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Autore: Martin Eden    17/09/2022    1 recensioni
Ciao a tutti! Dopo anni di latitanza, mi è venuta voglia di tornare su questo Fandom, che ho tanto amato...e lo faccio con una vecchia storia LOTR che ho ripreso in mano ultimamente, dopo aver rivisto i film della trilogia de Lo Hobbit...mi è venuta voglia!
Scommetto che molti di voi, come me si sono posti questa domanda: ma Legolas e Aragorn dove si saranno conosciuti?! :D
Questa fanfiction cercherà di dare una risposta...allora voi leggete e commentate! :)
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aragorn, Legolas, Thranduil
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Compagni di Sventura'
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ANNI DOPO

 

Thranduil

 

Era una mattina come tutte le altre, alla reggia. Mi ero alzato di buon'ora, spinto da chissà quale presentimento.

Avevo aperto gli occhi di nuovo sul mondo con una nota di fastidioso nervosismo, e la mia ferita che, stranamente, pulsava. L’avevo sfiorata, e per un attimo mi era sembrato di sentire di nuovo il fuoco del Drago che mi cuoceva, che mi sfigurava, come un agnello infilzato. Forse nella notte ero stato preda di qualche sogno astruso, che ora non ricordavo. In effetti, era meglio così.

Con il senno di poi avrei capito che devo sempre stare ad ascoltare le mie sensazioni.

Non avendo riposato ottimamente, il mio umore vacillava. Quel giorno ero pieno di impegni, non c’era comunque un momento da perdere, al di là di come mi sentissi.

Dopo aver opportunamente riempito lo stomaco con frutta dolce e una bevanda fresca, mi accinsi come prima cosa ad accogliere i questuanti nella sala del trono.

Legolas non si era presentato a colazione: immaginai che fosse uscito presto, forse per andare a caccia nei boschi o ad allenarsi. Era diventato sempre più imprevedibile e insofferente, negli ultimi tempi, e ogni mio tentativo di parlare con lui a quattr'occhi era miseramente fallito. Probabilmente era giunto il momento che da tempo temevo: ovvero, che fosse per lui ora di volare di nuovo lontano dal nostro nido.

Aveva recuperato sufficienti energie per riprendersi dalla delusione di Fornost, dalla morte di Tauriel e dal ripristinato regno di Bosco Atro, con tutte le sue regole. Le aveva seguite diligentemente ed altrettanto diligentemente si era occupato del reame, durante tutti quegli anni. Sapevo che lui e Aragorn si tenevano in contatto tramite qualche messaggio – Gandalf intercedeva per loro - anche se non era sempre così semplice intercettare quell'uomo. Più facilmente, era lui che sapeva dove trovarci.

Lo stregone era tornato a farci visita, ma era venuto solo. Mi aveva portato notizie fresche, ma nessuna novità di sorta. L’Unico Anello rimaneva celato alla sua e alla nostra vista. Forse per questo lui appariva sempre più affaticato e affranto, come se non ne venisse a capo. Legolas non era presente, in quel momento, quindi si era trovato costretto a parlare solo con me: sospettavo di non essere il suo interlocutore preferito. Mio figlio avrebbe sicuramente stemperato gli animi, che non avevo la più pallida idea del perché dovessero rimanere così sospettosi. Ma tant’è.

Mi aveva chiesto notizie di Gollum e io l'avevo rassicurato circa il fatto ce quella fetida creatura era stata trattata come si conveniva, e con non pochi riguardi rispetto a quelli che si meritava. Ma rimaneva in cella, dove speravo di vederla marcire.

Non che avesse intenzione di tornarlo a prendere. Voleva solo sapere se aveva dato altre informazioni sul famoso Anello del Potere. Ma no, non c'era stato verso di far parlare quella lingua biforcuta, e dopo una serie di tentativi andati a vuoto, per non aizzare oltre ogni logica anche l'animo più gentile dei miei carcerieri, avevo dovuto dare ordine di smettere. Le lamentele di quell'essere erano continue e azzardate, ma sempre meno provocanti che sputi e tentativi di azzannarsi per darsi la morte o azzannare chiunque gli si parasse davanti.

