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Autore: Parmandil    18/09/2022    1 recensioni
Danneggiata dai perfidi Shriek, la Destiny tenta di fuggire dal loro cosmo, restando vittima di una scissione quantica. Nave ed equipaggio si trovano frazionati in sei piani d’esistenza, ciascuno contrassegnato da un colore e un’emozione base. Ogni individuo si trova nel piano corrispondente alla sua emozione dominante e infatti ne è del tutto invasato. Spetta a Talyn, l’unico individuo misteriosamente integro, ricostituire l’unità prima che la scissione diventi definitiva. Per farlo dovrà scendere tutto lo spettro luminoso ed emotivo, scontrandosi con gli Shriek ancora a bordo, ma anche coi colleghi fuori di senno. Il suo unico aiutante, in quest’ardua missione, sarà il robot riparatutto Ottoperotto. Dalla paura alla tristezza paralizzante, dal disgusto alla felicità edonistica, dalla sorpresa fino alla collera devastatrice, il giovane El-Auriano scoprirà la forza incontenibile delle emozioni, mentre lui stesso lotta per capire chi è realmente.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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-Capitolo 7: Ricomposizione
 
   Quando il lampo bianco si dissolse, Rivera si sentì diverso. L’ansia e lo stupore che lo avevano invaso per un giorno e mezzo si placarono, permettendogli di ragionare con più chiarezza. Guardandosi attorno, si avvide che anche la sala macchine era cambiata. Al posto dell’onnipresente arancione erano tornati tutti i colori, correttamente dosati. Il nucleo quantico, prima al minimo, pulsava nuovamente a piena potenza. E la brillante anomalia era svanita, permettendo di vedere meglio il generatore gravitonico sventrato. Lì accanto era apparso dal nulla un emettitore portatile di gravitoni, e in effetti Talyn aveva detto di aver posizionato il primo in sala macchine, sulla Destiny viola. Ora erano tutti visibili sull’astronave ricomposta.
   Lo stesso valeva per l’equipaggio. Da un istante all’altro, infatti, la sala macchine divenne assai più affollata. Tutti coloro che vi si trovavano, sulle sei Destiny, ora condividevano di nuovo lo spazio. Ed erano tutti guariti dalle loro manie. I paurosi uscirono dai pertugi, i depressi si rialzarono da terra, i disgustati smisero di lustrare ogni superficie. Altri ancora giunsero di lì a poco: i gioiosi reduci dal piscina party, i sorpresi che avevano smesso di girovagare, i collerici che avevano interrotto i combattimenti. Tutti quanti parevano risvegliati da un sogno.
   «Capitano, cos’è successo?» mormorò Losira, ancora frastornata. Depose lo smagnetizzatore manuale con cui stava ripulendo le superfici dalle cariche elettrostatiche, un centimetro quadrato alla volta.
   «Talyn ce l’ha fatta!» rispose l’Umano a voce alta, così che tutti lo udissero. «Aveva promesso di ricomporre l’astronave, dopo che una scissione quantica l’aveva frammentata, e c’è riuscito. Gli dobbiamo la vita. Rivera a Talyn, ottimo lavoro! Come stai?» aggiunse, premendosi il comunicatore. Non ebbe risposta.
   «Adesso dov’è?» si preoccupò Losira.
   «Mi aveva detto che l’ultimo emettitore andava posto in plancia» spiegò Rivera. «Andiamoci subito. Se solo potessi lasciare l’ingegneria al suo capo... Irvik, dove s’è cacciato?!» gridò, esaminando la folla.
   «Eccomi, sono qui!» rispose il Voth, uscendo con qualche sforzo dal tubo di Jefferies.
   «Che ci faceva lì dentro?».
   «Mi nascondevo! Ero terrorizzato, Capitano, ma ora è passato» rispose l’Ingegnere Capo. «Se siamo di nuovo integri, significa che il piano ha funzionato! Ma il ragazzo sta bene?».
