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Autore: LadyYuna94    19/09/2022    1 recensioni
Sequel della mia "Guard Me For Eternity" che è necessario aver letto prima di cominciare questa
"La tua anima gemella giace in un corpo perduto nel passato e rigenerato per un nuovo futuro [...] La sua mente è plagiata e la sua nera arma scintilla come una fiamma nel buio. Una fiamma distruttrice che ha sete di potere [...] Ricorda, figlia del solstizio d’estate, solo tu puoi vincere il gelo nel cuore di un’anima spenta e dimenticata"
Lyn Kon è la meravigliosa figlia adolescente di Rei ed Elena; il giorno del suo sedicesimo compleanno parte per la Cina insieme ai suoi genitori e, come membro della Tribù della Tigre Bianca, deve sottoporsi ad un rito di passaggio, nel quale le verrà predetto il futuro dal Grande Saggio della Tribù. Ma la profezia di cui l'anziano parla non presagisce nulla di buono...
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Rei Kon
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 13:

Settembre

Erano passati più o meno venti giorni da quando Makoto, Judy e David erano tornati a casa loro e Lyn non aveva fatto altro che sentirsi in colpa dal momento in cui erano ripartiti.
Sentiva di non essersi goduta appieno quelle settimane insieme a loro e, solitamente, era una sensazione che l’attanagliava spesso al momento del ritorno alla normalità, ma quella particolare estate era stata movimentata e lei aveva combinato parecchi casini. Aveva sprecato tre giorni ad avercela con Judy per quella stupida storia del cellulare, finché la più grande delle due non aveva ceduto bussando in camera della padrona di casa nel cuore della notte esigendo abbracci e coccole. A quel punto Judy le aveva chiesto scusa riguardo tutte le cattiverie che aveva tirato fuori durante il litigio, soprattutto quella sul ragazzo russo in coma, ma in realtà fu Lyn a scusarsi fino alle lacrime per aver menzionato il rapporto con sua madre. Era stato un bene, o almeno così le aveva detto la bionda, perché mentre Lyn era scappata in sella al suo scooter in rotta per chissà dove (secondo l’amica) lei aveva avuto la possibilità di fare una lunga chiacchierata a cuore aperto con sua madre, complice anche il discorso che Max aveva fatto a sua moglie riguardo al capire i figli quando hanno dei momenti no. Suo padre era un mito e in quella particolare occasione, Judy ne fu ancora più convinta.
Sistemate le cose con la sua migliore amica, era ovvio e naturale che anche Makoto esigesse delle spiegazioni riguardo quella fantomatica cotta che Lyn aveva preso per uno sconosciuto e quella, per come la vedeva la sedicenne italo-cinese, era una delle cose che più l’aveva lasciata in preda a sentimenti contrastanti.
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Un mese prima…

- Sei migliorata parecchio, ma ne hai di strada da fare per vedertela con me-
Makoto era particolarmente sicuro di sé ed era proprio quella spavalderia a far imbestialire Lyn ogni volta, anche nelle gare importanti. Cominciava a pensare che quella fosse proprio la tattica che il suo amico usava ogni volta che si sfidavano, perché conoscendola come le sue tasche, sapeva benissimo quali tasti premere per farle perdere la concentrazione. Lyn, però, non ci stava. Sotto sotto le bruciava ancora la sconfitta subita agli ultimi mondiali.
- Ti ricordo che un anno fa sono arrivata in finalissima subito dietro di te, c’ero anche io sul podio- rispose Lyn, prendendo il suo Driger da terra.
- Ah se il secondo posto ti soddisfa, buon per te, sei una che si accontenta- ribatté tagliente Makoto, con la sua solita faccia da schiaffi.
- Che dici? Facciamo una pausa?- propose poi il ragazzo e Lyn accettò volentieri.
Si sedettero sull’erba appena innaffiata del giardino di villa Tornatore e quella sensazione di fresco sulla pelle nuda delle gambe era decisamente piacevole in quelle giornate torride. I due ammiravano i colori aranciati del tramonto, restando in silenzio.
