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Autore: Hypnotic Poison    13/09/2022    4 recensioni
Tutti gli anni. Tutti gli anni riescono a incastrarti e a farti partecipare alla festa di fine anno. Non solo partecipare, ma pure organizzare. Allestire. Finanziare. Senza mai fallire. [...] « Ah, mi stavo giusto chiedendo quanto ci avresti messo a scappare. »
Il sarcasmo improvviso ti fa alzare un sopracciglio mentre ti fermi e scruti attraverso la fessura di una porta socchiusa.
« E tu che ci fai qui, sentiamo? »
Genere: Romantico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Ryo Shirogane/Ryan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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‘Cause there we are again in the middle of the night
We’re dancin’ ‘round the kitchen in the refrigerator light
 
And there we are again when nobody had to know
You kept me like a secret, but I kept you like an oath
 
Well, maybe we got lost in translation
Maybe I asked for too much
But maybe this thing was a masterpiece ‘til you tore it all up
 
 
 
 
 
Il suo fiato è caldo contro al tuo collo, la sua carne come burro sotto le tue dita. Ti gira la testa e sei perfettamente cosciente che non sia solo colpa del troppo alcol né della stanchezza per l’orario.
Riesci a percepire solo il suo respiro, il suo profumo, lo stesso che ti ha invaso la mente e stuzzicato i nervi per un’infinità; non sai dove finisci tu e dove inizia lei, perché non c’è un inizio e non c’è una fine, con lei non c’è mai stato.
La stringi, la baci, la respiri come se da ciò dipendesse la tua vita stessa, e anche nel momento in cui la senti tendersi contro di te, pelle contro pelle, calore contro calore, pensi che non possa essere reale, che i vostri corpi non possano incastrarsi così bene. Mormora roca il tuo nome al tuo orecchio e tu sai che l’universo ti ha condannato a lei.
« I’m so fucking in love with you, Ichigo, » sussurri quando è ormai troppo tardi, quando non siete mai stati così vicini, quando sei letteralmente parte di lei e in lei sprofondi, ti perdi, come nel più meraviglioso degli abissi.
In caduta libera.
 
 
 
§§§
 
 
 
