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Autore: Mary P_Stark    24/09/2022    1 recensioni
Muspellheimr - Regno di Surtr
Il giovane Gigante di Fuoco Sthiggar, discendente della dea Sòl e figlio del Sommo Sacerdote Snorri, non conosce né paura né tanto meno vergogna e, a causa di ciò, finirà dapprima per essere punito dal re, e in seguito confinato sullo sperduto Regno di Manaheimr (Terra), nell'ancor più sperduto paesino di Lulea, in Svezia. Questo confino - agli occhi di Sthiggar più che ingiusto - porterà a sconvolgenti verità e alla scoperta di un destino a cui non sapeva di essere designato fin dalla sua nascita. L'aiuto della berserkr Ragnhild sarà vitale per comprendere meglio se stesso e il ruolo che gli compete nella complessa rete del Fato che si è stretta attorno a lui, ma saranno antiche divinità e nuovi nemici a mettere definitivamente alla prova il guerriero muspell. (per una totale comprensione, si devono leggere prima le altre storie legate a questa raccolta)
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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Dopo aver provveduto a sistemare i tre fratelli Thomasson nelle camere da letto della villetta, Bjorn si premurò di curare le ferite riportate durante il pesante pestaggio che i giovani berserkir avevano subito.

Nel mentre, Magnus supervisionò l’intero processo al pari dei genitori dei ragazzi, lo sguardo duro e perso in mille pensieri.

Avrebbe potuto procrastinare l’incontro con i genitori di Mattias ancora per poco, e controllare che Bjorn facesse un buon lavoro era come assicurarsi che il sole sorgesse a Est.

Con un sospiro, quindi, Magnus si scusò con i coniugi Thomasson e discese le scale del primo piano per raggiungere il salone al piano inferiore, così da poter raggiungere il suo improbabile uditorio nel salotto della stessa.

Controllati a vista da Urd – che aveva preferito sostituirsi a Mattias per dare maggiore enfasi all’ordine perentorio di Odino – Elias e Ingrid attendevano silenti il ritorno di colui che li avrebbe giudicati.

Come da ordini di Magnus, nella casa si erano riversati i guerrieri più potenti del clan, unitamente alla Veggente che, tanti anni addietro, aveva scorto Urd nel corpo di Mattias.

Isolde si era dichiarata estremamente sorpresa di scoprire che proprio Wotan si fosse presentato alla loro porta e, più ancora, lo era stata nel venire a sapere dell’Ordalia lanciata contro il loro capoclan.

Come le era stato ordinato, comunque, si era presentata a casa Thomasson e, quando finalmente vide entrare il giovane Magnus, si inchinò educatamente prima di mormorare un benvenuto formale alla celebre entità dentro di lui.

Come pensi si svolgerà l’Ordalia?, domandò Mattias, rivolto alla divinità del destino.

“Ci è possibile bloccare Odino perché non aiuti Magnus, perciò il combattimento si svolgerà ad armi pari. Quel che ne verrà deciderà le sorti dei tuoi genitori e di tutto il clan, perciò non credo sarà una battaglia così facile o scontata” replicò spiacente la dea, osservando turbata l’assurda postura indispettita dei due berserkir padroni di casa.

Perché si ostinavano a mantenere quella posizione oltranzista nei confronti di un dio? Davvero non avevano compreso a cosa stavano andando incontro?

Non appena Magnus ebbe scrutato in volto i presenti, assentì leggermente alla figura di Urd prima di esordire dicendo: “Poiché è corretto che tutti voi siate messi a conoscenza di ciò che è avvenuto tra queste mura, sappiate che tre dei vostri guerrieri sono stati torturati in spregio alla Legge del Sangue, che vieta espressamente a un consanguineo di ferirne un altro se non in una contesa onorevole. Oltre a questo, in questo triste giorno, sono stato costretto a lanciare una sfida per il predominio al vostro capoclan, il qui presente Elias Thomasson.”

Questa ultima notizia fece levare dei cori di sgomento e sorpresa tra i presenti e Ludvig, che già aveva assaggiato la sferza del potere di Magnus, replicò cauto: “Non sarà un combattimento iniquo, visto ciò che porti dentro di te?”

