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Autore: BeaterNightFury    18/09/2022    0 recensioni
Non importa il tuo aspetto, non importa da dove vieni, né gli abiti che hai. Se hai un nome, una volontà e una famiglia, sei una persona e questo è il tuo posto.
Seguito di Legacy, Journey e Guardians.
All'indomani della sconfitta di Xehanort, i Guardiani della Luce cercano di riprendere le loro vite dove si erano interrotte, o di cominciare quello che gli era sempre stato negato.
Ma l'equilibrio precario raggiunto con la chiusura di Kingdom Hearts viene compromesso quando una voce di Maestri Perduti inizia a farsi strada tra i mondi, e l'ordine dei Signori del Keyblade, spaccato da una tragedia vecchia di secoli, sembra non bastare più a contenere la vecchia minaccia dell'Oscurità.
Verità e segreti potrebbero fare la differenza - ma quanto può essere difficile riuscire a trovare sé stessi dopo anni di oblio?
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Re:Union – Capitolo 3
Il Fangoso Mississippi
 
«Buonanotte Cal’s… buongiorno Duke’s…»
Tiana infilò giacca e cappello e si precipitò fuori casa per non perdere il tram.
La sera prima era stata a dir poco pessima per quanto riguardava le mance, ma se ne era fatta una ragione da tempo. Non tutti gli avventori dei locali potevano essere come Iggy, il tipo distinto che si era fermato a Cal’s più o meno un anno prima assieme a tre amici, e dopo aver lasciato una mancia decisamente generosa era rimasto anche a discutere amichevolmente con lei di cucina e del fatto che entrambi volessero aprire un ristorante nella loro città natale.
Un poco invidiava l’altro ragazzo. Era un uomo, era bianco e visibilmente di buona famiglia. Si era potuto permettere di passare la serata con gli amici, di lasciare una mancia, e di viaggiare, anche se non aveva potuto evitare di notare l’aria perennemente preoccupata del suo sguardo.
Le aveva augurato buona fortuna.
Non molte persone come quell’Iggy lo avrebbero fatto.
Non a New Orleans.
Persone come la migliore amica di Tiana, Charlotte, e quell’Iggy erano mosche bianche in una città che tendeva a ignorare o peggio le ragazze dei quartieri popolari con sogni di grandezza.
I gabbiani volavano alti nel cielo, posandosi sui tetti, e i battelli emettevano sbuffi di vapore dai comignoli, quando Tiana scese dal tram, in mezzo a musicisti che suonavano, bambini che si rincorrevano, e giovani strilloni che vendevano il giornale, e camminò a passo spedito verso il caffè nel quale lavorava.
Stava iniziando il Martedì Grasso.
Se tutto fosse andato bene… forse era la volta buona.
 
Ventus varcò il portale e si dismise l’armatura. Come era stato ai Caraibi, i suoi vestiti erano cambiati, anche se non di molto, diventando semplicemente più sobri. Aveva un cravattino sopra una camicia grigia, un gilet, i suoi pantaloni erano sospesi da bretelle e sentiva la presenza di un berretto sui capelli.
«Va bene, ricordate il piano. Troviamo l’interferenza nell’ordine dei mondi che Ienzo ha individuato sui computer, la isoliamo, e torniamo a casa.» Terra arrivò immediatamente dopo di lui. La magia non gli aveva dato alcun cappello, ma aveva una camicia scura e una cravatta. «Shiro, non fare niente che potrebbe attirare l’attenzione.»
Le ultime ad arrivare furono Shiro e Aqua, anche loro abbigliate in maniera da non dare nell’occhio.
Ienzo li aveva avvertiti il finesettimana precedente di qualsiasi cosa avesse captato tramite Otto e Nove, avvertendo che si trattava di una frequenza familiare, anche se non si spiegava il perché – qualcosa che aveva a che fare con il computer.
La cosa che aveva preoccupato di più lo scienziato, però, non era l’interferenza in sé: esattamente nello stesso mondo in cui era successa, c’era una potente fonte di luce – un’altra Principessa del Cuore.
Anche in assenza di pericolo, soprattutto in assenza di pericolo, era necessario controllare cosa stesse accadendo.
«Il Signor de’ Paperoni dice che è stato in questo mondo da giovane assieme a suo zio Manibuche.» Shiro si affacciò all’angolo di una casa. «Dice il vecchio Manibuche diceva che il fiume che scorre in questa città è talmente fangoso che non potresti bere prima di averlo sciacquato. E anche dopo avresti bisogno di una forchetta.»
«Mi sembra tanto una barzelletta, ma vedremo.» Aqua concluse. «Un buon punto di partenza sarebbe trovare la Principessa ed essere sicuri che stia bene. Comunque, ricordate. Cerchiamo di tenere un basso profilo fino a quando le cose sono tranquille.»