   «Sto per andare in plancia a sincerarmene. Irvik, a lei la sala macchine. Cerchi di rimetterla in sesto» ordinò il Capitano.
   «Ci vorrà del tempo, signore. Devo rimediare ai pasticci combinati da sei equipaggi diversi» sospirò il Voth. «Poi ci sono i danni della battaglia, come il generatore gravitonico che è tutto da ricostruire. Temo che non potremo viaggiare nel Multiverso per un po’».
   «Quanto?» chiese Rivera, sulle spine.
   «Settimane, forse mesi. Devo valutare i danni per fornirle una stima più precisa» spiegò Irvik. «Se potessimo recarci a un cantiere spaziale faremmo prima, ma nel nostro isolamento i lavori saranno più lenti».
   «Aspetteremo» sospirò il Capitano, vedendo allontanarsi sempre più il ritorno. «Lei cominci subito la diagnostica». Dopo di che si premette il comunicatore: «Capitano a equipaggio, ascoltate! Ordino a tutti di tornare ai loro luoghi di servizio. Sono esenti i feriti, che possono recarsi in infermeria. E tenete alta la guardia: anche se la Destiny è di nuovo una, abbiamo ancora degli Shriek a bordo. La battaglia non è finita».
 
   Giunti alla base della scala che portava al ponte di comando, Rivera e i suoi incontrarono altri colleghi che stavano tornando al loro posto. Tra loro c’era Shati, reduce dal party selvaggio. La Caitiana aveva le orecchie basse per la vergogna.
   «Ah, Shati, eccoti qui! Per la miseria, che hai fatto alla tuta?!» chiese Rivera, vedendola tutta lacerata. Almeno la pelliccia sottostante offriva una buona copertura.
   «Preferirei non parlarne, Capitano. Le dirò solo che noi della Destiny gialla non abbiamo fatto in tempo a cambiarci, venendo qui» rispose la Caitiana. Accennò a un paio di colleghi che l’avevano seguita, bagnati fradici dalla testa ai piedi.
   «Capisco» fece Rivera, intuendo che era meglio non chiedere i dettagli. «Saliamo, forza».
   Giunti in plancia, gli avventurieri la trovarono deserta a eccezione di Naskeel, ancora imprigionato nel campo di contenimento. Dietro di lui lo schermo era nero, a indicare che la Destiny era uscita dal limbo quantico, tornando nella relativa sicurezza del Vuoto.
   «E lei che ci fa lì dentro?» si accigliò Rivera. «No, non me lo dica... era nella Destiny rossa» indovinò.
   «Temo di sì» rispose il Tholiano, chinando il muso da rapace. «Le mie azioni in quel contesto sono state... discutibili. Ora che sono ristabilito accetterò ogni punizione che vorrà somministrarmi, Capitano».
   «Se punissi tutti quelli che hanno fatto cose discutibili, dovrei castigare l’intero equipaggio, me compreso» rispose l’Umano. «Mi basta la soddisfazione d’averla vista in gabbia». Detto questo si recò alla postazione tattica e disattivò il campo di contenimento, liberando il Tholiano.
   «Dov’è Talyn?» s’inquietò Losira, cercandolo invano con lo sguardo.
   «Là dietro» rispose Naskeel, indicando la postazione del timone. Oltre la consolle svettava l’ultimo emettitore gravitonico, ora disattivato. E sempre da lì dietro veniva un inconfondibile pigolio elettronico: la voce di Ottoperotto.
   Tutti si precipitarono a controllare, aggirando la postazione da una parte e dall’altra. Accanto all’emettitore giaceva l’El-Auriano, inerte. Il fedele robottino gli stava accanto, levitando a pochi centimetri da terra, come per vegliarlo.
   «Talyn!» gridò Losira, atterrita. Si accasciò accanto al giovane e si pose la sua testa sulle ginocchia, cercandone i segni vitali. «È vivo» esalò, dopo aver verificato il respiro e il battito cardiaco. «Losira a infermeria, teletrasporto d’emergenza per Talyn. Prendete anche me» chiese, volendo restargli accanto. Svanirono entrambi nel bagliore azzurro del raggio, nuovamente operativo ora che l’energia principale era ripristinata.