“E’ una giusta domanda, e a questo può rispondere la vostra Veggente” replicò Magnus, incoraggiando Isolde a parlare.

Chiamata in causa, la donna si schiarì nervosamente la voce ma asserì: “Ciò che tu domandi è corretto, Ludvig, ma la presenza di Urd consente a questo giovane di vedersi escluso il potere del dio dentro di sé, e io posso garantire che ciò avvenga perché sono in grado di avvertire distintamente il potere di uno, così come dell’altro.”

Annuendo torvo, Ludvig allora disse: “Se ciò è fattibile, non ho altro da dire. Non va contro le regole, essere sfidati per la supremazia sul clan e, se è stata violata la Legge del Sangue, è giusto che vi sia un’Ordalia per contestare il predominio del Vertice.”

Di fronte a quelle parole, proferite da uno dei più potenti guerrieri del branco, il resto dei presenti ebbe ben poco da aggiungere ed Elias, nel fissarli pieni di livore, sibilò: “E’ solo questo quello che avete da offrire al vostro capoclan? Soltanto capi chini e nessuna parola a nostro favore?!”

“Con tutto il rispetto, Elias, ma non vi sono ragioni per non accettare l’Ordalia, poiché non contravviene nessuna regola e, poiché hai agito contro i tuoi stessi nipoti senza dirci cosa stavi realmente compiendo contro di loro, meriti di essere giudicato con imparzialità, al pari di qualsiasi altro berserk” replicò Ludvig, atono. “Inoltre, io ho un debito di sangue nei confronti del muspell che aiutò tua figlia nella lotta al primo sangue contro di me, perciò non me la sento di giocare oltre con la sorte. Il giovane Magnus non ha violato nessuna regola a noi conosciuta, perciò dovrai lottare contro di lui per continuare a essere il nostro capo.”

Scrutando poi Urd, domandò cauto: “E’ possibile sapere se Ragnhild sta bene?”

“Sappiamo soltanto che è dove dovrebbe essere. Null’altro ci è permesso vedere” scosse il capo spiacente.

Ludvig assentì recisamente e Magnus, nel tornare a osservare Isolde, disse: “All’alba di domani, nel luogo a voi sacro, si svolgerà l’Ordalia. Fino a quel momento, nessuno oserà levare più la mano sui giovani Thomasson, o ne risponderà a me.”

Dopo aver proferito quelle parole, chiese – o meglio, ordinò – che tra i berserkir presenti si trovasse qualcuno disposto ad aiutarli a condurre Adam, Wulff e Boris presso la loro abitazione dopodiché, senza null’altro dire, Magnus se ne andò.

Urd osservò l’intera scena in silenzio dopodiché, con un cenno a Elias e Ingrid, disse: “Mattias andrà assieme agli zii, fino a domani. Non intendo lasciarlo un attimo di più sotto questo tetto.”

Nessuno dei presenti ebbe nulla da dire perciò la dea, dopo essere uscita dal salone, si recò al piano superiore, preparò una borsa leggera per il ragazzo dopodiché, in un sussurro spiacente, lasciò che Mattias riemergesse.

Il ragazzino sospirò amaro nell’afferrare la sua borsa ma, quando si volse per uscire dalla sua stanza, sorrise un poco nel trovare la zia sull’entrata.

Dopo avergli carezzato la guancia e averlo stretto in un rapido abbraccio, Sonja disse: “Andiamo, tesoro. E’ tempo che tu riposi un po’, dopo questi tragici eventi.”

“Perché non hanno capito, zia?” domandò per contro il ragazzo, discendendo piano con lei lungo le scale.

La donna si limitò a scuotere il capo e, il braccio ad avvolgere le sue esili spalle, lo condusse fuori dalla casa dei cognati con l’intenzione di non mettervi più piede.
 
***

A molti mondi di distanza, pur se in tutt’altro ambito, gli animi erano similmente in ansia, e per svariati motivi.

Il nome del cognato fece perdere del tutto le staffe a re Surtr che, fino a quel momento, era stato in grado di controllarsi, di mantenere del tutto sotto controllo la propria Fiamma.