Era stato sbattuto nelle prigioni più profonde con le mani legate dietro la schiena, ma nonostante fosse lontano, persino a me sembrava di sentirlo gridare di notte.

A proposito di Gollum. Erano un paio di giornate che riflettevo sull'opportunità di adottare un approccio diverso, che coinvolgesse magari anche la mia persona. Ero convinto che il Male dentro di lui e il Male dentro di me avrebbero potuto avere qualcosa da dirsi e forse questa poteva essere la chiave che ci avrebbe permesso di arrivare alla verità.

Certo, era una strada rischiosa. Provocare l’Oscurità che sopravviveva nella mia persona era una mossa audace come scendere in battaglia completamente disarmato. Purtroppo, solo io potevo decidere di provare questo metodo, in quanto nessun altro poteva vantarsi di questa privilegiata convivenza. Avrei chiesto a Legolas di assistermi, chiaramente. Nessuno, né tanto meno io, sapeva come avrebbe potuto andare a finire, né la percentuale di successo che era possibile ottenere.

Attesi quindi di confrontarmi con mio figlio, quando fosse tornato. Mandai un paggio a cercarlo.

Nel frattempo, cercavo di tenere a bada la mia crescente ansia. Era una sensazione spiacevole e fastidiosa, come un disturbo nelle frequenze della mia psiche. La sensazione che qualcosa non tornasse, che qualcosa mi fosse sfuggito. Ma avevo da fare, non potevo permettermi un attimo di pausa o un approfondimento.

Feci entrare il primo questuante, con un ordine secco e solenne.

Potevano essere giorni che attendeva il suo turno, ed era mio dovere come minimo ascoltarlo.

Questi si inginocchiò con sollecitudine di fronte a me. Mi implorò di concedergli la mia benedizione, e lo feci. Doveva essermi molto devoto.

Quando cominciò definire più dettagliatamente la sua richiesta, tuttavia, la mia mente fu rapida a scivolare via. Il presentimento di prima non accennava ad andarsene, anzi. Mi ritrovai a pensare che il mio posto assolutamente non era lì, ma altrove. Dove, non mi era ancora dato saperlo, ma il mio cuore già batteva forte per ulteriori obiettivi.

Mentre eravamo ancora lì a parlare, rientrò il mio paggio, seguito a ruota da Legolas. A giudicare dal suo volto scuro, capii che aveva qualcosa di cui avvertirmi. Scattai subito in piedi. Il suddito si zittì, facendosi da parte. Andai incontro a mio figlio con la certezza che fosse successo un fatto grave.

Come temevo:

- Quali nuove?- gli chiesi in fretta.

- Gollum.- mi rispose – E' scappato dalle celle. Non so come.-

Era già la seconda volta in pochi anni che accadeva. Prima erano riusciti a ingannarmi gli infami nani di Erebor, con a capo Thorin Scudodiquercia e lo hobbit Bilbo, miracolosamente riuscito a intortare le mie guardie, ma ora ci riusciva a anche questo Gollum, l’ultimo e più infimo essere della Terra-di-Mezzo!

Ero palesemente alterato, anche se non aveva senso prendersela con Legolas, già mortificato di suo.

- Andrò fuori a cercarlo.- disse con convinzione.

Scossi la testa:

- No – replicai – Andrò io a cercarlo.-

Feci portare l'arco e preparare la cavalcatura, abbandonando il questuante a se stesso. C’erano altre priorità. Legolas mi seguì, tentando di opporsi:

- Lasciami venire con te!- mi pregò.

Riconoscevo quella rabbia negli occhi: era la stessa che bruciava nei miei.

