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Autore: Abby_da_Edoras    15/09/2022    3 recensioni
Ecco che ritorno a pubblicare questa storia dopo tre anni... ma le cose in effetti sono cambiate. Devo ammettere che, da un lato, la terza stagione de I Medici non mi ha mai entusiasmata, ma dall'altro avevo voglia di raccontare cosa sarebbe successo nella MIA versione dei fatti non solo a Lorenzo, ma anche ai personaggi che io ho salvato o creato, ossia Jacopo e Antonio, Giuliano e altri che conoscerete leggendo la long (che, ovviamente, è il sequel di Il mio nome è mai più e Tutta un'altra storia e va letta dopo quelle). Così Lorenzo si trova ad affrontare nuovi nemici ma, questa volta, Giuliano è al suo fianco e anche Jacopo, nonostante questo gli faccia venire la nausea... e ci saranno nuovi personaggi, che però non sono quelli che avevo usato nella prima versione di questa storia.
Insomma, spero che la long fic vi piacerà, grazie a tutti coloro che leggeranno.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Sorpresa
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Medici Abby's Version'
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Capitolo secondo

 

We keep on going up and down
Wasting all our time, wishing we’d stayed on the side lines
Bet you would have left by now,

if you had seen the signs from the very beginning
Can’t tell if we’re a masterpiece or catastrophe
Oh, I’m sorry for the confusion I keep on causin’ yea
My mind is playing tricks on my heart
Yeah my mind is playing tricks on my heart

I wish that it was easy
I wish that lovin’ me wouldn’t feel so hard
I wish that it was easy
I wish that loving me was a walk in the park
I wish that it was easy...

(“Easy” – Alice Merton)

 

Era giunto il momento che Jacopo Pazzi aveva rimandato fin troppo a lungo, trincerandosi dietro varie scuse. Non poteva più mentire né a se stesso, né ad Antonio, né alla sua Firenze. Doveva prendersi le sue responsabilità e poi… sarebbe andata come doveva andare.

Jacopo prese Antonio per le spalle e fissò lo sguardo in quelle iridi scure e vellutate che gli donavano sempre calma e serenità. Avrebbe dato la vita per non dover addolorare quegli occhi pieni d’amore e di fiducia, ma non poteva più farlo, non era giusto.

E, finalmente, Jacopo era pronto a fare la cosa giusta.

“Antonio, tu sai bene quanto me che sono colpevole della situazione che si sta creando a Firenze” esordì.

“Ma no, Messer Pazzi, cosa dite? E’ Papa Sisto il colpevole, è lui che vuole conquistare Firenze e sta usando i mezzi più spregevoli. Terrorizzare il popolo con la minaccia della scomunica è terribile, il pontefice sta abusando del potere che Dio gli ha concesso e sarà punito…” protestò il ragazzo.

“E’ vero, ma sono stato io a permettere che si giungesse a questo punto” riprese l’uomo, in tono grave, “ed è ora che sia io a sistemare la situazione. Adesso Lorenzo non c’è e non abbiamo motivo di mentirci ancora. Sappiamo entrambi che io mi sono lasciato accecare dal mio odio contro i Medici e dalla prospettiva di governare Firenze, così ho accettato di buon grado i piani del Papa, di Salviati e di Riario, pensando che la morte di Lorenzo e Giuliano sarebbe stata un bene per la città, che io sarei stato un governante molto migliore di loro.”

Negli occhi di Antonio cominciarono a spuntare le prime lacrime. Certo, lui conosceva benissimo questa parte della storia (e sapeva altrettanto bene che, con ogni probabilità, anche Lorenzo ne era al corrente…), ma avrebbe preferito dimenticarla e non voleva che Jacopo, l’uomo che amava sopra ogni altra cosa al mondo, si accusasse così apertamente.

“La cosa che più mi tormenta è che tu sapevi tutto, Antonio, e che mi hai dato mille occasioni per tornare indietro, per fare la cosa giusta, ma io sono stato uno stolto e, nella mia rabbia contro i Medici, ho ignorato tutti gli avvertimenti” riprese Pazzi. “In questo modo ho rischiato di perdere te e, adesso, l’intera Firenze rischia una catastrofe. Ed è stata solo colpa mia. Conoscevo i piani del Papa e di Salviati e li ho appoggiati, partecipando io stesso alla congiura.”