   «Be-beep! Riparare Talyn! Riparare Talyn!» fece Ottoperotto, salendo di quota.
   «Certo che lo cureremo. Tornerà come nuovo» garantì Rivera, recuperando la frusta neurale che Talyn gli aveva sottratto, e che era rotolata a terra quando il giovane era svenuto. «Ma guarda un po’, il ladruncolo!» si disse, scuotendo la testa. Se la riagganciò in cintura, la mente già rivolta alle prossime mosse.
 
   In quella gli avventurieri udirono uno stridio familiare: il richiamo degli Shriek. Subito estrassero i phaser, guardandosi attorno nervosamente. «Ancora?! Quando finirà quest’incubo?!» protestò Shati.
   «Qualcosa mi dice che siamo alla resa dei conti» fece Rivera. Aveva appena parlato che gli Shriek uscirono dalle paratie, a decine. Erano troppi per affrontarli. In un attimo circondarono gli avventurieri, tagliando ogni via di fuga, ma per il momento non attaccarono. Le loro strida risuonarono per tutta la plancia.
   «Credo che stiano cercando di comunicare» comprese il Capitano, lottando contro l’emicrania. «Computer, innesta la matrice di traduzione per il linguaggio Shriek!».
   Di colpo le parole degli alieni divennero comprensibili. «Voi federali non siete cambiati. Anche stavolta avete ucciso molti dei nostri» accusò uno di loro, forse il capo.
   «Eh no, le cose sono cambiate eccome!» obiettò Rivera. «Stavolta siete stati voi ad attaccarci. Voi avete ucciso per primi».
   «Avete invaso il nostro dominio» insisté la creatura.
   «Non abbiamo invaso un bel niente. Siamo esploratori, siamo capitati lì per caso. Anche voi un tempo visitavate il nostro spazio, senza per questo considerarvi invasori» puntualizzò il Capitano.
   «Perché avete deciso di farci visita?» chiese lo Shriek.
   «In realtà non è stata una nostra decisione» ammise Rivera. «Abbiamo perso le coordinate per tornare a casa, quindi stiamo visitando una realtà dopo l’altra. Non intendiamo fare del male a nessuno, infatti è solo quando ci avete attaccati che abbiamo reagito. Tra l’altro è stato il vostro attacco a frantumare la nave nel modo che avete osservato. Ed è stato uno dei nostri a ricomporla, rischiando la sua vita. Così facendo ha salvato anche voi! In quel limbo eravate prigionieri sulla Destiny, ma ora che ci siamo sbloccati dovreste essere in grado di tornare a casa. Non è così?!».
   Gli alieni confabularono fra loro, usando una versione così rapida e contratta del loro linguaggio che nemmeno il traduttore automatico poté renderla comprensibile. Poi alcuni di loro aprirono delle fessure spaziali, simili a piccoli imbuti luminosi, e si tuffarono dentro, sparendo alla vista. Passato qualche secondo fecero ritorno. Discussero con quanti erano rimasti, evidentemente facendo rapporto. Infine il portavoce si rivolse a Rivera, parlando di nuovo con lentezza, per risultare comprensibile.
   «Hai detto il vero, ora siamo liberi di tornare al nostro dominio» disse lo Shriek. «Vogliamo credere che si sia trattato di un tragico incidente. Perciò non vi attaccheremo, né lanceremo rappresaglie contro la vostra gente. Tuttavia vi esortiamo a non visitarci più, a scanso di nuovi incidenti» ammonì.
   «Accetto le vostre condizioni» disse subito il Capitano. «Ma considerando la vostra abilità di viaggiare nel Multiverso, mi chiedo se non potreste comunicarci le coordinate del nostro spazio, che noi abbiamo perduto» si arrischiò a chiedere.
