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Autore: Parmandil    18/09/2022    0 recensioni
Danneggiata dai perfidi Shriek, la Destiny tenta di fuggire dal loro cosmo, restando vittima di una scissione quantica. Nave ed equipaggio si trovano frazionati in sei piani d’esistenza, ciascuno contrassegnato da un colore e un’emozione base. Ogni individuo si trova nel piano corrispondente alla sua emozione dominante e infatti ne è del tutto invasato. Spetta a Talyn, l’unico individuo misteriosamente integro, ricostituire l’unità prima che la scissione diventi definitiva. Per farlo dovrà scendere tutto lo spettro luminoso ed emotivo, scontrandosi con gli Shriek ancora a bordo, ma anche coi colleghi fuori di senno. Il suo unico aiutante, in quest’ardua missione, sarà il robot riparatutto Ottoperotto. Dalla paura alla tristezza paralizzante, dal disgusto alla felicità edonistica, dalla sorpresa fino alla collera devastatrice, il giovane El-Auriano scoprirà la forza incontenibile delle emozioni, mentre lui stesso lotta per capire chi è realmente.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Star Trek Destiny Vol. III:
Scissione
 
 
LA DESTINY DOVEVA ESPLORARE IL MULTIVERSO,
MA QUALCOSA È ANDATO STORTO
E L’EQUIPAGGIO È STATO UCCISO.
ANNI DOPO, UNA BANDA DI CONTRABBANDIERI
HA ABBORDATO LA NAVE ALLA DERIVA,
VENENDO RISUCCHIATA NEL MULTIVERSO,
SENZA LE COORDINATE DI RITORNO.
AGLI AVVENTURIERI NON RESTA CHE
ESPLORARE UNA REALTÁ DOPO L’ALTRA,
IN CERCA D’INDIZI SULLA VIA DI CASA,
MENTRE CERCANO DI RISCOPRIRE IN LORO
QUELLO SPIRITO CHE CREÓ LA FEDERAZIONE...
 
 
-Prologo:
Data Stellare 2604.64
Luogo: Stardust City, pianeta Freecloud
 
   «Benvenuti a Stardust City, uno dei peggiori covi di feccia e avidità della Galassia. Sono certo che faremo buoni affari!» ghignò il DaiMon Grilk, uscendo dalla navetta nell’affollato e caotico spazioporto. La sua astronave, il mercantile Ishka, era rimasta in orbita.
   «Stavolta l’affare è garantito» commentò Brokk, l’Ingegnere Capo, uscendo subito dopo di lui. «Il vecchio Shamir è un professionista. La sua merce è di prima qualità».
   «Suvvia, non vi fiderete del Sindacato di Orione? Ci servono le armi in pugno, altro che i sorrisi per trattare con quelle canaglie!» avvertì Losira. Uscita per terza, l’avvenente Risiana si pose accanto ai due Ferengi.
   «Ah, ah, non preoccuparti, bellezza! Non sottovaluto i pelleverde!» ridacchiò Grilk, sfiorandosi la frusta neurale che portava appena in cintura. «So che per trattare con loro servono abilità, competenza tecnica e fascino. Io ho la prima, Brokk la seconda... e il fascino ce lo metterai tu, mia cara».
   «Non vedo l’ora» fece l’avventuriera, alzando gli occhi al cielo.
   «E per ridurre al minimo gli imprevisti, faremo un sopralluogo al punto d’incontro, prima che arrivino gli Orioniani» aggiunse il DaiMon. «Voialtri, aspettate qui!» si rivolse alla scorta che attendeva nella navetta. «Sorvegliate la kemocite. Se al mio ritorno ne mancasse un solo grammo, ve la decurterò dagli stipendi!» abbaiò. Per i Ferengi era la peggiore delle minacce.
   Prima di andare, Grilk volle comunque prendere un campione di minerale con sé, nell’eventualità che anche gli Orioniani si presentassero prima dell’ora convenuta. Ficcò il contenitore sigillato in una tasca interna dell’impermeabile, accertandosi che non formasse un rigonfiamento troppo evidente. Con tutti i borseggiatori che c’erano in giro, sarebbe stata un’occasione troppo ghiotta.