Quel pomeriggio erano rimasti soli nell’immensa magione, gli adulti erano usciti in barca e sarebbero rincasati tardi quella sera, mentre Judy e David dovevano incontrarsi con degli amici del college della ragazza in vacanza a Roma per qualche giorno. Lyn si era anche lasciata convincere ad uscire. Ormai sapeva che Viktor era fuori pericolo, ma cominciava ad accarezzare l’idea che non lo avrebbe mai più visto, quindi pensò bene di rimboccarsi le maniche e voltare pagina, perché come aveva detto anche sua zia Hilary, il mare era pieno di pesci.
L’incentivo che spinse la ragazza ad accettare la serata era che tra gli amici che dovevano incontrare i Mizuhara c’era anche Tom Sommers, eletto miglior giocatore di baseball per il terzo anno consecutivo e quarto finalista del campionato di Beyblade agli ultimi mondiali. Tom era il figlio minore di Michael, storico componente dei PPB All Starz, compagno di squadra nonché amico della madre di Judy. Il giovane era anche un super modello per alcuni importanti marchi di intimo maschile e vantava milioni di followers sulle piattaforme social, insomma qualunque adolescente del mondo avrebbe ucciso per uscire in sua compagnia almeno una volta nella vita, però Makoto aveva mandato in fumo i piani dei suoi amici accusando mal di testa e decidendo di restarsene a casa. A quel punto Lyn si era vista costretta a fargli compagnia. Non se lo sarebbe mai perdonato se avesse lasciato il suo migliore amico da solo a casa mentre era fuori a divertirsi con gli altri due, ma più i minuti passavano, più il mal di testa millantato da Makoto sembrava essere sparito.
Fu quando le propose una sfida amichevole al meglio di tre nel Beyblade stadio in giardino, che Lyn capì che il giovane voleva semplicemente una scusa per restare da solo con lei, non che fosse la prima volta che succedesse, ma quella volta sembrava essere strana e diversa dalle altre.

Dopo quelli che sembrarono infiniti minuti, Makoto fu il primo a parlare.
- Allora, vuoi raccontarmi di questo misterioso ragazzo russo o devo saperlo da Judy chi è?- cominciò lui in tono amichevole, ma Lyn capiva benissimo che stava compiendo uno sforzo immane nel porle quella domanda.
- Non c’è molto da dire in realtà. Sono stata assegnata al suo reparto dal mio capogruppo, lui era in coma indotto in seguito ad un brutto incidente, gli ho letto qualche fiaba e qualche poesia e poi sono ripartita. Fine- tagliò corto Lyn, come se quelle due frasi potessero spiegare appieno ciò che lei aveva provato, ma non aveva alcuna intenzione di rivelarlo, non a Makoto.
- Stando a quanto riportato dal noto settimanale di gossip, alias Judy Mizuhara, c’è molto di più tra te e questo tizio...- incalzò il maggiore dei Kinomiya.
Lyn riusciva a pensare solo a quanto avrebbe voluto fargliela pagare a Judy che aveva perso, anche in quella circostanza, un’altra occasione per farsi gli affaracci suoi.
- Non c’è niente, credimi. Lui ora sta bene, per quel che ne so, sicuramente sarà tornato alla sua vita di sempre, come ho fatto io, del resto- disse Lyn con un’alzata di spalle.
- Beh, c’è un posticino per me in questa tua “vita di sempre”?- chiese Makoto facendosi più vicino a Lyn e lei sentì il cuore iniziare a batterle forte, ma non per l’emozione, come magari era successo con Jin prima di baciarlo, o come quando entrava nella stanza di Viktor in ospedale, era più un batticuore da agitazione perché sapeva che stava per ferire una delle persone a cui teneva di più al mondo.
- Certo che c’è, draghetto, che domande- disse la ragazza, cercando di spostare la conversazione su un piano puramente amichevole, con tanto di finta gomitata e Makoto fece un sorrisetto tirato.
