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Autore: mcpano_tomo    16/09/2022    0 recensioni
[…] “Spero che un giorno tu possa trovare quella persona che ti accompagnerà tra i fulmini, che ti guardi piangere senza pietà, che tu possa trovare la persona giusta a cui poter rubare i quaderni per scriverci i tuoi segreti, che sappia vedere quanto la parola addio ti faccia male e la chiami ad ogni costo in maniera diversa, che sia disposto a bere Coca-Cola e tisane alle due di notte per ascoltarti parlare di Pokemon, che abbia sempre le cuffie e le giuste canzoni per non farti spaventare durante i tuoi incubi reali, che non decida mai di svegliarti nonostante tu dorma con la bocca aperta e sbavi.
Spero che tu possa trovare la persona con cui cantare sotto la doccia, con cui litigare al bar per ogni cosa, che tremi ogni qual volta che vi guardate, sfiorate, baciate.
Solo ora che non ti ho più capisco quanto io desiderassi essere quella persona.” […]
Genere: Sentimentale, Slice of life, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kei Tsukishima, Shouyou Hinata, Tadashi Yamaguchi, Tobio Kageyama
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ti amo con un amore che è più dell'amore.

 

🪀🪀🪀

 

Cosa significa essere innamorati?  

 

Kei non è mai stato abituato all'amore, ora che ci riflette: suo fratello lo ama - ci prova sempre a farglielo presente - ma Kei ha lo sguardo troppo oscurato dal trauma che gli ha causato e ad attribuirgli il merito per averlo reso com'è - ovvero un agglomerato di confusione e sfiducia e sentimenti spenti per accorgersene; sua madre lo ama - almeno, suppone - ma è una donna troppo presa da sé stessa e dalla delusione di un amore fallito per ricordarglielo. 

 

E così, nel tempo, Kei l'ha dimenticato.

 

Cosa significa ricevere un bacio sulla tempia quando i suoi mal di testa diventano pulsanti e dolorosi, un abbraccio per scacciare via la tristezza, l'accortezza di ricordarsi la sua torta preferita e preparargliela per il compleanno, una carezza sulla guancia per nessun motivo particolare se non per quell'impulso di creare una connessione tra due persone che si amano. 

 

Effettivamente, sua madre non sa molto su di lui. Non sa quanto tenga ai suoi modellini di dinosauri, a cosa ha iniziato a significare la pallavolo, a come gli dia fastidio la pioggia sugli occhiali, la maniera genuina che lo diverte nel vedere Tadashi scivolare goffamente sulla neve ogni volta e come gli piaccia la fiducia che ripone in lui quando si aggrappa al suo braccio per non rischiare di farsi male. 

 

Entra a casa zuppo di pioggia prima del previsto senza respirare, posa le chiavi gocciolanti nel mobile vicino all'entrata pieno di fotografie tristemente strappate e dice un automatico "sono a casa". 

 

L'allegro "Bentornato tesoro!" lo coglie impreparato, risvegliandolo da quel vuoto silenzioso pieno di chiassosi pensieri in cui era caduto senza rendersene conto. 

 

Sua madre forse lo ama, forse ha dimenticato per un po' di farlo, forse uscire ogni sera con le amiche per distrarsi era piano piano diventato più importante di chiacchierare con suo figlio delle sue giornate a scuola, ma il suo interesse è sincero quando gli chiede "tesoro, cosa succede?"

 

Kei non sa esattamente quando abbia iniziato a piangere, ma può distintamente sentire le lacrime uscire dai suoi occhi, raggruppandosi nel suo petto sotto forma d'incredulità e cuore spezzato. Ma scappare non serve più a niente, giusto? In qualsiasi modo, Tadashi ora lo odia. 

 

Non aveva mai visto Yamaguchi così furioso, pieno di risentimento e odio nei suoi confronti. Avrebbe potuto notare che qualcosa non andava prima di quel momento? Avrebbe potuto evitarlo? Sì, decisamente.

 

Ma- Dio, si sente completamente pestato a terra e pesanti domande che gli distruggono la realtà volteggiano per la stanza, sente che deve vomitare il pranzo che non è riuscito a mangiare.

 

Osserva la devastazione che regna sovrana nella sua mente e non si sorprende quando non sente nessun battito cardiaco che gli possa suggerire di essere vivo. Ed il motivo è semplice. 

 

Tadashi si è finalmente stufato di Kei: il biondo aspettava solo questo, perché più si conoscevano, più diventavamo la quotidianità dell'altro, più capiva quanto l'altro fosse una persona meravigliosa e troppo per una persona come lui. Aspettava solo questo, allora perché fa così male?

 

Un fulmine squarcia i suoi pensieri e il silenzio e il suo cuore preoccupato per il suo migliore amico - alla fine, ha sempre avuto quest'abitudine di rimanere con Tadashi fino alla fine di un temporale. 

 

Non sa il motivo per cui abbia iniziato a farlo, a dieci anni, ma è ovvio il perché abbia continuato: la prima volta che l'ha visto durante un tempesta piuttosto violenta, era anche la prima volta che Yamaguchi rimaneva a dormire a casa sua. 

 

Ricorda vivamente di essere tornato dal bagno e lo aveva trovato avvolto nel futon che piangeva e si copriva le orecchie con così tanta forza che sembrava ne dipendesse la sua stessa vita, batteva i denti per sovrastare il frastuono dei tuoni, occhi serrati per cercare di non vedere quegli squarci di luce che a Kei piacevano tanto, ma che terrorizzavano Yamaguchi. 

 

Il cuore di Kei, quella volta, si riempì per la prima volta di pura tenerezza mentre si avvicinava e gli prendeva la piccola mano per farlo accovacciare su di lui. Ascoltarono per la prima volta la musica insieme, parlarono di gusti musicali e videogiochi, modellini e passioni. Riuscì a distrarlo, nonostante il terrore ritornasse ad ogni fulmine e Yamaguchi si nascondesse sotto la sua felpa. Ma sembrava funzionare. 

 

Fu da quel giorno che nel suo lettore MP3 o in quelli nuovi a seguire c'è sempre una playlist solo per Tadashi con tutta la sua musica preferita per emergenze come queste.

 

Nel tempo, piano piano, senza neanche accorgersene, anche Tsukishima ha iniziato ad odiare la pioggia. 

 

Era il tempo che preferiva, un tempo, da piccolino. 

 

I tuoni erano forti abbastanza da coprire le urla dei suoi genitori che litigavano, la pioggia confondeva i frastuoni dei piatti che si lanciavano. Era rassicurante, quasi, quando sentiva le prime gocce di pioggia. 

 

E ora sapere che mette di cattivo umore il suo migliore amico, mette di cattivo umore anche lui. È quasi imbarazzante quanto Yamaguchi abbia cambiato la sua vita, gli sia entrato dentro nella maniera più genuina possibile e l'abbia semplicemente migliorata essendo solo sé stesso. 

 

Piove, e anche se si sente così affine ad esso non riesce a farselo piacere: lo assale il panico di non essere con Yamaguchi quando lui ne ha più bisogno ma, anche se vorrebbe così tanto correre da lui, non riesce a respirare senza incepparsi e cadere fino all'esserne estenuanti. 

 

Il cielo è totalmente scuro ai suoi occhi, diluvia e il suo rumore scrosciante copre un po' il rumore di se stesso che cade per rialzarsi chissà quando, trema come l'ultima foglia gialla di un albero d'autunno: vorrebbe solo specchiarsi in qualche quadro che non conosce e vivere la realtà di esso. Non vuole affrontare la propria, non vuole crederci, non vuole pensarci, perché sta cadendo tutto a pezzi e il sentimento lampeggiante di mi ha scoperto lo lascia senza fiato. 

 

Non sente quell'esile paio di braccia che lo stringe cercando di infondergli l'amore di cui dispone, riesce solo a pensare a come stia Yamaguchi nonostante gli abbia appena spezzato il cuore nella maniera più agrodolce possibile. 

 

Quando torna ad essere cosciente di ciò che è vero e cosa no, si ritrova in bagno con l'acqua della vasca, un tempo bollente, ormai quasi fredda. 

 

🪀

 

È il primo giorno di scuola dopo le vacanze estive, e Yamaguchi è in ritardo. Ovviamente. 

 

Kei sospira, mentre digita velocemente un "sono qua, sbrigati". Non vede Yamaguchi dall'inizio delle vacanze, si può dire: i suoi genitori l'hanno sequestrato e portato in viaggio con la scusa che quello sarebbe stato l'ultimo anno per farlo, visto che tra poco partiranno per il collage.

 

Non lo vede quindi da troppo tempo, ma questa quotidianità di essere loro non gli dispiace neanche. Yamaguchi è sempre stato un ritardatario, e lui è la puntualità che li compensa. Gli piace che sia così.

 

Quando sente la porta di casa aprirsi, sta controllando che film ci sono in programma in quei giorni, ma se ne dimentica quando vede il suo migliore amico salutare i suoi genitori prima di uscire. 

 

La prima cosa che pensa è che Yamaguchi si è dimenticato di andare dal parrucchiere.

 

Ora sembra Asahi, con i capelli lunghi legati in un piccolo codino che serve solo per tirare indietro il ciuffo. La seconda cosa, è che gli sta bene. Davvero molto bene. I ciuffi scuri gli incorniciano il volto abbronzato, Kei potrebbe quasi osare dire che sembri più lentigginoso del solito. 

 

Sembra che abbia un'aura diversa, ora. Lo nota non appena si avvicina per salutarlo con il solito sorriso di sempre: sembra quasi che sia più massiccio. Non solo di corporatura, ma come presenza. 

 

Se prima era una una scritta in corsivo, ora potrebbe essere paragonabile a uno stampatello elegante. Visibile ma non disturbante. Degno di un capitano. 

 

"Sei cambiato," gli dice, ancora prima di salutarlo. Yamaguchi ridacchia in imbarazzo portando una mano a grattarsi il collo, "sì, insomma... ho pensato che forse cambiare non fosse un'idea così brutta." 

 

E un sorrisino colora il viso di Tsukishima quando nota che alla fine, è sempre lui. "Hai pensato bene" lo rassicura, e finalmente Yamaguchi sembra essere a suo agio, come se fino a quel momento avesse avuto paura che Kei avesse mai potuto giudicarlo. "Anche tu sei cambiato, Tsukki! Da quando porti le lenti a contatto? Non mi hai detto niente, Tsukki."

 

Parlare con lui è giocoso, piacevole, esaltante e facile come sempre. 

 

Nulla è cambiato, a parte loro due. 

 

***

 

Purtroppo non è stato solo Tsukishima a notare il nuovo taglio di capelli di Yamaguchi, il fatto che si sia alzato ancora di qualche centimetro e che abbia messo una non indifferente massa muscolare. 

 

Lo ha fatto più o meno tutta la scuola. 

 

"Tsukkiii" Lo chiama in tono lamentoso entrando in classe Yamaguchi con una lettera rosa in mano, tempestata di cuori e baci "è la quinta questa settimana." Sembra che sia sul punto di piangere mentre lo dice, e Tsukishima sghignazza, "Sei un Latin Lover ora, eh?" 

 

Yamaguchi mette il broncio, e Tsukishima non dovrebbe pensare a quanto adorabile sia, "non è divertente Tsukki, mi dispiace così tanto." Forse Tsukishima non dovrebbe essere neanche così rincuorato dal fatto che Yamaguchi rifiuti tutte le dichiarazioni d'amore che gli arrivano. 

 

"Come dici tu."

 

***

 

Il tempo passa lento e continuo in sua presenza, giocare a pallavolo è più divertente se c'è lui a fare il tifo e complimentarsi per ogni piccolo miglioramento. 

 

Anche l'ora del pranzo è diventata piacevole: il nuovo intraprendente Yamaguchi non gli ha lasciato scampo. Invece di passare la pausa tra la pace dei sensi nella confortevole e pacifica compagnia reciproca, come hanno sempre fatto, quest'anno l'ha preso per il polso sinistro dicendogli che, solo per quella volta, avrebbero pranzato con Shoyo e Kageyama. 

 

Quella che sarebbe dovuta essere una sporadica avventura, con l'arrivare dell'inverno è diventata la loro quotidianità. Una bolla di serenità che nessuno sarebbe riuscito a scoppiare; o almeno, pensava fosse così.

 

Quella mattina, invece, Tadashi era letteralmente scappato. 

 

"Dov'è Yamaguchi?" chiede Kei, dopo essersi accorto che mancava da un po' troppo la solita figura gentile e sorridente sempre seduta al suo fianco. Hinata scrolla le spalle, ignorando per un attimo il litigio infuocato con Kageyama - Tsukishima è abbastanza sicuro che sarebbe finita come al solito - e lo guarda con dentro una leggera comprensione "era andato in bagno." 

  

Tsukishima annuisce verso l'arancione, e poi torna a guardare con angoscia le bacchette ordinare e il riso non scombinato. 

 

*** 

 

"Yamaguchi, perchè piangi?" 

 

Trova il suo migliore amico dietro la porta della loro classe vuota, singhiozzi e lacrime lo scuotono dall'interno il suo animo. Il cuore del biondo si frantuma quando vede i suoi occhi spezzati e le lentiggini arrossate da quante volte Tadashi ci abbia passato le mani per cancellare le tracce di sale.

 

È uno di quei momenti dove nota che sono cambiati, entrambi, ma che sono sempre uguali a prima. Capisce che qualunque cosa si diranno, se lo faranno, sarà importante.

 

Si siede davanti a lui con la preoccupazione mascherata dalla paura di essere sé stesso, ma ad ogni respiro corto e confuso il suo cuore si spezza sempre un po' di più. Nota una scatola a forma di cuore abbandonata vicino a lui, e aspetta. 

 

Non può fare altro che esserci, e Yamaguchi parla "Mi dispiace." Kei lo guarda con calma, lo osserva e pensa che qualcosa decisamente non va. "Qualcuno ti ha fatto del male?" chiede Tsukishima, e Yamaguchi scuote la testa. 

 

Aspetta ancora, aspetta finché ce n'è bisogno perchè è Yamaguchi, e poi "È che- ho ricevuto questa dichiarazione da una ragazza." Kei annuisce, e aspetta, "non so davvero perchè mi abbia scombussolato così tanto." 

 

Kei accenna un sorriso a quel punto, "a meno che non ti abbia dato un calcio negli stinchi subito dopo, non lo so neanche io, Yams." Una timida risatina scappa dalla bocca di Yamaguchi e a quel suono Kei sente di poter finalmente respirare. 

