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Autore: wolfymozart    25/09/2022    0 recensioni
La rivoluzione incombe su Parigi, restituendo dignità agli oppressi e presentando un conto amaro agli oppressori. Ma nei suoi giudizi perentori e tranchant, di condanna e assoluzione, non tiene conto delle sfumature, mai nette, tra innocenti e colpevoli, non tiene conto di sentimenti, paure, speranze di quanti, pur nella schiera degli oppressori, sono stati anch'essi vittime del sistema.
Un rivoluzionario integerrimo ma tormentato, una nobildonna infelice ma determinata, un amore impossibile, una condanna eterna.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
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Al sentirle pronunciare il suo nome, dopo tutti quegli anni, Jacques sussultò, trattenne il respiro. Nell’oscurità non riusciva a scorgerne la sagoma, ma ne percepiva distintamente la presenza ormai vicina. Fu allora che si voltò e, scuotendo la testa, esclamò con forza:
-Ti rendi conto di quello che ci hanno fatto? Tuo padre, Elenoire… ci hanno condannato senza appello, hanno distrutto la mia vita! – urlava quasi con tutta la rabbia che aveva in corpo, in un modo così disperato come mai gli era capitato in vita sua.
 Aveva pensato per anni che Marianne lo avesse intenzionalmente respinto, che avesse deciso di allontanarlo per contrarre quel matrimonio tanto più vantaggioso e che, dunque, Elenoire non gli avesse risposto quella notte per non tradire l’amica e per non gettarlo nella più profonda disperazione. Ne aveva sofferto fino allo sfinimento, certo, ma alla fine se ne era pur fatto una ragione, aveva concentrato tutte le sue energie nella sua professione, nella carriera politica, ed era riuscito a relegare il ricordo di lei in un angolo profondo della mente, da dove soltanto sporadicamente si ridestava. Invece non le cose non erano andate così: Marianne gli aveva scritto, Marianne l’aveva amato, non l’aveva abbandonato per Beaufort, non l’aveva rinnegato come sosteneva suo padre. Quel ricordo sopito ora deflagrava come un incendio nella sua mente, con una forza irresistibile, incoercibile, travolgendo ogni argine che avesse costruito negli anni. Anni buttati via, persi irrimediabilmente a causa delle trame sleali che altri avevano tessuto alle loro spalle. Una vita che poteva essere e che non era stata per colpa di quell’ordine iniquo che regnava fino a qualche anno prima.
- Non pensi che sia andata in pezzi anche la mia di vita? Credi davvero di essere l’unico ad aver sofferto in tutti questi anni? – controbatté lei, alzando a sua volta la voce e squarciando il silenzio di quell’angolo buio del cortile. Gli si avvicinò, gli afferrò un braccio mentre lui tentava disperatamente di divincolarsi, ormai in preda alla furia. – Jacques, ti prego, non fare così. Non serve a nulla agitarsi in questo modo, se non a darla vinta ancora una volta a loro. A mio padre, a mio marito, a tutti quei supponenti aristocratici come loro. – cercò di blandirlo e, infine, ci riuscì. Clermont smise di dimenarsi, abbandonò le braccia lungo i fianchi per guardarla con aria mesta, sconfitta. – Jacques, tu vali molto più di loro e l’hai dimostrato a tutti quanti. Io lo sapevo già, l’ho sempre saputo. – aggiunse Marianne, accarezzandogli dolcemente una guancia e fissandolo dritto negli occhi con un sorriso appena abbozzato ma che gli rendeva tutto quell’amore che per anni gli era stato negato.
- Perché tutto questo, Marianne? È profondamente ingiusto, disgustoso. Qual è stata la mia colpa, se non quella di essere il figlio illegittimo di una povera sarta di campagna? Perché un uomo deve rispondere delle sue origini e non del destino che si costruisce da sé? – le domandava con la voce scossa da un estremo sussulto di rabbia. -Perché? – tuonò infine.
-E la mia colpa qual è stata? Quella di essere figlia di un orgoglioso conte del Ponthieu con le finanze dissestate da investimenti sbagliati? Qual è stata? Suvvia, dimmelo tu! – lo provocò lei, ribattendo colpo su colpo alla sua stizza. Che cosa credeva? Che per lei fosse stato facile? Che avesse avuto una vita più felice della sua? Quanto si sbagliava! In quel momento questo le si poteva leggere negli occhi, quei vividi occhi azzurri in quel momento sfiniti, rassegnati. E lui fu in grado di leggere tutto questo, di intuire ogni cosa da un solo sguardo. Fu allora che, senza riflettere, senza pensare, d’istinto l’afferrò per i fianchi, la strinse con forza a sé, mettendo a tacere con un bacio tutte quelle domande rimaste sospese. E la baciò con una tale passione, un tale ardore come non aveva mai osato in passato, come a voler, nella foga di quel bacio straziante, restituire sé e a lei tutta quella vita che non avevano potuto vivere. - Ti ho sempre amata, Marianne. In tutti questi anni non ho mai smesso di pensare a te. – le sussurrò mentre le baciava le guance, la fronte, il collo, quasi volesse saziarsi di lei dopo un lungo digiuno. – Ti amo, Jacques. – rispose lei, ricambiando quei baci, passandogli le mani fra i capelli bagnati di pioggia, sulle guance lisce, senza riuscire per un solo istante a staccarsi da lui, incuranti della pioggia, del vento sferzante, dell’aria umida di quella notte. Come ritornarono in quella stanza? Non l’avrebbero saputo ridire. Lui la sollevò fra le braccia, la lasciò poi scendere di fronte al portone, ci arrivarono abbracciati, per mano, inseguendosi per i corridoi tra un bacio e l’altro, con passi felpati, furtivi, per non svegliare Juditte, per non insospettire Louise. Non se ne sarebbero però ricordati, il giorno seguente, ebbri di quelle nuove eppur antiche sensazioni che finalmente erano tornati a rivivere.
 