Ma uno dei due doveva rimanere calmo e astuto, o tutto sarebbe stato perduto a causa dell’impulsività che, come si sa, è sempre una cattiva consigliera, specie nelle questioni così delicate.

In maniera naturale mi addossai anche quell’incarico:

- Non è necessario.- cercai di tranquillizzarlo - Conosco questi boschi meglio di chiunque altro. Lo scoverò in men che non si dica.-

- Due paia di occhi sono meglio di uno.- insistette Legolas.

- Senza ombra di dubbio, ma i rischi è meglio rimangano in capo a uno solo di noi due.-

Si fermò in mezzo al corridoio, in maniera così repentina, che mi stupii di non averlo più al mio fianco. Mi bloccai anch’io, voltandomi. Gli scoccai un’occhiata interrogativa.

Mi stava guardando. Con due occhi, miei Valar, talmente azzurri e pieni di dolore che quasi mi vergognai delle mie parole. Ancora una volta non avevo creduto in lui e nelle sue capacità. Forse non mi avrebbe perdonato.

Qualche cosa dentro di me si sciolse. Dopo tanto tempo passato finalmente assieme, fianco a fianco, tempo in cui avevo imparato a conoscerlo, ad amarlo di più, se fosse possibile - non potevo deluderlo di nuovo, me ne rendevo conto.

Per troppe volte l’avevo trattato come un bambino mentre invece era un guerriero di tutto punto, un degno successore. Mi mancava solo la forza di confessarglielo.

Così, dopo qualche battuta, accondiscesi. Quell'esperienza da un lato mi allietava, perchè avrei potuto di nuovo cavalcare fianco a fianco con mio figlio, dopo tutto ciò che ci aveva tenuto divisi e che ancora non si era interamente aggiustato. Quello poteva essere un altro passo verso il nostro ritrovato legame.

Per un attimo pensai anche a Tauriel, il mio miglior luogotenente, ora un vuoto incolmabile, ma mi costrinsi a cacciarla via dalla mia mente. Non era più possibile cambiare il passato, ma potevo ancora riscrivere il nostro futuro. Dovevo rimanere concentrato su questo.

Imbracciate le armi, partimmo anticipati da un gruppo di Esploratori, abilissimi nello scovare tracce. Ci avrebbero aperto la via.

Li seguimmo attraverso il bosco, fidandoci ciecamente del loro intuito. Nel frattempo, noi risparmiavamo le energie e la concentrazione per quando la caccia si sarebbe fatta più serrata.

Proseguimmo poi lungo il pendio di un’altura piena di rovi: dopo aver tentato inutilmente di reciderli, si rese necessario abbandonare i cavalli e continuare a piedi. Quindi, notevolmente rallentati.

Dove era andato a nascondersi quel manigoldo da quattro soldi?

Una persona normale non avrebbe mai potuto addentrarsi così agevolmente nel fitto della boscaglia, senza essere sbranato da quelle piante voraci. Ci guardavamo attorno ma non riuscivamo a scorgere un brandello di abiti, di carne, di sangue. Nulla. Noi stessi faticavamo ad aprirci un varco sufficiente, e non senza lasciare qualcosa di noi su quel terreno.

Le ragnatele tutti intorno ci avvisavano della presenza di ragni velenosi: troppi, a giudicare anche dal copioso numero di prede che trovammo appese lungo il cammino. Quell’abitudine sinistra mi ricordava strani incroci con la stirpe di Ungoliant, la regina madre di ogni aracnide della foresta. Forse eravamo stati troppo fiduciosi nel pensare di poter penetrare quel lato del bosco.

La tensione si faceva soffocante. Non avevamo né il tempo né le forze per affrontare quell’angolo di mondo dimenticato: eravamo pochi e preziosi, così come erano rimasti in pochi e preziosi Elfi Silvani.