 

Yamaguchi traccia tremante con il dito il bellissimo fiocco argenteo che adorna la scatola di cioccolatini. Kei si sporge per dargli un colpetto con la spalla e fargli presente che lui è lì. Per lui. Per sempre.

 

"Ne vuoi uno, Tsukki?" chiede Yamaguchi, tirando il filo mentre il fiocco si apre con grazia.

 

A Kei non vanno, in realtà.

 

"Okay."

 

L'affusolata mano di Yamaguchi prende delicatamente uno dei dolci – la loro forma si abbina a quella della scatola dove risiedono – e lo posa sul palmo aperto di Kei. 

 

Mangiano in un silenzio assordante, avrebbero così tanto da dire e chiedere, ma troppo poco coraggio per farlo. 

 

Poi, come una discarica in un campo fiorito, in lontananza Kei sente delle familiari voci litiganti. Prega che i ragazzi non facciano irruzione, anche solo per un altro minuto; sente che questo momento con Yamaguchi è troppo prezioso per essere già interrotto.

 

Ma Hinata spalanca la porta, e li squadra. Anche se è appena arrivato e non dovrebbe capire che succede, è delicato nel chiedere "Yamaguchi?" e bloccare Kageyama fuori dalla stanza con una mano tesa. 

 

Il suo migliore amico scuote la testa, una conversazione profonda fatta tra l'empatia e la telepatia che Tsukishima invidia un po'. "Che succede?" chiede quindi Hinata, sedendosi vicino a loro, e Tadashi tira su con il naso "a quanto pare, domenica ho un appuntamento." 

 

Tutto si spegne. 

 

Non nota come gli altri due lo stiano osservando di sott'occhi, non sente la campana suonare e gente indefinita che inizia a rientrare nelle proprie classi, non sente nulla se non un vuoto nel petto che si allarga, allarga, allarga e lo inghiotte. 

 

E sai quanto può essere forte un terremoto nel cuore?

 

"Tsukki?"

 

🪀

 

Cosa significa essere innamorati? 

 

Quando Kei era piccolo e riusciva a sognare senza aver paura di farsi male, suo nonno lo faceva fantasticare su cosa fosse l'amore. 

 

"Un tempo ero quasi miliardario, sai? Avevo tua nonna" gli diceva sempre. Lo diceva a tutti, in realtà: ai suoi nipoti, ai figli, agli amici, agli sconosciuti. Kei la trovava una cosa carina, bella da dire, fin quando non si accorse che sua nonna non sarebbe mai venuta a saperlo. E, sempre da più grande, capì che forse era il senso di colpa di non essere riuscito a dirglielo che lo incitava a farglielo cantare a tutti, come se fosse la più dolce delle tragedie greche. 

 

A suo nonno piaceva parlare, leggere e scrivere dell'amore: ne era completamente assuefatto. Ma a Kei piaceva questa cosa; erano i momenti migliori della sua infanzia, quelli. 

 

Diceva che l'amore che provava per la nonna era ai confini tra il mito e realtà.

 

Diceva che l'amore - l'amore quello vero, intero, raro, celestiale - vuole una cosa e vuole l'altra: pretende il perfetto equilibrio tra la sensualità e la tenerezza.

 

Diceva che nessun proverbio sapesse che cosa fosse l'amore, che fossero sempre fuori stagione e non sapessero catturare il verde sublime negli occhi di nonna: iniziò a dipingere per questo. 

 

Diceva anche che non avesse nessun senso aprire gli occhi, se non ci fosse stata lei davanti. 

 

Fu lì che l'amore iniziò a fargli paura: l'ha temuto, odiato, ripudiato. 

 

Suo nonno era morto per amore: aveva provato ad andare avanti con la sua irrefrenabile voglia di vivere, ma la nonna non c'era più. E lui con lei. La sua vita con l'altra, come se dopo tutti quegli anni passati insieme il loro amore fosse unico cuore. E Kei non voleva fare lo stesso sbaglio. 

 

L'amore ha iniziato a non interessargli più all'età di dieci anni. 

 

Ha nascosto l'incessante paura di innamorarsi dietro l'indifferenza per le emozioni umane, il miraggio che una vita senza amore fosse più facile, semplice e meno traballante. Aver allontanato l'amore significava anche aver allontanato quella fune di cui parlava suo nonno, 

 

"Soltanto stare sulla fune ti lega alla vita." diceva in quel pomeriggio d'estate, in una delle loro solite conversazioni. 

 

"Ma non trema? Non ti fa paura?" chiedeva con innocente interesse. 

 

"Può darsi Kei, ma intanto ti regge. E intanto ti afferra. Ti fa desiderare che non finisca mai. Soltanto ciò che ti scivola dalle dita riesce a provarti davvero che hai delle dita." 

 

"Ti piace tremare, nonno?"

 

"Sai, all'inizio... tremare mi faceva paura. Tua nonna mi terrorizzava."

 

"La nonna?" e il nonno rise alla faccia scandalizzata del suo nipote preferito. L'unico che, secondo un veterano d'amore, potrebbe riuscire ad amare davvero. 

 

"Avevo paura della nonna perché era lei che mi faceva tremare. Ma sai, poi l'ho accettato. Essere deboli non è sempre un male come si potrebbe credere. Sono diventato umano da divino per lei, solo per lei. Mi faceva tremare, ma ne avevo bisogno. Ho bisogno di tremare."

 

"Anche il dolore ti fa tremare?" Il nonno rimase spiazzato da quella domanda che un semplice bambino di cinque anni gli rivolse mentre colorava il suo disegno con i pastelli a cera. Lo prese sul serio, speranzoso che queste conversazioni non venissero dimenticate.

 

"Devo capire chi sono. Anche se fa male. Sai quanto dolore c'è dietro l'essere se stessi? Ma soltanto chi trema capisce chi è. Non avere paura di farti del male, Kei. Il dolore è solo per i più temerari tra noi. Un giorno tremerai, e quel giorno capirai di amare più di qualsiasi uomo su questa terra. Raggiungerai la felicità dedicata agli dei, raggiungerai l'infinito e tutto quello che c'è dopo. Se amerai potrai definirti un coraggioso. Uno di quelli intrepidi, che non molla mai."

 

Esce dal bagno che non ha smesso di piangere, le sue mani sudano e il cuore non lo sente più. Ha perso l'unico motivo per cui era andato avanti per tutto quel tempo e ora, senza, non sa per cosa sopravvive. Deve avercelo? Ha vissuto così tanto tempo con un motivo per cui farlo che non sa neanche se le persone normali ne abbiano uno o meno o tanti.

 

Non ha molto altro che aggrapparsi alla superficialità; raggiunge sua madre come se fosse l'unica cosa che gli rimane, e forse lo è, e lei lo aspetta con una cioccolata calda fra le mani e lo guarda con tutta la comprensione che si possa leggere dentro una persona. Le vuole bene, ma nei suoi occhi non ci legge nulla di più dell'essere umano; è uno sguardo che non racconta niente. Vorrebbe Tadashi davanti solo per leggere la mitologia delle sue costellazioni.

 

Ma non può, non è vero? Ed è tutta colpa sua. Era così spaventato dall'idea di perderlo che ha fatto di tutto per erigere quel muro insormontabile che ora lo sto riducendo ad esistere nell'ombra di uno spoglio ciliegio, quando prima erano la Luna e la più scintillante Stella nella notte.

 

"Amore mio..." sussurra guardando i suoi occhi spezzati e ci scova dentro la devastazione più desolata che potesse trovarci. Sono così rossi e il suo oro è così oro, splendenti nella loro bellezza come un calmo cielo splendente senza pioggia sulla triste Londra, ma sono rotti come lui, e dentro... dentro non c'è nulla

 

Assolutamente nulla. 

 

Non un sogno, non una speranza, non una certezza. C'è solo la devastazione più straziante che abbia mai visto dentro qualcuno e sua madre sta soffrendo con lui. 

 

"Vuoi raccontarmi?"

 

Lui si siede tremando accanto a lei, l'esitazione di un bambino e il dolore di Prometeo. Vorrebbe parlare e spiegarle di come negli occhi del suo migliore amico ci veda le costellazioni, i miti e le fottute galassie e lui... e lui ha trovato un'altra.

 

Trema pensando a Yamaguchi, all'unico bacio che si sono scambiati quarantuno giorni prima da cui è scappato. Tremava così tanto che il cuore gli faceva male, tremava così tanto che ebbe paura per se stesso e l'unica cosa che fece fu scappare da tutto ciò che ha sempre desiderato e dalla consapevolezza di star respirando solo per aspettare quel momento.

 

Tremava così tanto all'idea che se un giorno tutto quello sarebbe potuto finire, lui avrebbe perso ogni cosa che abbia realmente importanza. 

 

E alla fine, è andata proprio come si aspettava. L'ha perso e, con lui, il senso della vita. 

 

L'amore è una fune, diceva suo nonno. È traballante e pericoloso, e lui non ha mai voluto questo per loro due. Sono sempre stati certezza, stabilità, integrità. Non voleva che cambiasse per i suoi sentimenti. 

 

Ora che ha smesso di piangere, capisce che forse è meglio così. Che prima o poi questo dolore passerà e lui potrebbe come no tornare a vivere, un giorno. Non gli importa tanto, se sarà senza Yamaguchi. Ma non si perdonerebbe mai se l'altro perdesse tempo a ritrovare se stesso dentro i suoi occhi vuoti e disillusi. 

 

Spero che un giorno tu possa trovare quella persona che ti accompagnerà tra i fulmini, che ti guardi piangere senza pietà, che tu possa trovare la persona giusta a cui poter rubare i quaderni per scriverci i tuoi segreti, che sappia vedere quanto la parola addio ti faccia male e la chiami ad ogni costo in maniera diversa, che sia disposto a bere Coca-Cola e tisane alle due di notte per ascoltarti parlare di Pokemon, che abbia sempre le cuffie e le giuste canzoni per non farti spaventare durante i tuoi incubi reali, che non decida mai di svegliarti nonostante tu dorma con la bocca aperta e sbavi. 

 

Spero che tu possa trovare la persona con cui cantare sotto la doccia, con cui litigare al bar per ogni cosa, che tremi ogni qual volta che vi guardate, sfiorate, baciate. 

 

Solo ora che non ti ho più capisco quanto io desiderassi essere quella persona. 

 

"Mamma, papà ti faceva tremare?" 

 

Lei non risponde alla domanda, la ignora con la magica noncuranza della consapevolezza dell'essersi accontentata, e gli passa la sua tazza preferita di batman con dentro la cioccolata. 

 

Dentro non c'è la punta di latte che lui ama, gli si spezza il cuore perché prima era Yamaguchi che glielo preparava e porgeva con il sorriso di mille soli, ma va bene così. 

 

🪀

 

 "Perché non dormite a casa mia, stasera?"

 

Sono a pranzo, e non stanno parlando di niente che abbia effettivamente importanza. O perlomeno, Tsukishima pensa che sia così anche se non potrebbe metterci la mano sul

fuoco. 

 

È come se non esistesse, ultimamente. 

 

Ha la testa perennemente da un'altra parte, viaggia completamente tra i pensieri più profondi e taglienti, tranciano i suoi polmoni a ogni sussurro, ad ogni ricordo; gli occhi vitrei che osservano ciò che prima ignorava e che ora lo dilania. 

 

Insomma, è che... non se lo aspettava. Per niente. Proprio per niente. 

 

Kei non si sarebbe ma immaginato che, da un giorno all'altro, Yamaguchi decidesse di accettare una delle tante richieste che settimanalmente gli arrivano. 

 

Quella fune di cui parlava tanto suo nonno sembra che lo stia soffocando, ora, invece di tenerlo ancorato alla vita. Lo sta semplicemente e derisoriamente prendendo per il culo nella maniera più meschina possibile: farlo tremare di paura. 

 

Forse è paura di perderlo. Ma potrebbe essere qualsiasi altra cosa, per quanto ne sappia lui. Suo nonno parlava di dolore, vita, amore e opere divine ma non di paura. O forse sì? 

 

Quanto può essere patetico Kei mentre cerca di afferrare il ricordo di un discorso che suo nonno, in procinto di morte, gli fece in una giornata totalmente anonima appartenuta al decennio passato, per cercarci dentro una risoluzione a tutti i suoi problemi. 

 

Che problemi, poi? si chiede. Il suo migliore amico sta solamente uscendo con una ragazza, per quanto ridicolo è non sa neanche dove andranno. Non sembra un problema, detto così. 

 

Allora perché a lui sembra che stia finendo il suo mondo? Allora perché pensa che abbia perso il suo momento e che tutte le loro promesse siano sfumate in un semplice "addio" sottinteso?

 

Perchè crede che non riuscirà pù a vedere Yamaguchi nello stesso modo, a non farsi più sfiorare dalle sue dita sempre freddolose, a non poter più vedere i suoi grandi occhi che sono l'unica luce che possiede delle costellazioni sconfitte?

 

Il suo cuore trema, hanno paura insieme di questi persi pensieri.

 

Infatti sobbalza un po' quando Yamaguchi gli afferra il braccio per attirare la sua attenzione; lo sguardo preoccupato del suo migliore amico allarga quel vuoto che risiede dentro di lui, il leggero tocco lo arde vivo come mai, sembra che tenga imprigionata in sè l'agilità dell'aria perchè Kei è senza fiato da quando l'ha guardato per la prima volta. 

 

"Ti andrebbe di venire a casa mia stasera, Tsukki? Stavamo giusto dicendo con Hinata e Kageyama di dormire da me." Gli rispiega delicatamente Tadashi, la voce dolce come il nettare degli dei. E Tsukishima pensa di non meritarselo.

 

Kei annuisce, "okay, va bene" e Yamaguchi gli regala quel sorriso splendido che con il tempo ha iniziato ad associate alle stelle; quel sorriso che a otto anni gli dedicava quando gli proponeva di andare in quel locale dove facevano le patatine fritte preferite di Yamaguchi, ma che lo faceva anche a dieci, a quattordici, a sedici anni e che non smette mai di fare. Di fargli. 

 

È un sorriso solo suo, marchiato 'Tsukki' che in qualche modo gli fa scottare la guance dalla prima volta. 

 

Si mette istantaneamente le cuffie per cercare di smettere di esistere in mezzo al tanto trambusto che provoca il riscoprire sé stessi, ancora confuso dai suoi stessi terrificanti pensieri. 

 

Da quando associa a Yamaguchi l'aggettivo "splendido"?

 

"Va bene, allora pigiama party a casa mia!" 