“Non è vero, voi non sapevate tutto!” esclamò Antonio, straziato. “Vi siete fidato del Papa, di Salviati e di Riario, ma loro non vi avevano detto la verità, non vi avevano rivelato il vero scopo della congiura. Io non ho mentito a Lorenzo, io sapevo che il Papa voleva Firenze e che avrebbe concesso la città a suo nipote Riario, non a voi! Voi sareste stato solo un’altra vittima della congiura, perché sareste stato accusato di aver ucciso i Medici e sareste stato giustiziato insieme agli altri sicari mentre Riario sarebbe diventato il nuovo Signore di Firenze. Voi non volevate questo per la vostra città!”

Jacopo soffriva nel veder piangere Antonio. Se lo strinse di nuovo al petto, avvolgendolo nel suo abbraccio come per proteggerlo da ogni pericolo, e poi riprese a parlare.

“Hai ragione, io non sapevo quale fosse il vero scopo del Papa” ammise, “e di certo non avrei appoggiato i suoi piani se lo avessi saputo. Ma potevo pensare con la mia testa e comprendere che di certo né Papa Sisto né Girolamo Riario si sarebbero scomodati tanto per dare il governo di Firenze ai Pazzi. Avrei dovuto capire che il fine ultimo della congiura era quello di conquistare Firenze per Riario, ma nella mia arroganza e nella mia acrimonia per i Medici ho scelto di non pormi domande e di fidarmi di un serpente come Riario.”

Per la prima volta, Jacopo Pazzi ammetteva apertamente con qualcuno di essere stato uno stolto cazzone, presuntuoso, tracotante e accecato dall’odio. E Antonio capì che non era più tempo di minimizzare, di cercare di alleggerire l’atmosfera: Jacopo soffriva davvero per ciò che aveva fatto ed era per questo che adesso sceglieva di restare un passo indietro, di tenersi a distanza dalla vita politica.

“Capisco quello che volete dire, ma non è la cosa giusta, Messer Pazzi, né per voi né per Firenze” replicò dolcemente il ragazzo. “E’ vero, avete commesso un errore di valutazione non comprendendo quale pericolo rappresentavano il Papa e Riario ma, se adesso vi rifiutate di aiutare Lorenzo, ne commetterete uno ancora peggiore. Firenze e i Medici hanno bisogno di voi!”

Oddio, a voler essere onesti a Pazzi non poteva fregare di meno di aiutare i Medici, che comunque continuavano a non piacergli più di tanto, però forse Antonio aveva ragione, forse poteva ancora fare qualcosa per Firenze, per rimediare ai danni che aveva causato…

Baciò con tenerezza quel ragazzo meraviglioso che gli dava sempre tanta gioia e tanto affetto incondizionato e poi parlò di nuovo, sentendosi improvvisamente molto meglio. Antonio aveva quel potere su di lui, lo aveva sempre avuto, il potere di fargli comprendere le vere priorità della vita e di fargli sentire che esisteva un modo per fare la cosa giusta e sentirsi più leggero, con il cuore in pace e riscaldato da un amore vero e immenso.

“Va bene, Antonio, ti prometto che ci penserò e prenderò una decisione” gli disse, accarezzandogli il viso. “Il Consiglio dei Priori si svolgerà domani, nel primo pomeriggio, per cui ho abbastanza tempo per riflettere e capire se la mia presenza potrà essere veramente di aiuto o se, invece, causerà altri problemi.”

“Io sono sicuro che la vostra presenza aiuterà Lorenzo a portare avanti la sua battaglia” affermò Antonio, convinto. “Non potete tirarvi indietro, cosa avrebbe fatto il vostro antenato Pazzino de’ Pazzi?”

Ecco, se Giuliano fosse stato presente e avesse udito quelle parole, si sarebbe gettato dal piano più alto della villa… per fortuna non era lì ma chissà? Forse Jacopo avrebbe partecipato al Consiglio dei Priori il giorno successivo e avrebbe detto che, appunto, aveva deciso di impegnarsi in prima persona per difendere Firenze proprio come avrebbe fatto il valoroso Pazzino…

Il mio antenato Pazzino de’ Pazzi non sarebbe stato uno stolto cazzone come me e non si sarebbe lasciato ingannare dalle trame del Papa e di Riario, pensò Jacopo, ma non lo disse ad Antonio.