Dopo un po', giudicai non più prudente andare oltre. Se fosse capitato qualcosa a me o a mio figlio, soprattutto a mio figlio, non me lo sarei mai perdonato. Il regno non era pronto per rimanere senza una guida.

Davvero non capivo come quella creatura avrebbe potuto affrontare quelle schiere di malvagie creature, da lì in avanti. Lo stesso nostro pericolo, lo correva anche Gollum, ma non pareva importargliene. Si era diretto esattamente nella tana del nemico.

- Forse parlano la stessa lingua... - sospirai, sentendomi sconfitto.

Legolas desiderava continuare a cercare, lo comprendevo dal suo modo nervoso di muoversi. Cercai di dissuaderlo:

- Non ha senso andare oltre. Da morti non serviremmo. Piuttosto, possiamo pensare di tornare qui in forze.-

Legolas mi guardò piuttosto affranto. Sorprendentemente, però, per la prima volta, si arrese alla ragionevolezza con una certa facilità.

Forse lui stesso capiva di trovarsi di fronte a una lotta impari.

Tornammo indietro, dove avevamo lasciato i cavalli. Montammo in sella e tornammo a casa spalla contro spalla, con lo stomaco rimescolato da quella strana vicenda. Nella debole luce soffusa, tra gli alberi, non sembrava esserci altro spazio se non per noi due. Anche il pugno di Esploratori, compatti alle nostre spalle, non sembrava avere più un peso nè una presenza (l’aveva mai avuta?).

Mi voltai verso mio figlio e lo vidi in quella nuova luce, più grande e adulto che mai. Lui non mi degnava di un’occhiata: scandagliava i dintorni, sperando in un indizio che non c’era. Leggevo sul suo volto l’amara delusione di non aver potuto fare di più.

Quello di cui io ero certo, al contrario, è che mi sarebbe toccato punire pesantemente qualcun altro per la sua superficialità.

Lo scalpiccio degli zoccoli dei nostri cavalli fu il solo rumore che potemmo sentire durante il nostro ritorno. Ebbi come la sensazione che quel momento fosse destinato a rimanermi dentro per molto tempo, forse perché sarebbe stato l’ultimo. Non ero solito avere quel tipo di percezioni, che tanto invece erano care a Elrond; nel tempo forse avevo imparato a lasciarmi permeare da certe visioni.

Non dissi niente per non turbare ulteriormente la compagnia.

- Devo pensare a cosa è meglio fare.- annunciai, rientrando.

Legolas lasciò le briglie agli scudieri e mi venne dietro:

- Possiamo riprovarci domani, con la luce piena del giorno...quanta distanza pensi che possa percorrere, a piedi?-

Sbuffai:

- Gollum è solo un minuscolo cruccio in un ginepraio di problemi più grandi. Non sono certo sia buona cosa perdere tempo a inseguirlo. Tanto più che, nonostante abbia passato alcuni anni in nostra compagnia, non ci ha detto mai di più rispetto di quello che già sapevamo. E’ quindi un essere inutile, e tutto sommato è bene che sia andato incontro al suo destino. Se lo mangeranno i ragni.-

Legolas sbarrò gli occhi:

- Che vuoi fare?!- esplose, al colmo dello stupore.

Sospirai. Feci quello che mi sembrava più giusto:

- Penso mi concentrerò su obiettivi più alla nostra portata.- tagliai corto, ma la verità era che non avevo la più pallida idea della direzione in cui sarebbe convenuto muoversi.

- Dobbiamo almeno provare a riprenderlo!- insistette Legolas.

Il mio tono si fece di fuoco:

- Non servirà a niente.- replicai – I miei soldati mi servono QUI.-

Legolas spalancò la bocca per dire qualcosa, ma altrettanto rapidamente la richiuse. Non era affatto felice della mia decisione: lo vidi che cadeva nello sconforto.