Al solo sentire nominare Mikell, il sovrano si ammantò d’ira e di lanceolate lingue di fuoco scarlatto, tali da far sobbalzare Ragnhild e portarla a nascondersi prudentemente alle spalle di Sthiggar.

Preoccupata, quindi, la giovane chiese: “Che succede? Perché quel nome lo ha fatto alterare tanto?”

“Si tratta di suo cognato. Il padre di Khyddar… ti ricordi di lui?” le spiegò Sthiggar, avvolgendola protettivo nell’arco del suo braccio.

Lei fece tanto d’occhi, rammentando ciò che il giovane le aveva detto in merito alla sua ferita e alla morte del caro amico perciò, scrutando il sovrano con occhi diversi, replicò: “Beh, stando così le cose, mi stupisce che riesca anche solo a controllarsi, allora.”

“Non credo durerà ancora per molto, bambina” asserì turbato Oberon, lanciando un’occhiata preoccupata all’indirizzo del sovrano. “Ti serve assistenza, Surtr?”

“Ci penso io” intervenne a sorpresa Yothan, poggiando una mano sulla spalla di Surtr che, annuendo grato, riprese gradatamente a respirare con un ritmo più blando.

La fiamma, a sua volta, arse con minore violenza fino a ridursi a un quieto bagliore e Sthiggar, più che mai sorpreso, esalò: “Siete… siete voi il Catalizzatore del re! Per questo foste in grado di aiutarmi, quella volta!”

Yothan gli sorrise nel ritirare la mano dalla spalla del re e, assentendo, disse: “Sapevo come fare e, pur non essendo in grado di adeguarmi alle tue onde energetiche, potei aiutarti a riprendere il controllo di te stesso.”

Annuendo a sua volta, Surtr si massaggiò il collo teso e ringhiò: “Non è una cosa che tendiamo a pubblicizzare, viste le inevitabili ripercussioni a livello militare, ma tant’è.”

Oberon e Titania lanciarono un’occhiata significativa al sovrano muspell e il re degli elfi, nell’annuire ammirato, mormorò: “Ci hai reso un enorme privilegio, Surtr, e io non lo dimenticherò.”

“Come io non dimenticherò che avete combattuto al mio fianco, oltre a salvare il mio palazzo dalla distruzione” replicò Surtr prima di lanciare uno sguardo a Elsa e Lama per domandare: “Dove si trova, ora, quel traditore?”

I due giovani, ancora piuttosto frastornati da quella scoperta, fissarono dubbiosi il re e Sthiggar, storcendo appena il naso, ammise: “Beh, per la verità, sta venendo da questa parte, a giudicare da come la sua aura si sta muovendo.”

A questo punto fu Surtr a sorprendersi e, nell’espandere la propria energia spirituale in modo da cercare quella del cognato, si rese effettivamente conto di quel particolare assai curioso.

Nell’avvertire altresì un’altrui presenza, e di natura del tutto differente rispetto a un muspell, sguainò prudentemente la spada e ringhiò: “Con lui c’è qualcuno e, per quanto io vi ritenga degnamente in grado di difendervi, vi pregherei di rimanere qui dentro mentre io affronto mio cognato.”

Ragnhild e Sthiggar assentirono mentre Yothan, armandosi a sua volta, uscì dallo studio per raggiungere la sala del trono assieme al proprio re. Oberon e Titania rimasero a loro volta nella stanza e, nell’accomodarsi sulle poltrone libere dinanzi alla scrivania, sospirarono fiacchi.

Poggiando il capo biondo platino contro la spalla del marito, Titania quindi mormorò: “La prossima volta che ci invitano per una gita fuori porta, per favore, declina. Sono stravolta!”

“Per quanto darti retta sia potenzialmente fonte di problemi, stavolta devo dartene atto; non è una cattiva idea” chiosò Oberon, carezzandole il viso a discapito della risposta non proprio educata.

“Io ho sempre buone idee, sei tu che spesso e volentieri non le sai cogliere” replicò la regina elfica sorridendo pacifica nel lasciare che il marito la coccolasse un po’.