 

Kei ha questa brutta sensazione che gli sconvolge lo stomaco, Yamaguchi gli manca anche se è seduto accanto a lui e le loro ginocchia si sfiorano ad ogni minimo respiro che si dedicano e si chiede se gli occhi di Yamaguchi siano sempre stati del colore della Luna.

 

***

 

"Non vale, voi due vi conoscete da troppo tempo." Si lagna Hinata sbuffando, sconfitto per l'ennesima volta. 

 

"E questo che c'entra con l'essere forti ai videogiochi?" Si sta sforzando, Kei, di non rovinare la serata. Per qualche motivo, che non è sicuro di voler conoscere, Yamaguchi sembra tenere particolarmente a questa strana coppia. Oh, beh. Non che gli interessi particolarmente.

 

"Voi vi fidate ciecamente l'uno dell'altro! Come posso farlo anche io? - chiede retorico, con un sospiro che anticipa l'apocalisse, - Kageyama è una schiappa con la tecnologia." 

 

Kei sbuffa; non sa il motivo per cui si trovi qui, mentre la lite tra i due singoli imbecilli non diventa una lotta di cuscini con tre, di citrulli. 

 

Tadashi ride e scherza con loro come il bambino che era troppo tempo fa e che Kei non vede da troppo tempo, mentre evita abilmente tutti i cuscini che gli arrivano e cerca che questi non distruggano casa del suo migliore amico.

 

Ha un bel sorriso, Tadashi. 

 

Lo ha sempre pensato, ma ora è semplicemente... di più. Ha potuto godere poco della fase infantile di Tadashi, quello sguardo così felice che gli fa socchiudere le palpebre, le rughette attorno agli occhi, il naso arricciato e il sorriso smagliante. 

 

Non aveva capito quanto gli fosse mancato fino ad ora, che glielo vede fare per la prima volta dopo tantissimo tempo.

 

Ce l'ha sempre avuto davanti, ma è come se solo ora sia riuscito ad aprire gli occhi e guardarlo. C'era sempre stato, Yamaguchi, nei momenti bui o felici o strani delle corrispettive vite ed era come diventato una presenza calma inarrestabile, una specie di rumore bianco, per Kei.

 

Ma la verità, che capisce solo in questo momento dove è pervaso dal limpido e scintillante suono delle sua risata, è che l'aveva dato per scontato.

 

Era sempre stato sicuro che Yamaguchi sarebbe rimasto sempre lì, e in qualche modo questo lo ha portato a non guardarlo più. A parlarci tutti i giorni e non vederlo veramente. 

 

Fino a pochissimo tempo fa. 

 

Yamaguchi gli si è imposto, forse. Come se se ne fosse accorto e quindi si è piazzato di fronte a lui. Come se fosse un capriccio e gli abbia detto di guardarlo sbattendo rumorosamente i pedi per terra.

 

Non sa se è perchè sia stato lui a urlargli "Hey, guardarmi, sono qui!" o perchè Kei sia rimasto semplicemente folgorato dalla sua persona.

 

Kei si è ritrovato come un po' costretto a guardarlo, da un momento all'altro, perchè - diamine, non poteva fare altro che ammirarlo come spesso fanno con il cielo stellato, ma Kei non la definisce come una cosa improvvisa. Se fosse stato più attento, se ne sarebbe accorto prima. E forse sarebbe potuto essere suo, se questo ha senso. 

 

Si chiede se dovesse perderlo, un giorno. Cosa ne sarebbe di lui. Ma fa male solo a pensarci, e quella era stata tutto sommato una tranquilla giornata per rovinarsela con questi pensieri. 

 

Alla fine loro sono solo migliori amici. Sono presenza stabile, ovunque vadano. 

Lo sono sempre stati. 

 

Cerca di immaginare una vita dove loro due non sono semplicemente loro ma non pensa che esista. È che Kei ha sempre pensato che in qualsiasi vita o universo loro, sono sempre loro. Insieme, inseparabili. 

 

Come se fosse il modo in cui girano semplicemente le cose. 

 

Continua ad osservarlo, perché ora che ha riscoperto il dono della vista non può proprio farne a meno e pensa che forse, e dice forse, stare con Yamaguchi non sarebbe male, ma innamorarsi non fa parte dei suoi piani per questa vita.

 

Ma per quanto affascinante sia, rimane sempre uno stupidissimo citrullo. 

 

"Basta, voi tre!" 

 

***

 

Dopo aver cenato tutti insieme, hanno passato qualche altra oretta a scherzare tra loro, a giocare con i videogiochi e parlare di cose inutili, facendo girare velocemente le lancette dell'orologio appeso in camera di Yamaguchi. 

 

Ma dopo di ché, Yamaguchi e Tsukishima sono rimasti soli. La camera del suo migliore amico non è grande, un futon ci entra solo se sei un equilibrista professionista, quindi aveva chiesto gentilmente ai suoi genitori - fuori città per lavoro - di poter usare il loro letto per far dormire i loro amici, accuratamente nascondendo che fossero fidanzati. 

 

E quindi, sono rimasti soli. E nonostante la faccia di Kei abbia trattenuto un'espressione spaventata per una settimana intera, questo non ha impedito a Yamaguchi di chiedere "Tsukki, di cosa hai paura?" 

 

Perché Yamaguchi lo conosce. Sa che potrebbe scappare via, deviare il discorso o fare finta di non aver sentito. Potrebbe mettersi le cuffie e fare finta di ascoltare la musica, ma Yamaguchi sa che quando è agitato non riesce ad ascoltarla. Lo sa. 

 

Sa riconoscere i momenti in cui ha voglia di musica e i suoi leggeri movimenti a tempo della testa, e i momenti in cui non riesce ad immergersi totalmente in essa. Sa quanto odia non far bene le cose, sa quanto odia le persone che usano la musica solo come un qualcosa di superficiale o solo un capo espiatorio in cui immergersi per non affrontare la realtà, con le giuste eccezioni.

 

Per lui, la musica è tutto. Tutto ciò di cui ha bisogno. È discretamente certo che, in un universo parallelo, Tsukishima sarebbe stato un eccezionale musicista famoso. 

 

Non è che si tratti proprio di paura, vorrebbe rispondergli Kei. Ma non ne è certo neanche lui, non sa di cosa si tratti quest'incessante sentimento che gli gela le vene ogni volta che ripensa a lui con una persona accanto che non sia sé stesso.

 

Vorrei parlarti come prima, con la stessa intensità, ma sei il tipo di persona che vive troppo insieme e io il tipo di persona che rinuncia a quel qualcosa che se ne va. Vorrebbe sussurrargli Kei, è che io non mi sento all'altezza di stare con te. 

 

Ma tace, tace nel suo dolore pauroso di scoprire che fine fa' un fiore quando si corre in un prato, e finisce di sistemare le pieghe inesistenti del suo futon. 

 

Ma Yamaguchi lo conosce. Lo conosce più di quanto Kei stesso faccia. E, con una determinata impertinenza, gli si siede davanti, proprio su quel futon che stava cercando di usare come via di fuga. 

 

E Tsukishima lo guarda, e non fa altro che sospirare con l'aria che trema. "Cosa c'è, Yamaguchi?" 

 

"Vorrei che tu ti fidassi di me quanto lo faccio io, Tsukki," gli dice, l'onestà che brilla dipinta nei suoi occhi, e Kei sente il suo cuore spezzarsi. 

 

È questo, quello che pensa? 

Che Kei non si fidi di lui? 

 

"Io mi fido di te, Tadashi. Più di chiunque altro, ma questo tu lo sai." 

 

Lui scuote la testa, gli occhi ora tristi, "in realtà no, no, non lo so, Tsukki. Non più." La voce gli si spezza, e cerca di resistere alle lacrime che lo minacciano di renderlo vulnerabile davanti a quella persona di cui ora è spaventato, ma che un tempo considerava la sua anima gemella.

 

L'aria abbandona Kei a quella rivelazione, rabbrividisce come se un pupazzo di neve gli avesse alitato sulla nuca, una strana presenza che li spinge ai lati opposti del mondo. Non vuole che sia così. Se ne avesse il coraggio, gli sfiorerebbe la mano con le sue lunghe dita affusolate, per dirgli quanto lo ha desiderato fino a quel momento. Ed è questo che li sta distruggendo.

 

"Beh, invece è così." Sospira, frustrato. "Io non so che mi succede, d'accordo? È solo che-" non vuole dirlo, non vuole proprio farlo. Ma se si bloccasse ora, darebbe a Yamaguchi una conferma che non è tale. 

 

Yamaguchi rimane il suo per sempre, nonostante tutto. Il minuto intenso che basta per vivere per sempre. Le onde del mare tra il traffico di Tokyo, il sole che diventa solo un'ipotesi perché il suo sorriso è la certezza di esso. 

 

Yamaguchi sospira amareggiato, la delusione di un'amicizia che credeva fosse per l'eternità tra la gente che viene e che va, e fa per alzarsi, quando Kei riprende a parlargli. "È solo che io non riesco ad accettarlo, forse. O forse è solo che non voglio farlo. O forse... o forse è qualcosa di così imprevedibilmente incomprensibile che- io davvero non lo so, Yamaguchi. Non so che sta succedendo e forse- e forse mi dispiace. Ma io non so che fare." 

 

Ha gli occhi bassi, le mani che non si danno tregua, l'imbarazzo a chiazze sulle guance, i capelli scombinati dalla folata di vento freddo che entra nella finestra lasciata stupidamente aperta.

 

Kei non è mai stato bravo con le parole. Non sa mai che dire, o quando farlo, se sia effettivamente la stagione giusta o se la Luna sia d'accordo, ma Yamaguchi gli afferra una braccio con la delicatezza della neve che attecchisce con sé, e dice un semplice "Kei." 

 

È sempre stato più bravo di lui in questo. 

 

E quando lo vede, lo vede davvero, succede qualcosa di inaspettato. Yamaguchi gli sorride. Non uno di quei soliti sorrisi, è uno nuovo. Uno appena sbocciato, un fragile, uno che profuma di sogni e fragole, un appiglio in un mondo che gli fa paura ma che, grazie a questo nuovo sorriso, sembra essergli descritto in modo pazzesco.

 

E questo suo nuovo sorriso gli trasmette una sensazione di felicità che non pensava gli fosse concessa in questa o in qualsiasi altra vita. 

 

"Forse," dice, l'aspettativa che sgorga dalle sue labbra, un luccichio nuovo tra gli occhi "forse lo so io." 

 

È una sensazione nuova, quelle delle sue soffici labbra sulle proprie. È un eufemismo dire che non riesca a capire cosa stia succedendo, perché le labbra di Yamaguchi sono così splendidamente comode e morbide che lui non riesce a capire più nulla. 

 

È normale che le labbra delle persone siano così belle da baciare, osservare, contemplare? 

 

A Kei non importa, e si sacrifica a questa sensazione che sembra aver aspettato per tutta un'esistenza senza saperlo. 

 

Mi sono chiedo cosa sia il tempo, se in fondo quando sei con me, il mondo fuori non lo sento. 

 

Si staccano, i nasi che si sfiorano e i sorrisi che ancora connessi, la felicità tangibile fra loro. 

 

Si guardano, non parlano che con gli occhi, parlando di nuove vite, nuovi fiori e orizzonti. 

 

Kei continua a baciarlo perché sembra giusto così, ed è come un viaggio con acqua e stelle, bacio per bacio percorrono il loro piccolo infinito, i loro margini, i loro fiumi, i loro piccoli  villaggi, corrono per i sottili cammini del sangue, finché non precipitano come nel solito e triste garofano notturno, fino a essere e non essere che un lampo nel cielo. 

 

***

 

La mattina successiva, Yamaguchi trova solo un biglietto bagnato da quelle che sembrano lacrime e una scrittura instabile che recita solo "Scusami."

 

🪀

 

"Cosa significa essere innamorati?"

 

Hinata lo guardò confuso, quella volta.

 

Kei lo sa che non è esattamente la prima domanda che regolarmente si dovrebbe porre per iniziare un discorso con una persona con cui non hai nessuna confidenza e zero fiducia, ma, beh. Non è che avesse molto altro da chiedere, in fondo. 

 

Kei è probabilmente certo che, prima di quel frenetico pomeriggio, non abbia mai parlato con nessuno dei suoi coetanei d'amore, e fino a quel momento era anche possibile che tutti pensassero che Kei non sapesse neanche il significato di tale parola. 

 

Ma Kei lo conosce, a differenza di tutti gli altri. 

 

Non è propriamente arroganza quella che usa, non è un volersi sentire superiore ai suoi compagni di squadra - kohai o senpai che siano - semplicemente lui lo sa, e loro no. Sa che è così, perchè se lui non avesse avuto suo nonno, i suoi genitori o i suoi zii, non lo saprebbe neanche lui.

 

È bello l'amore, finchè si tratta di questo. Pensare solamente di doversi amare, confondendosi tra tutti, uomini e donne, mentre la Terra fa il suo dovere ed educa i garofani senza che niente li tocchi. 

 

Bello, fin quando non ti usura

Bello, fin quando non ti rende schiavo

Bello, fin quando muori per esso. 

 

È una vecchia promessa la sua, quella di non innamorarsi mai e rendersi l'esistenza più facilmente pacifica. Però di natura, Kei è una persona curiosa. 

 

Non è molto evidente, effettivamente. Come, pensa, che non è molto evidente il fatto che Tadashi sia davvero un ragazzo davvero dispettoso. È sempre stato un bambino vivace e con idee non idonee per il suo viso dolcemente angelico; come lui anche Kei è sempre stato un assetato di informazioni. Ed è forse per questo che vanno d'accordo, loro due. Vanno oltre le apparenze. 

 

E alla fine i suoi pensieri vanno sempre su di lui, anche quando non vuole. È come se portasse in casa il giorno, anche quando il sole non è d'accordo.

 

"Perchè lo chiedi a me?" Fu una risposta tranquilla e spontanea quella che, con una scrollata di spalle, gli rivolse insieme ad un fugace sguardo, "sei l'unica persona che riuscirebbe a dirmelo." 

 

"Tu non pensi che Yamaguchi sia innamortato?" Gli chiese a brucia pelo, nonostante Yamaguchi sia fidanzato da solo due settimane, e Kei notò come l'arancione lo stesse osservando senza paura o discrezione. 

 

Hinata osservò come i suoi occhi pieni d'ambra, aperti e spavaldi a sfidare la luce morente lassù, ne emettevano un'altrettanto forte e inconsapevole: non intendevano più cedere e chiudersi sotto il peso della sconfitta. 

