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Autore: ester_potter    16/09/2022    2 recensioni
[OiKage] [2.5k words] [First Kiss] [First Crush] [Finger Sucking]
Lo guarda dall’alto, sornione, e batte la mano sulla guancia di Tobio un paio di volte a mo’ di schiaffo.
“Fila a farti una doccia, moccioso”
Gli volta le spalle e se ne va, lasciandolo solo. Ed è lì, in piedi in mezzo allo spogliatoio, che Tobio inizia a domandarsi cosa accidenti sia appena successo.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Tobio Kageyama, Tooru Oikawa
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: questa fic è ambientata durante il primo anno delle medie, quindi Kageyama ha 12 anni e Oikawa 14. Don’t like, don’t read. BUT, per chiunque voglia sapere prima cosa sta andando a leggere, spoiler a seguire:


(no, non fanno sesso raga, semplicemente parte un limone e Kageyama finisce nelle mutande senza che nessuno lo tocchi, da vero tesorino innocente quale è ^^)





Tobio si sistema nervosamente sulla panchina e respira a fondo, sforzandosi di assumere una posa naturale e stravaccata per non dare nell’occhio, seduto in mezzo ai suoi compagni di squadra. Sceglie deliberatamente di ignorare i comandi del suo cervello, che gli ricorda stizzito quando sarebbe più facile se semplicemente la smettesse di fissare Oikawa-san. I suoi occhi non ne vogliono sapere: si ostinano a seguire la figura slanciata del suo kohai mentre salta da un punto all’altro del campo.

Lo guarda per tutto il tempo, alternando un’attenzione analitica rivolta al suo talento con una più ossessiva, bramosa. Spesso si domanda quando sia iniziata, com’è possibile che si sia trovato in mezzo a una cosa così grossa senza nemmeno accorgersene. È la prima volta che si innamora davvero nella sua breve vita, e si è convinto che non gli passerà mai con tutta l’ostinazione e la sconsideratezza di chiunque sperimenti per la prima volta le farfalle nello stomaco e i sogni ad occhi aperti.

Intanto è arrivato il turno di Oikawa-san in battuta. Tobio lo guarda mentre si sistema a bordo campo dietro la linea bianca, palleggiando ripetutamente a terra e, come sempre, il suo cervello e i suoi ormoni vanno in tilt. Una goccia di sudore cola dalla tempia di Oikawa-san verso il basso, percorre l’intera lunghezza del suo volto per poi arrestarsi sulla punta del suo mento e, dopo un paio di secondi, cade giù. I suoi muscoli si flettono mentre prende la mira con la palla, la quale giace al sicuro tra le sue dita esperte come se le riconoscesse per il talento, e poi la rincorsa. Tobio non sa più dove guardare. Sarebbe bello se ci fosse almeno una parte del corpo di Oikawa-san che non lo faccia sentire come se andasse a fuoco. Come se non bastasse, gioca con una naturalezza e un istinto pazzeschi – inutile dire che la sua battuta è andata a segno subito, finendo dritta tra Kindaichi e Iwaizumi, superando i loro riflessi in velocità –, che Tobio non si sogna neanche di avere.

Quando l’allenamento finisce, Oikawa-san saluta tutti – beh, tutti i suoi kohai, ma non lui – e si avvia stiracchiandosi verso gli spogliatoi. Solo Tobio e pochi altri restano a schiacciare ancora un po’. Avrebbe voluto approcciarglisi e chiedergli per l’ennesima volta se fosse disposto a insegnargli qualcosa, ma di recente gli sembra che racimolare il coraggio sia diventata un’impresa sempre più difficile. E lui non è mai avuto paura di niente, prima. È la cosa più sconcertante che gli sia capitata, e quel che è peggio è che sa benissimo come la colpa sia da imputare dai continui rifiuti di Oikawa-san. Si chiede se non sia il caso di… smettere di dargli fastidio. Visto che è questo che rappresenta per lui. Solo un fastidio. Un primino ingenuo e seccante che rovina la sua pace durante gli allenamenti di quella che per lui – per entrambi – è una passione ineguagliabile.

Il silenzio che lo circonda lo riporta alla realtà: si guarda intorno e scopre rimasto solo da chissà quanto tempo. Caccia un sospiro pesante e tenta un’ultima schiacciata. Molto buona, ma non eccezionale. Ha ancora tanta strada da fare.

Si avvia verso lo spogliatoio mentre ripassa a mente i compiti di chi chiude la palestra dopo un allenamento: dopo la doccia dovrà raccattare le palle, abbassare la rete e spegnere le luci. È quasi emozionato. È la prima volta che fa così tardi e si ritrova con una responsabilità del genere.