Oberon a quel punto sospirò, lanciò un’occhiata alle sue spalle – dove Ragnhild e Sthiggar se ne stavano in assoluto silenzio – e asserì esasperato: “Pensa bene a cosa potresti andare incontro, giovane muspell, decidendo di prendere moglie, un domani. Le menti femminili sono molto più complesse e intricate dei più temibili Oracoli, e dipanarne i segreti è praticamente impossibile.”

Sthiggar lanciò un’occhiata divertita e dolente al tempo stesso a Ragnhild, che ghignò beffarda in risposta. A quel punto, con un leggero sospiro, il giovane ammise: “Temo di essere già invischiato nei rovi che assediano la mente della mia donna. Ma grazie per il gentile consiglio, sire.”

Oberon sospirò nuovamente, scosse il capo come per dolersi di non aver salvato una giovane vita e chiosò: “Temevo potesse essere già successo, vista l’indubbia avvenenza della tua Elsa, ma speravo di poter essere giunto per tempo per scongiurare il peggio. Ahimé, ciò non è avvenuto, perciò rinnovo l’invito che la mia Titania vi ha fatto pochi minuti addietro. Sarete sempre i benvenuti, ad Avalon, poiché bellezza e armonia sono sempre gradite, alla nostra porta.”

“E tenersi buono un alleato come la Spada Fiammeggiante, aiuta sempre” aggiunse mentalmente Sthiggar per sé e Ragnhild, portandola a sorridere.

A mezza voce, però, il giovane muspell disse ossequioso: “Ci riteniamo onorati di un simile invito, e ben volentieri accetteremo di giungere in visita presso i vostri gaudenti lidi.”

Ragnhild si limitò a un sorriso e a un cenno di assenso, trovando un tantino assurdo esprimersi come se stesse esibendosi in un ruolo da operetta.

Quando, però, il palazzo tremò e la voce feroce quanto terribile di Surtr si espanse tutt’attorno come un tuono senza fine, lasciò perdere qualsiasi pensiero e si aggrappò lesta a Sthiggar.

“Ma che succede?!” gracchiò poi, sgranando terrorizzata gli occhi.

“Non hai detto che, su Midghardr, Surtr è visto come un essere oscuro, terribile e facile all’ira? Beh, è quello che sta succedendo ora” chiosò lui, scrollando le spalle con noncuranza.

“E perché tu sei tanto tranquillo? Non rischiamo che il palazzo ci crolli addosso?” esalò a quel punto Ragnhild, fissandolo come se fosse di colpo impazzito.

“C’è un motivo se il palazzo è così grande, e con pareti così robuste. Ha una struttura ad alveare, tale da rifrangere e redistribuire le energie di una Fiamma Viva” le spiegò per diretta conseguenza Sthiggar, rincuorandola. “Ogni singola pietra, ogni più piccola gemma è stata posizionata in un punto preciso del palazzo per impedire che Surtr lo faccia collassare su se stesso quando perde le staffe.”

“Perché, succede spesso che perda il senno?” mormorò turbata Ragnhild.

“Non si può mai sapere, quando sei una Fiamma Viva e, visto quello che siamo stati in grado di fare noi, te ne stupisci?” le fece notare Sthiggar.

Lei ci pensò su un attimo, scosse il capo e, vagamente più tranquilla, mugugnò: “No, per niente. Ma fa comunque paura.”

“Niente da dire, in merito” assentì Sthiggar mentre nuove urla e insulti sempre più spaventosi riverberavano tra le pareti del palazzo, risuonando come campane suonate da una mano sincopata.
 
***

Non appena Mikell fu entrato nella sala del trono, legato strettamente ai polsi e accompagnato dall’alto liòsalfar che, al cospetto del re, si presentò col nome di Kylass Thorndayn, Surtr perse temporaneamente il senno.

La sua ira sforbiciò come un’onda di energia primigenia in direzione del cognato, che stramazzò a terra pallido come un cencio, mentre l’ondata si espandeva ogni dove, assorbita e reindirizzata dalle pietre catalizzatrici sparse un po’ ovunque, a palazzo.