 

Hinata sapeva che Tsukishima non l'avesse fatto apposta, di aver chiuso fuori Yamaguchi dalla sua vita. Non l'ha fatto in una di quelle maniere tali che ti lasciano di sasso, non di quelle cose che ti sconvolgono per tutta la vita. Ma... piano piano, per una semplice questione di difesa personale, aveva iniziato a mettere Tadashi al secondo posto, in quella sua scala gerarchica di cui aveva sempre occupato il trono, lasciando al suo posto la desolazione del ghiaccio.

 

Osservò come il petto largo si gonfiava e sgonfiava nel silenzio del vento che docile soffiava intanto sopra di lui e che, in quel preciso momento nelle loro vite, inalò bruscamente. 

 

Hinata pensò, per la prima volta, che Kei fosse una persona incredibilmente forte.

 

"Onestamente, avrei paura della sua risposta." 

 

Hinata annuì, pensieroso, mentre finiva di posare le sue cose nel borsone, "ti sorprenderesti della sua risposta," e rimase nel suo silenzio pensieroso e troppo filosofico per appartenergli, mentre costrinse Tsukishima a stare zitto per evitare di dire qualcosa di inappropriato "cosa vorresti sapere esattamente, Tsukki?" 

 

Ugh. "Non chiamarmi così," mise in chiaro in primo luogo facendolo sghignazzare, poi continuò e pensò a cosa volesse sapere. Cosa voleva che gli dicesse Hinata? Kei non lo sapeva, ad essere onesti. 

 

"Non lo so, se devo essere onesto." 

 

Hinata ridacchiò di lui mentre lo raggiungeva al di là della porta, ma Kei non se la prese sul personale. Non quella volta. Era sinceramente curioso e lo mascherava dietro al suo essere sé stesso ma Hinava vedeva come i suoi occhi brillavano all'idea dell'amore. Erano molto simili a quando guardava Yamaguchi ridere, ma questo paragone non lo sorprese per nulla. 

 

Hinata si sentì per un attimo avido di sapere a cosa fossero dovuto quelle oscure ombre che incombeva negli occhi del suo amico.

 

"Beh, diciamo che- uhm. È difficile da spiegare. È sempre stato semplicemente normale e non ci ho mai pensato infondo." 

 

Come fai a vivere senza paura che il tuo mondo possa finire da un giorno all'altro? Insegnamelo, ti prego.

 

"Ma, insomma, è come se tipo il mio cuore facesse 'Gwaaaa' ogni volta quando sono con lui. Sai che intendo, no?" No, non proprio, avrebbe voluto rispondere Kei, ma lo fa parlare.

 

"Ad ogni tocco, negli attimi che ci concediamo quando giochiamo di guardarci o quando semplicemente ci fidiamo l'uno dell'altro il mio cuore ruggisce questo 'Gwaaaa' e ormai non riesco a farne a meno." Disse e a Kei sembrò come se fosse naturale, del resto. 

 

"Mi fido molto di Kageyama, sai? Non abbiamo lo stesso livello di confidenza che avete tu e Tadashi," confessò rammaricato, come se gli fosse piaciuto viverlo da sempre, ma Kei nel momento non capì bene che volesse intendere con quel paragone. Lui e Yamaguchi erano solo amici "ma è stato istintivo farlo. Potevo fidarmi solo di lui, e ho deciso solo di farlo. Prima nella pallavolo, poi nella nostra amicizia."

 

"Quando avete, uhm, deciso di mettervi insieme, tu non hai avuto tipo... paura? Paura di perderlo?" Gli chiese, timido nella sua sconoscenza. 

 

Hinata lo guardò come se fosse impazzito, "Beh, no?" gli rispose, come se fosse ovvio. "In realtà, fidarsi nell'ambito romantico è stato molto più facile di tutto il resto. Era già diventato parte fondamentale della mia vita prima che capissi che mi piacesse, e con il tempo di amarlo. Perderlo come amico non mi avrebbe fatto meno male che perderlo come fidanzato. 

 

"Ho pensato semplicemente che alla fine, nel bene o nel male, io avevo già fatto la mia scelta quando ho deciso lui come partner." Si bloccò, con un sorriso stupido e disgustosamente innamorato sulle labbra, mentre cercava di seguire il suo stesso discorso senza iniziare a dire smancerie una dietro l'altra. 

 

O almeno, questo si augurava Kei.

 

"Avere paura di viverla o viversela male semplicemente perchè potrebbe finire da un momento all'altro sarebbe molto stupido, non pensi anche tu? Anche le amicizie finiscono, e non fa meno male. Finchè c'è un sentimento vero e quel qualcosa si distrugge sotto i tuoi occhi, tutto può fare male. Tutto provoca cuori spezzati e litigate devastanti, e non c'è un solo tipo d'amore nel mondo, suppongo. Io amo mia sorella, ma non nel mondo in cui amo Kageyama, ovviamente. Certamente." 

 

Afferrò la sua bicicletta e iniziarono ad incamminarsi da soli verso il loro solito punto di ritrovo, dove si sarebbero inevitabilmente separati. "Sai, io amo davvero Kageyama. Siamo persone completamente diverse e passiamo molto più tempo a litigare che a baciarci, se devo essere onesto, ma insomma, va bene così, immagino. Amo passare il tempo con lui come se fosse una cosa naturale. Me lo dico spesso, forse eravamo destinati a incontrarci. Siamo stati come un'esplosione di novità per tutti, ma a partire da noi stessi. Senza di lui, non sono sicuro che avrei conosciuto un amore come questo." 

 

Alla fine, Kei glielo chiese. "Come hai affrontato la tua sessualità?" Fu un bisbiglio a testa bassa, una vergogna che risaliva per il suo corpo e gli infuocava il collo. 

 

Non dovrebbe importargli, visto che a lui non interessa l'amore. Che sia etero, omossessuale o libero. Però... c'è questa vocina che lo fa sentire sporco, sbagliato, un infame. Non dovrebbe essere così, forse, o semplicemente forse l'opinione comune ti fa cambiare la percezione che hai di te stesso. 

 

Come si fa ad accettare sé stessi? 

Come si fa a sentirsi abbastanza per ricevere quell'amore incondizionato?

Come si fa ad essere all'altezza?

 

"Non pensi mai che qualcuno potrebbe giudicarti male, forse?" 

 

"Ci sono state," gli rispose tranquillamente, scrollando le spalle come per dire che vuoi farci, alcuni sono un po' stupidi, "ma non mi è mai importato abbastanza per darci peso. Io sono felice, Kageyama è perfetto anche se non lo è per niente, e a me questo basta. Perchè dovrei mettermi a pensare a cosa pensano gli altri della mia vita sentimentale? Sarebbe troppo difficile, e pure inutile. Del resto, è mia, no?" 

 

Hinata sospirò allo sguardo perso di Tsukishima, capendo il suo punto di vista ma trovandolo molto infantile e egoista e non da Tsukishima, e semplicemente aggiunse "penso che amare qualcuno, amare Kageyama sia bellissimo e sempre una continua sorpresa. Non mento o esagero quando dico che lo amo. Sempre. Anche quando lo odio, lo amo da impazzire. Forse è un po' strano, ma non importa, fin quando rimaniamo noi, no?" 

 

Hinata gli sorrise, quel sorriso stupido e da bambino che perseverante è sempre lì nonostante il tempo, e in quel sorriso Kei ci vide un nuovo amico. "Sei molto più profondo di quanto sembri, sai?" "Pervertito." 

 

Raggiunsero le ormai non più indefinite figure di Yamaguchi e Kageyama che li aspettavano con una tranquilla conversazione; e fu lì che vide per la prima volta il loro amore. 

 

Non li trovò sdolcinati e non finse un conato di vomito. Li osservò mentre si avvicinavano con intimità, mentre si dedicavano parole confuse e sorrisi sinceri che erano solo loro, mentre Kageyama con un broncio sul volto gli disse un sussurrato "stupido"e con una mano gli sistemava uno di quei ciuffi impazziti e stupidamente arancioni. 

 

E Tsukishima lo sentì da lì, il cuore di Hinata.

 

Gwaaaa.

 

***

 

Questa mattina Kei non è andato a scuola. Sua madre glielo ha impedito, guardandolo con la faccia più perplessa che le avesse mai visto. 

 

"Kei, non ti vedo piangere da quando hai undici anni," gli ricordò, mentre con un sorriso dolce lo osservò avvolto nelle sue coperte colorate e lo sguardo smarrito nella nullità che lo sovrasta. Gli lasciò un bacio sulla guancia e gli promise che, quella sera, sarebbe rientrata per cena. 

 

Quando chiuse la porta di casa alle spalle, il silenzio cadde inesorabilmente su di lui. 

 

Il suo piano originale era quello di addormentarsi e non pensare a niente, ma eccolo qui, mentre si rigira nel suo confortevole letto e cerca in tutti i modi di non scoppiare in lacrime.

 

La verità è che gli manca Yamaguchi, gli manca così tanto che gli sembra di star impazzendo. 

 

Pensa a Yamaguchi vagando tra i suoi ricordi, a come seduto nell'erba intiepidita dal sole di mezzogiorno non abbia niente da invidiare alle stelle, ai pianeti e all'intera volta celeste. 

 

E gli manca, riuscire a vedere l'universo accanto a lui e sentire i raggi solari ad ogni suo respiro, a sentirsi abbagliato quando lo guarda negli occhi. 

 

A capire come sia irrimediabile il danno che crea, quando lo sfiori e pensi di aver raggiunto quell'obiettivo che ti eri prefissato da tutta una vita. 

 

Non sa perché esattamente gli sia tornata in mente quella giornata di qualche settimana prima, qualche giorno prima che crollasse tutto, che quella pianura in cui era vissuto divenisse una discesa ripida da cui non riesce ancora a vederne il fondo. 

 

Kei è ancora sinceramente sfrastornato dalla quantità di pensieri che non erano mai stati più lontani del suo che Hinata gli aveva regalato nella maniera più semplice che si possa pensare. 

 

Glielo spiegò a parole, ma sarebbe semplicemente bastato guardarlo esistere

 

La sua stessa esistenza è una agglomerato di amore. L'esaltazione che regala a tutti un sorriso, la fiducia che ripone in chiunque ma soprattutto in Kageyama, il suo modo di crederci sempre, Kei ha capito solo quella sera che fosse solo un modo diverso nella sua manifestazione di costante amore. 

 

Hinata sa cos'è l'amore, pensa. Ma non ne ha paura. Ha solo scelto di afferrarlo così come se lo è ritrovato davanti. E questo sembra essergli tutto.

 

Hinata è complicato. E confuso. E ignorante.

 

Lo ha sempre saputo e ripensandoci ha mischiato troppi discorsi tutti riguardanti Kageyama in un'unica conversazione. Ha parlato di fiducia e amori e niente paura; Kei ha effettivamente un po' sudato per stare dietro al fiume di parole che incontrollabili uscivano dalla sua bocca.  

 

Ma erano sincere.

E questo è bastato a Kei per capire.

 

Non mento o esagero quando dico che lo amo. Sempre. Anche quando lo odio, lo amo da impazzire. Forse è un po' strano, ma non importa, fin quando rimaniamo noi, no?

 

***

 

È frastornato dal sonno che non si è accorto di aver assecondato quando qualcuno bussa alla sua porta con troppa insistenza, per i suoi personali e facilmente irritabili gusti. 

 

Il suo telefono è da qualche parte tra le lenzuola del suo letto che vibra incessantemente, e lui vorrebbe solo sparire.  

 

Sprofonda ad ogni passo che si costringe a fare, e il suo cuore lo tradisce ad ogni suo battito frenetico.

 

Sa chi c'è dall'altra parte della porta che lo sta attendendo in tutta la sua maestosità splendente, mentre lui è solo... lui. 

 

"Ciao, Tsukki" sente, in un sussurro, quando apre la porta con esitazione e paura. 

 

Yamaguchi lo spaventa, anche questa è una delle tante verità a cui è sceso a patti da poco. Pochissimo. È come se avesse il potere di potergli cambiare la vita da un secondo all'altro. 

 

Yamaguchi sembra un pulcino bagnato con un sorriso contagioso, e pensa a come sua madre gliel'abbia sempre detto, come Yamaguchi lo accenda. Li ha sempre paragonati a un accendino e una candela; esistono senza l'altro, ma solo insieme trovano una via per vivere.

 

Ricorda ancora l'imbarazzo che provava, mentre cercava di farla smettere e le risatine basse di Yamaguchi che li ascoltava bisticciare. 

 

Non aveva mai capito cosa intendesse, fino a questo preciso momento. 

 

La sua vita è caduta in rotoli, il mondo - il suo mondo gli è sembrato come se non fosse mai esistito per davvero, eppure ora che ce l'ha davanti non può far altro che far sospirare il suo cuore. 

 

È qui, e sembra che il mondo grigio e oscuro in cui ha vissuto nelle ultime ore non sia mai stato tale. È arrivato lui, e vede come sotto la pioggia tenga nella sua mano tremante, la fiamma di un accendino acceso. 

 

È fragile, vorrebbe spegnersi, ma ogni volta che osa provarci, Yamaguchi preme il tasto giusto per farlo riaccendere. Ancora, ancora e ancora.

 

"Ciao," sussurra a testa bassa, facendogli spazio per farlo accomodare nella sua devastazione. 

 

Ed è lì, che prima di togliersi le scarpe, scappa a prendere la sua candela preferita tra gli scaffali del salotto. 

 

Torna con un sorriso gocciolante, e una vittoria luminosa sul volto. 

 

Ed è così, guardando quella fiamma sicura che consuma la cera ad ogni minuto sempre di più, che Tsukishima torna a sperare. 

 

***

 

Yamaguchi si è impossessato del suo letto, dopo essersi fatto una doccia veloce (Kei non vuole parlarne) ed essersi comportato bene o male come se fosse a casa sua. 

 

Ha tutti i capelli scompigliati e ancora umidi sulla federa del cuscino, mentre fuori il temporale continua a essere violento. 

 

"Gli allenamenti sono stati un sacco duri, oggi," dichiara, con gli occhi chiusi. Sembra che stia meditando; erano rimasti per così tanto tempo nel silenzio che Kei pensava si fosse addormentato. 

 

"Ah, sì?" risponde senza voglia, la schiena posata contro la struttura del legno. Sente la testa di Yamaguchi muoversi, immagina che stia annuendo, mentre dice "abbiamo corso tantissimo." 

 

"Che schifezza, capitano."

 

Yamaguchi emette uno sbuffo dal naso, in una brutta imitazione di una risata.

 

"L'ho fatto solo perché tu non c'eri, Tsukki."