“Ancora qui, Tobio-chan?”

Tobio si strozza con l’acqua che aveva appena iniziato a bere e tossisce violentemente. Si volta di scatto, per istinto, senza neanche prendere tempo per darsi un contegno o quantomeno assumere un’espressione casuale.

Quella voce sorniona l’avrebbe riconosciuta ovunque, perciò sa già chi aspettarsi. Quello che non si aspetta è che sia nudo. Beh, seminudo, per la precisione. Coperto solo da un asciugamano legato intorno alla vita, la pelle che fuma e i capelli gocciolanti.

“È tardi per i mocciosi” gli fa notare Oikawa-san con un velo di ironia. “Non hai compiti che ti aspettano a casa o che so io?”

Tobio incassa la provocazione e abbassa lo sguardo con un broncio offeso.

“Sono rimasto ad allenarmi”

“Ma non mi dire, bimbo! Credevo fossi qui per il rinfresco organizzato dal coach”

“Perché, c’è un rifresco?”

“… Quanto sei stupido, Tobio-chan”

Tobio non sa come sentirsi: il tono – azzarda a dire – affettuoso che ha usato cozza disastrosamente con ciò che gli ha detto. Si sente avvampare di colpo, in bilico tra la vergogna e l’euforia che suo malgrado lo travolge ogni volta che diventa bersaglio delle battute di Oikawa-san. È sempre un brutto colpo per il suo orgoglio, ma un’iniezione di adrenalina per il suo cuore.

Nel dubbio, decide di dargli le spalle e riprendere esattamente ciò che stava facendo: si china sullo zaino e ripone l’acqua, quindi appoggia un piede alla volta sulla panca e prende a slacciarsi le scarpe da ginnastica.

“Beh?” lo sente dire da dietro in tono divertito. “Che c’è? Guarda che scherzavo!”

Tobio tace. Sarà anche infantile, ma prova quasi un piacere perverso a farsi supplicare, anche se non è una vera e propria supplica. Diciamo che si sente appena un minimo al di sopra del suo kohai, cosa che non succede mai.

Tobio-chwaaaan

“Cosa?”

“Te la sei presa?”

“No”

Si gira nuovamente verso di lui e, con sorpresa e paura, scopre quanto Oikawa-san si sia avvicinato a lui nel frattempo: lo guarda dall’alto verso il basso – e non solo metaforicamente – mentre Tobio fruga nel suo cervello alla ricerca di qualcosa di intelligente da dire. Qualcosa di sensato. Qualcosa di normale. Ecco, così va bene: le sue aspettative si sono abbassate a sufficienza.

“E comunque oggi non avevo compiti” butta lì con un filino di aggressività in più rispetto a quanta ne servisse realmente. Poi gli viene in mente che Oikawa-san è stato fra i primi a lasciare il campo. “Tu perché ancora qui?” chiede con genuina curiosità.

“Sono rimasto a guardare”

“Guardare cosa?”

Oikawa-san rimane in silenzio a fissarlo con un’espressione indecifrabile per un’infinità di tempo, prima di rispondere in tono neutro:

“A guardare te”

La gola di Tobio si chiude di colpo, bloccando il flusso d’aria. Oikawa-san lo ha guardato. Ha guardato lui. Che significa? Mille domande attraversano il suo viso, ma non riesce a tirarne fuori neanche una. E Oikawa-san, che ovviamente farebbe qualunque cosa piuttosto che lasciargli il tempo di farle e rispondere, si scuote all’improvviso e si stringe nelle spalle con noncuranza.

“Beh, almeno finché non sei caduto in trance all’improvviso e sei rimasto impalato senza fare niente” precisa con leggerezza. “Quello sarebbe stato noioso da vedere”

Si sente come un bambino colto con le mani nella marmellata dalla persona più ammira. Perciò, per quanto si imponga di farlo, non riesce più a sostenere il suo sguardo. Ma purtroppo, come ha imparato fin dai suoi primi tempi nella Kitagawa Daiichi, Oikawa-san è insistente. E infatti prende a spingere la punta dell’indice al centro della fronte di Tobio, quasi a volerci entrare dentro.

“A che pensavi, eh?” indaga, picchiettandogli contro con il dito.

Tobio si limita a scuotere violentemente la testa. Stranamente, Oikawa-san sembra capire di essere arrivato al limite, e il suo sorrisetto scompare, lasciando il posto a una serietà inattesa, a metà tra la difensiva e il senso di colpa. Tobio vuole credere con tutto sé stesso che non lo odi, ma allora cos’è quello strano atteggiamento che hai nei suoi confronti, solo nei suoi confronti?

“C-Che c’è?” balbetta, quasi intimorito.