   Lasciata la navetta, i tre contrabbandieri si fecero largo a spintoni tra la folla in perenne andirivieni, uscendo dallo spazioporto. Stardust City si aprì davanti a loro, in tutto il suo squallore postbellico. Fino a una quindicina d’anni prima, quello era il più fiorente centro commerciale del settore; ma la Guerra Civile federale aveva cambiato tutto. La ricchezza di Freecloud, un mondo indipendente retto da un’oligarchia mercantile, aveva attirato i Pacificatori come il miele le mosche. Durante gli anni di conflitto il pianeta aveva subito l’occupazione militare, tradottasi nella sistematica spoliazione delle risorse (o come dicevano loro, una “requisizione a tempo indeterminato”). Quando poi i Pacificatori erano stati rovesciati nell’ultima Battaglia della Terra, su Freecloud era scoppiata l’insurrezione popolare. Gli odiati Pacificatori erano stati scacciati dalla loro guarnigione a Stardust City, rifugiandosi sull’astronave in orbita. Ma anziché la fuga, il loro Capitano aveva ordinato un bombardamento orbitale contro la capitale, «per punire i ribelli del loro tradimento». I siluri fotonici avevano aperto crateri ribollenti nel cuore della città, squassando anche i palazzi che non erano direttamente colpiti. Un bilancio completo delle vittime non era mai stato stilato, ma era certo che la maggior parte dei venti milioni di abitanti avesse trovato la morte in quell’inferno. In seguito il responsabile dell’eccidio era stato arrestato, processato e condannato all’ergastolo dal Tribunale di Narendra. Ma i palazzi diroccati erano ancora in piedi, tristi memoriali ormai divenuti ricettacolo d’affari della malavita e scontri clandestini. Molti cittadini, rimasti senzatetto dopo il bombardamento, si rifugiavano ancora nelle loro strutture fatiscenti.
 
   «Insomma, dov’è la vecchia fabbrica di levi-car?!» chiese Grilk, stanco di vagare per i quartieri diroccati. Per l’ennesima volta cavò il d-pad di tasca e consultò il navigatore, cercando di localizzare la destinazione. Qualche passo più indietro, Brokk sedette su un mucchio di macerie per riposarsi dalla scarpinata. Losira esitò, non volendo sporcarsi l’abito; alla fine restò in piedi. I tre stranieri dall’aria smarrita non sfuggirono all’attenzione degli abitanti dello squallido circondario.
   «Ehi, signore, vi siete perso? Per dieci crediti vi porto dove volete! Sono una guida esperta!» si offrì un ragazzo sui quindici anni, sporco e vestito di stracci. A vederlo sembrava Umano, dalla carnagione olivastra e gli occhi leggermente a mandorla.
   «Senti, scugnizzo, non dovresti essere a scuola?» chiese Grilk, degnandolo appena di uno sguardo.
   «Io non vado a scuola, signore» disse il giovane a mezza voce.
   «Ah, no? I tuoi genitori non saranno contenti» commentò distrattamente il DaiMon, sempre lottando con il navigatore.
   «I miei sono morti dieci anni fa, nel bombardamento» mormorò il ragazzo, lo sguardo basso.
   A quelle parole il DaiMon alzò finalmente lo sguardo. «Mi spiace, ragazzo» borbottò, ma non aggiunse altro.
   Incuriosita, Losira si accostò all’orfano e lo osservò attentamente, cercando di farsene un’idea. Il ragazzo di strada le restituì un’occhiata diffidente e non si lasciò avvicinare troppo. Era pronto a fuggire in un vicolo, alla prima mossa sospetta degli stranieri.
   «È davvero sporco e cencioso» si disse la Risiana, arricciando il naso. Sul suo volto, e ancor più sulle mani, c’erano vecchie cicatrici, segno che le ferite non erano state adeguatamente curate. Ed era magro, penosamente magro: le braccia scarne ballavano nelle maniche troppo larghe. I suoi occhi erano quelli di un animale diffidente, abituato a continue fughe; eppure vi brillava una viva intelligenza. «Come ti chiami, ragazzo?» gli chiese Losira, cercando di suonare rassicurante.