   «Abbiamo promesso di non arrecarvi alcun danno, ma non vi aiuteremo nemmeno, per rispetto verso i nostri caduti» rispose la creatura. «Addio, Capitano. Forse un giorno troverete la via di casa con le vostre forze» augurò. L’attimo dopo aprì una fessura spaziale e vi svanì dentro. I suoi simili lo imitarono: entro pochi secondi erano tutti spariti. Sulla plancia cadde il silenzio.
   «Frell, un’occasione perduta!» imprecò Shati, dando un pugno sulla consolle.
   «Ringrazia che almeno li ho convinti a lasciarci stare» ribatté il Capitano, sebbene anche lui fosse un po’ deluso. «Tutte le sezioni facciano una lista dei danni. Riprendiamo la navigazione standard».
 
   Per la terza volta nel giro di pochi giorni, Talyn lottò per riprendersi dopo uno svenimento. Almeno stavolta si rese conto d’essere steso su un lettino: era un buon segno. Non appena la mente si fu schiarita, inspirò a fondo e sbatté gli occhi, cercando di mettere a fuoco la visione. La prima cosa che vide fu Ottoperotto, che gli levitava accanto. L’Exocomp aveva riacquistato i suoi colori naturali, così come la saletta di degenza in cui si trovavano, segno che la Destiny era ricomposta.
   «Vittoria...» mormorò il giovane, ancora debole.
   Accorgendosi che l’El-Auriano era cosciente, il robottino trillò eccitato, sfarfallando di luci multicolori. Poi emise un suono squillante, come una sirena d’avvertimento. Di lì a un attimo la dottoressa Giely entrò nella saletta.
   «Sei sveglio, finalmente» sorrise la Vorta, accostandosi per visitarlo. «Cominciavamo a preoccuparci. Hai dormito ventiquattr’ore, più a lungo di chiunque altro. Sarà perché ti sei prodigato più di tutti. La Destiny è salva grazie a te» lo informò.
   «Meno male» sospirò Talyn. «Quindi siamo tornati nel Vuoto?».
   «Sì, e una volta ricomposta la nave siamo tutti guariti dalle nostre – ehm – ossessioni» spiegò la dottoressa.
   «E gli Shriek?».
   «Il Capitano ha raggiunto un accordo. Sono tornati nel loro dominio, promettendo di non attaccarci, a patto che non li disturbiamo più» spiegò la Vorta. «Ci stiamo ancora riprendendo dagli scontri. Abbiamo parecchi feriti, ma fortunatamente poche vittime. Ho già dimesso quasi tutti e comunque anche i casi più gravi sono fuori pericolo» disse allargando le mani.
   «Allora è finita» disse Talyn, con un sospiro di sollievo. Finalmente poteva rilassarsi.
   «Ti siamo grati per quello che hai fatto. Sei nel cuore dell’equipaggio, se già non lo eri. Pensa che Ottoperotto era così preoccupato dalle tue condizioni che ti è rimasto accanto per tutto il tempo. Irvik gli aveva ordinato di partecipare alle riparazioni, come tutti gli Exocomp; ma lui s’è rifiutato» rivelò la Vorta.
   «Ma guarda che anarchico!» ridacchiò Talyn, carezzando il suo guscio metallico. «Sono grato dell’interessamento, però non farci l’abitudine a trasgredire gli ordini».
   «Be-beep! Ricevuto» promise il robottino.
   «Anche Losira è stata quasi sempre al tuo fianco. Solo poco fa le ho ingiunto di riposarsi» aggiunse Giely. «Penso che nelle prossime ore riceverai molte visite».
   «Non occorre che resti qui, posso tornare in servizio» disse il giovane, cercando già di alzarsi.
   «Altolà! Cosa credi di fare?» lo fermò la dottoressa, costringendolo a riadagiarsi. «Negli ultimi giorni hai subito stress fisici e mentali spaventosi. Voglio trattenerti in osservazione almeno altre ventiquattr’ore. Ne approfitterò per farti qualche esame. E anche dopo averti dimesso ti farò avere qualche giorno di riposo; te lo sei meritato».