Oikawa-san scuote la testa come a voler dire ‘niente’, ridacchia un tsk nervosamente fra sé e passa di nuovo l’indice sulla sua fronte, proseguendo poi in giù fino alla punta del naso. Tobio è alto per la sua età, per cui non è mai stato avvezzo ad essere tratto così, ma le poche volte che gli è successo l’ha odiato. Adesso, invece, si scioglie. Si scioglie e basta, mentre le farfalle si librano in volo nel suo stomaco. Inghiotte la saliva e gli sembra quasi che il rumore rimbombi, tanto è silenzioso lo spogliatoio. Fallo ancora, lo supplica mentalmente.

Poi, come se non bastasse, quella mano si appoggia sulla sua guancia, e Tobio sente il terreno cedergli da sotto i piedi.

Scende con la mano lungo il suo viso, accarezzandolo dolcemente come fa con la fidanzata di turno – Tobio lo sa perché gliel’ha visto fare più volte, e Oikawa-san non dovrà mai sapere la gelosia che quella vista gli provoca ogni volta –, solo con sguardo diverso. Non sembra né ironico né infastidito o condiscendente. C’è qualcos’altro, qualcosa che Tobio non riesce ad identificare. Sa solo che non lo hai mai guardato così, e la cosa lo eccita e lo terrorizza al tempo stesso. Sente il calore irradiato dal palmo e dai polpastrelli scontrarsi con la sua pelle in un’esplosione di elettricità. E Oikawa-san continua.

Fa scendere la mano finché il palmo non ricopre la bocca di Tobio, come a volerlo intimare di tacere, ma senza fare la minima pressione. La copre e basta, e forse la situazione in cui si trova gli sta dando alla testa, ma Tobio è convinto di vederlo trattenersi. Dal fare cosa non lo sa, ma decide che non gli importa. Sta andando a fuoco, e il calore della mano del suo senpai su di lui è semplicemente incredibile, e se Oikawa-san finirà per evitarlo ancora di più dopo di oggi al diavolo, così sia.

Spegne il cervello, l’imbarazzo, la vergogna, la goffaggine che lo attanaglia quando c’è di mezzo Oikawa-san e tira fuori appena la lingua, raccogliendone l’umidità sulla punta con un timido movimento verso l’alto, giusto per concedersi una briciola del suo sapore, di quelle mani che ha fissato per mesi e di cui ha analizzato ogni singolo dettaglio più volte, fino a sognare e desiderare di averle addosso quasi ogni notte.

Tiene gli occhi chiusi per tutto il tempo; quando finalmente li riapre rischia di annegare nelle pupille marroni di Oikawa-san, improvvisamente dilatate in tutta la loro profondità. Gli sono sempre piaciuti i suoi occhi. Forse più di qualunque altra cosa di lui.

Quando Oikawa-san sposta la mano per sfiorare le labbra del minore solo con l’indice e il medio, Tobio pensa di morire; si perde nello sguardo dell’altro e giura che in qualche modo stiano comunicando senza parlare. Muove le dita con delicatezza, senza fretta né aspettativa, ma al contempo sicuro di sé com’è in ogni cosa che fa. Le appoggia sulla fessura e attende.

Giusto una frazione di secondo – il tempo che basta a Tobio per separare le labbra per lui e lasciare che le dita scivolino all’interno. Un’ondata di calore improvviso lo investe, mentre tutto il sangue che ha in corpo affluisce verso il basso; Oikawa-san fa scorrere le falangi sulla sua lingua per percorrerne la lunghezza avanti e indietro, la accarezza senza spingere, morbido e lento come se avesse tutto il tempo del mondo.

Tobio lo fissa attraverso occhi semichiusi, attento a non perdersi neanche un centimetro del suo viso. Agisce solo per istinto ormai, un istinto che non sapeva nemmeno di avere, ed è assurdo come gli venga così naturale, come fosse una cosa da tutti i giorni, eppure inclina il viso verso l’alto per favorire maggiore accesso ad Oikawa-san e inizia a rispondere. Va incontro alle sue dita con la lingua, sollevandola e incoraggiandole a giocarci ancora e ancora, tracciandone i contorni.

Sente il suo fiato contro il viso e solo ora si accorge di quanto il maggiore si sia fatto più vicino. Gli piace come lo sta guardando. Gli sembra ancora più bello del solito, con i capelli bagnati che gli ricadono sulla fronte e vi si appiccicano, le gocce che gli scivolano lungo il collo e il fiato corto. Quando gli è venuto il fiato corto?