   «Talyn» rispose l’orfano, tirando su col naso. «Allora, volete che vi porti alla vecchia fabbrica, sì o no? La tariffa è dieci crediti».
   «Dieci crediti per girare qualche isolato? Te ne do cinque» propose Grilk, interessandosi all’offerta.
   «Dieci, prendere o lasciare. Siete ricchi a giudicare dai vostri vestiti; quel che vi chiedo non è niente per voi» insisté Talyn, osservando la costosa seta tholiana che fasciava Losira.
   «Okay, pago io» decise la Risiana, temendo che il DaiMon lo scacciasse. «Cinque crediti ora, gli altri cinque all’arrivo. Che ne dici?».
   «Affare fatto!» gongolò il ragazzo di strada. Si sputò su una mano e fece per stringergliela, ma si astenne vedendo l’espressione schifata della lady. Ricevuta la prima metà del compenso, si affrettò a fare strada tra gli edifici diroccati. «Venite, signori, da questa parte! Alla vostra destra potete vedere le case popolari, alla sinistra il vecchio centro commerciale. Ovviamente è tutto chiuso dal bombardamento. Adesso ci fanno incontri clandestini di lotta ogni fine settimana. Se vi piace scommettere è il posto giusto!» spiegò, immedesimandosi nel ruolo di cicerone.
   «Grazie, ci basta arrivare alla fabbrica» disse Losira, osservandolo con crescente perplessità. C’era qualcosa di strano in quel ragazzo. Non sapeva cosa, ma intendeva tenerlo d’occhio.
 
   Di lì a poco giunsero dove volevano, all’ingresso della fabbrica abbandonata. Il portone principale era a terra, sfondato; l’interno era immerso nelle tenebre. Avvicinandosi i visitatori udirono squittii misti allo zampettare di animaletti che andavano a rintanarsi. Losira intravide un’arvicola cardassiana e si ritrasse disgustata.
   «Siamo arrivati» disse Talyn. «Posso fare altro per voi?».
   «No grazie, siamo a posto» disse la Risiana. Come promesso gli versò i rimanenti cinque crediti. «Riguardati, ragazzo... buona fortuna» raccomandò, dispiaciuta di doverlo lasciare in quel degrado. In parte le ricordava lei stessa quando, dieci anni prima, era fuggita da Risa per salvarsi la vita, dopo aver perso tutto ciò che possedeva. Nei primi tempi era stata una senzatetto e sapeva quanto fosse dura. Per un ragazzo così giovane, orfano dei genitori, doveva esserlo ancora di più.
   «Grazie, signora!» fece Talyn tutto contento. Fece per andarsene, ma all’ultimo si accostò a Grilk. «Siete qui per incontrare gli Orioniani, vero?» bisbigliò in tono complice.
   «E tu che ne sai, scugnizzo?!» s’insospettì il DaiMon. La sua mano corse istintivamente alla frusta; l’avrebbe accesa al minimo segno di pericolo.
   «Di voi non so nulla, ma questo è un tipico luogo d’incontro dei contrabbandieri» spiegò il ragazzo. «Gli Orioniani vengono sempre qui a sbrigare gli affari. Se volete informazioni su di loro, vi dirò tutto... a un modico prezzo!» si offrì.
   «Questo ragazzo ha il senso degli affari» riconobbe Grilk. «Comunque so già quanto basta sugli Orioniani, quindi non mi servono le tue soffiate. Va’ via, scugnizzo!» ammonì il Ferengi, facendo un’espressione cattiva che gli scoprì i denti appuntiti.
   «Come vuole, signore. Addio, è stato un piacere aiutarvi!» disse Talyn, dandogli inaspettatamente una pacca sulla spalla. E filò via, svanendo con la rapidità di un’arvicola.