“E’ vero, ho sbagliato molto in questi anni, ma se voglio essere degno del mio prode antenato Pazzino de’ Pazzi devo mettermi in gioco e fare la cosa giusta” dichiarò l’uomo, che sembrava essersi ripreso dal suo malumore. A quanto pareva, l’amore di Antonio e il ricordo del valoroso Pazzino avevano compiuto il miracolo!

Intanto Lorenzo, tornato a Palazzo Medici, aveva trovato un altro ospite a sorpresa ma, per fortuna, questa volta non era quell’avvoltoio di Riario, quanto piuttosto un suo vecchio amico, un uomo sulla cinquantina di nome Nicomaco che era da sempre legato alla famiglia Medici. La sua famiglia aveva una bottega a Firenze da molti anni ed era stato proprio Piero, il padre di Lorenzo, a fornire il capitale necessario per poterla aprire e, da allora, Nicomaco e i suoi erano sempre stati, ovviamente, fedelissimi sostenitori dei Medici.*

“Nicomaco, mi fa molto piacere vedervi” lo salutò Lorenzo, che in quel periodo si aggrappava un po’ a tutto quello che trovava: se aveva cercato perfino l’appoggio dei Pazzi allora voleva dire che era proprio alla disperazione! “Era da diverso tempo che non avevo vostre notizie, siete forse stato ammalato? Spero di no.”

Se quelle parole celavano un velato rimprovero all’uomo per non essersi schierato apertamente in favore dei Medici negli ultimi tempi, Nicomaco non lo colse, o comunque fece finta di niente. A quanto pare aveva i suoi problemi da risolvere ed era venuto da Lorenzo proprio per parlargliene e scusarsi della sua assenza, dovuta appunto alle sue disavventure personali.

“A proposito, ho saputo che vostro figlio Cleandro si è sposato con Clizia, la giovane che avete allevato come se fosse vostra” intervenne Giuliano, con un accento ironico che faceva capire quanto, in realtà, sapesse lui delle faccende di Nicomaco… “Tutta la famiglia Medici vi porge le sue congratulazioni, è un peccato che non abbiamo potuto partecipare al matrimonio ma, come ben sapete, stiamo vivendo una situazione molto precaria.”

“No… non fa niente e anzi vi sono grato” replicò l’uomo, in evidente disagio mentre invece Giuliano ridacchiava. “Sarebbe stato un grandissimo onore per noi avervi al matrimonio ma ecco… è stato celebrato in fretta, in campagna, subito dopo che abbiamo scoperto che il vero padre di Clizia è un nobile napoletano e quindi…”

“Non preoccupatevi, ciò che conta davvero è che adesso siate qui e che abbiate intenzione di impegnarvi nuovamente per sostenerci” disse Lorenzo, temendo che l’uomo si mettesse a raccontargli tutti i problemi che aveva avuto. Ci sarebbe mancata solo quella, di preoccupazioni ne aveva già abbastanza di per sé!

“Sì, naturalmente, anche se ho deciso di ritirarmi dagli affari e di lasciare la bottega e tutto il resto a mia moglie” rispose Nicomaco. “Io ho acquistato una villa fuori Firenze, per vivere in pace e lontano dai continui pensieri e proprio per questo volevo parlarvi. Ecco, ho scoperto che la villa che ho comprato si trova piuttosto vicino a quella dove adesso vive Messer Jacopo Pazzi e, siccome sapevo che le vostre famiglie non sono propriamente in buoni rapporti, allora io… ecco, ho voluto farvelo sapere perché non pensiate che, magari, sono diventato amico dei Pazzi o cose del genere. La mia lealtà è sempre andata ai Medici e sarà sempre così, è stato solo un caso se…”

“Per me non c’è alcun problema, Nicomaco, ve lo assicuro” lo interruppe Lorenzo, “al contrario, negli ultimi mesi le famiglie Medici e Pazzi si sono riconciliate, forse voi non lo avete saputo, ma adesso non corre più cattivo sangue tra noi.”

La faccia di Giuliano aveva assunto un’espressione nauseata, ma né Lorenzo né Nicomaco ci fecero caso.