 

"Non ci credi neanche tu," sorride, Kei, un po' più tranquillo. Qualsiasi cosa sembra semplice, accanto a lui. "Beccato."

 

Cala di nuovo il silenzio, meno opprimente di prima ma continua a non farlo respirare bene. 

 

Ci pensa di nuovo Yamaguchi, "c'era uno scarabeo fichissimo, a pranzo." 

 

Kei annuisce, anche se l'altro non riesce a vederlo, "di che tipo era?" 

 

Yamaguchi si mette seduto e apre gli occhi con un tono accusatorio dipinto nelle sue iridi, "non saprei. Non eri con me a dirmelo," lo accusa. 

 

Prima che possa ripresentarsi il silenzio, Yamaguchi sussurra "a te neanche piacciono gli insetti, Tsukki."

 

Pensa ancora allo sguardo incandescente e marmoreo che aveva la sera prima, a come gli avesse trafitto il cuore più delle parole che gli aveva sbraitato contro. 

 

"Vero," sussurra, con un velo negli occhi. "Però sai un sacco di cose su di loro. Ti ricordi quando ti portavo i gusci di lumaca, quelli che trovava sulla ringhiera dei miei nonni?" 

 

"Le lumache non sono insetti, Yamaguchi." 

 

"Però le odiavi."

 

"Sì."

 

"Eppure continuavo lo stesso a portarteli, perché pensavo che fosse stupendi," dice, con nostalgica tristezza. Come se crescere fosse il più grande rimpianto della sua vita.

 

È un argomento stupido, quello degli insetti. Yamaguchi sa che Kei li studia solo per lui; non gliel'ha mai detto esplicitamente, ma sa che lui lo sa. È sempre stato così tra loro. 

 

Forse è per tutte queste cose chiare e non dette che sono arrivati a questo punto.

 

Arriva un messaggio nel telefono di Yamaguchi, e d'un tratto Kei sente l'atmosfera pacifica farsi tagliente. 

 

Ed eccolo, che arriva. 

 

"So quello che ho detto ieri sera," chiarisce fermamente Yamaguchi, cambiando così drasticamente discorso che a Kei gli si mozza il fiato "e non ho nessuna intenzione di scusarmi."

 

E sente il cuore spezzarsi per l'ennesima volta, gli occhi riempirsi di lacrime indesiderate. Ripensa a quanto forte ha pianto non più di ventiquattro ore prima, i suoni delle sue grida e singhiozzi estranei alle sue orecchie. Ricorda la sensazione di svuotamento che ha provato dopo. Dove tutto sembrava non esistere o non avere importanza. A come si sentisse - a come si senta ancora come uno straccio appeso fuori ad asciugare. 

 

Ma Yamaguchi ha ragione – ovviamente Yamaguchi ha ragione – Kei è stato crudele. Non gli era mai successo di parlare prima di pensare, ma Yamaguchi in quel periodo gli ha fottuto il cervello nella maniera più ammirevole possibile. 

 

Riusciva a pensare solo a quanto gli fosse piaciuto, a quanto lo bramasse ancora, a quanto se lo sogni ancora tutte le notti nonostante siano passati quarantadue giorni.

 

"Non ti bacerei mai solo per il tuo aspetto."

 

E non perché a Kei non piaccia il suo aspetto fisico; gli piace, lo adora, ne è praticamente ossessionato. Ma c'è così tanto altro in lui che eclissa il suo aspetto esteriore, è sempre stato così.

 

Dire ciò a Yamaguchi dopo tutti i muri che Kei ha alzato è stato probabilmente un'infamata. Ora che ha capito, vorrebbe solo buttarli giù. Preferirebbe scrivere le loro iniziali sulla sabbia, ora. Desidererebbe sentire il sole sulla pelle e l'acqua salata intorno alle caviglie e Yamaguchi al suo fianco. Ora, Kei vorrebbe solo essere una palla da demolizione.

 

"Se è per questo," la voce esce spezzata e Tsukishima non riesce neanche a prendersela con sé stesso, "neanche io ho intenzione di scusarmi."

 

Il crepitare della candela è l'unica cosa che riesce a tenere Tsukishima ancora in questa vita, probabilmente. 

 

Non sa dove lo trovi il coraggio di voltarsi e affrontare gli occhi tragicamente incantati di Yamaguchi, pronto a leggerci la nuova distruzione che gli provocherà dentro, ma... sono morbidi. 

 

Ha gli occhi morbidi e e se non lo conoscesse meglio di come conosce sé stesso non noterebbe un sorrisetto nascosto mentre lo osserva, come se stesse cercando qualcosa in Kei e se lui sapesse cosa, gliela darebbe subito. 

 

Fuori, la pioggia si è attenuata. Nel nuovo silenzio, Kei sente Yamaguchi deglutire.

 

"Vorrei dire una cosa, adesso," ammette Kei, stringendo le ginocchia al petto, nascondendoci dentro il mento "ma ho paura di farti arrabbiare di nuovo."

 

"Tu? Paura?" chiede Yamaguchi incredulo che un aggettivo del genere possa appartenergli. 

 

Kei quasi ride. Tadashi non ne ha neanche idea. "Terrificato."

 

Yamaguchi fa un suono divertito mentre i suoi occhi continuano la loro ricerca. Kei non perde il modo in cui scendono lungo il suo collo soffermandosi sulle clavicole. Poi tornano a guardarsi, occhi dentro occhi, infinito dentro infinito.

 

"Allora non dirla."

 

Yamaguchi non lo odia, è sul suo letto ora nonostante tutto e Kei decide che per adesso va bene. 

 

"Okay."

 

***

 

Il leggero russare di Yamaguchi ha invaso la stanza e Kei pensa.

 

Pensa tanto, per tanto tempo; è cresciuto diventando il tipo di persona che pensa sempre. 

 

Il tipo di persona che non può pensare a nient'altro oltre ai propri pensieri, che si sconnette dalla realtà e vive in un mondo di illusioni. Chiacchericcio nel cranio, ripetizione perpetua e compulsiva di parole, di ragionamenti e calcoli, confondendo i segni con il mondo reale e quello illusorio e che diventa gradualmente il tipo di persona auto-distruttiva. 

 

Forse anche il tipo di persona un po' pazza.

 

E non dice che non pensare sia una buona cosa, ma se lui non fosse così, se lui non fosse così lui, pensatore accanito e impaurito, forse tutto il suo essere non sarebbe così pateticamente distrutto.  

 

E Kei alla fine giunge a questa conclusione: fuggire via da Yamaguchi non è un qualcosa che riuscirebbe a fare. 

 

Ha pensato presuntuosamente di riuscirci, ma sarebbe come scappare da sé stesso e, nonostante sia sempre stato cosciente di questo, come un arrogante ci ha voluto provare.

 

Ci ha provato, ha inalzato muri così alti dove lui stesso ora sta impazzendo, da cui urla aiuto alla speranza che chi gli passi accanto lo veda ma non riesce neanche a sentirlo, per via di quei mattoni. 

 

Ci ha provato, a correre così furiosamente da fargli venire il fiatone e a fare finta che non fosse il destino a rincorrerlo. 

 

Ci ha provato davvero, ma Yamaguchi è ancora nella sua testa, bloccato per sempre, a fare qualsiasi cosa che lui abbia il desiderio di fare solo perché Tsukishima gli ha dato il diritto di poterlo fare, senza neanche accorgersene. 

 

E se fossi qualcuno di cui non parlerai? 

 

Yamaguchi ha la sua vita, e forse Kei ha la sua ma ancora non è consapevole di questo compromesso d'amore, e la sensazione di essere qualcosa di cui Yamaguchi non abbia più bisogno lo dilania. 

 

Però, forse quello è solo uno dei tanti futuri che potrebbero attenderli. 

 

Forse, Kei ha avuto paura che il miracolo che ha tanto atteso nella sua vita resa infelice dalla sua stessa persona potesse essere sepolto dietro la sua fredda e glaciale neve. Forse, però Yamaguchi non ha paura di scivolarci e caderci dentro. 

 

Forse, non potrà lasciare il rossetto sulle labbra di Yamaguchi; forse, non potrà prenderlo per mano o definirsi il suo ragazzo davanti a tutti, ma Yamaguchi ora è sul suo letto che, indifeso, riposa come il bambino che non è mai stato.

 

Pensa come lui sia l'unico a conoscere tutti i progressi fatti da Yamaguchi da quando avevano otto anni, al suo periodo buio e alla disperazione che gli invadeva lo stomaco ogni volta che vedeva il suo migliore amico distrutto, a come riesca a riconoscere il suo sguardo quando è nervoso, a capire dal tono di voce per quanto tempo abbia trattenuto quel segreto che lo stava logorando dentro. 

 

Potrebbe fare una lista delle sue paure in una scala da uno a dieci senza sbagliare, parlare di tutte le caratteristiche dei suoi Pokemon preferiti e dire quale sia stato il primo manga in assoluto che ha letto perché lui era , a comprarlo con lui. 

 

Forse, potrà anche essere solo il suo migliore amico, pensa, ma può esserci qualcuno che possa amare Yamaguchi come meriterebbe: incondizionatamente

 

Kei può; Kei già lo fa.

 

Fissa la candela che, ormai, è quasi giunta al suo termine e continua a pensare. Il suo fuoco illumina la stanza e il suo aroma di avocado e miele gli pervade la mente.

 

Yamaguchi è davvero come l'ultima candela rimasta durante un tempestoso giorno di pioggia; abita la terra in modo timido, delicato, esattamente come una fiamma tenue di una candela che ha paura di palesarsi al mondo, ma che nonostante tutto, c'è. Ti illumina la strada quando tutto salta via, c'è quando quei rumori forti di sottofondo ti iniziano a fare paura. 

 

E la sola esistenza di essa può cambiarti la vita, giusto? 

 

Perché a volte guardare una candela e realizzare che la sua stessa fiamma non la sta consumando, ma solo facendo vivere, ti fa capire cosa davvero è importante in quei piatti della bilancia che la vita ti mette davanti. 

 

Cosa davvero è importante per lui. E Tsukishima riesce a pensare solo a Yamaguchi, e forse è un po' scontato, ma per lui è tutto ciò che conta.

 

Il sonno inizia a prendere possesso del suo corpo, e non riesce a pensar ad altro se non alla primavera intatta, all'amore e come in due la vita sia tutt'altra cosa.

 

Com'è che faceva quella poesia? 

 

Si addormenta con i versi scritti in mente, mentre realizza che Yamaguchi è davvero il suo pezzo di Terra preferito. E a come glielo voglia cantare il prima possibile.

 

"T'amo senza sapere come, né quando né da dove, / t'amo direttamente senza problemi né orgoglio: / così ti amo perché non so amare altrimenti / che così, in questo modo in cui non sono e non sei, / così vicino che la tua mano sul mio petto è mia, / così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno."

 

🪀

 

Passarono quarantuno giorni da quel bacio. 

Trentacinque da quando Yamaguchi e Nadeko ufficializzarono la loro relazione. 

 

Kei non sa bene cosa sia successo a lui, o a loro, ma sa solo che quella quotidianità che era loro caratteristica, è come se fosse stata recisa, tagliata. Scoppiata. 

 

Ed è tremendo, visto come Tsukishima non faccia altro che pensare a quel bacio, ancora e ancora. A quanto ne volesse un altro, ancora e ancora. A quanto il profumo inebriante di Yamaguchi gli abbia permesso di tremare nella maniera più spettacolare, ancora e ancora. A quanto le insenature delle sue labbra coincidessero perfettamente con le sue, a quanto la loro morbidezza fosse in contrato con le sue, screpolate e non curate, ma che in qualche modo sembravano completarsi, ancora e ancora. 

 

A quanto si sentisse un'unica anima con due corpi recisi dal destino, ancora e ancora. 

 

Ma Yamaguchi ora si è fidanzato; è con lei che passa la maggior parte del suo tempo a messaggiare, nel loro tragitto a piedi per raggiungere casa. È con lei che passa la maggior parte del tempo durante la pausa pranzo e prima degli allenamenti. 

 

E Kei non può fargliene una colpa, proprio no. Ha innalzato così tanti muri, che Yamaguchi si comporta solo come se fosse una conseguenza. Non ha molto altro da offrire, se non quel bacio. 

 

Perché Kei non è pronto per le relazioni, per l'amore, per Yamaguchi. Non lo sarà probabilmente mai, perché non è semplicemente abbastanza per provare tali sentimenti per una persona incredibile come lui. 

 

Non è innamorato di Yamaguchi, ma è come se lo fosse, effettivamente. E Yamaguchi gli è così devoto che forse non ci penserebbe due volte a lasciare la sua fidanzata. O forse, ha solo paura di scoprire che se dovesse dichiararsi, nel caso in cui si scoprisse innamorato di lui, Yamaguchi continui la sua vita come se niente fosse, con la sua nuova e incredibile ragazza. 

 

Come se fosse un dettaglio superficiale, senza conto. Come a volergli dire "hai avuto la sua occasione, vero, Tsukki? Forse potevi pensarci prima" e Kei non potrebbe dire niente, se non che avrebbe ragione. 

 

È passato un po' da quando ha inconsapevolmente rinunciato a lui. Quel giorno, dopo il bacio, dopo quello 'scusami' per niente sentito. Ma se ne è accorto soltanto perché Yachi, qualche giorno fa, lo ha preso di lato per chiedergli se lui e Yamaguchi avessero litigato. E al suo dissenso, lei assunse una faccia stupita. 

 

"Perché pensi questo?" 

"È solo che... Yamaguchi mi sembra molto sulla difensiva. Come se stesse curando da solo le sue ferite, ed è strano. Perché ho avuto l'impressione che si stesse nascondendo da te." Disse mesta, ma poi agitò le mani col viso rosso rosso e aggiunse subito "ma è stata solo una mia impressione, forse sei stato tu a distaccarti- oddio che sto dicendo! Volevo dire- forse mi sono immaginata tutto! Ecco, sì, questo!" 

 

Aveva ragione. 

 

Yamaguchi è strano. E lui ha preso le distanze, da quel giorno. Da quel biglietto. 

 

Eppure, continua a non capire. Lui l'ha fatto solo per lui, per salvare una relazione che ancora doveva nascere. 

 

Lui potrebbe non essere mai pronto.  

 

Ma il cuore di Yamaguchi gli manca. 

 

***

 

 Non saprebbe bene descrivere come sono arrivati ad urlarsi dal non fiatare all’incrocio in cui sono soliti separarsi la sera, ma è così che sta andando.