Shiro, che continuava a guardare per strada, si voltò con una smorfia scettica.
«Mamma, tu quello lo chiami tranquillo
Indicò in direzione di un molo. Decine di persone erano assembrate, con macchine fotografiche e striscioni, davanti ad una nave a vapore che stava attraccando.
Ventus fu veloce ad affiancarla.
«Benvenuto Principe Naveen?» Lesse sugli striscioni. «Beh, Shiro non ha tutti i torti. C’è un pezzo grosso in città.»
E non era solo quello – c’erano orchestre che suonavano per strada, per niente curanti della presenza del principe, e sul pavimento stradale erano sparse collane e coriandoli.
«Ed è anche Carnevale, suppongo.» Aqua disse ad alta voce quello che Ventus pensava. «Le mie ultime parole famose. Direi di trovare la Principessa, e subito. Un simile trambusto potrebbe essere fonte di guai.»
Ventus tirò discretamente fuori di tasca il suo telefono – cercando di non darlo troppo a vedere per non compromettere l’ordine del mondo – e cercò il segnale della luce.
Per loro fortuna, sembrava essere molto vicino – probabilmente, a qualche palazzo di distanza.
«Siamo vicini.» Annunciò. «A occhio e croce dovrebbe essere vicino a quel caffè laggiù.»
Indicò un palazzo di mattoni sulla cui facciata era dipinta l’insegna Duke’s. L’orchestrina jazz che avevano visto poco prima si era fermata vicino ai tavolini all’esterno, e un giovane alto e asciutto con la pelle olivastra e un ukulele in mano li stava seguendo e suonando con loro.
Si fermò ai tavolini all’aperto fuori dal caffè e si scappellò davanti alla cameriera, una giovane nera dall’aria molto seria e stoica che non batté minimamente ciglio davanti alla galanteria.
«Qualcosa mi dice che era un due di picche.» Terra indicò il suonatore. «Dite che sia lei la principessa?»
«Anche se non lo fosse, ci conviene entrare e guardarci in giro.» Aqua fece un passo in avanti. «Se vogliamo ottenere informazioni, uno dei posti migliori per farlo è dove la gente si riunisce per mangiare.»
Entrarono nel bar e presero posto ad un tavolo vuoto. Rispetto al vivace caos della strada fuori, la penombra del locale aveva un che di tranquillo.
«Credo che ordinerò un panino con burro di arachidi e marmellata di fragole.» Ventus diede un’occhiata rapida al menu e attese che anche gli altri scegliessero.
La cameriera arrivò quasi subito e Ventus fece il suo ordine, seguito da Terra che ordinò una frittata e un po’ di prosciutto, e Aqua che chiese una brioche.
«Prendo anche io un panino al burro di arachidi e marmellata. Grazie.» Shiro fu l’ultima a ordinare, attorcigliandosi i capelli chiari attorno alle dita.
«D’accordo, a posto così. E da bere?» La ragazza prese appunti su un notes. «Abbiamo caffè, tè, succo d’arancia, succo di pompelmo…» Abbassò la voce. «Fossi in voi non prenderei il caffè.»
«Succo d’arancia per tutti, grazie.» Aqua concluse.
Mentre la ragazza si allontanava, l’attenzione di Ventus venne attirata da un uomo dalla pelle scura e dai baffetti sottili, con un frac e un cappello a cilindro che sembravano aver visto giorni migliori, talmente alto e magro da risultare quasi filiforme, che era appena entrato silenziosamente nel locale, con una carta in mano e un giornale che gli spuntava dalla tasca.
C’era qualcosa di losco in lui, anche se a Ventus non era molto chiaro cosa.
«Avete visto quel tipo là?» Ventus bisbigliò, attirando l’attenzione di Terra e Aqua.
Senza muovere la testa, Terra squadrò con sospetto l’uomo.
«Sai chi è, Ven?» gli chiese, sempre a voce bassa.
«Mi ricorda Calypso, ai Caraibi.» Ventus si strinse nelle spalle. «Però è… diverso. Non nasconde un potere forte come lei, puzza semplicemente di oscurità.»
La cameriera tornò al tavolo con i loro ordini.
«Buon appetito, ragazzi!»
Tutti e quattro iniziarono a mangiare, ma restando guardinghi e attenti a tutto quello che succedeva nel piccolo locale. La cameriera stava servendo un piatto di bignè ad un corpulento uomo di mezza età con capelli e baffi rossicci e abiti di fattura ricercata.
