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Autore: Anctartic    27/09/2022    1 recensioni
Yuuri è un bambino serio e coscienzioso. Si impegna al massimo in tutto ciò che fa, ma la verità resta solamente una: non si sente all'altezza di niente e di nessuno.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: Kidfic, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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                                                                  MAI ABBASTANZA

Yuuri non era un bimbo come gli altri e lui, questo, lo sapeva.
Non rideva spesso, non era casinista come i suoi compagni e quando loro se ne correvano fuori durante l’ora ricreativa, lui se ne stava chino sui libri a studiare o a ripassare mentalmente i passi che gli avevano insegnato a pattinaggio. Ecco un’altra cosa che lo rendeva diverso. Gli altri maschi facevano altri sport, specialmente baseball, pattinare era roba da femmine.
Ma per Yuuri il pattinaggio non era un semplice sport, era la sua più grande passione.
E come andava? Esattamente come a scuola: non se la cavava male, ma non era un fuoriclasse. Era nella media, cosa che, oramai, nella mente di Yuuri equivaleva a “nulla di speciale”.
Per quanto si impegnasse, per quanto ci mettesse tutto sé stesso, non sarebbe mai riuscito a distinguersi.
Camminava assorto, gli occhi fissi sul compito di matematica. Aveva preso 80 su 100. Non male, ma nemmeno bene. Nulla di speciale, appunto.
Qualcuno lo urtò, lo urtò malamente, Yuuri cadde a faccia in giù e si sarebbe spaccato il naso, se non avesse avuto la prontezza di mettere le mani avanti.
“Ehi, sfigato, guarda dove vai!” la voce canzonatoria di Tetsuya risuonò da sopra di lui.
“Non sei nemmeno capace di stare in piedi.” gli fece eco Kaito.”e meno male che vuoi diventare un pattinatore!”
“Sì, ce lo vedo proprio!”
“Dai, fenomeno, facci vedere qualche saltello aggraziatissimo!”
“Figurati, deve mettersi il tutù, prima.”
Yuuri aspettò pazientemente che la smettessero e poi, quando fu certo che se ne fossero andati, si rialzò e si spazzolò lentamente la divisa. Avrebbe voluto rispondere, reagire, ma non era abbastanza forte.
Lui non era mai abbastanza.






Tic
Tic
Tic


La pioggia frusciava tra le fronde degli alberi, ticchettava sull’asfalto grigio, punteggiava le mattonelle beige del balcone, la gente si affrettava verso la sua destinazione, gli ombrelli che coprivano i loro volti rendendoli tutti uguali, mentre le macchine creavano una scia trasparente e schiumosa quando passavano.
A Yuuri piaceva la pioggia, la mamma gli aveva sempre detto che erano le lacrime degli angeli, gli piaceva vederla cadere al suolo, aveva qualcosa di ipnotizzante.
Teneva in mano una tazza di cioccolata bollente, ideale per quel tempo e stava studiando, quando il televisore lo distrasse.
Ed ora è il turno di una giovanissima promessa del pattinaggio russo, Victor Nikiforov!”
Yuuri osservò quel ragazzino, poco più grande di lui, dirigersi sulla pista di ghiaccio, salutando il pubblico con la mano. Si ritrovò a pensare a come fosse bello e subito arrossì, come se ci fosse stato qualcuno lì a guardarlo con aria di rimprovero.
Poi Victor cominciò ad esibirsi e Yuuri smise di preoccuparsi di quelle sensazioni strane. In effetti smise di preoccuparsi di qualsiasi cosa.
Non aveva mai visto nessuno pattinare in quel modo. Era incredibile. Si librava nell’aria come una piuma, leggero, come se la sua testa fosse svuotata di qualsiasi ansia, angoscia e paura.
Ci mise un po’ a rendersi conto che stava piangendo. Le lacrime scendevano copiose sulle sue guance e lui non poteva, non voleva fermarle. Quello lì non era nella media, lui era speciale, lui era bravo, il più bravo di tutti.
E Yuuri piangeva perché Victor era ciò che lui avrebbe potuto essere se fosse stato più… più cosa?
Piangeva perché, per quanto amasse il pattinaggio, non si sentiva libero, non dimenticava ogni cosa, era troppo occupato a non sbagliare, a cercare di fare tutto perfettamente, invece che lasciarsi andare.
E non poteva dirlo a nessuno, i suoi genitori si sarebbero preoccupati o arrabbiati e lui non voleva questo. Era già tanto che gli volessero bene, si sarebbero meritato un figlio meno… meno… meno Yuuri.
E continuava, quel ragazzino magro e serio, a piangere in parallelo con la pioggia. Le lacrime degli angeli, sì, ma lui non era un angelo. L’angelo era quello che stava pattinando in quel momento.
Che meraviglia, è davvero un prodigio, ha un futuro brillante davanti a sé. E, se mi è permesso, chissà quanti cuori spezzerà quando sarà grande!”
Yuuri spense il televisore. Si asciugò le guance bagnate, sentendosi ridicolo. Mai avrebbe potuto arrivare a quei livelli, nemmeno se si fosse allenato tutti i giorni, cosa che peraltro già faceva.
Notò che la pioggia era finita.
Andò lentamente alla finestra e la aprì, respirando l’aria umida di terra che c’è sempre dopo un acquazzone.
Qualcosa di caldo gli sfiorò il viso. Un raggio di sole, imbarazzato, aveva fatto capolino tra le nuvole, timido, proprio come lo era lui.
Involontariamente, Yuuri sorrise.
Quelle nuvole erano nere e pesanti, eppure quel scintilla dorata ce l’aveva fatta ad uscire, ad emergere.
Chissà, magari un giorno sarebbe successo anche a lui.
E forse quel raggio di sole avrebbe illuminato una piuma mentre si librava nel vento.
   
 
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