 

 È possibile che Kei abbia parlato a sproposito, è possibile che le canzoni preferite di Yamaguchi che sono nella sua playlist (prevalentemente romantiche) gli abbiano fottuto il cervello, o è possibile che l’abbia fatto Yamaguchi stesso solo esistendo.

 

È possibile che lo faccia da quando si sono conosciuto, da quando erano due bambini troppo piccoli per capire che cosa fosse quella parola grossa che era l’amore. È possibile tutto, e Kei è spaventato da questa prospettiva.

 

Ma nonostante il terrore costante che gli continua a crescere nel petto, l’ha detto.

 

“Comunque…” inizia, per nulla titubante o insicuro, solo aspetta che l’altro stacchi gli occhi dalla luce che emette il suo telefono.

 

Quando glieli punta addosso sembrano tristi.

 

Se lui non fosse Tsukishima e quindi la persona che conosce di più tutte le ammalianti sfumature di Tadashi, forse non se ne sarebbe accorto, ma hanno quella piccola coda che punta verso il cemento quando lui è la personificazione stessa del sole.

 

“Non ti bacerei mai solo per il tuo aspetto.”

 

Quello che segue è il silenzio.

 

Uno di quelli assordanti, uno di quelli che ti spacca i timpani per quando fanno rumore le cose non dette, uno di quelli che ti frastorna.

 

Uno di quelli che Kei non riesce a reggere.

 

“Volevo dirtelo. Non volevo che tu potessi fraintendere o pensare che-“

 

“Ma come ti permetti.” È l’unica cosa che dice, prima che un altro tipo di silenzio li riempia - questa volta è uno di quelli che ti lasciano stupiti, uno di quelli che non ti lasciano pensare a niente, uno di quelli che semplicemente ti schiaffeggia - prima che Yamaguchi stringe il telefono fra le dita e lo prenda per il colletto.

 

“Ma come pensi di poterti permettere a dire una cosa del genere dopo tutto questo tempo? Ma come cazzo ti permetti di osare a pensare una cosa del genere solo quando io sono fottutamente fidanzato?!”

 

Ha il fiato pesante, per quanto ha urlato. Per quanto quelle parole se le stesse tenendo dentro da troppo tempo, per quanto lo stessero dilaniando da così tanti anni.

 

E questa consapevolezza spezza il cuore di Kei che, inerme, può solo vedere il suo migliore amico permettersi di distruggersi dopo tutto questo tempo mentre cercava di essere forte e solido per entrambi.

 

“Me lo spieghi? Me lo spieghi come ti viene in mente ora di dirmelo, dopo tutti i cazzi di anni che viviamo come se fossimo due fottute anime gemelle? Mi spieghi come ti sia venuto in mente solo ora, porca puttana? Me lo fottutamente spieghi?”

 

Lo strattona con una forza che non pensava gli appartenesse, e mentre gli occhiali di Kei cadono a terra con un rumore fin troppo sordo, le lacrime di Yamaguchi iniziano a sgorgare. “Hai perso tempo, Kei, davvero tanto tempo. Non sono la tua fottuta puttana che torna ogni volta che gli fai uno squillo. Ho dei sentimenti che hai visto e compreso e ignorato per così tanti anni, così tanti, e ora, ora che sono riuscito ad andare minimamente avanti osi dirmi una cosa del genere?”

 

Lo lascia andare, e indietreggia di qualche passo. Quando Kei rimette gli occhiali, vede Yamaguchi. Non solo è arrabbiato, non è solo furioso, è anche profondamente deluso da lui. Profondamente dilaniato. Ha gli occhi rossi e la gola raschia ad ogni parola per quanto ha urlato, è possibile che qualcuno si sia affacciato per vedere cosa stesse succedendo, e forse è per qualche mano sconosciuta che lo tirava indietro che Yamaguchi si è staccato da lui.

 

Non lo sa. Riesce a vedere solo lui e tutto il dolore che gli ha causato così inconsapevolmente ma che ora riesce a toccare, e sta distruggendo anche lui.

 

Ora Yamaguchi lo odia. Profondamente, inconsolabilmente. Se prima Tsukishima era sicuro che loro due non avrebbero mai smesso di essere loro, ora è certo del contrario.

 

Che strano il destino, eh?

 

“Hai perso troppo tempo, Kei. Hai perso il tuo turno.”

 

Continua a piangere, Yamaguchi. E Kei, nonostante tutto, pensa che non se lo meriti di piangere per lui. Che non se lo meriti, il male che gli ha causato. Che non se lo meriti, di essere stato trascurato e oscurato da una persona del genere.

 

Che non se lo meriti, di aver perso tempo con una persona come lui.

 

“Forse hai perso anche me.”

 

Ed è lì, mentre osserva le sue spalle in stampatello elegante allontanarsi senza mai guardarsi indietro per sbirciare il danno irreparabile che ha creato nel suo migliore amico, che Kei cede al magnifico lusso del panico.

 

****

 

[Wich period later...]

 

Piove. 

 

Piove, e Yamagcuhi è stranamente tranquillo. 

 

"Tutto okay?" gli chiede, per sicurezza. A questo, Yamaguchi si volta velocemente, come se si sia ricordato solo in quest'istante che con lui ci fosse anche Tsukishima. 

 

Annuisce, e sorride piano. "Te l'ho detto Tsukki. Quando sono con te, non ho paura." Sembra che sia lui a volerlo rassicurare, e non il contrario. 

 

Le guance di Kei diventa rosse mentre emette un verso fintamente infastidito. Poi torna a guardare la pioggia, e sbuffa. 

 

"Odio quando piove e sono con gli occhiali. Non vedo niente." Sa che Yamaguchi ne è al corrente, ma sorride di cuore quando lo sente sghignazzare e dire un vivace "lo so, Tsukki." 

 

Ama questo essere loro. Conoscersi così profondamente da lasciarsi pure la possibilità di non parlare e rimanere nel loro confortevole e sicuro silenzio. Ama la sensazione di essere qualcuno di importante per lui, qualcuno per cui vale la pena ricordarsi tutti i suoi fastidi o le cose che lo rendono felice. 

 

Per lui è così con Yamaguchi. Ma sa, e questo gli sembra molto vicino al ricordo di casa, che anche per Yamaguchi è così. 

 

Non importa che lui sia fidanzato, che in questi ultimi tempi abbiano preso le distanze l'uno dall'altro per terrore o smarrimento o confusione, non importa perché è un qualcosa di così profondo che nessuna relazione potrebbe eguagliarlo. Non importa perché se anche il 'loro' che sono sempre stati dovrebbe finire oggi, non finirebbe mai davvero. 

 

Kei ricorderebbe per sempre la battuta preferita del film di spiderman che ha fatto commuovere di più Yamaguchi, la faccia che fatto quando l'ha chiamato per nome la

prima volta, la costellazione del leone che le sue lentiggini compongono vicino al suo cuore, la definizione del pokedex Togetic, Milotic, Tyranitar o Lunala o qualsiasi altro pokemon che si sono messi lì, nella pace della sua camera, a leggere insieme. 

 

Kei ricorderebbe per sempre il verso disperato che ha emesso Yamaguchi quando si è staccato dal loro bacio, come se ne volesse ancora e ancora e non stesse aspettando altro in quella vita e in tutte le altre. 

 

Ricorderebbe tutto quello che li ha accompagnati fin ad ora e che rendono Yamaguchi così lui. E Kei non vorrebbe che fosse in nessun altro modo.

 

Così, accade qualcosa di inaspettato. 

 

Yamaguchi, sotto la tettoia dove sono volati a ripararsi, si avvicina con gentilezza. Da tutto il tempo de mondo a Kei, nel caso questa vicinanza dovesse turbarlo o dargli fastidio e quindi indurlo ad allontanarsi, ma Kei rimane fermo. Immobile. Fremente di aspettativa. 

 

Con le mani che tremano, prende gli occhiali di Kei e li ripone nella sua tasca della giacca. 

 

Vede sfocato, ma il sorriso di Yamaguchi è abbagliante. Sente un calore familiare afferrargli la mano, e una risatina dolce che lo fa rabbrividire. 

 

"Sembri proprio un pulcino bagnato che ha perso la mamma e non sa dove andare, Tsukki." 

 

Gli lancia un'occhiataccia, "non prendermi in giro, Yamaguchi."

 

Lui continua a ridacchiare, borbottando qualcosa sull'aver sbagliato persona e poi gli sussurra "andiamo a casa." 

 

Le loro mani sono fredde e scivolose, l'acqua scorre fra le loro dita e i loro sorrisi nascosti dall'altro, i battiti di cuore irregolari che l'acqua nasconde sotto il suo maestoso scrosciare. 

 

E un'emozione nuova gli impossessa il petto, mentre sbatte di qua e di là con le risate di Yamaguchi che cerca di farlo camminare dritto. 

 

Ma Yamaguchi non gli fa più paura, ormai. 

 

E l'aspettativa di una vita in cui potrebbero scoprirlo insieme, ora è tutto ciò che desidera. 

 

*** 

 

Il giorno dopo, Yamaguchi e Nadeko mettono fine alla relazione dopo poco più di un mese.

 

🪀

 

Essere innamorati: cosa significa.

 

Kei non ricorda molto del periodo successivo al divorzio dei suoi genitori. Suo padre si era levato di torno un minuto dopo aver firmato i documenti, come se aspettasse solo questo. Non ricorda bene i dettagli, ma nel momento in cui si chiuse alle spalle la porta d'ingresso senza alcuna esitazione, la casa cadde in un inusuale silenzio.

 

Fu un trauma. 

 

Kei si sforza spesso di non pensarci. La perdita di qualcosa una volta così familiare e costante gli ha scavato un profondo buco nello stomaco che ci ha messo tanti anni prima di andarsene. 

 

Pensa a come sarebbe perdere Yamaguchi, e che cosa ne sarebbe di lui. Ma non lascia sé stesso riflettere su queste eventualità; non più.

 

È passato quasi un mese da quel giorno a casa sua, dove placidamente si sono addormentati tra i pensieri confusi e i discorsi senza senso. 

 

E sono passati quindici giorni da quel giorno temporalesco dove l'unica certezza che aveva era la salda mano di Yamaguchi, bussola nel mare in tempesta, e quattordici giorni da quando Nadako e Yamaguchi hanno messo fine alla loro relazione. 

 

Non è stato Yamaguchi a dirglielo, in realtà. Ci ha pensato Kageyama, nello spogliatoio. Forse se lo fece scappare per sbaglio, forse voleva essere Yamaguchi stesso a dirglielo quella sera, a casa sua, ma la mascella gli cadde drammaticamente per terra. 

 

E così la primavera è arrivata, il gelido inverno dimenticato e Tsukishima Kei è tornato quello di sempre. 

 

A parte, beh, per il fatto che ora è consapevole di amare incondizionatamente Yamaguchi e non ha più paura di ammetterlo a sé stesso. 

 

"Oh no," si lamenta Yamaguchi, fermandosi di colpo. "Ho dimenticato il telefono", piagnucola come una bambino svogliato, e Kei sorride dentro di sé con tenerezza. "Tu va' pure avanti Tsukki, ci vediamo domani." Gli sorride con convinzione, come se Tsukishima potesse davvero lasciarlo indietro. 

 

"Sbrigati." Dice soltanto, mentre con la mano lo scaccia verso la direzione che deve prendere. Lo sguardo di Yamaguchi si illumina, le stelle rosicano al veder del suo sorriso radioso e con un frettoloso annuire corre via con la silenziosa promessa di tornare il prima possibile. 

 

Con un sospiro tremante si avvicina alla panchina più vicina, e dietro ci scorge il giardino fiorito più bello che abbia mai visto. Ci sono fiori blu, rossi, gialli, rosa: fiori che non aveva mai visto, fiori che probabilmente esistono solo lì per loro. Potrebbe coglierne uno dal significato più bello, significativo, splendente - e quindi loro - per dichiarargli di essere in bilico tra l'amore schiacciante che prova per lui e una voragine senza uscita alcuna. 

 

Potresti apprezzarlo, Yamaguchi? 

 

Sospira perché non ha idea di come renderlo speciale, così indimenticabile da doverlo inciderlo su Venere. Non sa quali sono i gusti di Yamaguchi, non sa cosa si aspetti dalla sua dichiarazione, non sa se dover aspettare ancora un po' prima di aprirgli il suo cuore

 

Non è certo di niente, non è certo di quale sia il fiore giusto per lui, sa solo di amarlo. 

 

L'amore... l'amore non va mai cercato, Kei. Non va mai aspettato. Non va mai scelto. Nasce per caso, ricordo per ricordo: e la parte migliore è quando ti arrendi e rincorri ciò che ha fatto iniziare tutto, diceva suo nonno.

 

Ricordi, ricordi, ricordi...

 

Nei giorni di piovischio dove non vedeva niente e la mano di Yamaguchi era l'unica cosa di cui fosse sicuro, le giornate passate nel silenzio confortevole dell'essere se stessi insieme senza vergogna, nei giorni in cui non voleva parlare con nessuno e a casa non ci voleva stare e la sua vera casa scoprì essere il suo migliore amico ovunque loro andassero.

 

Devo andare ancora più indietro.

 

Nei giorni di tempesta dove correva sotto la pioggia per tranquillizzare Tadashi dai suoi incubi e passare tutto il tempo che ci sarebbe voluto per far tornare il sereno in lui, quando ha scoperto che avesse le lentiggini disseminate su tutto il corpo e non solo sul viso come scintillanti costellazioni, il primo compleanno insieme dove il più basso bussò nel cuore della notte facendo alzare tutta la casa solo per potergli sorridere e dire 'buon compleanno!' con la sua torta preferita tra mani, nei giorni in cui crescevano insieme, giocavano insieme, ridevano insieme, piangevano insieme.

 

Non è abbastanza...

 

Nei giorni in cui Yamaguchi si alzava nel bel mezzo della notte a piangere nel bagno dove cercava, con la sua gomma di spiderman, di cancellarsi e Kei che arrivava in punta di piedi per chiudere il suo borsello e portarlo in camera ad affrontare una volta per tutte i suoi demoni...?

 

L'amore potrebbe arrivare a sette anni, o a dieci o a venti. Potrebbe arrivare nel giorno più triste, nel periodo più buio o addirittura quando non lo desideri più, diceva suo nonno. 

 

Ma ora Kei è qui, che coglie l'unico fiore bianco del campo - il colore della purezza, della sincerità totalizzante, del paradiso e dei miracoli - che sente "Tsukkiiii!!!" e non vorrebbe trovarsi da nessun'altra parte al mondo. 