Si era appena allontanata dal tavolo dell’uomo visibilmente ricco quando la porta si spalancò con un botto e una ragazza bionda in vestito e cappellino rosa fece irruzione nel locale strillando di gioia con un giornale in mano. Dietro di lei, una ragazza visibilmente più bassa con i capelli rossi e una giacca azzurra sopra un vestito color panna fece per trattenerla.
«Lottie! Così spaventerai qualcuno!» La redarguì.
«Qualcuno oggi è felice, eh?» Shiro abbassò il suo bicchiere di succo e commentò.
«A dir poco.» Anche Aqua guardò le ragazze.
La ragazza bionda – Lottie? – andò subito a cercare la cameriera, mostrandole il giornale e chiedendole se avesse già sentito la notizia.
«Che notizia?» La cameriera doveva essere un’amica di vecchia data di Lottie, perché non si era ritratta nemmeno quando era stata stritolata in un abbraccio.
«Ciao, Tiana.» La ragazza più bassa, che sembrava sui sedici anni, tolse il giornale di mano a Lottie e le mise una mano sul braccio per calmarla. A giudicare dal tono paziente della sua voce, sembrava più che abituata al comportamento di sua… sorella? Il taglio dei vestiti era simile, ed erano entrate assieme.
«Come va, Lizzie?» Tiana salutò la ragazza più giovane.
La ragazza chiamata Lizzie si strinse nelle spalle e sorrise.
«In qualunque modo vada quando Lottie si alza così, suppongo.» Ridacchiò. «Il Principe Naveen di Maldonia è qui a New Orleans…»
«Oh, non è la fine del mondo?» Lottie si riprese il giornale in mano, mostrando la foto in prima pagina a Tiana.
«Un momento, ma è il tipo con l’ukulele che faceva il cascamorto qui fuori!» Shiro fissò il giornale mentre Lottie gridava a suo padre di dire a Tiana quali fossero i loro principeschi piani. «Sapete, credo che Sua Altezza con l’Ukulele abbia trovato una ragazza alla sua altezza
«Dunque, ho invitato…» l’uomo corpulento e ricco stava dicendo.
«Gran Papà ha invitato il Principe al nostro ballo in maschera di staser-aaah!» La ragazza bionda era saltata al collo del padre. «Dille che altro hai fatto, Gran Papà!»
Dati i precedenti delle interruzioni della figlia, l’uomo sembrava abbastanza restio a parlare.
«Diglielo!»
«E lui si fermerà…»
«E lui si fermer… umpfh!»
Il padre della ragazza, spazientito dalle continue interruzioni, le aveva infilato un bignè in bocca per farla rimanere zitta.
«Si fermerà a casa nostra come mio ospite personale!» L’uomo finì di parlare e tirò un sospiro di sollievo.
«Oh, Lottie, è meraviglioso!» Tiana commentò con un sorriso. La prese da parte e iniziò a darle consigli, mentre dall’altra parte del locale, Ventus vide che l’uomo filiforme che puzzava di oscurità le fissava, guardingo, con il volto parzialmente celato dal menu del bar.
Uno sguardo del genere non presagiva nulla di buono, e per ogni Xehanort e Malefica pronti ad approfittare delle Principesse, c’era sicuramente nei mondi un qualche malintenzionato pronto ad approfittare di un Principe.
E se la Principessa del Cuore di quel mondo era davvero in quel caffè… non importava chi delle tre fosse, solo che c’era odore di guai.
«Lo sentite anche voi?» Ventus bisbigliò ad Aqua e Terra. Al bancone del bar, Lottie stava ordinando a Tiana una grossa partita di bigné, ma Ventus indicò col pollice l’uomo col cilindro.
«Tutto chiaro, Ven.» Terra gli diede un calcetto da sotto il tavolo. «Famiglia, dobbiamo trovarci dei costumi. Stasera si va a una festa!»
 
Alcune ore dopo, stavano scendendo dal tram con gli ultimi costumi che erano riusciti a trovare in una bottega ancora aperta nonostante la festa.
Aqua era stata quella relativamente più fortunata con un abito da principessa, Terra invece era visibilmente a disagio nel suo costume da principe. Della taglia di Ventus e Shiro erano rimasti soltanto costumi da moschettieri, ma per comprarne due erano stati costretti a pagare e acquistare anche il terzo, che al momento era dimenticato in una delle loro borse.
«Non una parola con Riku. O nessun altro. Siamo intesi?» Terra si fermò davanti al cancello, con Shiro che si stava trattenendo per non ridere. «Parola mia, mi sembro un muratore con gli abiti sbagliati.»
«Dai, Terra, guarda che stai benissimo!» Ventus insistette, sistemandosi la piuma del cappello prima che gli cadesse negli occhi.
«Diciamo che stasera sei il mio principe dei muratori.» Aqua lo prese sottobraccio e varcarono il cancello.