Tutti gli anni.
Tutti gli anni riescono a incastrarti e a farti partecipare alla festa di fine anno. Non solo partecipare, ma pure organizzare. Allestire. Finanziare.
Senza mai fallire.
A quante siete arrivati ora?
Sbuffi e lanci uno sguardo alla sala gremita di gente, non riconoscendo praticamente nessun viso. Che senso ha, a parte per pubblicità di cui sei sicuro non abbiate bisogno?
Dovresti smetterla di accontentarle.
Dall’anno prossimo non succederà più. Promesso.
Devi solo mantenere la parola con te stesso.
Costeggiando il lato del salone, il più possibile vicino al muro e al tempo stesso cercando di non attirare l’attenzione nel tuo volersi fondere con le pareti, ti allontani dalla massa e ti intrufoli in uno dei corridoi di quel salone per ricevimenti, alla ricerca di un’oasi di solitudine.
« Ah, mi stavo giusto chiedendo quanto ci avresti messo a scappare. »
Il sarcasmo improvviso ti fa alzare un sopracciglio mentre ti fermi e scruti attraverso la fessura di una porta socchiusa.
« E tu che ci fai qui, sentiamo? »
Ichigo, incredibilmente in un abito di velluto verde scuro, sorride e si versa un secondo bicchiere d’acqua: « Stavo morendo di sete, e di là servono solo champagne, ho bisogno di una pausa. »
Tu entri lentamente, infilando le mani in tasca: « E invece che chiedere a uno dei venti camerieri, ti infili di soppiatto in cucina. Al buio. »
Lei sbuffa e ti guarda da sopra l’orlo di cristallo: « Perché tu cosa stai facendo? »
« Una passeggiata. »
« Certo, » ribatte, non convinta, « Ti conosco, Shirogane, stavi per dartela a gambe. »
Tu fai un verso sarcastico dal naso e un altro paio di passi, imponendoti sia di ignorare quel tonfo al petto alle sue parole sia di ricordarti da quanti anni ti costringi a ignorarlo.
« Non è il mio genere di cose, e lo sai. Lo sapete. Eppure, tutti gli anni mi costringete a farlo. »
« Non ti costringiamo proprio a niente, » replica quasi offesa, « Sei tu che dici di sì. Anzi, sei proprio tu che hai iniziato, dieci anni fa con la festa a cui ha suonato Mary. »
« Don’t remind me, please. »
Lei ridacchia e, nonostante abbia detto di avere bisogno di una pausa, afferra due dei calici ordinatamente divisi su dei vassoi, stappa una delle bottiglie ancora chiuse e versa a entrambi un altro bicchiere di champagne, riempendolo certo di più di quanto farebbe un cameriere. Tu, come al solito, non puoi fare a meno di osservarla, i suoi contorni un po’ sfumati nella luce bluastra che filtra dal frigorifero a vetrina, i capelli raccolti in un’elegante treccia laterale, le guance tonde su cui non puoi non cogliere il rossore dell’alcol, anche al buio, le labbra tinte di un ricco borgogna. Stringi le dita nelle tasche, poi ringrazi con un filo di voce quando ti passa il bicchiere.
« Buone feste, Shirogane-kun, » fa tintinnare il cristallo contro al tuo, « Tu non hai fame? »
« Hai delle lamentele anche sul catering, Ichigo? »
Lei ti fa una linguaccia e poi ti dà le spalle: « Era tutto molto buono, però le porzioni erano minuscole. »
« Si chiama finger food apposta. »
« E poi Minto continua a sgridarmi che non devo riempirmi la bocca come una volgarotta di provincia, quindi almeno qui posso starmene in pace a mangiare.  »
Tu prendi un altro sorso di champagne, lasciando che le bollicine ti pizzichino la lingua, mentre lei quasi spiaccica il naso contro al vetro, il fiocco sul retro del vestito che praticamente domina il tuo intero campo visivo.
« Dovremmo prendere uno di questi per il Caffè, » esclama golosa, « Si può ammirare tutto. »
« Perché, ti costa fatica aprirlo per sbirciarci dentro? »
« Costa energia elettrica! » replica furba, guardandoti da sopra la spalla e alzando un dito supponente e un sopracciglio divertito, e tu non puoi evitare di ridacchiare.
Finalmente apre il frigorifero e ne tira fuori un vassoio di frittatine tonde alle verdure, sospirando un po’ sconsolata: « Non saranno il massimo da fredde, ma okay. »
Tu non dici niente e continui a guardarla mentre inizia a masticare con gusto. Forse ha incrociato i tuoi occhi due volte da quando l’hai scovata, e non avete passato neanche un minuto in silenzio, e tu sai benissimo perché lo sta facendo: perché è nervosa, a disagio, nonostante si stia sforzando al massimo di nasconderlo, e tu ti chiedi in fondo perché abbia attirato la tua attenzione, perché non ti abbia lasciato continuare lungo il corridoio se fatica a rimanere da sola con te.
Sai anche che dopotutto la dicotomia dei suoi comportamenti è esattamente il problema.
Prendi un altro sorso mentre lei si lecca i baffi e trangugia un altro aperitivo.
« Non ne vuoi nemmeno uno? »
« No, thank you, » un altro sorso ancora e il bicchiere si svuota, « Not hungry. »
Al che alza gli occhi su di te per una frazione di secondo, abbastanza per farti capire che ti sta sgridando per l’aver bevuto troppo veloce avendo mangiato poco – come se potesse farti la predica – e poi sorride: « Non sai cosa ti perdi. »
« Li ho scelti io, » le ricordi, afferrando la bottiglia e rabboccando i calici di entrambi, « Dopo una cauta selezione. Me ne intendo di cameriere. »
Non intendevi per forza un doppio senso, ma lei arrossisce all’improvviso, strabuzza gli occhi e rischia di soffocarsi con il suo ultimo boccone, prendendo a tossire mentre ti squadra infastidita e imbarazzata; tu non riesci a trattenerti dal ridere né dal picchiettarle sulla schiena per aiutarla.
« Ma cosa… ah, lascia perdere! »
Svuota metà calice in un colpo e sospira pesantemente, riprendendo fiato e sfregandosi il petto coperto di velluto; la tua mano è ancora posata sulla sua schiena, puoi sentire il ritmo erratico del suo respirare. È più forte di te, sai che non dovresti, ma le tue dita si contraggono sul tessuto e in una mossa la tiri a te.
« Possiamo smetterla con questi giochetti, Ichigo? » mormori tra il rubino dei suoi capelli, la tua mano che si assesta sull’incavo dei suoi fianchi e lei che poggia la fronte contro la tua camicia.
« Scusa, » borbotta, sempre incapace di guardarti, sempre bisognosa di un contatto con te, « È che non so… cosa fare. »
Cala il silenzio mentre lei esala e pare rilassarsi un istante nella tua presa, che non accenna ad allentarsi. Posi il bicchiere sul tavolo e la stringi anche con l’altro braccio; sai che anche lei ci sta pensando, a tutte le volte che siete stati così, all’ultima volta che è stata tra le tue braccia.
Forse però a lei non brucia così tanto.
La senti respirare, le mani rannicchiate contro al tuo petto che ancora stringono il cristallo,  e per una volta parli prima di riflettere, a metà fra una risposta e una preghiera.
« Vieni via con me, Ichigo. »
Sa benissimo che non intendi ora, in quel momento; ma sa anche benissimo che ti basterebbe pure solo quello. Sospira e poi si irrigidisce, ti sembra che stia inspirando il tuo profumo prima che scuota la testa e faccia un passo indietro che non crea altro che l’ennesima voragine fra di voi.
« Non posso, » sussurra scuotendo la testa, e per un brevissimo istante si riappoggia a te, « Io ho… sarebbe tutto… »
Sarebbe tutto troppo complicato, non c’è nemmeno bisogno che te lo dica. Ne sei pienamente conscio, lo sei sempre stato. Forse è proprio ciò che ti ha fatto innamorare di lei, ed è ciò che continuerà a scavarti un cratere nel petto.
La totale, abbacinante consapevolezza che voi due non sarete mai ciò che lei vuole. Che tu non sei il perfetto cavaliere delle favole, quello che continua a scegliere nonostante poi corra da te.
Che tutto ciò che è successo è stato di più di quanto avresti mai sperato, e molto più di quanto ti fosse mai stato concesso.
Allora ti sposti tu, anche se il tuo intero essere ti grida il contrario, ti prega di insistere per una volta, di tentare di convincerla che ne varrebbe la pena, che non ci sarebbe nulla di cui avere paura se foste insieme, ma a che pro?
Hai chiesto troppo, e lo sai benissimo.
È il passo più difficile della tua vita.
« Chi è che se la sta dando a gambe ora, Momomiya? »
Non aspetti nemmeno che risponda, non le rivolgi neanche un’ultima occhiata; la luce fredda del frigorifero le tinge il viso di una strana sfumatura malaticcia, e non hai più neanche voglia di chiederti se sia solo quello a coprirlo di sofferenza.
Hai smesso di essere coraggioso per entrambi.
 