   «Ma...» protestò Talyn, volendo contribuire alle riparazioni.
   «Niente da fare, sono gli ordini del tuo medico» chiarì Giely.
   «Grazie tante, sei l’unico medico che abbiamo!».
   «Appunto».
 
   Nel corso della giornata l’El-Auriano ricevette parecchie visite, soprattutto da parte di coloro che aveva incontrato – e affrontato – nella sua variopinta avventura. La prima ad arrivare fu Losira, che non la smetteva più di scusarsi per avergli sparato alle spalle, rischiando oltretutto di far fallire la missione.
   «Non preoccuparti, è acqua passata» assicurò Talyn. «Però non avertene a male se mangio quel che mi piace».
   Ancor più imbarazzata fu la visita di Shati. La Caitiana non riusciva nemmeno a guardarlo negli occhi. «Senti, tutto quel che ho detto e fatto l’altro giorno non conta, okay? Fa’ conto che non sia mai successo» mormorò, fissando il pavimento.
   «Come vuoi» annuì il giovane. «Anche se, ripensandoci, potremmo darci una possibilità...» la provocò, per il gusto di vedere la reazione.
   «Ho detto che non è successo niente!» ringhiò Shati, alzando il capo per fulminarlo con lo sguardo.
   «Okay, okay, mettiamoci una pietra sopra» convenne Talyn, non volendo tirare troppo la corda con la suscettibile Caitiana.
   Ma la visita più inaspettata fu, a fine giornata, quella di Naskeel. Il Tholiano zampettò nella camera di degenza e rimase fermo accanto al lettino.
   «Ehm, salve» fece l’El-Auriano, incerto su come reagire.
   «Guardiamarina, ha recuperato la piena funzionalità?» chiese l’alieno, con la sua voce tradotta elettronicamente.
   «La dottoressa direbbe che sono convalescente, ma comunque sì, direi che mi sono ripreso» rispose Talyn, curioso di vedere dove sarebbe andato a parare.
   «Questo è positivo. Lei ha rivelato un’inaspettata attitudine alla pianificazione e all’esecuzione di strategie complesse. È persino riuscito a sopraffarmi, cosa che non ritenevo possibile. Questo alveare beneficerà del suo apporto» spiegò Naskeel.
   «Questo... ah, intende l’equipaggio!» comprese il giovane. «Beh, grazie. Detto da lei è un gran complimento».
   «Io non faccio complimenti» chiarì il Tholiano, e si ritirò senza aggiungere altro.
 
   Come annunciato, Giely eseguì un gran numero d’analisi e di test su Talyn. Quando infine lo dimise dall’infermeria, la mattina successiva, non discusse degli esiti. L’El-Auriano ne dedusse che era tutto a posto. Approfittando della licenza divise il resto della giornata tra palestra, ponte ologrammi e relax nel suo alloggio. A sera ricevette una chiamata del Capitano in persona, che gli ordinava di presentarsi in sala tattica.
   Incuriosito e anche un po’ preoccupato, Talyn si rese presentabile e si affrettò a raggiungere il ponte di comando. Data l’ora tarda, in plancia c’erano già i colleghi del turno di notte. Il giovane li salutò di fretta e passò in sala tattica. Qui trovò il Capitano e gli ufficiali superiori già riuniti.
   «Benvenuto, Talyn» lo accolse Rivera. «Alcuni di noi volevano farti una festa a sorpresa, ma ho pensato che tu ne abbia avuto abbastanza, dopo l’ultima missione. Tuttavia non posso esimermi dal ringraziarti a nome di tutto l’equipaggio. Hai affrontato sfide estreme, dimostrando grande maturità. In effetti temo che tu abbia visto i lati peggiori di tutti noi; ma non ti sei lasciato sconfortare. È questa la chiave del gioco di squadra. E la nostra squadra è molto fortunata ad averti. Perciò lascia che te lo dimostri, almeno simbolicamente».