Il cortile della villa era completamente illuminato, ospiti in costume si affaccendavano attorno ai tavoli, e un’orchestrina di cavalieri in armatura suonava un valzer.
Terra, che fino ad un momento prima era stato a tirarsi con un dito della mano libera il colletto della camicia, lasciò il braccio di Aqua e accennò a un mezzo inchino.
«Potrei… potrei avere l’onore di questo ballo?» disse, con un filo di voce
«Mi… mi stai… invitando a ballare?» Aqua per poco non fece un passo indietro. «Beh, se… vuoi…»
Mentre i due camminavano verso il centro della pista, mano nella mano, Shiro allungò una gomitata a Ventus e fece un sorrisetto.
«Questa sarà bella da vedere,» commentò.
Se possibile, Terra si era fatto ancora più rosso, Ventus non poté fare a meno di notare. Non appena quella serata fosse finita, si ripromise di farsi due risate a sue spese. Seriamente, per quante cose fossero cambiate, certe cose non cambiavano mai…
«Giuro! Lizzie, sudo come un peccatore in chiesa!»
Una voce attirò l’attenzione di Ventus. Lottie, la ragazza del giornale, era in disparte, visibilmente nervosa in un enorme e vaporoso abito da principessa. La sua sorellina, in un abito candido con due ali fissate alla schiena e i capelli sciolti, stava cercando di calmarla.
«Dai, Charlotte, c’è ancora qualche ritardatario.»
Un rombo salì nelle orecchie di Ventus, e per un momento sembrò che la musica avesse taciuto. Poi Shiro gli schioccò le dita davanti agli occhi.
«Zio Ven. Che succede? Hai visto un angelo per caso?»
Tecnicamente sì, a quanto pareva.
«Uhm, Charlotte, i moschettieri ci stanno guardando.» Lizzie, in evidente imbarazzo, sembrava essersi accorta di loro.
«Ci stavamo…» Ventus cercò di inventarsi una scusa sul momento. «Chiedendo che succede. Tutto qua. Qualcosa sta andando storto?»
«Il principe Naveen di Maldonia è in ritardo.» La ragazza più giovane si strinse nelle spalle. «Comunque, non credo di conoscervi. Io sono Lizzie. Voi?»
«Shiro. E questo salame è Ventus, ma puoi chiamarlo Ven. Siamo arrivati giusto un momento fa.» Shiro intercettò Ventus prima che lui potesse dire qualcosa. «Siamo qui con i miei genitori, sono quelli che stanno ballando laggiù.»
«Avete visto il Principe venendo qui, per caso? Magari potete calmare voi Charlotte.» Lizzie lanciò un’occhiata alla ragazza più grande, che sembrava sul punto di scoppiare in lacrime.
«Stamattina sì, per strada.» Ventus incrociò le braccia. «Al momento non lo vedo in giro, ma considerando i suoi modi di fare propendo per l’ipotesi del ritardo.»
Prese a guardarsi in giro.
Neanche l’ombra di un principe, a parte il principe muratore che stava ancora ballando il valzer assieme ad Aqua. E non si vedeva neanche l’uomo con il cilindro nel caffè, che pure era sembrato interessato a quella festa. Che avesse già preso il principe Naveen?
Ventus prese a marciare verso Terra e Aqua, dispiaciuto dal dover interrompere il loro momento ma deciso ad intervenire in un qualche modo, quando un riflettore si puntò verso il cancello all’ingresso e gli invitati vennero invitati a sgombrare la pista da ballo da un inserviente.
La voce di un altoparlante echeggiò per il giardino.
«Signore e signori, il Principe Naveen di Maldonia!»
  


C’erano tante cose di Radiant Garden che per Roxas erano ancora strane.
La prima era il cielo – al Mondo che Non Esiste, era sempre stato buio, così come il mondo di Crepuscopoli era in perenne crepuscolo. Radiant Garden… non c’era un momento in cui il cielo fosse lo stesso.
Se proprio doveva dirla tutta, non era solo il cielo.
Tutto sembrava cambiare, e cambiare in fretta. Le Due Torri era diventato Il Ritorno del Re, e alla fine della storia Frodo e Sam si erano detti addio. Xion cambiava pettinatura ogni giorno, era sempre in movimento e adesso aveva anche dato il suo nome per i sorveglianti dei corridoi. Shiro era l’unica che non era rimasta a Radiant Garden per la scuola – ogni pomeriggio Terra, Aqua o Ventus la aspettavano ai cancelli per portarla a casa, e nonostante Roxas le avesse suggerito più volte di restare, almeno a studiare, lei aveva risposto che la madre l’avrebbe aiutata con i compiti.