   «Strano ragazzo» borbottò il DaiMon. Poi si dedicò a ispezionare l’atrio della fabbrica abbandonata e le immediate circostanze, per accertarsi che non ci fossero sensori. Brokk e Losira lo aiutarono. Quando furono ragionevolmente certi che l’incontro sarebbe avvenuto nella dovuta riservatezza, tornarono all’aperto.
   «Bene, direi che è tutto pronto» commentò Grilk. «Possiamo tornare alla navetta e tra qualche ora sbrigheremo l’affare...» disse, ficcandosi la mano in tasca per tastare il campione di kemocite. Non lo trovò. Sconvolto e oltraggiato, il Ferengi prese a svuotarsi tutte le tasche, borbottando imprecazioni. Alla fine si levò l’impermeabile e lo scrollò con vigore; ancora niente. Allora ebbe un lampo d’intuizione. «Lo scugnizzo! Mi ha borseggiato quando s’è avvicinato!» esclamò, ricordando l’inaspettata pacca sulla spalla. Di certo lo aveva derubato in quel momento, approfittando della sua distrazione.
   Losira guardò il DaiMon con tanto d’occhi. Borseggiare un contrabbandiere era difficile, ma borseggiare un contrabbandiere Ferengi era praticamente impossibile. Eppure doveva essere stato Talyn.
   «Niente male, per un ragazzo di strada» riconobbe Brokk. «Ma se il briccone crede che non possiamo rintracciarlo, si sbaglia di grosso».
 
   Allontanatosi in tutta fretta, Talyn fece molti giri tra i palazzi, ripassando talvolta sullo stesso tratto per confondere eventuali inseguitori. Infine entrò nel relitto di una navetta classe Gryphon, precipitata in strada durante i tumulti di dieci anni prima. Aprì il portello con un codice che lui solo sapeva, richiudendolo accuratamente quando fu dentro. Solo allora tirò il fiato.
   «Vediamo cos’ho guadagnato» commentò, levando di tasca il contenitore sigillato. Non osando aprirlo, nel timore che fosse una sostanza tossica, lo sondò con un tricorder. Poi si recò in cabina, alla postazione scientifica, battendo un paio di volte sull’interfaccia LCARS perché si accendesse del tutto. Scaricò i dati del tricorder, confrontandoli con quelli del database, finché ebbe un riscontro. «Bingo, è kemocite!» gongolò. «I Nausicaani me la pagheranno a peso di latinum».
   «Non se ho qualcosa da dire in proposito!» minacciò Grilk, entrando in cabina. Impugnava la frusta neurale e l’avrebbe usata al primo movimento brusco del ragazzo. Dietro di lui vennero Brokk e Losira, guardinghi.
   «Come mi avete localizzato?» chiese Talyn, più curioso che impaurito.
   «Avevo piazzato una minuscola scheggia di minerale vokaya nella kemocite» rispose il DaiMon. «Devi sapere che la vokaya emette una radiazione innocua, ma facile da rilevare. In pratica mi hai rubato un dispositivo di tracciamento. Era un mio trucchetto per scoprire dove si trovano i magazzini degli Orioniani qui a Stardust City» spiegò compiaciuto. «Ora restituisci il maltolto, svelto!» ordinò.
   Di malavoglia, il giovane gli allungò il campione sigillato. Il Ferengi lo agguantò svelto, facendolo sparire in una tasca.
   «Sono pochi quelli che possono vantarsi di avermi mai derubato» mugugnò Grilk. «Ti meriti una bella punizione, se non altro per farti passare il vizio. Lo sai che, se avessi rubato a un Orioniano, lui ti avrebbe tagliato la mano?».
   «Sì, ho un paio d’amici monchi» confermò Talyn. «Non se la passano bene. Ma tu sei un Ferengi, quindi al massimo mi darai qualche frustata» disse, col tono di chi ne ha già ricevute parecchie.
   «E se invece ti consegnassi alla polizia locale? Chissà quanti altri furti hai compiuto... magari mi becco pure una ricompensa!» gongolò il DaiMon.