 
 
 
§§§
 
 
 
 
Traccia i contorni del tuo corpo come se lei stessa non li conoscesse, come se non ci credesse. C’è un respiro di distanza tra di voi, il suo calore t’irradia e si mischia al tuo. Temi che un solo singulto, un solo movimento possa spezzare la bolla in cui siete sospesi. La senti così fragile e così pesante al tempo stesso che devi concentrarti per inalare, per intrappolare ogni istante e imprimertelo in ogni cellula.
I suoi polpastrelli ti sfiorano di nuovo uno zigomo e poi sussurra: « È un segreto. »
Le tue dita si contraggono involontariamente sulla sua schiena, ma annuisci prima di sporgerti a baciarla ancora perché non puoi farne a meno.
Non qui, non ora, forse mai più. Però giuri a te stesso che andrà bene.
E cadi.
 
 
 
 
Running scared, I was there
I remember it all too well

 

 

 

 

 

 

 
Adesso vi dico una cosa che scommetto non vi sconvolgerà: questa fanfiction è nata mesi e mesi fa, a Dicembre 2021 più o meno, ovvero dopo un mese ininterrotto di ascolti di All too well (10 minute version) (Taylor’s version) (From the vault) di Taylor Swift, da cui prende titolo, versi, ispirazione, tutto xD
 
Poi ha languito perché era troppo triste pure per me, ma stamani ho preso una pausa dalla riscrittura di M&C (che è in pausa…. Da un po’ :D) perché – in attesa che esca Midnights e visto che sta tornando l’autunno – è tornata una botta di ispirazione grazie anche alla cinquemillesima volta che riascolto la canzone.
 
E basta, smetto di dirvi che finirò un giorno di torturare Shirogane, non ci credo neanche più io :3
 
Bacioni a tutti e buona settimana, grazie in anticipo per ogni lettura <3
 
Ps: ovviamente non vi devo dire di andare ad ascoltarla, vero? Vero? :D
   
 
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