Axel – no, Lea – passava la maggior parte del suo tempo al castello, intento ad aiutare Ienzo con dati e carte, e così pure Sa… Isa. La maggior parte delle volte Roxas li rivedeva soltanto dopo che già si era fatto buio, e spesso e volentieri la sua proposta di andare a prendere il gelato veniva dismessa, spesso e volentieri per “una cena come si deve”.
Forse l’unica cosa che Roxas aspettava ogni giorno era l’ora di scuola – il familiare suono della campana, le uniformi che non erano più una rogna ora che sapeva fare il nodo alla cravatta, le verifiche, venire chiamati alla lavagna, sapere cosa aspettarsi e cosa doveva fare, ordini da seguire, come avere ogni giorno delle missioni che però non lo avrebbero messo in pericolo.
Era facile – era quasi familiare, non poteva evitare di ammettere con un certo amaro in bocca.
E c’erano Xion e Shiro.
Solo che ora Xion passava la ricreazione e la pausa pranzo con G’raha, Yuna, e Luca; e Shiro non c’era proprio. I Maestri della Terra di Partenza avevano ricevuto una segnalazione da Ienzo, qualcosa a proposito di un Soggetto X e di una Principessa del Cuore sconosciuta, ed erano partiti senza neanche pensarci due volte.
Shiro aveva avuto la scelta di restare a Radiant Garden o andare con loro e perdersi qualche giorno di scuola – aveva scelto di andare.
Perché lo aveva fatto?, Roxas si era chiesto quel giorno, seduto sulle mura della città a guardare il lago che si stagliava fuori.
Aveva pensato di prendersi un gelato, ma dopo un ripensamento abbastanza breve, aveva deciso di no. L’amaro che aveva in bocca non sarebbe stato lavato via da sale e zucchero.
Non capiva. Non riusciva a capire.
Shiro sembrava felice – anche Xion sembrava felice con i suoi nuovi amici.
Forse avrebbe dovuto esserlo anche lui… ma non lo era.
«Hey, attento laggiù! È pericoloso sporgersi da così in alto!»
Roxas girò la testa. Era comparsa una delle guardie – Zack, se non ricordava male. Abitava nella casa vicina alla loro, ma Lea diceva che presto si sarebbe sposato (questa era una parola che Roxas sapeva, ma solo per i libri che aveva letto) e sarebbe andato a vivere con Aerith.
«Ah, sei tu.» Zack, che si stava avvicinando, abbozzò un sorriso e rallentò.
Era una delle poche persone che a prima vista erano capaci di distinguere Ventus e Roxas.
«Ciao, Zack.» Roxas rispose in tono piatto.
«Abbiamo un bel muso, oggi, eh? Chi ti ha rovesciato il budino alla mensa?» Zack piantò la sua spada in una fessura del pavimento e si appoggiò al parapetto.
«Non l’ho ordinato. Non mi andava.» Roxas ribatté, poi sbuffò. «Oggi Shiro non è venuta a scuola. E non so quando tornerà.»
«Ah, tutto qui?» Zack si stiracchiò. «Però hai detto quando. Vuol dire che tornerà.»
Roxas rimase in silenzio. Zack era simpatico, ma non se la sentiva di confidarsi con lui, non quando avevano a malapena parlato nelle ultime settimane.
D’altra parte, non credeva nemmeno avrebbe capito. Forse era di Axel che aveva bisogno, ma aveva paura di infastidirlo con un discorso del genere.
Era una persona, non un Nessuno, e il passato apparteneva al passato.
«Radiant Garden ti sta piacendo?» Zack gli chiese, incrociando le braccia.
Roxas non poté evitare di fare sì con la testa. Gli era piaciuto guardare la neve d’inverno – e lanciarla addosso ai suoi amici. Gli piaceva sentire il rumore delle fontane e il canto degli uccelli ora che si avvicinava la primavera.
Gli piaceva il budino al cioccolato della mensa scolastica, che quel giorno era stato di umore troppo cattivo per ordinare.
Gli piaceva che le sue giornate avessero un senso – che chi comandava in città non metteva nessuno in pericolo, che se non avesse consegnato i compiti in tempo gli sarebbe soltanto stato chiesto di recuperarli, e nessuno avrebbe distrutto lui o Xion se il loro lavoro a scuola fosse stato poco soddisfacente.
Ma allo stesso modo non gli piaceva come tutto questo fosse diverso. Non gli piacevano i nuovi amici di Xion, il lavoro di Axel, la famiglia di Shiro.
E sentiva di avere bisogno di dirlo a qualcuno, ma li avrebbe soltanto fatti star male. Nemmeno parlare con Sora era un’opzione – non avrebbe capito, e come i suoi amici lui era troppo felice e realizzato perché gli importasse.
«Capitano Zack! Disturbiamo?»
