forse anche più forte di quelle sfere cosmiche nell'universo, e questo la fece sorridere di cuore.
 
«Questo testo nasconde un significato profondo, intricato,
ed è una delle mie preferite del Signor Giuseppe Ungaretti.» rispose Anna,
avvicinando il pugno all'altezza del petto
per poi stringerlo a sé con l'altra mano «Parla del suo alternarsi tra speranza e angoscia,
tra la luce e le tenebre... e ha scelto le stelle, come titolo metaforico della sua vita.
È quel bagliore che illumina la notte, che continua a splendere anche nella stagione buia della morte,
ovvero l'autunno.»
 
Le iridi azzurre incontrarono quelle verdi di Emma e quelle nere di Gilda,
in uno sguardo intenso, deciso, con il suo immancabile sorriso gentile.
 
«Vedete quelle stelle, di fronte a noi?» domandò lei, oscillando appena la testa,
facendo poi un cenno di guardare in alto, proprio dove si vedevano tante costellazioni
diverse ed inimmaginabili «Compaiono e scompaiono nel cielo, sapete il perché?
Rappresentavano le “favole” degli uomini, dapprima spazzate via con le delusioni della vita e poi,
con l'arrivo della paura, man mano iniziarono a svanire.
Eppure, ce ne sono molte che non hanno mai smesso di brillare...»
 
Sentì una leggera pressione sulla sua spalla e abbassando lievemente lo sguardo,
rivide i smeraldi di sua sorella, nonché complice di questa uscita notturna fuori dal rifugio,
e un gran sorriso che partiva da un orecchio e all'altro.
 
«E sentiamo, cosa vorresti dire con “favole”?»
 
Ricambiò quel sorriso sghembo, seguito poi da una stretta di mano.
 
«Penso tu sappia già la risposta, non è vero Emma?»
 
Di tutta risposta, la rossa rise di gusto, fino ad alzarsi completamente dalla sua postazione.
 
«Questa sera le stelle sono molto belle, non credete?»
 
Entrambe le ragazze annuirono e seguendo il suo consiglio,
osservarono attentamente quelle piccole luci bianche, che davano uno spettacolo incredibile,
quasi maestoso, in quel cielo così vasto.
Quando capitava d'intravedere qualche costellazione, sorridevano euforiche
con il cuore che palpitava dall'emozione.
Senza farsi notare, Emma guardò attentamente i volti estasiati di quelle due ragazze,
che aveva conosciuto per quasi undici anni all'orfanotrofio di Grace Field House.
Quelle che sono state, nel bene e nel male, le miglior sorelle mai avute in tutta la sua vita.
Quelle che, solo a loro, ha confidato i suoi segreti più profondi,
le sue emozioni più oscure e le sue paure più terrificanti, dopo la sua partenza.
Quelle che, nonostante fossero preoccupate per un suo possibile “crollo”
non appena le si presentava una verità cruda ed agghiacciante,
avevano sempre appoggiato le sue scelte, per il bene della loro famiglia.
 
In quel momento, un senso di orgoglio e felicità le fece gonfiare il petto,
ringraziando a Dio quanto fosse fortunata ad averle conosciute.
 
Senza pensarci due volte, ella prese con vigore le mani di Anna e Gilda,
mettendole una sopra l'altra, e stringendole appena con la propria,
le iridi verdi luccicarono sotto il chiaro di luna.
 
«Credo lo sappiate già... dobbiamo prepararci a tutto.» parlò la rossa con fare deciso
e non appena vide quello stesso bagliore nei loro occhi, le strinse forte a sé,
in un abbraccio caloroso «Tuttavia, questo non deve impedirci di cercare la nostra favola.
Dobbiamo brillare, anzi, bruciare l'intero cosmo!
E, solo allora, niente e nessuno può fermarci.»
 
Sapeva bene che non sarebbe stato facile vivere nel mondo esterno,
pullulante di demoni spaventosi e dal sistema anarchico delle fattorie di esseri umani,
e nemmeno a sfuggire al proprio destino come “bambina-bestiame”.
Eppure, si rifiutava di accettare quello che l'era stato imposto, di vivere una vita falsa.
Voleva crescere, scoprire il mondo e capire le varie emozioni, come la tristezza e l'amore.
 
Voleva vivere, più di chiunque altro.
Per loro.
Per lui.
 
«Puoi dirlo forte, sorella.»
 
Quella notte, le tre ragazze strinsero un'alleanza sotto la luce delle stelle,
le stesse che il Sommo Poeta amava tanto guardare da bambino,
giurando di continuare di cercare lei, la speranza, e di mantenerla viva nei loro cuori.
Emma n'era assolutamente certa: avrebbero ancora visto l'alba di un nuovo giorno,
con tutta la sua famiglia, e ora che aveva provato quell'incredibile sensazione di libertà,
non era disposta a rinunciare tanto facilmente.
 
No, era assolutamente fuori discussione.
 
Prima che raggiungesse Anna e Gilda dentro al rifugio,
la rossa lanciò un ultimo sguardo verso il cielo stellato, così bello ed ipnotico.
Non appena vide una stella brillare, più forte, in mezzo alle sue compagne, si lasciò andare
ad un piccolo pianto muto, seguito da un sorriso morbido e un leggero colorito rosso ciliegia,
al ricordo di Norman.
 
Il suo caro e dolce Norman.
 
Per un breve momento, pensò di vederlo lì, proprio in quel mare di costellazioni e luci,
che la vegliava da lontano.
Strinse forte la sua mano destra e cercò di scacciare via quelle gocce di rugiada,
a bagnarle prepotentemente il viso.
 
“Guardami, Norman.
Farò tremare le stelle, te lo prometto...”
 
 




Angolo dell'autor*:
 
Sono in un mostruoso ritardo di ben... tre/quattro giorni,
(forse anche qualcosina di più, ahia)-

I know, dovevo fare in modo di pubblicare il tutto entro il giorno stabilito,
o nel caso in quello successivo,
ma il lavoro mi ha chiamato (commissioni sartoriali) e io non potevo tirarmi indietro...
con ciò, ho dovuto rallentare gli aggiornamenti ^^'

Sono stat* decisamente lent* e mi scuso tanto con voi.
Che dirvi di questa piccola chicca, mi mancava di parlare del rapporto di "sorellanza" 
con le mie best girls della fattoria Grace Field, ed è stata anche una grandissima sfida,
studiarmi bene, la poesia "Stelle" di Giuseppe Ungaretti!

Ammetto che non è stato facile, non sono sicur* di avervi trasmesso
appieno il messaggio riguardo l'alternanza tra paura e speranza, ma mi auguro di sì... lo spero lmao

Ora scappo, ho diverse storie arretrate da finire.
Al prossimo aggiornamento, stelline!
Saluti,
Artemìs
 
   
 
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