   «Non ti conviene portarmi dagli sbirri» avvertì il ragazzo. «Faranno indagini anche su di te e troveranno i tuoi panni sporchi. Se non altro, io posso dirgli che vendi kemocite agli Orioniani. È roba illegale, si va in galera per questo».
   «Piccolo spione! Prima mi derubi e poi osi minacciarmi?!» sbottò Grilk, sul punto di frustarlo.
   «Calmi!» disse Losira, frapponendosi. «Non c’è bisogno di usare la violenza. Talyn, stammi bene a sentire: noi saremo anche contrabbandieri, ma non ti lasceremo andare come se niente fosse. Hai cercato di derubarci, perciò ci devi ripagare in qualche modo. Prima dicevi d’avere informazioni sugli Orioniani, giusto? Parlaci di loro. Se la soffiata sarà buona, ci riterremo risarciti e non verremo più a disturbarti» propose.
   «Ci sto» disse il giovane con un’alzata di spalle. «Vediamo... la banda di Shamir viene sempre alla vecchia fabbrica per combinare gli affari, ma questo già lo sapete. Ciò che forse non sapete è che in questi giorni sta cercando di dar via una partita di cristalli liquidi regaliani avariati. Non ve li avrà promessi come contropartita?».
   A queste parole il DaiMon si morse il labbro. Il suo sguardo era fiammeggiante. «Proprio così! Centoventi litri di prima qualità, così ci ha promesso!» ringhiò.
   «Lo immaginavo. È quel che gli manca per disfarsi del carico. Ha già imbrogliato altre due bande nell’ultimo mese» disse Talyn, facendo di nuovo spallucce. «Voi sareste stati la terza, se non era per me».
   «Sei sicuro di ciò che dici?» intervenne Brokk.
   «Certo. Se l’Orioniano vi darà un campione da analizzare, sarà depurato. Ma se riuscite a sondare il grosso della merce, vedrete che è da buttare» garantì il ragazzo.
   «Questo lo saprò presto. Manca poco all’incontro» disse Grilk, premendosi il comunicatore per controllare l’ora. «Ci andrò con una robusta scorta, nel caso avessimo problemi. Quanto a te, mia cara, voglio che resti qui» si rivolse a Losira. «Così sarai al sicuro... e terrai d’occhio lo scugnizzo fino al mio ritorno».
   «Intesi» annuì Losira. «Sta’ attento, amore».
   «Come sempre» disse il Ferengi, facendole l’occhiolino. L’attimo dopo lui e Brokk lasciarono la navetta.
   «Tu e il DaiMon state insieme?» s’interessò Talyn.
   «Non sono cose che ti riguardano!» sbottò la Risiana, arrossendo leggermente.
   «Come vuoi. Ho visto cose più strane nei bassifondi» disse Talyn, facendo spallucce per la terza volta. Sedette alla postazione scientifica, girandosi i pollici. Ma ben presto si annoiò e prese a consultare il computer.
   «Cosa fai?» s’insospettì Losira, temendo qualche tiro mancino.
   «Studio» rispose il giovane. «Siccome non vado a scuola, devo pur istruirmi in qualche modo. Così studio il database federale di questa navetta. All’inizio leggevo un po’ di tutto, ma ultimamente mi sono interessato all’analisi sensoriale e alla decrittazione dati. Sai, è sempre utile intercettare le trasmissioni altrui. Mi permette di fare l’informatore!» ridacchiò.
   «Vuoi farmi credere che sai usare i sensori?!» si meravigliò Losira.
   «Certo, che ci vuole? Basta seguire le istruzioni. Sto anche facendo i test d’Accademia che ho trovato nel database, così capisco a che livello sono» aggiunse Talyn, con una nota d’orgoglio.
   «Quei test sono per i cadetti a fine corso! Gente molto più grande di te, che ha ricevuto un addestramento professionale!» fece la Risiana, turbata. Davanti a lei c’era uno dei più grandi geni del secolo, o più probabilmente uno dei più grandi bugiardi. Beh, non c’era che un modo per scoprirlo. «Ne faresti uno adesso? Vorrei vederti all’opera... tanto per curiosità».