Qualcuno chiamò da dietro un angolo, e Roxas riconobbe Luna e – oh, no – il capoclasse G’raha, per una volta in jeans e giacca anziché con la divisa scolastica.
«Successo qualcosa?» Zack si stiracchiò voltandosi verso di loro. «Ero alle prese con un caso di umore nero qui.»
«Oh, ciao Roxas.» G’raha era sempre stato gentile, ma persino quel comportamento dava a Roxas un certo fastidio.
«Non dovevate andare in sala giochi?» Roxas lo squadrò, torvo. «Xion aveva detto che sareste stati là.»
«Gliel’ho rubato.» Luna intercettò G’raha prima che il ragazzo potesse rispondere. «Il vostro Ordine non è il solo a proteggere l’ordine dei mondi.»
«E adesso credo stia cercando di rubare anche me.» Zack accompagnò una risatina al suo commento. «Va bene, è successo qualcosa?»
Luna si fece immediatamente seria, e Roxas scese dal parapetto. Se quello che lei aveva detto era vero, era qualcosa che valeva la pena ascoltare – magari persino importante abbastanza da far tornare Shiro, o da attirare l’attenzione di Axel…?
«Non so quanto stavi ascoltando quando discussi con Cloud a proposito del… percepire altre versioni di noi stessi,» Luna iniziò. «Insomma, accadde tre mesi fa.»
«Nah. Mi dispiace, buio totale.» Zack fece un sorrisetto imbarazzato, ma a Roxas un discorso del genere ricordava qualcosa.
«Beh, Cloud mi disse che tu spesso hai percepito altre versioni di te stesso.» Luna continuò. «Che anche lui lo fa – e che lo avevano mandato dallo psicologo della scuola per questo. Sei nella guardia cittadina, sai di altre persone che…?»
Zack fece immediatamente una smorfia, come se avesse preso un boccone amaro.
«Sephiroth… ma non posso esattamente andarglielo a chiedere. Non so nemmeno se sia ancora vivo.»
«In che senso altre versioni?» Roxas aggrottò le sopracciglia. Non sapeva dove volessero arrivare, ma quella storia iniziava ad essergli familiare.
«Beh, come se…» G’raha si sfregò un polso con una mano, abbassando il capo. «Magari esiste un altro te che adesso invece di vivere qui ha deciso di vivere in un altro mondo. O che non è mai stato preso da… com’era che si chiamavano? Organizzazione Tredici?»
«Degli altri Roxas?»
«Sì, e delle altre Xion, degli altri Sora… e non è come gli altri mondi, non possiamo né arrivarci né sapere della loro esistenza normalmente.» Luna spiegò. «Ma alcuni in un qualche modo hanno percepito i loro Fulcra. Hanno percepito gli altri loro.»
«Non sarebbe più facile chiamarli varianti?» Roxas protestò alla menzione del termine inusuale.
«Forse in un'altra linea temporale si chiamano varianti.» G’raha ridacchiò. «O riflessi, o paralleli. Devo dire che varianti ha senso. Ma la cosa è questa. Luna ricordava come un’altra lei fosse stata pugnalata in una città fluttuante. Da quando ho visto Radiant Garden attaccata dagli Heartless da bambino, io ho continuato ad avere visioni di persone trasformate in mostri, e di un me adulto che urlava alle persone di resistere. Yuna mi ha raccontato di un pellegrinaggio e di un ragazzo di nome Tidus – dice che ha sprazzi di queste visioni dallo scorso Novembre.»
«Sora ha menzionato un Tidus una volta. Ma so che esiste.» Roxas commentò distrattamente. Poi, prima che Luna e G’raha potessero reagire al suo intervento gli tornò in mente un altro dettaglio. «Un momento. Sora. Credo che anche Sora abbia visioni!»
«Davvero? Te ne ha mai parlato?» Luna gli chiese.
«Non direttamente. Ma al Cimitero… si comportava in modo strano. Come se in un qualche modo lui e Kairi rischiassero di lasciarci le penne. Cosa che okay, ci poteva stare, eravamo in pericolo… ma sembrava quasi che lui fosse certo che lui e Kairi non avrebbero lasciato illesi quel luogo. Credo che c’entrasse qualcosa con una specie di punizione, ma alla fine Ephemer ha incassato il colpo per lui e non è successo. E se invece fosse successo ad una sua variante?»
«Sora…» La voce di Luna era a malapena un sussurro, e non disse altro. Si portò una mano alla tempia, guardando in basso. Roxas ancora non capiva, ma sembrava che da quanto Luna ci stesse dando peso, la faccenda doveva essere quantomeno grossa.
G’raha doveva essere più abituato a mantenere la calma, perché scrollò le orecchie e si schiarì la gola, poi si rivolse a Roxas.