Il liòsalfar, forse aspettandoselo, lasciò la presa da gleipnir giusto in tempo perché l’attacco di Surtr si riversasse solo su Mikell dopodiché, con manovre caute, riprese possesso del laccio e si inchinò al re.

Pur se ancora furente, Surtr ritirò aura e fiamma ma, con tono reboante, gridò all’indirizzo del cognato: “E’ così che dimostri amore e rispetto verso tua sorella?! Tentando di distruggere il suo regno?!”

Mikell non riuscì a rispondere, ancora del tutto frastornato dal colpo del re, così Surtr proseguì nella sua reprimenda, urlando: “Cosa potrò mai dire, alla mia Ilya, di fronte al tuo manifesto tradimento? COSA?!

Ancora, Mikell non aprì bocca per replicare e Surtr, ora del tutto deprivato del desiderio di infierire, si rivolse al liòsalfar, domandando burbero: “Perché ti sei rivoltato contro il tuo alleato? Vuoi che ti grazi, in cambio della sua vita?”

Reclinando ossequioso il capo, Kylass mormorò mellifluo: “Non vi porgo solo la sua vita, sire, ma anche di tutti i restanti cospiratori. So bene quanto questo attacco proditorio sia costato la vita di molte persone, perciò una sola esistenza da offrirvi sarebbe infima, a dispetto di quanto avete perso.”

Pur accigliandosi, Surtr lo spinse a proseguire così il liòsalfar, sorridendo appena, aggiunse: “Se già sapevate del tradimento di vostro cognato, immagino che re Lafhey vi abbia detto come scovare i vostri nemici, ma dubito crediate che vi siano solo coloro con cui il re jotun ha stretto un’alleanza diretta.”

“Sono ben cosciente che la rete è vasta e ramificata, visto che io stesso ho dovuto abbattere diverse mie Fiamme che, mendaci, si sono rivoltate contro il proprio re” ringhiò Surtr, rinfoderando lentamente la propria spada.

Non dovendo temere una malia da parte dell’elfo oscuro – Oberon lo aveva protetto egregiamente da una simile eventualità già durante il primo assalto dei dokkalfar – Surtr non ritenne necessario doversi proteggere con la propria arma.

Per ogni evenienza, comunque, Yothan tenne sguainata la sua spada mentre Surtr, rabbiosamente, aggiungeva: “Resta il fatto, però, che tu potresti mentirmi. O esiste un sistema di riscontro anche per questi traditori?”

Il liòsalfar assentì mellifluo prima di dire: “Certamente. Quando si ordisce un piano di conquista, si deve necessariamente pensare anche all’eventuale disfatta… e al modo per sfuggire alla morte.”

Surtr, allora, lo fissò sprezzante, replicando disgustato: “Ti sei parato il culo, per farla breve.”

“Non lo avrei esposto in questi termini, sire, ma sì. Sono stato invitato a farlo” mormorò gentilmente Kylass.

Assottigliando sospettoso le palpebre, Surtr ringhiò: “Lafhey?”

L’elfo oscuro non disse nulla e Mikell, nello scrutare il volto livido del cognato, finalmente esclamò: “Non potevi pensare che avrei lasciato correre sulla morte di mio figlio!”

Surtr lo fissò pieno di disgusto, replicando: “Pensi abbia gioito, nel sapere della sua morte? Piansi non meno di te, poiché Kyddhar mi era caro come uno dei miei stessi figli, perciò imprecai al cielo e alla terra contro coloro che lo uccisero.”

Tu lo mandasti a morire, lasciandolo nelle mani del tuo sciocco servo!” sbraitò irato Mikell, fissando pieno di livore Yothan, che però non replicò.

“Non Yothan levò la mano su Kyddhar, ma un dokkalfar. Entrare nelle Fiamme significa mettere la propria vita al servizio del re e, per quanto io desideri il contrario, qualche Fiamma può spegnersi, durante il percorso” ribatté il re con tono stanco. “Tu hai dato il tuo appoggio proprio alle creature che lo hanno ucciso, decidendo di allearti con loro e con Lafhey che però, a quanto pare, non ha fatto altro che fomentare il tuo odio e la tua cecità per i suoi sporchi fini. Ti reputi dunque nella ragione, cognato, o comprendi infine il tuo errore?”