 
 
Ebbene, cittadino, che cosa vi ha spinto a presentarvi qui a quest’ora tarda? – domandò il giovane uomo seduto dietro l’imponente scrivania, in quella sala illuminata a giorno. Nelle stanze della politica, evidentemente, non esisteva riposo, soprattutto in quei giorni concitati dell’autunno del 1793.
- Cittadino, ho raccolto alcuni elementi interessanti che potrebbero portare alla luce l’infedeltà di un nostro deputato; prove abbastanza schiaccianti, direi, ma bisogna agire subito, senza perdere tempo. – rispose un giovane dall’aria spavalda e dal ciuffo di capelli fulvi che gli ricadeva sulla fronte: restava in piedi, quasi avesse scrupolo a sedersi di fronte a quell’autorità suprema.
- Un deputato della Convenzione? Oh misericordia, un'altra testa che dovrà rotolare sulla pubblica piazza. – constatò amaramente l’uomo alla scrivania, giocherellando nervosamente con la penna d’oca che teneva in mano. – Sapete, Laroux, sono stanco di questi continui complotti! È evidente che nessuno tragga piacere del condurre amici e colleghi alla ghigliottina, ma questi avanzi dei vecchi Girondini ci costringono a queste misure estreme. È mai possibile che ci si debba preoccupare di traditori nella nostra stessa Convenzione, quando la Repubblica corre un così grande pericolo, assediata da nemici esterni? Il Comitato di Salute Pubblica è costretto ad agire in questo modo, pena la rovina della Francia rivoluzionaria. – inveì il giovane dai bellissimi tratti, aggrottando le sopracciglia in segno di disappunto. Lo chiamavano l’Arcangelo della morte, splendido e implacabile quando doveva punire i detrattori dello Stato.
Laroux fece un cenno d’assenso a quelle parole e soggiunse: - Il Comitato di Salute Pubblica è l’unica salvezza per la Francia in questo frangente convulso; non ci possiamo permettere alcun indugio nel mettere alle strette i traditori. –
-Molto bene, allora, ditemi, di chi si tratta questa volta?- domandò sporgendosi in avanti con il busto, incuriosito.
- Si tratta del cittadino Clermont. Sono venuto a sapere che traffica certificati civici contraffatti e sta organizzando l’espatrio in Inghilterra di Marianne de Beaufort, consorte del conte Guillame de Beaufort attualmente detenuto nelle nostre carceri per collaborazionismo con gli insorti in Vandea. – riferì, con aria deferente Laroux, pregustando tra sé i vantaggi che avrebbe tratto da quella soffiata.
- Beaufort si ostina a non parlare, non siamo ancora stati in grado di fargli confessare i piani militari che stava tramando in Vandea. Un osso duro. – scosse la testa Saint-Just.
- Forse l’arresto di madame de Beaufort potrebbe indurlo a parlare. – ipotizzò Laroux per dare ancor più importanza alle informazioni di cui era in possesso.
- Ne dubito. Un uomo così orgoglioso e fiero non si lascerà certo intenerire dalle sorti della moglie. No, Laroux, Beaufort è troppo ostinato, non parlerà. – spiegò fissando il segretario del Comitato di sicurezza coi suoi gelidi occhi chiari.  – Tuttavia, Clermont deve essere arrestato. Un deputato della Convenzione che trama contro la Repubblica non può essere lasciato in vita. –
- Ne convengo, cittadino. Ma bisogna agire celermente. Domattina potrebbe essere già troppo tardi. –
- Datemi le prove della sua colpevolezza e provvederò subito a mobilitare la guardia nazionale. –
- Le prove gliele troveremo addosso, nelle sue tasche, se ci muoviamo immediatamente. Ho già provveduto ad ordinare a uomini di mia fiducia di tenerne sotto controllo gli spostamenti. Ha lasciato Parigi quest’oggi, diretto parrebbe verso nord. Attendo a breve un rapporto. –
- Molto bene, Laroux, avete svolto un ottimo lavoro. Il cittadino Clermont deve essere consegnato al più presto alla giustizia. -
   
 
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