«Tutte le persone che abbiamo trovato erano gente comune. Gente comune che in un’altra vita, era importante. Importante per la sopravvivenza del loro universo per come lo conoscevano. Il maestro di Luna, il dottor Strange. Noctis e Prompto della mia classe. Cloud, Zack, Aerith. L’altro me, anche, ha dato una mano. Un’altra Yuna ha mandato all’altro mondo una bestiaccia da incubo apocalittico. E qui e ora, siamo solo persone normali. Civili. Ma Sora? Un Maestro del Keyblade?»
«Sora non avrebbe mai dovuto realmente portare il Keyblade, ha avuto il potere da Ventus e Riku per caso…» Roxas cominciò.
«Quindi tecnicamente Sora doveva essere soltanto qualcuno che percepiva i Fulcra. E invece ha anche il Keyblade.» Luna si riprese.
Roxas rimpianse quasi subito di aver parlato. Aveva sperato che nel farlo avrebbe avuto di nuovo un briciolo di attenzione, ma adesso era di nuovo Sora quello importante. Tanto per cambiare. Adesso forse lo era anche di più.
E ovviamente la sua abilità acquisita di usare il Keyblade era l’unica cosa che si era degnato di passare, a quanto pareva, perché qualsiasi cosa stessero facendo o avessero fatto altri lui, Roxas non lo avrebbe mai nemmeno indovinato.
Una parte di lui avrebbe dovuto essere contenta – felice che lui in quel caso fosse la norma, fosse come Ventus, Terra, Aqua e Shiro, che non avevano mai avuto quel genere di visioni. Ma non riusciva a bearsi di quello sputo di normalità.
«Va bene, io vado a casa.» Si infilò le mani in tasca e prese a marciare via verso la scala che portava al borgo.
Sperava che almeno, quella sera, Shiro avrebbe risposto al telefono…
 
 
Mentre Charlotte ballava con il Principe, la pista da ballo improvvisata nel cortile si svuotava, e gli ospiti della festa si dirigevano ai bordi del giardino.
Ventus e Shiro ritrovarono Terra e Aqua al tavolo dei rinfreschi. Terra aveva assunto il colorito delle barbabietole mature, ma Aqua sorrideva come una ragazzina.
«Vi stavate divertendo?» Ventus esordì, prendendo una sedia. Sentì qualcuno che gli dava una botta sulla spalla, e girò la testa solo per guardare Shiro che indicava un punto alle sue spalle.
«Ven, credo che l’angelo abbia una cotta per te.» Il suo dito era nella direzione di Lizzie, che stava camminando verso di loro.
«Oh-oh, Ven sta facendo il ragazzo grande.» Terra commentò, l’imbarazzo che cedeva rapidamente il posto al riso sul suo volto.
Lizzie li raggiunse, squadrandoli da capo a piedi… e puntò su Ventus un dito accusatorio.
«Allora, si può sapere che pensate di fare?» iniziò, quasi fulminando Ventus con lo sguardo.
«Scusa, come?» Ventus si strinse nelle spalle. «Ho fatto qualcosa che non…?»
Non gli sembrava di avere fatto nulla di sbagliato… non era sua abitudine comportarsi male… aveva infranto qualche regola del galateo? Le aveva voltato le spalle, magari lei si aspettava che lui le chiedesse di ballare? Aveva forse infranto qualche regola del codice dei moschettieri?
«Vuoi… ballare anche tu…?» azzardò, tendendo una mano.
Lizzie gliela spinse via.
«Prima vi imbucate alla festa dei La Bouff e ora mi chiedi anche di ballare?»
Aqua aggrottò le sopracciglia.
«Hai detto La Bouff?» Sembrava aver compreso qualcosa. «Non è la tua famiglia questa… il padrone di casa non è tuo padre? La ragazza che balla con il principe non è tua sorella?»
Lizzie rimase in silenzio, guardando prima Ventus, poi Aqua.
Scosse la testa.
«E voi… voi non siete qui per mangiare a ufo… non è vero?»
«Ragazzina, ti posso assicurare che le nostre intenzioni sono delle più onorevoli,» Terra asserì, ponendosi la mano destra sulla sinistra dei vestiti.
«Chiamami Lizzie, grazie.» Lizzie dismise Terra con un gesto della mano. «Perché siete qui? Se non è per il Carnevale, ci sarà pure un’altra ragione.»
Ventus scambiò un’occhiata con i suoi amici, chiedendosi quanta della verità avrebbero potuto raccontare senza compromettere l’ordine dei mondi.
Dall’esperienza sua – e di Sora – spesso e volentieri mentire non aveva aiutato, ma allo stesso tempo quello che stavano cercando era troppo complicato da spiegare.