   Così dicendo il Capitano estrasse qualcosa da una scatoletta. «Guardiamarina Talyn, per i poteri conferitimi dalla Flotta Stellare t’insignisco della Medaglia al Valore, in virtù dell’eccezionale salvataggio di questa nave» annunciò, appuntandogli l’onorificenza sulla maglia.
   «Beh, a dire il vero io non sono un vero Capitano della Flotta e tu non sei un vero Guardiamarina... ma il fatto è che ho un’intera scatola di queste nel mio alloggio e devo pur disfarmene» ridacchiò, in tono più colloquiale. «Scherzi a parte, ottimo lavoro davvero, muchacho. Anzi no, da oggi non ti chiamerò più così. Ormai sei adulto» riconobbe, stringendogli la mano. Dati i trascorsi, badò che l’El-Auriano non ne approfittasse per rubargli qualcos’altro.
   «Grazie, signore. Grazie a tutti» disse Talyn, e si ritirò. Mentre lasciava il ponte di comando, il giovane pensò che quell’esperienza gli aveva permesso di conoscere meglio certi aspetti dei suoi colleghi. Ma poteva dire altrettanto di se stesso?
   «Chi sono io?» si chiese. Era forse il ragazzo-prodigio che aveva concertato con Irvik un sofisticato piano per salvare la Destiny? L’inguaribile ottimista che aveva dissuaso Giely dal suicidio? Il devoto figlio adottivo di Losira? Il giovane introverso che era fuggito dal rave party? Il ladruncolo che non perdeva occasione di borseggiare chiunque incontrasse? Il combattente che aveva affrontato Naskeel e gli Shriek? L’El-Auriano dai misteriosi poteri? «Probabilmente tutto questo e altro ancora, secondo le necessità» si rispose. E tornò nel suo alloggio fischiettando allegramente.
 
   Uscito Talyn, gli ufficiali della Destiny rimasero per un po’ in silenzio. Infine Rivera prese la parola: «Signori, so a cosa state pensando tutti, anche se siete troppo cortesi per dirlo ad alta voce. Ebbene, lo chiederò io. Qualcuno ha capito perché diavolo quel ragazzo sia rimasto immune alla scissione?».
   «Mentre era in infermeria gli ho fatto un’infinità di scansioni e di test, ma non ho trovato nulla di anomalo» rispose Giely. «Se c’è una spiegazione fisica, io non riesco a trovarla».
   «Anch’io l’ho analizzato coi sensori, ma non so che dire: sembra perfettamente normale» aggiunse Irvik. «Eppure dev’esserci una spiegazione. Non si resiste a una scissione quantica senza motivo».
   «Forse non c’è un motivo che i sensori possano rilevare» disse Losira, con uno strano sorriso. «È così e basta. È il suo dono... forse un dono di tutti gli El-Auriani».
   «Non ti facevo mistica» si stupì Rivera.
   «Mi limito a prendere atto della realtà» si difese la Risiana.
   «La realtà è che un membro dell’equipaggio ha dato prova di poteri che spettano solo alle entità più formidabili del Multiverso, come i Q» affermò Naskeel. «Stavolta ha posto questo potere al nostro servizio, ma siamo certi che sarà sempre così? Che faremo se un giorno i suoi interessi si opponessero ai nostri?».
   «Se lo trattiamo con amore, sincerità e rispetto, questo non accadrà» lo difese Losira.
   «È quello che speriamo tutti» disse il Capitano. «Ciò non toglie che Talyn si è rivelato molto più potente del previsto. Ragion per cui voglio che d’ora in poi sia discretamente tenuto d’occhio. Se qualcuno di voi notasse qualcosa di strano, mi farà subito rapporto» ordinò. E si augurò con tutto il cuore di non dover mai prendere decisioni basate su questa evenienza.
 
 
FINE
 
 
   
 
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