Il ragazzo inspirò profondamente e poi si perse a guardare l’orizzonte.
- Senti, so che draghi e tigri avrebbero una certa difficoltà a stare insieme, ma...- esordì lui, visibilmente in imbarazzo e Lyn sentì di doverlo bloccare all’istante, per evitare che la situazione precipitasse ulteriormente.
- Makoto, ti prego, non roviniamo tutto- disse lei stringendo gli occhi chiusi.
- Cosa c’è che non va, o meglio, che non è mai andato?- chiese lui con un sorrisetto triste dopo un lungo sospiro.
- Niente, non hai assolutamente niente che non va, anzi...- rispose la ragazza dagli occhi ambrati ed erano proprio quegli occhi che tormentavano tutte le notti del giovane campione del mondo di Beyblade, quando era lontano dalla sua tigrotta.
Makoto ricordava che u
na volta aveva sentito parlare Elena riguardo il suo primo incontro con Rei, disse che era rimasta ipnotizzata da lui non appena i loro occhi si erano incrociati. Quello sguardo particolare aveva il potere di intrappolarti e imprigionarti per sempre. Makoto non poteva trovarsi più d’accordo con la sua zia acquisita.
- Ma vedi, so che può sembrare una scusa banale per mettere un limite tra noi due, ma davvero io non riesco a vedere altro in te se non un meraviglioso amico ed un amorevole fratello.- disse Lyn, scegliendo con cura le parole da usare per non sembrare troppo brutale.
- So che non è abbastanza per te, ma mi dispiace, credimi tanto, dovrai fartelo bastare se vuoi avermi nella tua vita- proseguì la ragazza, attorcigliandosi nervosamente una ciocca di capelli attorno ad un dito.
- Siamo nati praticamente insieme, siamo cresciuti insieme, sei di famiglia per me, sei una delle persone più importanti della mia vita e avrai sempre un posto tutto tuo nel mio cuore, ma come un fratello, non come amante- concluse Lyn e vide lui annuire ad occhi bassi con la bocca piegata in una smorfia di rassegnazione
- Sapevo benissimo cosa provassi, eppure ho scelto di sentirmelo dire. Dovevo farlo, perché pensavo, o meglio, speravo di avere anche una minima chance- confessò lui e Lyn lo guardò dispiaciuta, mentre il sole calava di fronte ai loro occhi, dipingendo il cielo di blu cobalto.
- Credimi fa male dirlo quanto sentirselo dire, io ti voglio un gran bene e voglio che questo tra noi non cambi, potrei morirne, lo sai- si affrettò ad aggiungere la sedicenne.
- Non cambierà nulla tra noi, puoi giurarci- la rassicurò Makoto, sfoderando uno dei suoi sorrisi dolcissimi e quando lo faceva era la copia sputata di suo padre.
- Ti voglio bene, anche se resti sempre una schiappetta a Bey- disse lui sorridendo, mentre abbracciava Lyn che bofonchiò qualcosa di indistinto riguardo la sua imbattibile velocità.
E se ne stettero così, ad ammirare la notte ammantata di stelle che avvolgeva la capitale italiana.
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- Ciao, Lyn, ci vediamo presto e grazie ancora!- la salutò Francesca, la responsabile della distribuzione dei pasti caldi ai senzatetto in zona Parioli.
Lyn salutò con la mano e, uscita dalla mensa comune, si stiracchiò sentendo le ossa scrocchiare dopo ore impegnative in piedi a servire i più bisognosi. Si sfilò la cuffietta e il grembiule, riponendo tutto nel suo zainetto e poi si incamminò verso la fermata del pullman più vicina.
Proprio quella mattina il suo amato scooter l’aveva abbandonata per un problema ai freni ed era dal meccanico in riparazione, così all’andata era stato Rei ad accompagnare sua figlia prima di recarsi al ristorante, mentre Elena si era offerta di andarla a riprendere una volta finito il turno. Lyn, però, aveva detto ai suoi che avrebbe preferito fare due passi almeno fino alla fermata del pullman, ma non immaginava che avrebbe fatto più tardi delle ventidue e, a quell’ora in un giorno di settembre, quella zona appariva particolarmente deserta.