Sapevo che non poteva capire. Lui non era a conoscenza di tutti i dettagli, di tutte le mie preoccupazioni. C’erano perversi cambiamenti intorno a noi e io avevo il dovere di tenerli sotto controllo e farmi trovare pronto. Per questo non avevo tempo da perdere in quisquilie. Dovevo rispettare delle priorità.

- Dobbiamo almeno avvertire Gandalf.- tentò.

Sapevo cosa intendeva dire.

Ma sapevo anche che lo stregone non poteva più aiutarci, dato che la sua magra figura si era persa nel sud e non aveva lasciato dietro di sé nessun sentiero.

Alzai la testa:

- No, non lo faremo.- decisi, risoluto – Dovremo cavarcela da soli, finché sarà possibile.-

 

Cercammo per una settimana, quasi solo per accontentare Legolas. Infatti, non aveva lasciato perdere; al contrario, era riuscito a convincermi che quella ricognizione aveva una sua utilità.

Nessuna traccia tuttavia apparve ai miei occhi stanchi, nessuna traccia agli occhi acuti di mio figlio, sempre più deluso.

Perlustrammo in lungo e in largo, fin dove i Ragni avevano tessuto troppe trappole. Non mi sembrò razionale insistere e mettere a repentaglio la vita dei nostri guerrieri. Così come noi non saremmo facilmente sopravvissuti a un attacco di massa di quelle creature, nemmeno Gollum avrebbe potuto. Confidavo in questo.

Tuttavia il mio malanimo non accennava a diminuire.

Passò altro tempo che a posteriori giudicai di valore, perché avevo ancora mio figlio a fianco. Il mio peso sul cuore, tuttavia, non si decideva ad andarsene.

Rimasi a lungo indeciso se dare fiato alle trombe e alla notizia, avvertendo gli altri popoli vicini che un nemico in più poteva nascondersi tra loro; ma alla fine vi rinunciai. Non aveva senso interrompere brutalmente quei tempi di precario equilibrio per una creatura che poteva essere già morta.

Legolas uscì altre due volte, violando il mio ordine, per andare a cercarlo. Tornò sempre a mani vuote. Lo aspettai con pazienza, sempre pronto a fargli notare quanto il suo comportamento stesse mettendo oltremodo in pericolo l’incolumità del nostro regno; ebbi l’impressione di non avere scalfito l’animo di Legolas più di tanto.

Era mortalmente sicuro di ciò che faceva.

Finchè arrivò quella lettera. Elrond mi convocava a Gran Burrone, dove aveva adunato il Bianco Consiglio, richiamando tutti i rappresentanti più importanti della Terra-di-Mezzo. Aveva bisogno urgente di consultarsi con gli esponenti delle razze più numerose per intavolare una prima offensiva contro il Regno di Mordor, che nel frattempo si stava riarmando alacremente, incessantemente.

Come sempre, mi aveva tenuto in considerazione e gliene fui grato.

Ma sentivo che il mio ruolo, in quel mondo, ormai volgeva al termine. Gli orchi premevano da sud e anche a nord l’ombra non era più tanto chiara. Truppe di uomini Esterling marciavano sulle Terre Selvagge e il pensiero di lasciare abbandonata la mia terra, o in mano a un reggente, mi riempiva il cuore di sgomento. Avevo già vissuto quel disastro e non volevo in alcun modo ripercorrerlo. Avrei protetto il mio popolo o sarei morto con esso.

C’era tuttavia una speranza che ancora non si era spenta.






***NdA***
Ecco un altro nodo finalmente sciolto e spiegato. E anche Gollum ce lo siamo levato dalle.... 
La fine di questo capitolo vi ha fatto vibrare le meningi?! Stiamo per ricongiugnerci alla storia principale ideata da Tolkien...
Lo so, forse questo significa che siamo vicini alla fine, ma non temete: non vi lascerò a bocca asciutta!
Continuate a leggere e a commentare, io mi impegnerò al massimo per non deludervi!
A presto

 

  
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