“Avresti dovuto morire tu, e per mano di quello scellerato che ti ostini sempre a proteggere!” sibilò dolente Mikell, reclinando il capo e fissare il pavimento traslucido.

Surtr, a quelle parole, lanciò un’occhiata al liòsalfar che, disponibile, asserì: “Il piano originale prevedeva che il vostro giovane Sthiggar, indebolito dalle reti di energia di Midghardr, venisse soggiogato da un mio pari e poi ricondotto su Muspellheimr per darvi la morte. Sapevamo, per bocca di un commilitone del giovane Glenrson, della sua Fiamma Viva, perciò sarebbe stata l’unica arma utile per uccidervi.”

“Non avete però immaginato – come me, del resto – che una Fiamma Viva potesse connettersi con qualsiasi pianeta, non solo con il proprio, perciò avete fallito” replicò Surtr con un mezzo sorriso beffardo.

“Esattamente, sire. Non riuscendo in alcun modo a mettere ai ceppi il muspell, l’alleanza si vide costretta ad attaccare per non vanificare gli sforzi profusi e così, approfittando della festa e dei portali di Bifröst sovraccarichi, i soldati misero piede a Hindarall” aggiunse Kylass.

“Controlli ridotti al minimo e una presenza massiccia – quanto giustificata – di stranieri su suolo muspell” assentì torvo Surtr, scuotendo disgustato il capo. Non avrebbe dato mai più una festa, questo era poco ma sicuro.

“La comparsa della Spada Fiammeggiante ha posto in evidenza come le forze dell’alleanza fossero in netto svantaggio, così re Lafhey ha ritirato il suo esercito, lasciando a voi quale decisione prendere in merito al tradimento di coloro che vi hanno mosso contro” mormorò Kylass, lanciando un’occhiata all’indirizzo di Mikell.

“Non indagherò su chi ha pensato per primo di attaccarmi perché, se la Spada Fiammeggiante ha deciso di graziare Lafhey, avrà avuto i suoi buoni motivi…” iniziò col dire Surtr, avvicinandosi per scrutare da vicino il volto livido del cognato. “…ma, dato che tu hai tradito prima di tutto tua sorella, mi consulterò con lei su quale punizione comminarti.”

Mikell lo fissò sprezzante e, nello sputargli ai piedi, ringhiò: “Ilya non avrebbe mai dovuto lasciarsi irretire da te. Sei senza pietà, se non comprendi cosa mi ha spinto!”

“Oh, lo so bene cosa ti ha spinto. Ma se non comprendi perché tuo figlio si è lanciato per primo contro il nemico, non sarò certo io a spiegartelo. Piangi una persona che non hai mai compreso, e ne odi un’altra che non ti ha dato mai motivi per essere detestata.”

Ciò detto, Surtr lanciò una nuova occhiata all’indirizzo di Kylass, domandando: “Come possiamo trovare tutti i traditori?”

“Ciascuno di loro ha sottoscritto verbalmente un patto. Troverete la traccia dell’incantesimo legata a quel vincolo direttamente nelle menti di ciascun traditore” gli spiegò Kylass. “Per ogni evenienza, comunque, l’incantesimo si rende evidente sulla pelle del diretto interessato con il simbolo runico della menzogna. Giusto per convincere anche i più miscredenti.”

Surtr sogghignò a quella notizia, annuendo di fronte all’ingegnosità di quel particolare.

“C’è un motivo, se la magia scorre nelle vostre vene” chiosò il sovrano.

“Siamo depositari di un discreto sapere, sì” assentì modesto il liòsalfar.

Surtr, a quel punto, indicò a Yothan di prendere in custodia Mikell dopodiché, scortato Kylass nel proprio studio, dichiarò: “Poiché mi hai reso un gradevole servizio, è giusto che tu incontri la Spada Fiammeggiante che così sorprendentemente è apparsa per distruggere le mire di mio cognato e di quel doppiogiochista di Lafhey.”
Sentendosi prendere in causa, Ragnhild e Sthiggar lanciarono un’occhiata dubbiosa all’elfo oscuro che il sovrano aveva condotto con sé.