 

Sobbalza a quel grido e istantaneamente si volta; vede Yamaguchi che corre, corre, corre come se Cerbero lo stesse inseguendo - pensa che rallenterà, una volta che lo avrà raggiunto. E per la prima volta, il suo intelletto passa dalla parte del torto. 

 

Yamaguchi attraversa la strada in un secondo netto e Kei fa un sorpreso, imbarazzante strillo quando Yamaguchi lo placca buttandolo a terra in mezzo a tutti quei fiori. 

 

Yamaguchi ha bisogno di riprendere fiato e senza remore si adagia di peso sullo stomaco di Kei. Quest'ultimo osserva come la sua bocca freme, inciampa nelle parole che ancora non riesce a dire. Kei si prende solo un secondo per apprezzare la calda sensazione al petto e all'addome che gli provoca la posizione di Yamaguchi, le cosce premute contro i suoi fianchi e le ginocchia lentigginose a cavalcioni su Kei.

 

Kei si divincola. Yamaguchi non si muove. 

 

Invece conquista il terreno ai lati della testa di Kei con le mani, ma il suo tono è leggero, emozionato. E il suo cuore lo tradisce alla vista di tanta felicità nei suoi occhi, pompando veloce e tendendo i suoi nervi. Il sole pomeridiano splende su di loro, illuminandoli. 

 

E la paura di perderti è solo voglia di amarti, Yams.

 

"Non vuoi metterti con me perché pensi che rovinerebbe la nostra amicizia?!"

 

È allucinato mentre urla velocemente la frase; Yamaguchi si appoggia sulle ginocchia lentigginose per sospendere la sua faccia proprio sopra quella di Kei. Sembra come se lo stesse scrutando dentro, come se avesse paura che potrebbe scappare. Ed anche se Kei si sente come se avesse preso fuoco, un uragano di incredulità gli vortica nella pancia, inarrestabili bolle di gioia e ansia gli scoppiano nel petto come petardi, non ha più intenzione di correre se non accanto a lui.

 

"Chi te lo ha detto-"

 

"Hinata." risponde impetuosamente, come se non fosse quello il punto. 

 

"Quel bast-" "Sta' zitto, per l'amor di Dio."

 

Cala il silenzio, come se entrambi debbano metabolizzare quello che è successo. E poi scoppiano a ridere. 

 

"Sei piuttosto scemo," lo prende in giro Yamaguchi con voce cantilenante.

 

E Kei si scioglie; concorda, "Sono molto scemo."

 

"Tuo amico – voglio dire, Tsukki – sarò sempre tuo amico. Te l'ho giurato quando avevamo, tipo, nove anni."

 

"Lo so."

 

"E allora..."

 

"Io... è che avevo solo paura."

 

"Paura," ripete Yamaguchi, come se non avesse senso.

 

Kei annuisce, la sua testa strofina contro l'erba sotto di lui. È nervoso: tutto di deciderà in quell'esatto momento che potrebbe non esistere davvero. "Una paura fottuta. Ma si tratta di te, e tu sei... beh, te, e, cazzo." 

 

"Sei scomodo," nota Yamaguchi corrugando la fronte, "scusa, Tsukki" anche se pare non abbia nessuna intenzione di spostarsi. 

 

"No - è solo – uh, mi distrae abbastanza." 

 

Kei ridacchia guardando il modo in Yamaguchi arrossisce violentemente, un profondo cresimi che gli scurisce il volto abbronzato. Gattona attentamente all'indietro fino a inginocchiarsi in mezzo alle gambe di Kei. 

 

Il più alto gli sfiora timidamente la mano per fargli capire che va tutto più che bene, ma in realtà ha solo bisogno di coraggio. 

 

"Ti volevo." Butta fuori con velocità imbarazzante, "ti volevo tutto il tempo. E questo mi terrorizzava, perché-"

 

"Perché?"

 

"Perché se ti perdessi, avrei perso ogni cosa che abbia importanza." L'ho detto? "E il potere che eserciti su di me senza neanche rendertene conto è terrificante, perché sono così-" 

 

Yamaguchi lo ferma, gli prende il viso con forza brutalmente gentile per metterli sullo stesso piano, e gli sorride. Kei non ha bisogno di altro, ma Tadashi sì. "Ti volevo tanto. Così tanto, Tadashi." 

 

"Cazzo, Tsukki."

 

"Non è passato un singolo secondo in cui non ti ho voluto. Amo tutto di te." Con le braccia stringe il busto dell'altro per metterselo in grembo, e fa di tutto per non notare il leggero rigonfiamento dei pantaloni di Tadashi o il suo sussulto sorpreso, e continua a parlare. "Amo quando sei così te stesso da riuscire ad illuminarmi la vita. Amo il fatto che non ti faccia paura amare, sperare."

 

Amo il fatto che non ti faccia paura il fatto che prima o poi, quella candela possa finire. 

 

Sorride come un bambino dispettoso, e "amo il fatto che ti ecciti quando ti chiamo per nome." Yamaguchi lo odia. Decisamente. 

 

"Ti odio." Nasconde il viso nell'incavo del suo collo e pensa che potrebbe essere il suo posto preferito al mondo.

 

"Penso sia una bugia." Lo rimbecca Kei giocosamente.

 

"Non è vero," mugugna, scontento di amarlo con ogni particella di sé stesso. 

 

"Ti si sta allungando il naso, Tadashi."

 

A quello, Yamaguchi si spinge delicatamente sul grembo di Kei; si tiene stretto contro il suo corpo, le braccia intorno al collo e il viso nascosto. I suoi respiri bollenti colpiscono l'orecchio di Kei. Kei ha un brivido e pensa, più vicino, così alza di nuovo la sua mano tremante per posarla sul suo collo, portando l'altra sul suo fianco.

 

L'intimità e la novità di quella situazione fa emettere a Kei un lungo, basso sospiro. Fa che non finisca.

 

Alla fine Yamaguchi si stacca dal suo petto. Le sue braccia sciolgono la stretta presa intorno al suo collo e osserva Kei con gli occhi ramati semichiusi. Kei finalmente riesce a guardarlo per bene – il viso arrossato con le labbra rosa, perfette, socchiuse, occhi rossi carichi di lacrime che non sono cadute – e non potrebbe esserne più affascinato. 

 

Non voglio fare a meno di te

 

Il suo palmo strofina il ginocchio sbucciato di Yamaguchi, senza quasi che ne sia cosciente. 

 

Yamaguchi però lo blocca con la sua mano. La prende e la porta al suo petto, la preme proprio sopra il suo cuore. La sua stretta delicata ma insistente lo fa morire di vita. Pensa che sia l'ossimoro più spettacolare a cui il mondo possa assistere.

 

"Tu mi fai questo," gli fa sapere Yamaguchi.

 

Il respiro di Kei lo abbandona. 

 

Il battito di Yamaguchi è totalmente caotico. Freme e palpita contro il suo palmo e più tempo passa, più il suo stesso cuore inizia a imitarlo.

 

"L'hai sempre fatto. Da quando eravamo piccoli."

 

Yamaguchi aspetta che Kei incontri i suoi occhi prima di continuare. Tsukishima passa delicatamente la mani tra i suoi capelli scuri e quegli occhi pieni di meraviglia di Yamaguchi si chiudono, mentre fa scontrare tra le melodie dei loro cuori le fronti.

 

"Ti ho gridato contro," gorgheggia all'improvviso, le parole d'improvviso farfugliate scivolano una sull'altra, come se quel pensiero lo tormentasse da troppo "e tu hai pianto e io, io non riesco a credere che ti ho fatto piangere. Il tuo viso urlava tristezza e smarrimento da tutte le parti e io- Kei, non è mai stata quella la mia intenzione. Ero solo frustrato, perché tu sei tutto quello a cui riesco a pensare e tu non mi volevi. Mi dispiace così tanto, Tsukki, così tanto." 

 

Non importa più, perché l'unica cosa che Kei riesce a pensare è amarlo finché in lui ci sarà respiro. 

 

Non importa più perché ora riesco a vederti. 

 

Hanno gli occhi socchiusi, sdraiati sui fiori che ascoltano le voci dei loro cuori. "Non potrei mai essere solo tuo amico," esala tremante, Kei. "Voglio che tu lo sappia, okay?" 

 

Yamaguchi annuisce vigorosamente, mordendosi il labbro inferiore come se non si fidasse di quello che potrebbe uscire dalla sua bocca. Kei osserva le mani di Yamaguchi, strette in piccoli e morbidi pugni nel suo grembo. 

 

"È solo che... ti conoscevo- ti conosco solo in questo modo. Siamo sempre stati amici, no? O forse no, forse siamo sempre stati qualcosa di più però... per me era normale provare quello che provo. Quando non ho potuto fare altro che realizzarlo io- non volevo fare nulla di sbagliato e rischiare di ferirti o perderti per sempre, perché quelle poche ore dove ho pensato che tu mi odiassi sono state le più devastanti della mia vita e- E. Mi dispiace così tanto, Tadashi. Ma tu sei tutto ciò di bello che mi rimane, e sei troppo importante per concedermi il lusso di fare a meno di te."

 

Come se Kei avesse pronunciato la parola d'ordine, le mani di Yamaguchi si rilassano e il loro palmi scivolano facilmente l'uno sull'altro; caldi e leggermente sudati stavolta, invece che freddi e scivolosi dalla pioggia. 

 

"È per questo che l'ho lasciata." 

 

Un lampo di realizzazione colpisce Tsukishima, gli stringe convulsivamente la mano, ma non ha il tempo di dire parola che Yamaguchi lo precede. "Cristo, Tsukki. Sono sempre stato sicuro che un giorno, prima o poi, saremmo finiti insieme. Ma gli anni passavano, e quel giorno non arrivava mai. Nell'ultimo periodo... tu mi sembravi sempre più distante e io non sapevo come fare per raggiungerti. Ho cercato così tanto di dimenticare quella parte di me che non ne aveva mai abbastanza di te, ma non ci sono riuscito." 

 

Continua, le mani sempre più scivolose e bisognose di contatto, "Ed è per questo che mi sono lasciato con Nadako. Era come se tu fossi sempre tra noi o, peggio, che tu fossi lei."

 

"Non aveva le mani sudate come le mie, eh?" Lo prende in giro Tsukishima, senza più nessuna traccia di nervosismo. Sono splendidamente loro.

 

Yamaguchi sbuffa una risata, "Tsukki, ho preso la tua mano quando tornavamo a casa durante quell'acquazzone e, non ci stavamo neanche veramente tenendo per mano, ma comunque – ho comunque provato di più in quel momento che in ogni altra volta con lei."

 

Incrocia finalmente gli occhi di Tadashi, invece, e sostiene senza esitazione il suo sguardo. Sente l'orizzonte dilatarsi in tutte le direzioni e il cielo aprirsi in una sconfinata distesa di azzurro.

 

"Come corpo ognuno è singolo, come anima mai" diceva spesso mio nonno, e solo ora, che sono accanto a te e sento il tuo cuore battere come se fosse il mio, capisco che volesse dire. 

 

"Dei, Tsukki-" Yamaguchi è sul punto di piangere ed Tsukishima si rende conto di aver pensato ad alta voce ma non ha importanza, non più: Yamaguchi gli sta riempiendo il viso di delicati baci bagnati e pieni di devozione che lo fanno ridere di cuore. 

 

Non importa se Yamaguchi sia ghiaccio bollente, equilibrio instabile, calma burrascosa, silenzio assordante, notte luminosa, un attimo eterno e che potrebbe diventare anche piacere doloroso. 

 

Non importa che Tadashi stia accuratamente evitando le labbra nel suo percorso; sfiora gli occhi, le guance, il naso, la fronte. 

 

Non importa perché Kei ora è pronto: forse lo è sempre stato. Gli afferra il viso delicato e rosso con una mano e lo guarda con amore perché sa fare solo questo in questa vita, e lo bacia col tramonto nel cuore. 

 

Lo bacia e viene baciato, l'adorazione di essere l'amore che raccontano i migliori scrittori. 

 

È lento. È continuo. È giocoso, è delicato. È piacevole. È esaltante. È facile. 

 

È tutto come se fosse stato sempre così, senza senso e con tutti i significati del mondo. È appena sbocciato, ma è in piena fioritura. 

 

"E quello?" Sussurra affannato Yamaguchi sulle labbra interrompendo l'ennesimo bacio, mentre nota il fiore bianco abbandonato sul prato, vicino a loro.

 

È matto come Alice, il cappellaio e lo Stregatto; un diavolo tentatore come Henry Wotton per l'ignaro Dorian ma profondo come i bambini che colorano con i pastelli.

 

"L'ho colto per te."

 

Sono loro, l'amore.

 

🪀

 

Tadashi, a undici anni, aveva ancora paura del buio. 

 

E' sempre stato così, da quando Kei ne ha memoria: non è mai stato un qualcosa di esplicito, come la sua paura per i temporali, dove tremava come una foglia e si nascondeva sotto la sua maglietta. No, qualcosa di più fittizio, una specie di foschia soffocante che la notte circonda Yamaguchi nella maniera più spaventosa possibile. 

 

Il piccolo Kei ci mise un po' per capirlo: Tadashi non riusciva a sopportare l'oscurità che ricopriva ogni cosa, che sommergeva d'inchiostro nero ogni anfratto della sua stanza, che trasformava i mobili in mostri, i pensieri in urla. 

 

Il motivo non gli era chiaro, o forse sì, ma non abbastanza. 

 

Eppure, con il passare degli anni, l'oscurità non smise di terrorizzare Yamaguchi, che ormai Kei era sicuro non avesse più paura dei mostri sotto il letto, ma di quelli che insediati nella sua mente. 

 

Sapeva quanto potessero essere crudeli, pronti a ricordargli che non sarà mai abbastanza bello, o intelligente, o simpatico. Pronti a sibilargli che non sarà mai abbastanza e basta. 

 

Kei sapeva che era così, perché era così che Yamaguchi si sentiva, come se fosse un guerriero dimenticato dai suoi compagni sul campo di battaglia, ferito e inerme, che aspetta la morte ed è troppo orgoglioso per ammettere di esserne terrorizzato. 

 

Tsukishima ha provato di tutto, per metterli a tacere. 

 

Tutto ciò che era in suo potere: dormire il più possibile da lui e distrarlo dalla realtà in cui il suo migliore amico viveva, in stallo, tra l'imminente depressione e il rifiuto di sé stesso nella sua stessa vita. Parlava, scherzava, cantava... ha provato diverse cose, nel tempo, e concluse che la musica era la migliore offerente. 