   «Perché no?» fece il ragazzo, attivando l’oloschermo.
 
   Un’ora dopo Losira era a bocca aperta. Aveva capito ben poco di ciò che aveva visto, perché erano analisi scientifiche che oltrepassavano le sue conoscenze. L’unica certezza era il punteggio finale: 100 su 100 e non le pareva che il ragazzo avesse barato. «Sai, mi spiace davvero che tu non possa seguire un vero percorso di studi» mormorò. «Hai un dono, giovane Umano».
   «Non sono Umano» rispose lui distrattamente, spegnendo l’oloschermo.
   «No? E allora cosa sei?» s’incuriosì l’avventuriera.
   «I miei genitori erano El-Auriani» rivelò Talyn. «Non ricordo granché di loro, ma di questo sono sicuro».
   «Davvero? Il tuo è un popolo misterioso» commentò Losira. «Quasi tutto ciò che so di voi sono voci non confermate. Si dice che siate grandi ascoltatori, che abbiate una tale sensibilità da percepire le alterazioni spazio-temporali...».
   «Sì, l’ho letto anch’io nel database, ma non so se è vero» disse Talyn. «I miei sono morti troppo presto per insegnarmi e da allora non ho più incontrato El-Auriani. Comunque pare che crediamo anche negli incontri predestinati» buttò lì.
   A Losira sembrò un’affermazione tutt’altro che casuale. «Tu ci credi?» domandò, osservandolo attentamente.
   «Boh. Forse alcuni lo sono, ma non saprei come distinguerli dagli altri» rispose il giovane.
   «Credi che il nostro incontro sia predestinato?». Le parole erano chiare nella mente della Risiana, che tuttavia non vi dette voce. Continuò a rimuginarci, mentre passavano le ore. Quando Grilk fu di ritorno era giunta alla conclusione che, predestinazione o meno, avrebbe cercato di fare qualcosa per quel ragazzo così talentuoso.
 
   «Non ci crederai, ma lo scugnizzo aveva ragione!» sbuffò Grilk, appena rientrato nella navetta-rifugio. «Il vecchio Shamir voleva fregarmi. Centoventi litri di merce e non c’era una goccia buona, salvo quella che mi ha fatto analizzare! Ma io ho preteso d’esaminare il resto e l’ho sbugiardato. Congratulazioni ragazzo, mi hai salvato da un pessimo affare!» accennò a Talyn.
   «Gli Orioniani ti hanno dato altri problemi?» chiese Losira.
   «No, ma dubito che d’ora in poi faremo affari» sospirò il DaiMon. «In effetti è meglio se lasciamo subito questa fogna. Si torna fra le stelle, dolcezza!» disse abbracciandola.
   «Uhm, sì. C’è una cosa di cui vorrei parlarti, prima di ripartire» disse la Risiana.
   «Sentiamo!».
   «Lasciaci soli un momento, Talyn» pregò Losira. Il ragazzo obbedì, lasciando la cabina. Allora l’avventuriera si strusciò contro il Ferengi, sussurrandogli all’orecchio. «Quel giovanotto ci è stato molto utile, giusto? Hai ammesso anche tu che ci ha salvati da un pessimo affare...».
   «Sì, e quindi?».
   «È un povero ragazzo di strada, un orfano che non ha niente e nessuno. Se lo lasciamo qui, farà una brutta fine...» spiegò Losira.
   «E dove vorresti che lo portassimo? In un istituto federale?» si accigliò Grilk.
   «Non è a questo che pensavo, caro» disse la Risiana, cominciando a carezzargli le orecchie. «Lo sai che è un El-Auriano? Sai cosa si dice della loro speciale sensibilità. Ed è sveglio: pensa che si è istruito da solo col database di questa navetta. L’ho visto fare analisi sensoriali e decrittazioni degne di un ufficiale della Flotta Stellare» rivelò, continuando a stuzzicarlo. Sapeva per esperienza che l’oo-mox, il massaggio dei lobi, lo induceva ad accogliere quasi tutte le sue richieste.
   «Aaahhh, davvero?» fece il DaiMon, chiudendo gli occhi.