Mentre Titania e Oberon se ne discostavano disgustati – non era mai corso buon sangue tra elfi chiari ed elfi oscuri – il re non li degnò neppure di un’occhiata e, gioviale, accompagnò alla scrivania il liòsalfar, aggiungendo: “Siate cortesi, ragazzi, e permettere a costui di aiutarci com’è nelle sue possibilità.”

In fretta, e presagendo qualcosa di sordido dietro il sorriso soddisfatto di Surtr, Sthiggar assentì e si allontanò dalla scrivania al pari di Ragnhild, che scrutò sgomenta l’ultimo arrivato prima di nascondersi nell’abbraccio del suo compagno.

Il liòsalfar, per contro, li scrutò sinceramente sorpreso prima di prendere penna e calamaio e ammettere: “Pensavo a due soldati, non certo a una coppia di giovani innamorati… ma le più grandi magie si nascondono quasi sempre dietro a eventi imprevisti.”

“Niente di più vero” assentì Surtr, gli occhi scarlatti ora rilucenti come granati squisitamente intagliati.

L’elfo oscuro iniziò a scrivere il testo dell’incantesimo mentre Oberon, proteggendo preventivamente Titania col proprio corpo, osservava disgustato il veloce evolversi di quella malia sulla carta pergamenata.

Quando il brano fu completo, l’elfo chiaro sibilò indispettito: “Una tale sozzura non poteva che essere stata creata da una mente oscura come la tua, immonda creatura.”

“Sono lieto che troviate geniale il mio incantesimo, sire” replicò per contro il liòsalfar, sogghignando al suo indirizzo prima di rivolgersi a Surtr e aggiungere: “Ora, se vorrete concedermi la grazia, vi dirò come attivare la runa della menzogna.”

Fu a quel punto che Surtr, sorridendo con lo stesso gelido trasporto di un cobra prima di colpire la preda, mormorò: “Chi ha mai parlato di grazia?”

L’elfo oscuro ebbe solo alcuni istanti per registrare quelle ultime parole. Quando finalmente si rese conto del suo destino, la lama di Surtr aveva già trapassato le sue carni, inchiodandolo al pregiato legno di palissandro della scrivania.

Ragnhild sobbalzò, a quella vista, nascondendo il volto contro la spalla di Sthiggar mentre Oberon, lanciando un’occhiata ora più tranquilla all’indirizzo di Surtr, esalava: “Mi stavo giust’appunto domandando se il senno ti era scivolato fuori dagli orifizi al pari delle fiamme.”

“Non direi. Quel che il liòsalfar non poteva sapere era che, non solo Lafhey ha sempre avuto al suo servizio degli elfi oscuri, ma anche io” ammiccò Surtr, lanciando poi un’occhiata all’indirizzo di un sorpreso Sthiggar. “Non mi dire che non ti sei mai accorto che il tuo amico Rhadd aveva qualcosa di strano.”

“Cosa?!” gracchiò sgomento Sthiggar, colto del tutto di sorpresa.

I pensieri corsero lesti all’amico, al suo volto efebico e alla sua struttura esile e longilinea, ai suoi occhi purpurei così come agli splendidi capelli chiari ma, a quel punto, si domandò cosa non avesse notato.

“Se ti stai domandando come, è presto detto; Rahdd è un mezzosangue, per questo ha i colori di un muspell ma il fisico di un liòsalfar” gli spiegò Surtr, estraendo la lama per poi gettare a terra il corpo ormai morto dell’elfo scuro. “Il tuo amico ha seguito un addestramento sia come mago che come guerriero, perciò non avevo alcun bisogno che questo traditore mellifluo rimanesse in vita per più del tempo necessario.”

Sthiggar non seppe che dire, né Surtr gliene diede il tempo. Sbraitò il nome di Rahdd dopodiché, scostando dai piedi della scrivania il corpo del liòsalfar, borbottò: “Dovrò disinfettare tutto il palazzo, dopo questo casino.”




N.d.A.: le cose cominciano a dipanarsi poco alla volta anche se, con quasi totale certezza, rimarranno comunque cicatrici indelebili nell'animo di molti.

 
  
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