 

Yamaguchi lo guardava come ipnotizzato, quando intonava le sue canzoni preferite che imparava appositamente per questo, fin quando i loro cuori, calzanti al ritmo di dolce musica, non si calmavano e cadevano nel più tranquillo dei sogni. 

 

Ma non avrebbe funzionato per sempre. Per il semplice motivo che Kei non poteva dormire lì per sempre. Non poteva esserci ogni volta, non poteva cantare le sue canzoni preferite quando ne aveva più bisogno, per quanto questa cosa gli stringesse il cuore e lo tormentasse la notte.

 

E così, con il tempo, Yamaguchi ha iniziato ad odiare dormire. 

 

Kei, ormai a quasi dodici anni, nota come passa le notti in bianco dalle sue occhiaie che gli asfaltano il volto rendendolo grigio, il lampeggiante desiderio che tutto finisca presto dipinto nei suoi occhi. 

 

E questo gli spezza il cuore: Yamaguchi era quello che riusciva ad addormentarsi ovunque, purché si appoggiasse sulla sua spalla per stare più comodo. Era come se fosse la regola segreta per sopravvivere in questo mondo. 

 

E Kei sinceramente si odia perché non riesce a fargli capire quanto sia stupido ad odiare una qualsiasi parte di sé stesso - non importa il fatto che ancora non sappia qual è, perché lui non ci riesce per il semplice fatto che sia Yamaguchi. 

 

***

 

La casa di Yamaguchi è sempre fredda. 

 

Ormai Kei a dodici anni lo sa, per quanto volte è venuto qui, impossessandosi del futon degli ospiti che ormai porta il suo profumo di avocado e miele. Ricorda quando, tanti anni prima, Yamaguchi gli raccomandò di portare un maglione quando dorme da lui, specificando un sempre che, al tempo, gli parve di troppo. Come se, dopo la prima volta, sarebbe diventata un'abitudine solo loro che avrebbe perseguito il tempo.

 

E Kei sorride un po' perché, beh, è stato così. 

 

Ma, a parte questo, non riesce a dormire. Il solito rumore di sottofondo e generalmente rilassante della ventola ora sembra che abbia impossessato tutta la camera. Oltre ad averlo svegliato, gli ha fatto passare il sonno. E si annoia a morte; proprio quella sera dovevano rompersi le sue cuffie?

 

Ovviamente svegliare Yamaguchi non rientra neanche tra le più sfrenate fantasie, non quando sa quanto sia difficile per lui prendere sonno (cosa che pensa abbia fatto, visto che non lo sente rigirarsi nel letto e piagnucolare con il cuscino premuto contro i timpani, come a voler smettere di ascoltare qualcuno, o qualcosa. 

 

Kei vorrebbe davvero sapere cosa). 

 

Quindi, cercando di fare il più piano possibile, recupera i suoi occhiali e felino come un gatto scivola via dalla stanza per scendere in soggiorno a mangiare qualcosa, tanto per passare il tempo. 

 

Esce quindi scalzo dalla stanza, facendo attenzione a dove mette i piedi per non sbattere contro niente e non svegliare nessuno (nessuno che abbia per lui effettivamente importanza, ovvero Yamaguchi).

 

L'unica luce ad aiutarlo viene dalla parte opposta del corridoio; il bagno. E lo trova davvero molto strano, visto che ormai dovrebbe essere notte inoltrata e ricorda di aver sentito i genitori di Kei russare quando ci è passato davanti alla stanza. 

 

Si avvicina, se nota di star trattenendo il respiro non sembra importargli poi molto - soprattutto quando si parla di Yamaguchi - e nota che la porta è spalancata. E Kei impallidisce quando sente qualcuno tirare su con il naso.

 

Un altro paio di suoni del genere e un piccolo singhiozzo più tardi e Kei non riesce più a stare lì in piedi senza fare niente, con il cuore che si spezza insieme ad ogni rumore. Così, supera la soglia e socchiude gli occhi contro la forte luce del bagno.

 

Yamaguchi è in piedi sul ripiano del bagno, il viso piccolo e paffuto premuto contro lo specchio troppo alto. Tira su con il naso un'altra volta, le lacrime che non smettono un secondo di scendere e ancora non l'ha notato. 

 

Una piccola borsetta rossa e bianca che Kei riconosce come l'astuccio delle matite di Yamaguchi è accanto a lui sulla mensola, totalmente aperto e svuotato dalla frenesia dello scovare, cercare. 

 

Il cuore di Kei sembra aver smesso di battere.

 

"Che stai facendo?"              

 

Yamaguchi sobbalza così violentemente che quasi cade dal ripiano e a Kei passano davanti agli occhi un paio di anni di vita. 

 

Tadashi allontana dalla guancia la sua gomma da cancellare preferita, a tema spiderman, un po' usurata e ingrigita ai lati, ma non la posa. La sua piccola mano resta sospesa in aria di fronte al petto, vicino al cuore. 

 

"Cosa c'è?" chiede di nuovo, piano e leggero, mentre si avvicina di un passo. 

 

Aggrotta le sopracciglia e continua a guardarlo mentre gli occhi marroni di Yamaguchi iniziano a riempirsi di lacrime per l'ennesima volta e Kei si sente come immobilizzato. 

 

"Yamaguchi, che cosa stai cercando di cancellare?" chiede Kei, anche se conosce già la risposta. E si odia così tanto, per non esserci arrivato prima.

 

"Scusa, T-Tsukki," risponde Yamaguchi, come sempre. "Non è niente. Volevo andare a letto, ma." Un altro leggero singhiozzo fa desiderare a Kei di essere in grado di dargli i suoi occhi, così che gli basti un solo secondo per guardarsi nello stesso modo in cui lui vede Yamaguchi per amarsi per tutta una vita.

 

Yamaguchi continua dopo un profondo respiro, "ma ci sono tanti mostri nel buio e io..."

 

"Che cosa stai cercando di cancellare?" ripete Kei, ora a voce più bassa, in un bisbiglio spezzato. 

 

"L-lentiggini."

 

Anche solo la parola sembra una parolaccia nella bocca di Yamaguchi. E Kei non capisce perché, tra tutte le cose che avrebbero potuto ridurlo in questo stato, di perenne insonnia e odio per se stesso, sia per delle lentiggini. 

 

La prima cosa che Kei pensa è, sei troppo grande per pensare che possa funzionare, ma la seconda, la più sincera, è, io trovo che siano interessanti. Ti distinguono da tutti gli altri.

 

E visto che Kei sa essere solo sincero nella sua vita, e considerando anche il fatto che qualsiasi verità possa dire su Yamaguchi sia semplicemente splendente, parla d'istinto.

 

"Io penso che siano fiche."

 

Yamaguchi sobbalza di nuovo, come se Tsukishima lo avesse marchiato a fuoco. La gomma gli cade dalle mani e rimbalza nel lavandino, fino ad arrivare ai piedi di Kei. Yamaguchi si porta la manica del pigiama agli occhi e si asciuga le nuove lacrime dal viso, rendendolo ancora più rosso e carino.

 

"T-tu..." cerca di dire, tra i balbettii increduli e uno spiraglio di luce confortante. Kei annuisce rincuorato, un sorrisone a infondergli coraggio. "Non sono niente di cui preoccuparsi, Yams. Gli altri sono solo degli idioti."

 

"Tsukki," geme Yamaguchi, mentre inizia a piangere di nuovo tra i singhiozzi e le tirate di naso. 

 

Kei non sa perché è arrossito, ma sente il calore colorargli le orecchie. Raccoglie la gomma ai suoi piedi, racimola tutte le penne e matite che sono volate durante la disperata ricerca del suo migliore amico, riposa con cura tutto nell'astuccio senza dire una parola. 

 

Yamaguchi scivola giù dal ripiano grazie alla mano certa di Kei, una bussola in mezzo al mare, e quest'ultimo vede che anche le sue guance vanno a fuoco. Continua a stringergli la mano, mentre continua a parlare. 

 

"Hai le lentiggini," gli dice. "E allora?" Yamaguchi lo guarda, insicuro su cosa rispondere, ma Kei fortunatamente non gli da tregua, e continua, "Io ho i piedi grossi. E una vista tremenda. E allora?"

 

"...E allora," ripete Yamaguchi, e un vago sorriso appare sul suo volto arrossato. Ed è la luce. 

 

"Esatto," Kei gli rivolge un ultimo rassicurante cenno d'assenso.

 

"Ora possiamo andare a dormire?" gli chiede Tsukishima, e sanno entrambi che c'è troppo altro dietro a quella domanda. Yamaguchi sorride, e mentre gli stringe più forte la mano, risponde "certo, Tsukki." 

 

Tornano in camera, tra il buio della notte e l'oscurità dei pensieri, ma Yamaguchi nota come i primi squarci di luce illuminino il mondo per l'ennesima volta. 

 

***

 

Piove, piove tanto quel giorno. 

 

Yamaguchi è stranamente tranquillo e Kei non ha voluto indagare oltre dopo la risposta "sono con te, è tutto okay quando sono con te" che gli ha dato senza battere ciglio. Il suo viso è già abbastanza abbrustolito, grazie tante. 

 

Ed è in questa strana calma che li percorre che continua a pensare. Pensa, pensa e ripensa ma non serve a molto quando i suoi pensieri sono incentrati perennamente su di lui. 

 

Non sapeva cosa si aspettasse Kei, esattamente, dopo quel giorno. 

 

Yamaguchi continua a non volersi specchiare in nessuna vetrina, specchio o pozzanghera, ad avere quelle tremende borse sotto gli occhi che gli consumano la vita e ad avere paura di se stesso e dei mostri che genera. 

 

Piove e Kei odia non poter fare niente per questa situazione. Sono passati tre mesi, da quella notte, e Yamaguchi continua ad essere sul filo del rasoio. 

 

Però... però ci sono questi momenti, dove riesce a essere felice. Lo vede, Kei. Dove sorride davvero, dove ride di gusto, dove vive con desiderio, che lo portano sull'orlo di una crisi di pianto.

 

Vede distrattamente come Yamaguchi gioca con il suo ombrello preferito, è trasparente con dei girasoli disegnati sopra, e pensa che un po' lo rappresentino. Yamaguchi è come se fosse il riflesso del sole, solo che... è come se il sole fosse in eclissi da un po' e che il girasole - il più bel regalo dell'umanità, a suo avviso - cerchi di sopravvivere nell'ombra di sé stesso. 

 

"Penso che dovremmo aspettare un altro po', uh?" gli chiede, senza distogliere lo squardo dall'ombrello che si muove verso destra e poi verso sinistra. Poi lancia un'occhiata divertita a Kei e gli dà una fiancata che lo sbilancia. Kei non ha nemmeno il tempo per gridargli contro, perché Yamaguchi corre immediatamente via, verso il fango davanti scuola, coprendosi con il suo ombrello. 

 

Kei alza un lato delle labbra e apre il suo ombrello e cerca di seguirlo, correndo verso di lui per poterlo prendere dal colletto e scuoterlo e dirgli di non dargli mai più nessuna fiancata, che significa esattamente il contrario. 

 

Ma Yamaguchi è troppo veloce. 

 

Balza tra le pozzanghere e sembra essere sempre lo stesso bambino delle elementari di quando si sono incontrati. Veloce e divertente e gentile. Kei cerca di stargli dietro ma, senza nemmeno rendersene conto, si ritrovano davanti ai cancelli della scuola, con tutte le spalle bagnate e le risate che rimbombano tra il ticchettio della pioggia. 

 

Sono felici, e poi Yamaguchi gli chiede con la risata tra la lingua "Tsukki, ma a te piacciono davvero le mie lentiggini?" Tsukishima sbuffa per la domanda ridicola, per poi ridere. 

 

Se gli piacciono? 

 

Kei ha passato anni interi a paragonarle alle fottute costellazioni. Yamaguchi non ne ha idea di quanto lui sia impazzito per quelle macchioline. 

 

Tadashi rimane a guardarlo incantato per qualche secondo mentre Kei strizza gli occhi in preda alle risa. Una visione che è sicuro non dimenticherà facilmente. "Non posso odiarle, Tadashi" Perché fanno parte di te, idiota, si dice nella testa. 

 

Pensa che quella potrebbe essere effettivamente la prima volta che lo chiama per nome ma ogni cosa scompare dalla sua testa. 

 

Tadashi sorride, mostrando i denti, con il naso arricciato e le lentiggini bagnate.

 

E a Kei manca un battito.

 

***

 

"Tsukki, le lentiggini sono un po' come le stelle, secondo te?" 

 

È il tredicesimo compleanno di Yamaguchi, e sono loro due, che guardano il cielo limpido e fresco, luminoso per loro due che sono spettatori dei loro miracoli, a non parlare del niente con il vuoto che li consola. 

 

Tsukishima non ha mai pensato che le lentiggini di Yamaguchi fossero un problema, per quanto gli riguarda. Mai. Neanche la prima volta che Tsukishima ha effettivamente prestato attenzione al suo volto, che potrebbe risalire probabilmente alla seconda o terza volta che Yamaguchi cercava di rivolgergli la parola. 

 

Più che problematiche, Kei le trovò immediatamente strane: come se nel viso quel ragazzino troppo piagnone e fragile avesse in sé l'allegoria delle stelle. E lo invidiò un po'. Era come se fosse lui stessi una stella.

 

"Dipende." Si limita a rispondere solamente, cauto "perché me lo chiedi?"

 

"Pensavo... Insomma, sì, ecco..." inizia l'altro, torturandosi le mani con un rossore accesso - molto accesso - sul viso. Risalta le lentiggini. Carino. 

 

"Yamaguchi, che vuoi dirmi?" Richiede, con tono esasperato.

 

"Pensi che potrebbero esserci delle costellazioni in, uhm, me?" Vede Tsukishima arrestare il respiro di colpo con gli occhi un po' più sgranati del solito, mentre l'osserva di sbieco. 

 

Probabilmente sì, si risponde Tadashi, e gli sorride di rimando. 

 

Kei odia davvero questa sensazione al ventre. La detesta davvero tanto.

 

"Grazie, Tsukki." bisbiglia, prima che cali il silenzio tra loro che continuano a guardare le stelle come prima, con la sola differenza che il battito cardiaco di Tsukishima risuona come il mare smisurato.

 

"Tsukki?" un bisbiglio, un mormorio, poco più udibile di una foglia che cade al suolo d'autunno "Tsukki, pensi che ti andrebbe di cercare le mie costellazioni, domani?"

 

Un fruscio, qualche spostamento d'aria e Yamaguchi torna ad appoggiare la testa sulla spalla di Kei come se il tempo non fosse passato. 

 

"Perché no?"

   
 
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