“Davvero?” si stupì l’uomo. “No, non ne sapevo niente ma allora è meglio così e…”

Questa volta a interrompere Nicomaco fu un servitore di Palazzo Medici che entrò nella stanza conducendo a forza un ragazzo dall’aria furbetta e spintonandolo per farlo muovere.

“Messer Medici, perdonatemi per la mia intrusione ma volevo avvertirvi che ho appena pescato questo furfante che spiava nelle vostre stanze, era addirittura entrato nel vostro studio e chissà, magari ha addirittura rubato qualcosa!” disse il servo.

“Pirro, che hai fatto?” trasecolò Nicomaco. “Non ti avevo detto di aspettarmi in carrozza?”

Il ragazzo abbozzò un sorrisetto storto e gli occhi gli brillarono, da vero impunito qual era.

“Mi annoiavo, padrone, e poi ho sempre voluto visitare Palazzo Medici. Non ho spiato né rubato niente, volevo semplicemente vedere lo studio del grande Lorenzo de’ Medici, ma questo bifolco qua non ha voluto ascoltarmi!” protestò.

“Va bene, lascialo andare, Emilio. Questo ragazzo è il vostro servitore?” domandò Lorenzo, mentre Pirro, con aria oltraggiata, si staccava bruscamente dalle mani del domestico dei Medici e faceva mostra di rassettarsi la giacca.

“Sì, è… uno dei miei servi, mi è stato molto vicino e mi ha aiutato in un momento… difficile per me e infatti adesso l’ho portato a vivere con me nella nuova villa” spiegò Nicomaco, sempre più a disagio. “Mi dispiace moltissimo per il malinteso, gli avevo detto di non entrare nel palazzo…”

“Non ho fatto niente di male, padrone, e voi non tornavate mai!” obiettò nuovamente Pirro.

Intanto Giuliano ridacchiava sotto i baffi e sembrava saperne davvero molto di più di quanto non desse a vedere…

“Non fa niente, sono sicuro che il vostro servo sta dicendo la verità” tagliò corto Lorenzo. “Piuttosto, quello che mi preme sapere è se domani voi sarete nuovamente al vostro posto al Consiglio dei Priori. Ci sono decisioni molto importanti da prendere e il vostro voto potrebbe essere decisivo. Verrete?”

“Ma certo, ma certo, Messer Medici e, anzi, mi scuso ancora per essere mancato così di frequente negli ultimi mesi, un giorno vi racconterò tutto” promise l’uomo.

Ma anche no, pensò Lorenzo, al quale interessava molto di più il voto di Nicomaco piuttosto che i suoi problemi, personali o familiari che fossero. E il fatto che Giuliano continuasse a trattenere a fatica le sghignazzate non era un buon segno… Alla fine, comunque, il giovane Medici riuscì a congedare Nicomaco e il suo servetto strafottente con la promessa che si sarebbero rivisti il giorno seguente al Consiglio dei Priori.

La giornata non era andata male per Lorenzo, dunque. Alla resa dei conti si era appena aggiudicato un alleato che temeva di aver perduto e, sebbene ancora non lo sapesse, anche Jacopo aveva deciso di presentarsi al Consiglio dei Priori e di appoggiare le proposte dei Medici. In quanto a Giuliano, aveva una gran voglia di raccontare al fratello tutta la vicenda in cui Nicomaco si era trovato coinvolto, ma purtroppo per lui avrebbe dovuto attendere ancora: infatti non era qualcosa che riguardasse il Papa, Riario o il Consiglio dei Priori e, al momento, i pensieri di Lorenzo erano rivolti esclusivamente a quello, i pettegolezzi e gli scandali di Firenze potevano aspettare!

Fine capitolo secondo

 

 

* Lo so che questo personaggio (e il suo servo Pirro) non esiste affatto nella storia de I Medici, ma io ho voluto inserire dei nuovi personaggi per dare un maggior arricchimento ad una storia che non mi entusiasmava (non ho amato molto la terza stagione della fiction) e perché questi personaggi, che originariamente appartengono alla Clizia di Machiavelli, mi hanno affascinato quando ho recitato nella commedia, tanto da farmi venire voglia di creare una mia versione alternativa del finale della storia e una ship vera e propria! E visto che si parlava di Firenze, botteghe, mercanti e affari, mi sembrava che inserirli nella vicenda dei Medici ci stesse anche bene… XD

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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