   «Proprio così... se fosse cresciuto in condizioni decenti potrebbe mettere a frutto i suoi talenti, ma qui è sprecato» proseguì Losira, massaggiando con più vigore. «È come un diamante allo stato grezzo: aspetta solo che qualcuno riconosca il suo valore. Sii tu il fortunato cercatore, amore mio! Prendilo a bordo e ti prometto che non te ne pentirai!».
   «Ooohhh... dovrei prendere a bordo il teppistello che mi ha derubato?!» obiettò Grilk, ma la sua indignazione era temperata dal massaggio.
   «Il ragazzo-prodigio che ti ha salvato da una truffa, vorrai dire! E che, se ci curiamo di lui, diverrà il miglior addetto ai sensori che potremmo desiderare!» insisté la Risiana.
   «Uuuuhhh... i tuoi argomenti sono convincenti» disse il DaiMon, riferendosi più all’oo-mox che non alle parole. «Ma avremo problemi legali se imbarchiamo un minorenne senza documenti. Potrebbero accusarci di crimini peggiori del contrabbando» avvertì.
   «Suvvia, falsificare documenti non è mai stato un problema» obiettò Losira. Fece per mordicchiargli delicatamente l’orecchio, ma in quella il Ferengi si scostò bruscamente, per guardarla negli occhi.
   «È chiaro che ti sei già affezionata al ragazzo, e può darsi che tu abbia ragione quando dici che mi sarà utile sull’astronave» ragionò Grilk. «Voglio dargli una possibilità, quindi lo prenderò a bordo... per un periodo di prova. Se righerà dritto, allora potrà restare. Ma sia chiara una cosa: finché è minorenne sarà sotto la tua responsabilità. Se continua a rubare, o mi danneggia in qualunque altro modo, punirò te. Hai capito?».
   «Sì amore, ho capito» mormorò Losira, leggermente pallida.
   «Sei ancora dell’idea di prenderlo a bordo?».
   «Lo sono».
   «Caspita! Allora hai un cuore, dopotutto. Spero solo che non sia la tua rovina» ammonì il DaiMon, lasciandola del tutto. «Ebbene, andiamo! Ho perso fin troppo tempo in questo schifo di pianeta. Mi attendono altri affari e c’è ancora quel carico di kemocite che dovremo pur vendere da qualche parte. Si torna sull’Ishka. Ragazzo!» gridò, aprendo la porta della cabina.
   «Sì, signore?» fece Talyn, che attendeva appena oltre la soglia.
   «Stiamo per risalire sulla mia nave. Lasceremo questo pianeta e probabilmente non ci torneremo più. Losira dice che sei in gamba, quindi ti concedo l’opportunità di seguirci. Sempre che t’interessi» disse Grilk.
   «Seguirvi... nello spazio?!» si emozionò l’El-Auriano.
   «E dove, sennò? Svelto a rispondere, non ho tutto il giorno!» lo pressò il DaiMon.
   «Pensaci bene» disse però Losira. «Se vieni con noi è una scelta definitiva. Dovrai dire addio alla tua patria, a tutti quelli che conosci».
   «Qui non c’è niente per me. Non ho parenti né amici sinceri. Preferisco venire con voi nello spazio» disse il giovane con risolutezza.
   «Allora raccogli le tue carabattole, se ne hai» ordinò Grilk. «Ti do dieci minuti, poi ci trasferiremo sull’Ishka».
   A Talyn bastarono cinque minuti per raccogliere in un borsone quel poco che valeva la pena di portarsi dietro. Dopo di che venne accanto agli altri, pronti per il teletrasporto. «Addio» mormorò, rivolto alla navetta schiantata che gli aveva fatto da casa e da scuola. L’attimo dopo il raggio giallastro dell’Ishka lo prelevò con gli altri. Il passato, con le sue sofferenze e privazioni, era morto. Da quel momento il giovane El-Auriano avrebbe pensato solo al futuro. Un futuro che prometteva di condurlo tra le stelle e forse ancora più lontano...
 
   
 
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