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Autore: FanGirlWithK    18/09/2022    0 recensioni
«Ci vediamo tra sessanta giorni.» si promettono.
E ci credono davvero, che la distanza non cambierà nulla, che la relazione si vive in due e che le persone attorno a loro non possono modificare il corso degli eventi. Ci credono tutti.
Ma potranno dire ancora di amarsi quando spunteranno il sessantesimo giorno nel calendario?
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Ogni riferimento a cose o persone reali è puramente casuale.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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06:42 p.m., Los Angeles, United States of America.

Twelfth day.

 

Appena sentì che la chiamata era stata accettata, iniziò a parlare a macchinetta, «Hey Jackson! Lo so che è tardi ma-» si sentiva che era davvero entusiasta dalla voce, e la persona dall'altra parte del telefono avrebbe voluto ascoltare ancora, ma non poteva spacciarsi per il fidanzato.
«Il tuo fidanzato non c'è, sono Mark.»

Quando Jinyoung si rese conto del nome della persona all'altro capo della linea, drizzò le orecchie.
«Oh... sei il coinquilino di Jackson, giusto?» si sentiva un po' spaesato, fino a qualche attimo prima saltava dalla gioia per il colloquio che aveva fatto, in quel momento invece sentiva una strana, purtroppo non estranea, sensazione dentro di sé. Sicuramente parlare con Mark non lo faceva sentire particolarmente a suo agio.

«Sì, comunque Jackson sta dormendo, se vuoi domani mattina posso dirgli che hai chiamato. Tanto lo sveglio sempre io per quanto casino faccio.» Mark ridacchiò pensando ai risvegli poco piacevoli del coinquilino negli ultimi giorni.

«Ehm... va bene, digli che può chiamare quando vuole.»

«Okay, buona serata allora.» Il rosso sorrideva.
«Buona notte.» Jinyoung chiuse subito la chiamata.

«Hey, tutto a posto?» Ray arrivò all'improvviso dietro di lui e gli appoggiò una mano sulla spalla, il che lo fece sussultare e girare di scatto.
«Sì, perché?» Jinyoung annuì sotto lo sguardo contrariato dell'altro.

«Jinyoung, fino a un minuto fa stavi saltellando in giro per casa, adesso sembri mezzo morto dalla faccia che hai, che è successo?»
Il povero interpellato sembrò scosso dalla risposta ovvia, come se non sapesse di aver cambiato umore.

«Ecco... non lo so, sono stupido, lascia stare.» Rispose, sorpassando Ray e andando in cucina ad aiutare Kevin a cucinare.

Il ragazzo squadrò Jinyoung dalla testa ai piedi «Dove è finita tutta l'adrenalina che avevi prima?»
«In dei capelli squallidamente rossi. – sospirò, capendo di dover calmarsi – Smettila, manchi solo tu. Ti serve una mano?»

La risposta fu negativa, poi Kevin lo prese per le spalle e lo costrinse a sedersi su una sedia.
«Che succede? Ti ho sentito prima, a Ray puoi girarla la frittata, a me no.» Lo sguardo serio di Kevin vinse sulla già debole fermezza di Jinyoung.

«Non lo so in realtà... ho chiamato Jackson per dirgli che avevo fatto il colloquio, ma ha risposto Mark, uno dei suoi coinquilini. Ho avuto subito una strana sensazione, come se ci fosse stato qualcosa che non andava nel fatto che abbia risposto lui. Ma è il suo coinquilino, quindi cosa ci dovrebbe essere di strano?» Sospirò leggermente, sopraffatto dalle proprie sensazioni.

«Magari si tratta di un po' di gelosia? È normale, eri abituato a vederlo ogni giorno, quindi il tuo inconscio pensa troppo.» Kevin gli fece un sorriso, che voleva essere rassicurante.

«Non lo so, sono un idiota. Apparecchio.» Dopo un altro sospiro, si alzò.

-

«Jinyoung-ah!» quando erano da soli, avevano preso l'abitudine di parlare in coreano, la loro lingua madre. In realtà, quando si erano conosciuti, molti anni prima, i due ragazzi avevano stretto proprio con la scusa di essere connazionali.

«Hyung! Entra.» Il minore si tolse le cuffie e si girò verso Ray, che era appena entrato, chiudendosi la porta dietro.
«Che succede?» chiese, mentre l'altro si sedeva sul letto e incrociava le gambe.
«Nulla, non sapevo che fare, così sono venuto da te sperando non stessi già dormendo.»

Jinyoung spense il proprio pc e si sedette vicino al coinquilino.

«Che facciamo?» Ray appoggiò la testa sul cuscino, restando con le gambe penzolanti.
«Non lo so, mettiamo un po' di musica?» il moro prese il telefono, facendo partire Fade Out Lines dalla riproduzione casuale, e si alzò per fare qualche passo.

Tese le mani all'amico, che si alzò incerto e seguì i suoi passi.
«Dai, mettici un po' di spirito!»

Ray allora sorrise e gli fece fare un giro, dopo di che continuarono a ballare e a cantare, ridendo.

«The juice poring well over
Your skins delight
But the shadow it grows
And takes the depth away

Leaving broken down pieces
To this priceless ballet
The shallower it grows.»

Quando partì una canzone più tranquilla, stremati, decisero di sdraiarsi.

Mentre nella stanza risuonava la dolce melodia di I'm Not The Only One, i due ragazzi si guardavano negli occhi, avevano entrambi i piedi fuori dal letto, le braccia distese e il respiro affannato.

«You say I'm crazy» Jinyoung cantò, stonando un po' e facendo ridere l'altro, che gli fece un piccolo applauso ironico «Bravissimo, sei il idolo!»

Ray continuò a prenderlo in giro fino a quando la canzone terminò, e con questa la playlist, i loro respiri erano tornati regolari e le loro menti stavano razionalizzando la situazione.

Quando però Jinyoung si avvicinò un poco, Ray capì che era l'unico a star ragionando.

E gli mancava il fiato, non riusciva davvero ad allontanarsi, si sentiva quasi ubriaco.

Dopo aver, inconsciamente, fatto un bel respiro, guardò Jinyoung, che però aveva gli occhi chiusi.

«Sta già dormendo... Buonanotte Jinyoung-ah.» Lo sistemò sotto le lenzuola e gli passò una mano sulla fronte, togliendogli i capelli da davanti gli occhi. Quando però fece per allontanarsi e uscire dalla stanza, una mano lo prese per il braccio.

«Resti?» sussurrò il minore, cercando di tirare l'altro con la pochissima forza che aveva.

E Ray non poté dire di no.

Nel frattempo, un Kevin vagante per casa in mancanza di sonno, osservò la scena dallo spiraglio della porta, mettendosi una mano nei capelli.
«Perché devo sapere queste cose?» mormorò sottovoce mentre, dentro la stanza di Jinyoung, Ray si metteva sotto le lenzuola insieme all'altro.

Kevin si scosse leggermente i capelli, frustrato, e andò in soggiorno, buttandosi sul divano e prendendo il telefono in mano.
Non avrebbe dovuto dirlo a nessuno, ma c'era una persona a cui non poteva non dirlo.
«Forse la sto facendo più grande di quanto sia...» digitò comunque il numero.

 

   
 
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