Quando Oikawa-san decide aver esplorato abbastanza ritira le dita, e Tobio tiene la punta rivolta verso l’alto contro di loro per mantenere un contatto fino all’ultimo, reprimendo a stento un lamento di protesta, come un moccioso a cui hanno tolto un dolce. Ma non ha il tempo di vergognarsene, perché Oikawa-san gli ha già incollato la mano alla gola, ha appoggiato l’altra sulla sua spalla e si è avventato sulle sue labbra ancora aperte.

Ci va deciso, la testa inclinata di lato e la lingua che si libra nella sua bocca, riservandole lo stesso identico trattamento. Tobio spalanca gli occhi. Il suo primo bacio. È umido, invasivo, goffo e scomodo per lo sforzo a cui dove sottoporre il suo collo, dato che Oikawa-san è parecchio più alto di lui. Le sue labbra sono morbide, la lingua calda e scivolosa mentre lecca l’interno della sua bocca.

Il tempo di realizzare l’enormità di ciò che sta succedendo e Tobio sta già ricambiando: muove timidamente la lingua contro la sua senza riuscire a trattenere un gemito che finisce dritto nella bocca di Oikawa-san; alza piano le mani cercando di capire cosa farci, fino ad appoggiarle sui fianchi bollenti e ancora bagnati del maggiore. Non ha idea di quanto tempo vada avanti tutto ciò: sa solo che all’improvviso le mani di Oikawa-san gli sono finite fra i capelli, stringendoli con avidità mentre la sua lingua rovista nella sua bocca come se fosse sua.

Quando lo spinge contro il muro e preme una gamba tra le sue per fare pressione contro la sua erezione, Tobio ha giusto tempo di staccare le labbra dalle sue con un gemito disperato, cacciare due ansiti e venire. Viene più forte di quanto gli sia mai capitato di fare da quando ha imparato a darsi sollievo da solo – cosa che avviene sempre e rigorosamente attraverso pensieri tutt’altro che casti su di lui. Mai si sarebbe immaginato di provare una cosa simile proprio con lui. Non si era mai neanche concesso di domandarsi se fosse qualcosa che anche Oikawa-san volesse.

Riprende fiato mentre si gode le carezze del maggiore sui suoi capelli, la fronte appoggiata al suo petto e gli occhi chiusi. Il silenzio regna indisturbato finché una risatina improvvisa fa sussultare il petto di Oikawa-san, costringendo Tobio ad aprire gli occhi.

“Guarda che hai combinato”

Con un sussulto, Tobio inizia a distingue la macchia umida nei pantaloni della divisa. Non può tornare a casa così.

“Oh no” dice con un filo di voce, lo sguardo pieno di apprensione.

“Sssh” Oikawa-san gli solleva il mento con un dito per farsi guardare, si apre nuovamente in quell’insopportabile ghigno fra il compiaciuto e il bonario e gli scosta una ciocca di capelli dalla fronte. “Sei carino”

Infine, ignaro – o forse incurante – del cuore di Tobio che perde un battito a quelle parole, vi deposita un bacio. Dopodiché è di nuovo sé stesso. Così. Come se avesse premuto un interruttore. Lo guarda dall’alto, sornione, e batte la mano sulla guancia di Tobio un paio di volte a mo’ di schiaffo.

“Fila a farti una doccia, moccioso”

Gli volta le spalle e se ne va, lasciandolo solo. Ed è lì, in piedi in mezzo allo spogliatoio, che Tobio inizia a domandarsi cosa accidenti sia appena successo.

 

Angolo Autrice
Permettetemi di chiarire un paio di punti: innanzitutto esiste una versione estesa di questa fic, o meglio un finale alternativo – che però sarà mooolto più esplicito, quindi se non ve la sentite non leggetelo – che ho pubblicato su AO3 (qui il link).
Secondo, e questa è la cosa più importante, spero di non aver offeso o messo a disagio nessuno con questa OS, ma penso sia capitato a quasi tutt* di desiderare scambi fisici con le proprie crush fin da preadolescenti, e so per certo che in alcuni casi – pochi, fortuiti casi – questi scambi siano avvenuti realmente. È questo a cui pensavo mentre scrivevo e nient’altro: un fortuito caso di attrazione fisica corrisposta (non solo fisica in realtà, ma quello è un altro discorso) che in questo caso è avvenuto in età precoce (almeno per quanto riguarda Kageyama). Ergo, per come la vedo io, certe fantasie fanno parte del nostro cervellino malato. Tutto normale, raga. Non si va all’inferno per questo. Spero.
Alla prossima
(Sarà un’altra Oikage? Non subito. Sono comunque entrata in questo tunnel così a fondo che non ne uscirò più? Probabile. Tutto questo mi condurrà ad un terzo rewatch di Haikyu? Sicuro.)


PS: Il titolo è una canzone di Alison Sudol

   
 
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