«Crediamo che qualcuno voglia fare del male al Principe Naveen,» Aqua parlò prima di lui. «Stamattina, un uomo nero, esile, con un frac e un cappello a cilindro, vi fissava mentre parlavate. Aveva il giornale sul tavolo.»
Lizzie trasalì.
«Aveva anche dei baffetti? Un teschio disegnato sul cappello? E hai detto esile? Molto esile, vero?»
Lanciò un’occhiata alla pista da ballo, dove Charlotte e il Principe ballavano il valzer, poi guardò di nuovo Aqua.
«… l’uomo ombra.» Concluse, visibilmente preoccupata.
Aqua fissò Lizzie.
«Come lo hai chiamato?»
Lizzie prese una sedia e fece gesto ai quattro di sedersi, dopo essersi data una rapida occhiata attorno.
«Tiana me ne ha parlato qualche settimana dopo che sono finita qui. Si presenta come il Dottor Facilier, ma in città lo chiamano l’uomo ombra. È un praticante del vudù a quanto si dice, ma i suoi patti nascondono sempre un qualche tranello, e chi conosce la zona se ne tiene bene alla larga. Se è vero che state cercando di proteggere il principe, proprio Sua Altezza potrebbe essere un bersaglio facile.»
Sembrò essersi resa conto di qualcosa, e il colore svanì dalla sua faccia.
«Un momento. Dov’è Tiana?»
Lizzie non aveva nemmeno finito di parlare quando qualcuno – due voci, un ragazzo e una ragazza – urlarono. Ventus, Terra, e Aqua scattarono in piedi, e Shiro lo fece subito dopo di loro, ma nessuno nel giardino sembrava essere in pericolo.
Il batterista dell’orchestra prese a martellare freneticamente sui suoi tamburi, e due ranocchie saltarono via. Ventus fece per rilassarsi – probabilmente qualcuno dei ricchi ospiti doveva essere stato spaventato dagli anfibi, ma Lizzie si guardò di nuovo attorno, ancora scossa.
Gli ospiti della festa non sembravano essersi accorti di nulla – spinti dal batterista, gli altri membri del complesso musicale avevano accelerato il ritmo. Dalla batteria, le rane erano saltate al vestito di Charlotte, e la ragazza finì a gambe all’aria nel tentativo di scrollarsele di dosso.
Il padrone di casa aizzò loro contro il cane, che, visibilmente vecchia e grassa, sembrava fare una certa fatica a inseguire le rane, ma comunque teneva loro testa.
Sembrava soltanto un incidente ridicolo, ma quando le rane corsero – saltarono? – davanti a loro, Ventus le sentì parlare.
«Buono! Buono, mostro d’un cane!»
Riconobbe la voce maschile che aveva urlato un momento prima.
«Le rane parlano in questo mondo?» Shiro si lasciò scappare.
«Non c’è tempo per le domande!» Terra alzò il braccio ed estrasse il Keyblade, cercando di inseguirle lungo il tavolo. Ma gli invitati alla festa si stavano accalcando, anche loro nel tentativo di catturare le rane, che al momento erano ancora in corsa, nonostante fossero impedite da una maschera da giraffa che bloccava la visuale di entrambi.
«Stella, cuccia!» Lizzie urlò, fermando il cane, ma il danno era fatto: nel tentativo di continuare a correre, le rane inciamparono in una ghirlanda e finirono impigliate in un grappolo di palloncini.
«Dobbiamo fermarli!» Lizzie prese Ventus per il polso e lo trascinò sul tavolo, portandolo con sé correndo lungo la superficie di legno. Mentre i palloncini, con le rane legate ai fili, prendevano il volo schizzando in alto verso il cielo, Lizzie prese una forchetta dal tavolo e cercò di prendere la mira, quasi come se fosse sul punto di lanciarla…
… poi si fermò e abbassò la mano, mormorando tra i denti qualcosa che suonava molto come un’espressione di evidente disappunto.
«Cosa è successo?» Ventus le chiese, mentre Terra, Aqua e Shiro si facevano finalmente strada nella folla per raggiungerli.
Attorno a loro, gli invitati erano tornati ad occuparsi della festa, o quantomeno di recuperare quanto potevano della serata, ma Lizzie stava ancora fissando i palloncini.
«Sono un’idiota. Vi ho distratti nel momento sbagliato, e adesso l’uomo ombra ha colpito.»
Si girò verso Ventus, poi indicò il punto in cui i palloncini stavano sparendo nel cielo.
«Non erano rane. L’uomo ombra ha trasformato Tiana in ranocchia, e adesso li abbiamo persi.» Disse, a mezza voce.



(e niente, non credo vi serva il disegnino per capire chi è Lizzie...)
 
   
 
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