Quando era a circa cinquecento metri dalla fermata, da un vicoletto adiacente e buio apparvero tre figure. Ragazzi, il più adulto dei quali avrà avuto una ventina d’anni, gli altri di qualche anno più grandi di Lyn, ma dettaglio assolutamente non trascurabile, erano piuttosto alticci. Li aveva sentiti ridacchiare e dire qualcosa di volgare a proposito del suo sedere, ma non ci aveva badato. La giovane, intuendo la situazione non proprio ideale in cui si stava per cacciare, avanzò tremendamente il passo, cominciando a correre come una saetta, ma venne bruscamente fermata da altri due tizi che sbucarono da un altro vicolo, rovinandogli praticamente addosso.
A quel punto capì di essere realmente in pericolo, quando si ritrovò accerchiata da cinque ragazzi che puzzavano di alcol a miglia di distanza.
Lyn sospirò valutando una via di fuga, che al momento sembrava impossibile, così pensò alla cosa più ovvia: iniziò a strillare come una dannata, ma nonostante si trovassero in uno dei quartieri più rinomati della capitale, nessuno parve sentirla.
- Sentito ragazzi? La bimba vuole giocare alla lirica- disse uno di loro, facendo ridere sguaiatamente tutti gli altri.
- Per favore, ho cento euro nel portafogli, sono vostri se mi lasciate andare, vi prego- tentò Lyn, sentendosi completamente indifesa.
- Hey, piccola, così ci offendi! Ti sembriamo dei poveretti noi, eh?- chiese uno avvicinandosi a lei e accarezzandole il viso. Il suo alito era talmente fetido che Lyn avrebbe dato sicuramente di stomaco se non avesse trattenuto il respiro.
- Dai, facci compagnia, ci sentiamo così soli- aveva detto un altro, prendendo ad accarezzarle una natica per poi stringerla violentemente.
- Non mi toccate, vi prego, no- farfugliò disperata, vedendosi un quantitativo confuso di mani che avevano preso a toccarla ovunque, il collo, le spalle, i seni e i glutei.
- Lasciatemi, basta!- urlò ancora, cominciando a sentire la paura prendere possesso di tutto il suo corpo, così come stavano per fare quegli animali.
Lyn cominciò a piangere e strillare disperata e più lei andava in panico più quei rifiuti umani sembravano divertirsi.
- Tenetela ferma- ordinò uno di loro e Lyn lo vide di sfuggita slacciarsi i pantaloni e calarseli dinanzi a lei, prendendo a massaggiarsi il membro, mentre i compagni avevano strappato metà maglietta della ragazza, che nonostante tutto cercava ancora di difendersi e combattere, spaccando il sopracciglio a uno con una gomitata e rompendo il naso ad un altro con un calcio. Si difendeva con la forza della disperazione, proprio come una tigre ferita, ma loro erano troppi.
- Vi ho detto tenetela ferma, cazzo, razza di coglioni, ci sono quasi!- ordinò nuovamente quello che sembrava essere il più adulto della combriccola.
- No! Vi supplico, no!!!- urlò disperata lei quando vide il tizio che aveva appena parlato chinarsi su di lei e abbassarle velocemente i pantaloni della tuta e le mutande, quanto bastava per prenderla.
- Aiuto!- urlò ancora una volta Lyn, nella più totale disperazione. Quanto avrebbe voluto il suo papà lì con lei, lui l’avrebbe aiutata, li avrebbe mandati via. Il suo meraviglioso papà, abile conoscitore del kung fu, li avrebbe messi k.o. in un attimo. E la sua mamma, lei aveva sconfitto la Morte, era un’eroina. Quanto li avrebbe voluti lì con sé, sarebbe finito tutto in un secondo.

   
 
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